Anno XXXIX - Fase. 1-2 (n. 645-6). GENNAIO-FEBBRAIO 1922
Memorie Domenicane
(IL ROSARIO)
INDICE
Pag.
1 . S. Caterina da Siena e il Beato Andrea Franchi . . 3
(P. Innocenzo Taurisano o. p.).
2. Il B. Marcolino degli Amanni da Forlì in una Lettera del
B. Giovanni Dominici ....... 20
(P. "Oincenzo Folli o. p.).
3. I Domenicani nella Università di Pisa. .... 28
(Prof. Carlo Fedeli)
4. Vocazione ......... 39
(P. Angiolo ‘Puccetti dei pred.)
5. Missioni Domenicane. . . . . . . .48
6. Il Terzo Centenario del “ grande martirio ” (1622-1922) . 53
7. Una falsa lettera di S. Domenico . . . . .57
8. Il Centenario di S. Domenico in Italia .... 64
9. Pellegrinaggio a Roma dei Terziari Domenicani e Congresso
Nazionale degli Ascritti al Rosario. — Conferenza del Conte
Dalla Torre sulla Milizia di Gesù Cristo . . .74
10.
Notizie . . . . . . . . . .78
I 1 . Benedetto XV ........ 87
1 2. Figure che scompaiono ....... 88
Bollettino del Terz’ Ordine.
iiimimmiiiiiiiiiiiiriiiiiiiJiiiiMiiMmiiMiiiiiiiiiiiiiniiiMmiiiiiuiiiiMimiiiiiMmimiiimi limili imiiMiiiiimiriiiiiiiimiii
direzioni: e amministrazioni: :
Convento di S. Maria Novella - Firenze
Firenze - 1923 - Tipografia Domenicana - Via Ricasoli, 63.
MEMORIE DOMENICANE
(IL KOSABIO)
Pubblicazione mensile illustrata
Anno XXXIX (Serie IV.; Voi. Il)
Abbonamento annuo L. 10.00 — Estero L. 15.00
Si dànno complessivamente ogni anno 516 pagine, corrispondenti
a 48 pagine in media al mese.
UN SUFFRAGIO
per l’anima del M. E,. P. Lettore Fr. Vincenzo Caicedo, della
Provincia di S. Caterina V. e M. di Quiio (Equatore), Ar-
chivista dell’Ordine, morto a Roma, nel Collegio Angelico,
il giorno 3 Gennaio in età di anni 58 e di professione 40.
per l’anima di Suor Maria Agostina Lanteri, Conversa del Mo-
nastero di S. Caterina in Taggia (Porto Maurizio), morta in
età di anni e di religione 45.
per l’anima di Suor Domenica Fogacci, Conversa del Monastero
di S. Niccolò di Prato (Firenze), morta il giorno 16 Gen-
naio, in età di almi 70 e di religione 50.
per l’anima di Suor Maddalena Tubuzzi, Conversa del Monastero
dei SS. Domenico e Sisto a Roma, morta il giorno 17 Gen-
naio in età di anni 75 e di religione 50.
per l’anima di Suor Agnese Cappelli, morta nel Monastero di
S. Caterina al Borgo S. Lorenzo (Firenze) il giorno 24 Di-
cembre, in età di anni 63 e di religione 4.
per l’anima della Rev. Suor Faustina Franco, corale della Con-
gregazione di Mondovi Carassone (Cuneo), morta il giorno
23 Gennaio, in età di anni 23 e di religione 4.
per l’anima della Eev. Suor Vincenza dei Marchesi Alimena,
corale del Monastero domenicano di Cosenza, morta il giorno
16 Gennaio, in età di anni 62 e di professione 35.
Novità importante !
P. LODOVICO M. FANFANI dei pred.
Il Diritto delle Religiose
CONFORME AL CODICE DI DIRITTO CANONICO
Un bel volume di 300 pagine — L. fOaOO franco di porto.
Presso la nostra Direzione.
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TA.V. Memorie Domenicane — Fase, di Gennaio-Febbraio 1922.
La Madonna della Rosa.
{Tavola giottesca in S. Domenico Maggiore di Napoli).
MEMORIE DOMENICANE
(IL ROSARIO)
ANNO TRENTESIMONONO
Serie IV — Vol. I.
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
FIRENZE
Convento di S. Maria Novella
OefidtSRed
PROPRIETÀ LETTERARIA
Firenze, 1922 — Tip. Domenicana.
S. CATERINA DA SIENA
il Booto Arudreoi IFTjrainol^i
Della vita del nuovo Beato Andrea Franchi, in corso di
stampa, pubblichiamo, col gentile consenso dell’ autore, il
P. Innocenzo Taurisano, il presente capitolo, riguardante le
relazioni tra 8. Caterina da Siena ed il Beato.
In Fontebranda.
Il beato Andrea era priore nel convento di S. Romano
di Lucca l’anno 1375, quando da Papa Grregorio XI veniva
mandata in quella città santa Caterina da Siena. Questa
coincidenza spinge non solo ad illustrare le relazioni tra la
Santa ed il Beato, ma a conoscere anche quel torbido
periodo religioso-civile di storia italiana.
Già si è accennato alla dimora fatta dal Franchi allora
giovane sacerdote, in Siena nel 1360, quando la piccola
Caterina tredicenne frequentava la chiesa di S. Domenico,
e riceveva spesso nella casa paterna il buon fra Tommaso
della Fonte suo congiunto, accompagnato, secondo il costume
dell’Ordine, da qualche altro fraticello. È lecito pensare alle
visite di fra Andrea nella tintoria di Fontebranda; e men-
tre fra Tommaso parlava con i parenti, fra Andrea volgeva
a Caterina giovanetta parole di vita, come le sanno dire i
novelli sacerdoti, i quali da poco accostano le loro labbra
al sangue dell’Agnello.
Lapa, madre di Caterina, vedendo la sua Eufrosina
(così la chiamava) crescere bella e delicata come un fiore,
pensava già a darle marito. Nei conversari familiari, nelle
confidenze delle comari e delle parenti, la freschezza di Ca-
terina ed il futuro sposino erano il soggetto preferito. E non
si accorgevano, o fingevano di non accorgersi, delle spalluc-
ciate della ragazza, della disinvoltura e del disprezzo che
4 MEMORIK DOMENICANE
aveva per gli uomini
;
mentre, quando capitavano in casa
i frati di S. Domenico, era sempre attorno per ascoltarne i
saggi e pii discorsi. Vedere quei giovani fraticelli parlare con
tanto entusiasmo di Dio, della Vergine, del Patriarca San
Domenico, e poi della vanità umana
;
sentirli benedire il
momento bello del loro sacrifìcio, la dolcezza della preghiera
e della vita aspra e dura di convento, dava tanta gioia a
Caterina, preparandola gradatamente a far della sua gio-
ventù un olocausto perenne a Gresù. E quando alle insi-
stenze materne e familiari di assentire a fìdanzarsi, insi-
stenze che rasentano, anche oggi, la crudeltà, fra Tommaso
della Fonte le consigliò di tagliarsi i bellissimi capelli, Ca-
terina non vacillò
;
era già di Dio, tutta e per sempre.
Sappiamo che il beato Franchi lasciò Siena durante
il 1360, (1) ma dopo il 60, nelle sue corse apostoliche, nei
frequenti viaggi quante volte non sarà capitato nella bella
e fìera città per dare la sovrabbondanza del suo cuore
sacerdotale, e per rivedere gli amici. Erano degli infatica-
bili viaggiatori i nostri antenati, e di tappa in tappa si
recavano nei luoghi più lontani, sereni e tranquilli, fìduciosi
che il pane quotidiano non sarebbe mai loro mancato.
La discepola del Crocifisso.
Quando il Franchi nel 1371 da Pistoia dovè recarsi a
Poma, dove fu tenuto il Capitolo Provinciale (2), seguitando
a tappe la via Cassia, rivide Siena e Caterina, allora già
Mantellata, procedente a passi di gigante nelle difficili vie
(1) c Frate Andrea di Francesco Franchi, sindico, e a nome di sindico del con-
vento dei frati di S. Domenico di Pistoia, dichiara di avere ricevuto la somma
di lire quattro da donna Nicolosa vedova del fu Michele di Lapo di Asta da Pi-
stoia per un annuale per lui » (1360 luglio 16). Archivio Comunale di Pistoia, rogiti
di Ser Antonio di Faccetto di Spada da Pistoia, ad axnum.
(2) Questa notizia sui Capitoli Provinciali della Provincia Romana, con le
aitile che seguono, è stata ricavata dal Codice Magliahecchiano della Biblio-
teca Nazionale di Fire.ize, classe XXXVII-7-326, contenente gli Atti dei Capitoli
Oenerali e Provinciali dal 1238 al 1341. L’ultimo foglio contiene una nota dei Ca-
pitoli posteriori al 1341, e sotto Panno 1372 è segnato prima Pisis, poi Rome in
Minerva: segno che il Capitolo, da adunarsi in Pisa, per circostanze impreviste fu
tenuto a Roma.
MEMOUIE DOMENICANE
della perfezione, seminante il bene al letto delle inferme
riconoscenti e spesso calunniatrici.
Attorno a Lei si era formato già il gruppo di Caterinatl,
subenti il fascino della sua anima privilegiata. Le sue asti-
nenze, le estasi e le straordinarie cose raccontate dalle sue
amiche, propagate di bocca in bocca, prima nel quartiere
di Fontebranda e poi in tutta Siena, e ancor più lontano,
avevano formato un’aureola intorno al nome di Caterina :
aureola che suscitò una reazione in alcuni ambienti, con
delle voci, dei dubbi, delle ostilità
;
e ciò non solo tra i
borghesi, ma più nell’elemento ecclesiastico, ed anche tra i
frati di San Domenico. Nella chiesa appunto dei frati av-
venivano quelle estasi, quei rapimenti che intirizzivano la
Santa, lasciandola per ore al suo posto nella Cappella delle
Volte, attorniata dalle Mantellate fedeli, mentre i sacrestani
fremevano borbottando, e qualche frate passando le buttava
un’ occhiata di commiserazione.
La santità è sempre un segno di contradizione
;
e pen-
^^re altrimenti è impossibile.
Nè SI limitava Caterina a vivere soltanto la vita di
preghiera e di carità, ma incominciava già a prender parte
alla vita politica della sua città e dei comuni circonvicini.
A Lei si rivolgevano per consiglio nobili, baroni e reggitori
di repubbliche
;
a Lei scrivevano cardinali e Legati del
Papa. La cosa dunque assumeva delle proporzioni allar-
manti, cosi pensavano i prudenti, cosi pensavano le auto-
rità ecclesiastiche; l’onore dell’Ordine domenicano, del-
l’abito bianco era in ballo
;
mentre Caterina sicura di sè
seminava e diffondeva, con generosità tutta domenicana, il
bene e i doni di cui era cosi sovrabbondantemente ricca.
Questi rumori ebbero il loro epilogo con relativo trionfo
della Santa in Firenze, quando, nella Pentecoste del 1374,
nel magnifico e superbo Cappellone degli Spagìiuoli, i delegati
di tutto l’Ordine si riunirono in solenne assemblea, detta
Capitolo Generale, e tra gli altri affari dell’ Ordine, tratta-
rono anche la questione di Caterina. Conosciamo questo
fatto da un accenno dell’anonimo autore dei Miracoli, che
scrisse dal Maggio 1374 all’Ottobre del medesimo annoili
MEMORIE DOMENICANE()
Firenze (1). Ma a tutti gli storici è sfuggito completamente
che a Siena, nel 1372, fu tenuto un Capitolo Provinciale
della Provincia Eomana (2).
Il Capitolo del 1372 in Siena.
I biografi della Santa sono stati di una discrezione
esagerata, occultando quasi del tutto le aspre critiche e le
contradizioni di cui fu bersaglio da parte dei suoi confra-
telli la giovane Caterina. Il 1372 fu il periodo per lei, può
dirsi, il più critico, e tutto porta a supporre che i rumori
sollevati tra' i frati della Provincia avessero un’ eco nel Ca-
pitolo, con relative inchieste ed esami. Poiché, è bene sa-
perlo, i legittimi superiori erano appunto i Padri radunati
a Siena, ed alla loro prudenza non poteva sfuggire quel
movimento ostile che, sotto le parvenze dell’onore dell’Or-
dine, cercava di colpire la santità della Mantella ta. Quale fu
la conclusione ?
Non dovè essere molto confortante, e la questione ri-
masta insoluta fu portata, come era naturale, al tribu-
nale supremo dell’Ordine, il Capitolo Generale, che doveva
riunirsi a Firenze nel 1374. Solo in questo modo si spiega
la chiamata a Firenze della Santa da parte del Generale
fra Elia di Tolosa
;
poiché il superiore immediato di Cate-
rina, avente piena giurisdizione canonica su di Lei, era fra
Giovanni da S. Giovenale, provinciale romano, insieme ai
Padri più eminenti della Provincia.
Tra i giudici di Caterina bisogna annoverare anche il
nostro fra Andrea Franchi, il quale come priore di Lucca
era tenuto a portarsi al Capitolo Provinciale di Siena
del 1372. E facilmente si può pensare alla parte da lui
avuta in difesa della Santa, al lavoro di persuasione presso
i confratelli dubbiosi. Quanto deve essere tri-ste per un Santo
vedere disconosciuta la santità vera, e quali ore di profonda
tristezza non passarono i caterinati durante quelle prove !
(1) Questo punto delicato fu trattato ampiamente nel Rosario-Memorie Do-
menicane^ (Firenze), Gennaio 1920, pag. 17-40.
(2) P. Masetti, Monumenta, I, p. 47.
MEMORIE DOMENICANE i
Le quali non dovevano terminare cosi presto, perchè
rimanendo sospeso il giudizio, i nemici dovettero farsi più
arditi, fino a che non venne la parola autorevole e defini-
tiva del Capitolo Generale di Firenze, dove la vita ange-
lica e pura, l’apostolato tutto domenicano di Caterina, venne
solennemente riconosciuto ed approvato.
A salvagilardia e difesa di Lei venne deputato dal Ca-
pitolo fra Raimondo da Capua, l’ insigne e pio religioso che
tanta autorità ed influsso doveva avere su Caterina.
Gli storici si sono affannati e si affannano tuttora in
cercare quando fra Raimondo conobbe la Benincasa.
Fra Raimondo, per molti indizi, sembra che come reli-
gioso appartenesse alla Provincia Romana
;
si può con fon-
damento quindi affermare che, intervenendo come tale al
Capitolo Provinciale di Si'ena nel 1372, vi abbia conosciuta
Caterina, mantenendosi però in un prudente riserbo circa la
sua santità, fino a che, avutala sotto la sua sapiente dire-
8 MEMORIE DOMENICANE
zione nel 1373 (1), non ne conobbe la vita innocente e lo
Spirito che la spingeva.
Qui inoltre va notato un altro fatto, sfuggito anche
questo alle indagini.
Dal codice dei Capitoli sopra citato, si rileva un parti-
colare importante
;
dopo la grande assemblea generale do-
menicana di S. Maria Novella, fu tenuto nel medesimo Con-
vento il Capitolo Provinciale Romano, nel quale conven-
nero i superiori di tutta la Provincia, tra i quali piace di
notare fra Andrea Franchi, in quell’anno priore di Orvieto.
È facile che anche fra Raimondo da Capua fosse presente,
insieme al priore di Siena fra Taddeo di Domenico, men-
tre fra Angelo Adimari, l’amico e difensore di Caterina nel
Capitolo Generale, ora, come priore di S. Maria Novella,
occupava un posto preeminente nel Capitolo Provinciale.
Questa novella adunata domenicana non potè disinte-
ressarsi della questione di Caterina, ed avrà completate ed
applicate le ordinazioni del Maestro Generale a riguardo
della Santa.
Circa la lunga permanenza di Lei in Firenze, gli scrit-
tori tiran di lungo, per la solita mancanza di documenti
;
ma la vita e la fama di quella Vergine è così grande che
merita conto indagare fin dove è possibile.
In Firenze la Santa aveva tre fratelli, partiti da Siena
dopo la morte del Padre, Jacopo, nel 1368, per le ristret-
tezze finanziarie, ed abitavano nel Canto a’ Soldani.
Non è credibile che la Santa, con le tre mantellate del
suo seguito, ricevesse ospitalità dai fratelli; piuttosto biso-
gna pensare alla casa delle Mantellate fiorentine in via Vai-
fonda, fondata nel 1307.
La vicinanza di S. Maria Novella, allora in tutto lo
splendore della sua bellezza, le ricordava il suo San Dome-
nico di Siena, e la riunione di tanti religiosi dell’ Ordine
(1) Il Beato Raimondo il 30 agosto del 1373 è presente nel Convento di
S. Maria Novella, e prende parte ad nna votazione. Segno evidente che non era
un ospite, ma nn religioso della comunità. E trovandolo segnato in capo a tutt
fa pensare alla grande sua autorità in Convento. Forse era Reggente di quel fa-
moso Studio.
MEMORIE DOMENICANE 0
le dava il modo di seminare quella riforma cosi neces^^aria
e così ardentemente desiderata dai buoni.
È curioso che nessun biografo si sia fermato a consi-
derare il bene operato da Caterina in Firenze in quei due
mesi del 1374; eppure, se la Eepubblica fiorentina due anni
dopo la manda ambasciatrice ad Avignone, fu certamente
in vista della grande popolarità acquistatasi dalla Santa
nel 1374
;
una missione cosi straordinaria e unica non si
improvvisa.
I prodigi da Lei operati nella città del Fiore nessuno
li ricorda, prodigi che non poterono mancare
;
sembra che
vi sia stata su questa venuta in Firenze la congiura del
silenzio.
È opportuno inoltre rilevare che, tanto i religiosi ultra-
montani intervenuti nel Capitolo Generale, che quelli del
Capitolo Provinciale, non mancarono di avere con Caterina
quei rapporti che la comunanza dell’abito e la provata san-
tità richiedevano. Solo cosi può spiegarsi 1’ ascendente di
Caterina sull’Ordine in occasione dello Scisma, e la diffu-
sione immensa delle virtù di Lei all’ indomani della sua
morte.
Quali furono i rapporti fra la Santa e il Beato Franchi
in Firenze ? E inutile indagare di più
;
la loro presenza in
S. Maria Novella è certa, e questo basta a farci sentire le
loro relazioni e ad ammirarle in silenzio.
iVUssione di Caterina a Lucca.
A datare dal 1374 l’apostolato di Caterina ebbe una
ascensione continua. In quel tempo le repubbliche toscane
e le città pontificie, mal governate dai legati di Avignone,
cercavano una mutua intesa, un’alleanza per sottrarsi alla
soggezione della Chiesa. I Visconti di Milano soffianti nel
fuoco, e le compagnie di ventura, specie quella dell’inglese
Acuto, spargendo e seminando terrore e strage, aumentavano
il disordine e la ribellione. Papa Gregorio XI, a rimediare
a quell’ondata ghibellina che si propagava come un contagio.
10 MEMORIE DOMENICANE
indisse quasi per diversivo la Crociata, chiedendo a Cate-
rina di farsi arditamente suo araldo in Italia. E la Santa
nel febbraio del 1375 va a Pisa, centro opportuno per le
comunicazioni d’oltre mare, e di là scrive lettere piene di
fuoco ai potenti, all’Acuto, ai Re e Repubbliche. Tra quelle
occupazioni non dimentica che la vita sua deve essere una
vivente conformità col Cristo, e nella chiesa di S. Cristina
riceve nel suo corpo le Stimmate del Signore qual dono
supremo di amore.
In quella città la raggiunse un messaggio del Papa che
la pregava di recarsi a Lucca, affinchè quella repubblica, tanto
beneficata dai Pontefici, rimanesse ferma nell’ obbedienza.
Firenze, centro della lega contro il Papa, faceva di
tutto per attirare nelle sue spire la debole Lucca, costretta
a fare appunto la politica dei deboli. Buone parole al Papa
e ferventi assicurazioni a Firenze. Anzi, giunse persino a far
sapere a Gregorio XI che sarebbe entrata nella lega, per
conoscere i movimenti ed i disegni dei collegati....
Nei primi di Settembre del 1375, Caterina, seguita dal
suo drappello bianco, entra nella città del Volto Santo, ed i
contemporanei ci raccontano che fu ricevuta con grandi onori.
Se oggi la venuta di un grande personaggio sospende
per qualche ora la vita di una capitale, è facile pensare la
commozione dei pii lucchesi in sentire che arrivava la Santa
di Siena, celebre per le sue visioni, i suoi digiuni, amica
delle repubbliche, dei cardinali, e che dall’ istesso Papa
veniva mandata a Lucca. La vita medievale, pur attraverso
tutte le feroci lotte politiche, era sempre impregnata di fede,
e vedere una Santa, la donna più straordinaria che la storia
italiana ricordi, doveva necessariamente commovere ed en-
tusiasmare il popolo lucchese.
Era priore dei domenicani, in quell’anno, appunto il no-
stro beato Andrea (1); è facile quindi di pensare alla parte
(1) Documenti diretti ohe attestino la presenza del Franchi in Lucca durante
il 1375 non ne abbiamo
;
ma in compenso vi sono molti documenti indiretti, i
quali ci danno la certezza morale ohe il Beato fu Priore di Lucca in quell’anno.
Nella Cronaca di S. Romano, scritta da fra Ignazio Manardi nel 1525 (Bibl.
R. di Lucca, codice n. 2172) a foglio 13, tra i diversi priori del convento si nota :
« fi'. Andreas Francisci de Pistorio 1374: eodem anno fr. Gilbertus de Narnia ». Da
MEMORIE DOi\IENlCANE 1 1
presa dal Franchi nel ricevimento preparato alla Santa, c
più ancora ai consigli ed alle pratiche fatte per riuscire a
mantenere i lucchesi fedeli al Pontefice. I domenicani go-
devano in quel momento politico di una grande autorità, sia
per la parte presa nel 1369 alla liberazione di Lucca dal
giogo odiato dei Pisani, sia anche per 1’ alleanza conclusa
nel 1372 con l’emula repubblica, come sopra è stato accen-
nato parlando del Franchi allora priore. Egli, insieme con
i religiosi, molti dei quali appartenenti alle più illustri fa-
miglie lucchesi, coadiuvarono di sicuro non solo ad illumi-
nare l’opinione pubblica, ma a persuadere i governanti ad
ascoltare la messaggiera del Pontefice.
Il dottor Lazzareschi, profondo conoscitore della storia
di Lucca, in un prezioso scritto : jS. Caterina da Siena ed i
Lucchesi^ dimostra come la Santa fallì nel suo scopo, e che
la lettera scritta da Caterina ai reggitori rimase lettera
morta, gelosi come erano gli Anziani della loro autorità.
La questione dopo quello studio si può dire chiusa.
Bisogna però osservare, che se in realtà la missione di Ca-
terina non raggiunse lo scopo ultimo, non si deve esclu-
dere, anzi va affermato che la sua presenza nella città, il
movimento religioso operatovi, e l’aiuto avuto dai suoi con-
fratelli nell’ illuminare la pubblica -opinione, della quale i
governanti lucchesi per quanto gelosi non potevano fare a
meno, valsero a far si che la repubblica rimanesse ancora
indecisa in aderire alla lega contro il Papa, alla quale aderì
solo per il precipitare degli eventi e dopo sei mesi dalla
venuta di Caterina, nel .Marzo cioè del 1376 (1). E questo
va addebitato ad onore della Santa e del Beato Andrea, poi-
questa nota sembrerebbe ohe fr. Grilberto sia succeduto al Beato Franchi, invece è
tutto il contrario, poiché il cronista ebbe sott’oochio la pergamena del convento
del 1374 (ottobre 8) dove fr. Andrea è detto Priore. Inoltre nel febbraio di quello
stesso anno il Franchi era priore ad Orvieto, dovè dunque essere eletto priore di
Lucca nella seconda metà dell’anno 74; e poiché i priori duravano in carica un
anno e spesso anche più, si deve concludere che nel 1375, quando la Santa fu in
Lucca tra l’agosto ed il settembre, il Beato Franchi era priore del Convento di
Lucca.
Una controprova si ha dallo spoglio delle pei’gamene di Pistoia, dalle qua li
risulta che, dorante tutto il 1375, il Franchi non fu mai in Convento.
(1) Lazzareschi. pp. 23. 24. 32.
MEMORIE DOMENICANE1L>
che ritardare anche di un momento solo il male, è opera
di bene, sempre.
Durante il priorato del Franchi in Lucca nel 1374-75
va notato un altro fatto, sfuggito, è noioso constatarlo, agli
storici
;
la celebrazione del Capitolo Provinciale
(
1). Un
fatto simile era un grande avvenimento, sia per la città in
cui si adunava quel gran numero di religiosi, ma più an-
cora per il Convento, e massime per il superiore su cui ri-
cadeva tutto il peso.
Non sappiamo il mese in cui fu celebrato quel Capi-
tolo,’ ma probabilmente dopo la Pasqua o in Settembre, per
la Croce. In questa seconda supposizione il viaggio di S. Ca-
terina in Lucca coincise, e forse non fortuitamente, con la
celebrazione del Capitolo. Ma i biografi contemporanei della
Santa che parlano di Lucca non accennano a tale coinci-
denza. Di tante cose non parlano i biografi
;
la questione
quindi rimane insoluta.
Il ritorno del Papa in R.onia.
L’anno 1376 tu veramente fatale alla Chiesa e all’Ita-
lia. La lega contro il Papa conclusa tra i Visconti e Fi-
renze, a cui aderirono Pisa, Siena, Arezzo e Lucca, fu
gravida di turbamenti. Scomuniche ed interdetti, con tutte
le loro conseguenze temporali e spirituali, furono le prime
armi usate dal Pontefice
;
a cui risposero i collegati con
confische e persecuzioni.
Bologna venne occupata dagli insorti. Faenza dalle
bande dell’Acuto, mentre i risultati dell’interdetto facevano
sentire ai Fiorentini, che non era tanto lieto porsi in lotta
col Papa. Una parte dei cittadini desiderosi di pace, co-
noscendo la grande influenza di Caterina in Avignone,
pensarono inviarla ambasciatrice di pace. E la Santa va,
felice di poter ottenere il ramoscello di olivo per l’ Italia,
cosi dilaniata da guerre e rivolte
;
ma va anche col segreto
pensiero di por fine alla dimora del Papa in Avignone.
(1) Acta Capitolorum....^ f. 92.
MEMORIE DOMENICANE 1.‘5 -
Con tutta la sua comitiva esce da Firenze, e non sappiamo
se prese la strada di Pistoia, giungendo sulle rive del Pe-
dano il 18 Giugno del 1376.
Gregorio XI l’accolse paternamente
;
non cosi la corte,
curiosa e scettica dinanzi a tanto prodigio di donna. Ma
L’Altare del B. Andrea Franchi, a S. Domenico di Pistoia,
quando si accorsero i cortigiani die Vitaliana voleva il Papa
a Roma, e colla sua parola faceva breccia neU’anima oscil-
lante di Gregorio, usarono tutti i mezzi, sia contro la Man-
tellata die per distogliere il Pontefice dal ritorno nell’ Italia
turbolenta.
Piace qui di accennare, die nella corte di Avignone vi
era un fratello del Beato Franchi, a nome Bartolomeo, il quale,
partito da Pistoia nel 1371 fu scrittore delle lettere pontificie,
e nel 1372 (Aprile 8) ebbe la ricca Propositura di Prato (1).
(1) Archivio Vaticano, Regest., voi. 283, . 310.
14 MEMORIE DOMENICANE
Fu amióo di Bartolomeo Frignano, il futuro Urbano VI,
di cui poi divenne segretario, come anche del successore
Bonifacio IX.
Caterina conobbe il Frignano ad Avignone, e gli altri
pochi italiani, tra i quali anche il Franchi.
Non bisogna esagerare
;
ma certo la presenza di Bar-
tolomeo in Avignone, nel momento della venuta di Caterina,
non va passata sotto silenzio.
Trovarsi in terra francese, dove tutto ciò che era italiano
faceva ombra o moveva a sorriso, fu per la Santa e per
i religiosi che l’accompagnavano una piccola gioia. Forse il
Beato Andre'a, conoscendo la missione di Caterina, ne avrà
scritto al fratello Bartolomeo, il quale, ricco come era e in-
fluente, avrà fatto del suo meglio per attenuare l’ impres-
sione di freddezza ricevuta dai suoi connazionali alla corte
di Avignone.
Lo scisma dì Occidente.
Mentre fra Andrea, ritornato in Fistoia nel 1376, svol-
geva un benefico ed intenso apostolato, grandi avvenimenti
si susseguivano, ai quali non rimase estraneo.
S. Caterina da Siena 'era andata ad Avignone, non tanto
per ottenere la pace con i Fiorentini, che non la volevano,
ma per riportare a Roma il Fontefice. E riuscì mirabil-
mente nel suo nobile proposito. Il 13 Settembre infatti
del 137,6 Gregorio XI usci dalla bella Avignone, approdando
a Genova dopo un viaggio fortunoso il 18 Ottobre. Le noti-
zie di Roma e d’ Italia erano tristi, e il vacillante animo
del Fapa, stretto dai cortigiani, ebbe bisogno della parola
virile di Caterina, per riprendere il coraggio ed il viaggio.
Il 7 Novembre giunse a Livorno dove rimase otto giorni.
Nel seguito del Fontefice vi era anche Mons. Bartolo-
meo Franchi, e durante la permanenza in Livorno, come
Fisa che mandò una magnifica ambasciata al Fontefice, così
le altre città, tra le quali fu sicuramente Fistoia. E torna
giusto supporre, che nell’ambasciata pistoiese fosse presente
MEMORIE DOMENICANE 15
il nostro Beato Andrea, di cui è inutile ricordare 1’ alta
stima in cui era tenuto dai concittadini.
Il ritorno del Papa in Italia valse a dare un’ ombra di
tregua tra le fazioni e gli odi cozzanti. Firenze vide nuo-
vamente Caterina tra le sue mura, anzi dalla fazione con-
traria in un tumulto popolare poco mancò che non rendesse
vermiglia la bianca sua tonaca. Desiderava tanto la Vergine
senese di testimoniare allo Sposo l’amore che la tormen-
tava, con dare il sangue innocente per la Chiesa ed il
Papa !
Ma gli avvenimenti incalzano
;
e vediamo che alla
morte di Gregorio XI (27 Marzo 1378) tra il popolo ro-
mano, in rumore al pensiero di una nuova elezione fran-
cese, venne eletto l’Arcivescovo Bartolomeo Prignano, amico
di Caterina e di Bartolomeo Franchi.
Di carattere austero e intollerante di abusi, si inimicò
ben presto il collegio cardinalizio, in maggioranza francese
e mondano
;
e dall’ inimicizia si passò presto allo scisma
con l’elezione francese di Boberto di Ginevra il 20 Set-
tembre del 1378 in Fondi.
Qui incomincia quel luttuosissimo periodo di storia, che
divise l’Europa in due campi
;
i fedeli a Urbano VI ed i
seguaci di Clemente VII
;
Poma o Avignone. Immensi fu-
rono i mali prodotti da quella scissione. Non bastavano
tutte le distruzioni prodotte della peste, sempre allo stato
endemico, e dalla decadenza generale dei costumi sia del
popolo che del clero. Con la nuova iattura si aggravò an-
cor più la condizione politica-religiosa della cristianità, spe-
cie dell’Italia.
Lo sforzo dei buoni fu tuttavia incredibile
;
prima tra
tutti S. Caterina, la quale, chiamata in Poma dal nuovo
Pontefice, fece di sè un olocausto continuo, una martire vi-
vente di amore e di desiderio, fino a che il suo fragile va-
sello, come gentilmente chiamava il corpo suo verginpJe,
non fu offerto quale vittima per il trionfo della Chiesa.
Bartolomeo Franchi fu chiamato dall’amico pontefice
all’ onorifico ufficio di segretario, e con piacere si rileva da
16 MEMORIE DOMENICANE
alcune pergamene che il Franchi ebbe la sua abitazione
presso quella di S. Caterina (1).
La casa della Santa, in via del Papa, tra la Minerva
e S. Eustachio, era la casa di tutti, specie dei pellegrini to-
scani. Vi era sempre un pane e una scodella di minestra
calda per tutti, pane che la Santa andava spesso accattando
di porta in porta, o che benefattori generosi offrivano. Tra
i benefattori non esitiamo ad includervi Mons. Bartolomeo
Franchi, ricco a dismisura; e 1’ elemosina materiale gli era
ricambiata con la luce dello spirito e la preghiera ricono-
scente di Caterina. Alla casa di via del Papa non si an-
dava solo per il pane materiale, ma per un pane ancor più
sostanziale : la fonte di acqua viva.
In vista dei mali che dilaniavano la Chiesa, la Santa
aveva chiamato a Roma i discepoli suoi e le persone di
alta spiritualità, affinchè nella città dei martiri si rinnovas-
sero i tempi primitivi, quando i cristiani, uniti al Sommo
Sacerdote, formavano un’anima ed un cuor solo in Dio. Le
lettere scritte in quell’ ultimo periodo di sua vita hanno
qualcosa di eroico, di bruciante. La fiamma che la divorava
si comunica e brucia chi tocca
;
è come un incendio propa-
gante si per vento impetuoso.
In quelle lettere non ne troviamo nessuna diretta al
nostro beato Franchi, ma ciò non toglie di affermare che
quelle due anime furono in corrispondenza
;
e il tramite ne
fu Mons. Bartolomeo, vivente in Roma a contatto con la
Santa. Di questo prelato pio e generoso, che delle grandi
ricchezze fece ottimo uso, ci sono pervenuti solo i docu-
menti riguardanti i numerosi interessi e la pia fondazione
dell’abbazià olivetana pistoiese. G-li scritti personali e la
corrispondenza col fratello Andrea, suo fiduciario, sono in-
trovabili. È da lamentarsi questa perdita che ci avrebbe
fatto conoscere forse dei lati nuovi, dei particolari inediti
nella vita di Caterina e di Andrea..
(1) Nel 1383 (Luglio 3) Mons. Bartolomeo era Protonotario e nel 14(X) (No-
vembre 11) era Reggente della Cancelleria apostolica. Cfr. Archivio di Stato di
Firenze, fondo Pistoia, ad annum.
'rAV
.
Memorie Domenicane — FaKC. di f;!ennaio-Fobt;r!uo
lOTi^lJicmaiii S.'Taitis ìy
om^£r tJb IIfei fo l’is.&’Ord* >|
Ted^iétm*nm^^
JA ... # * :.^fe
Una pagina del Breviario di S. Domenico
conservata a S. Domenico Maggiore di Napoli.
MEMORIE DOMENICANE 17
#
La Santa, nei pochi anni del suo apostolato di una in-
tensità meravigliosa, ebbe modo di conoscere moltissimi
religiosi; e di questi solo pochi ebbero la fortuna di rice-
vere quelle epistole così alte e forti ripiene di fuoco
;
agli
altri mandava oralmente una parola, un saluto, un incita-
mento al bene, un ricordo materno. L’epistolario di alcuni
discepoli (1) conferma, se ne fosse il caso, questa conclu-
sione naturale. Altrimenti non si spiegherebbe tutto il la-
vorio di Caterina in Roma, per far rimanere fedeli al Pon-
tefice Urbano le repubbliche italiane.
I Conventi domenicani erano sempre focolai di attività
religiosa e indirettamente politica
;
ed in quelle comunità
la parola di Caterina, consigliera del Pontefice, stigmatiz- *
zata, onore dell’abito domenicano, era di un’ efficacia stra-
grande. Da Roma, centro dove convenivano i religiosi d’ogni
parte, si irradiava l’attività di Caterina, operante a mezzo
dei suoi confratelli, i quali, dopo il giudizio sulle virtù
della Senese nel Capitolo generale di Firenze, avevano com-
preso di avere una sorella Santa, e ne accettavano la pa-
rola, il consiglio, il volere.
Parlando di Lei, come di astro maggiore, si viene ad
illuminare la mite e nobile figura del beato Franchi, che
ha cercato di vivere sempre nell’ombra, nella sua Pistoia,
contentandosi di operare e fare, evitando ogni clamore, e
cercando in quegli anni di turbolenze e sconvolgimenti di
tenere i suoi concittadini nell’ ubbidienza del vero Pon-
tefice.
La riforma dell’Ordine.
La potenza però della Benincasa non si limitò alla po-
litica, anzi questa era ultima nell’ intenzione, ma far si che
nelle anime e nella Chiesa rifiorisse 1’ albero della Croce.
(1) Pubblicato dal Grottanelli
;
in appendice alla Legenda Minore, Bologna:
Romagnoli, 1868.
18 MEMORIE DOMENICANE
Voleva che il sangue di Gesù non fosse sparso inutilmente,
e che la riforma dei costumi e della disciplina si operasse
prima nel clero poi nel popolo tutto.
Non poteva essa, naturalmente, dimenticare che il suo
Ordine aveva anche bisogno di riforma, di ritornare cioè
sulla via tracciata dal santo Fondatore, se non voleva con-
dannarsi a morte lenta ma sicura. Non usò Caterina grandi
frasi o progetti clamorosi, lasciò da parte le chiacchiere in-
concludenti e vaporose, e volle, fermamente volle, che l’al-
bero domenicano producesse frutti di vita, non di morte.
Incominciò quindi da se stessa, in mezzo alle sue consorelle
j\[antellate, molte delle quali erano nobili e ricche, ad os-
servare la povertà evangelica. Farsi povera per amore di
Gesù, chiedere invece di dare, umiliarsi dinanzi ai biso-
gnosi, soffrirne le miserie materiali e morali, il lezzo che
emanano, viaggiare a piedi o su uno stecchito ciucarello,
sempre contenta, sempre lodando il Padre celeste, felice di
imitare gli uccelli festosi e signori di tutto. Giunse la Santa
a desiderare e chiedere al Signore che i suoi di casa, tin-
tori e benestanti, fossero in povertà; e rallegrarsi quando
le sventnre domestiche ammiserirono quella famiglia, tanto
che Caterina stessa con la Madre dovè abbandonare la casa
paterna. Non si vergognano le Mantellate che la seguivano
nei frequenti viaggi di imitarla; e preziose sono per noi le
notizie tramandateci dai discepoli del come viveva la fami-
glia spirituale di Caterina in Roma. Erano in media qua-
ranta persone a mensa, e le mantellate a turno dovevano
provvedere accattando di porta in porta il pane quotidiano;
ma quando mancava, la Santa con un segno di croce rin-
novava come Gesù il miracolo dei pani.
A questa scuola si educarono fra Raimondo da Capua,
Bartolomeo Dominici, Bartolomeo Mantucci, il Caffarini, il
Beato Giovanni Dominici, fr. Tommaso Aiutamicristo pi-
sano con fra Domenico da Peccioli, per citare solo i più
noti. Nei Conventi essi vedevano quanto poco era osservato
il voto di povertà. Questo voto è stato e sarà sempre lo
scoglio della vita comune, ed a nessuna seria riforma in
bene si può pensare, se non si mette a base la rinunzia
MElVIOltlK UOMENUJAMK 19
perfetta ad ogni possesso
:
povertà materiale e povertà di
spirito.
Come dovevan soffrire quei Caterinati nei loro Conventi,
dove la povertà non era più osservata
;
rimaneva si è vero
tutta la bellezza esterna della vita religiosa, ma il midollo
spinale esaurivasi lentemente.
Il Beato Raimondo da Capua, discepolo prediletto, che
più di tutti, come Generale dei domenicani, doveva ardita-
mente e prudentemente mettere mano alla riforma, nello
scrivere la vita di Caterina non ci ha detto tutto. Nè po-
teva dirlo. Sono misteri di anime che bisogna rispettare,
contentandosi di accenni significativi. Forse le ardenti op-
posizioni di molti domenicani per Caterina ebbero origine
dal rimprovero continuo che la vita della Santa e dei di-
scepoli era per essi....
I primi operai di quell’opera rinnovatrice li troviamo
appunto tra i Caterinati, nei Conventi di Siena, Pisa e Fi-
renze
;
i più ardenti propagatori della riforma, quali il Beato
Raimondo e il Beato Dominici trovarono i loro primi colla-
boratori in quei che avevano avuto contatto con la Santa,
e tra questi è necessario includervi il beato Franchi, che
abbiamo trovato cosi spesso sulle vie della Benincasa.
Come priore di Pistoia, Orvieto e Lucca, il Beato
potè colla sua santità col suo esempio arginare quel movi-
mento che portava la dissoluzione nei Conventi, e far sì che
il buon seme seminato da Caterina trovasse terreno fecondo,
non sterpi. Poiché i santi hanno questo di speciale, prima
di dire fanno ed operano, con l’esempio in modo speciale,
e 1’ esempio lavora più lentamente ma più sicuramente nella
via del bene.
Le frequenti comunicazioni con Lucca, Firenze e spe-
cialmente con Pisa, dove vivevano fr. Domenico da Pec-
cioli, fr. Tommaso Aiutamicristo con altri discepoli di Ca-
terina
;
i viaggi continui del B. Raimondo e del Dominici
in Toscana, mettevano a contatto col B. Andrea quelle
anime ardenti, piene di entusiasmo per la rifioritura dome-
nicana, capace di elevare il basso livello in cui molti reli-
giosi vivevano.
MEMORIE DOMENICANE2i)
Piace molto l’ombra ed il silenzio di cui il Franchi si
è circondato
;
è come una cella chiusa dove si sente tut-
tavia che un cuore palpita
;
e non ostante la ferma chiu-
sura un profumo si sprigiona, un raggio si effonde dagli
spiragli, che rivelano tutta la vita intima ascosa in Dio,
pronta al sacrificio, all’ immolazione per un ideale di vita.
P. Innocenzo Taurisano, o. p.
IL B. MARGOLINO DB6U AMANNI DA FORLI
in una Lettera del B. Dominici (i)
Nella ricoiTeiiza della festa del 1>. Marcoliiio da Forlì,
die è rimasta al giorno 21 Gennaio andie nel nuovo Calen-
dario perpetuo, abbiamo creduto di far cosa gradita presen-
tando ai lettori del nostro Periodico la bella lettera, die il
1j. Giovanni Dominici, uno degli uomini iiiù chiari che F Ita-
lia e rOrdiiie avessero in quei tempi, scrisse neir occasione
del felice transito del servo di Dio.
Il 1>. Marcolino moriva a Forlì, sua jiatria, il 24 Gen-
naio 1897. Era appena spirato, che la fama della sua santità
si diffuse non solamente in tutta la liomagna, ma nell’Um-
bria, nel Fiorentino, nella Lombardia, nel dominio Veneto,
e anche fuori d’Italia, nè con altro nome cliiamavasi se non
con q nello di beato.
Per ogni dove, dice una cronaca antica, se ne facevano
jianegirici, si predicavano le sue virtù, s’invocava^ il suo }>a-
trocinio, e in qualclie luogo se ne faceva memoria negli nf-
tìci divini come di un santo. Kaccontasi del Yen. fr. Nic(dò
di maestro Giovanni di Ravenna, uomo di ])reclara virtù,
die a. Mattutino, a Vespro e nella Messa., faceva memoria
del nostro beato, e nei famigliari discorsi e nelle predicazioni
non con altro titolo lo nominava che con quello di santo.
Kidiiesto del perchè, rispose che sapeva quello che faceva.
(l) Del B. Marcolino ha parlato il Ros. Meni. Dom. anno 1897, lasc. 1.® e 2.®
MEMORIE DOMENKJANE 21
av<^ii(lone avuta» una livnlazione speciale.... A Forlì poi s(*
celebrava ogni anno la festa cxm tutta la» grandiosità : fuo-
cliij spari, coniyxmimenti e solenne apjtarato
rodigi e nelle grazie moltissime e di ogni rnanicua, che al
suo se])olcro, o yier sua intercessione si otteiH‘va.no.
Di quel tempo il B. Giovanni Dominici si trovava a Ve-
nezia:, in qualità di Vicario Generale dei Conventi riformati
d’ Italia. Venuto ben presto a cognizione di tutte queste cose
strepitose, che trovarono anche conferma in alcune lettere
dirette da. Forlì a. lui e al Vescovo di Veneziai, Leonardo
Delfino, desideroso di rendersi conto della, verità dei fatti,
nel Febbraio dello stesso anno 1397, mandò a Forlì due de'
suoi religiosi, il Ven. fr. Niccolò di Ravenna., sottoyvriore
ai SS. Giovanni e Paolo, e il P. fr. Marsilio da. Siena.; con
loro si unirono, quali testimoni, il Nob. Uomo Antonio So-
ranzo. Priore dei Terziari, e un altro popolano di ottime di-
L’ urna sepolcrale del B. Marcolino a Forlì.
(1) Cf'r. Breve ragguaglio della Vita, culto, miracoli del B. Marcolino Forli-
vese Domenicano. Forlì, Marozzi, MDCOLI.
MEMORIE DOMENICANE22
sjK)sizi(>iii per nome Limetto, pure Terziario di S. Dome-
nico (1).
Al loro ritorno, portarono in iscritto e confermarono
con giuramento quanto avevano visto coi loro occhi e sa-
])uto della vita e dei miracoli del beato. « Le cose sono tali
c tante, diceva il Dominici, che in loro coìifronto è nulla la
fama precedente ».
Il r*. Dominici si fece tosto un dovere d’ informare il
Maestro Generale deirOrdiiie, B. Raimondo da Capila, che
allora si trovava in Colonia, e nei primi giorni di Marzo
dello stesso anno gli spedì una esatta relazione ediscono allo scrit-
tore di scrivere; ben pochi quelli che ve Tinvitano, e tra questi il prin-
cipalissimo è che voi, Padre Kev.mo, godiate che sotto il vostro go-
verno e direzione si sia trovata tal pecorella, tal pianta che ma-
gnificando l’Onnipotente Iddio fra le sue creature, ha condotto a Lui
il suo popolo diletto, e che sul suo esempio voi riossiate, com’è vostro
desiderio,' con parole, con lettere, con esempi, fortemente e senza
timore, richiamare al primitivo fervore di carità gli altri cuori tiepidi
dello stesso gregge.
. La fama universale, gli scritti e i discorsi pubblici, resero p/ilesi
gli ultimi miracoli, segni manifesti dei meriti del beato Marcolino
di Porli. Egli lasciò la spoglia terrena per salire collo spirito alle
alte regioni del cielo, quest’anno, al 24 di Gennaio. Io per altro desi-
deroso di rendermi meglio certo di cose forse accettate e credute un
po’ leggermente, mandai colà il sottopriore del nostro convento e
fr. Marsilio da Siena, con un nobile di questa città di chiara fama e
un altro popolano di ottime disposizioni (1).
Di ritorno essi narrarono le cose' che videro e udirono. Esse sono
tali e tante che in loro confronto è nulla la fama precedente. Essi mi
riportarono fra gli scritti con le deposizioni degli stessi testimoni
giurati più di ottanta miracoli, che il Signore in pochi giorni operò
benignamente sulla tomba del suddetto beato e in altri luoghi a in-
vocazione del medesimo.
Con essi venne un cittadino di Forli il quale avendo patito una
lesione agli organi della riproduzione, fece in sè stesso il voto dì
predicarlo beato se ricevesse la sanità, e tosto sì sentì guarito. Ma
narrando la grazia ai genitori e alla moglie, ai quali era nota la' sua
infermità, s’astenne per vergogna di manifestarlo ad altri, onde ri-
cadde nella infermità sua. Allora si strugge in lagrime, deplora la
sua infedeltà, promette di riparare al fallo. Alla nuova promessa
tien dietro una seconda guarigione. Allora non pago di divulgare
l’accaduto nel suo paese di cui è cittadino d’onorata condizione, si
unì a’ miei messi, e qui narrò, a chi gradiva ascoltarlo, le cose si>eri-
mentate in sè stesso e quelle avvenute in altri. Questi messi dicono
stenti tunc versus Coloniam p. F. Joannem Doviinici de Florentia ejusdem Ord. exi-
stentem tunc Venetiis : et hoc, cum rediisset de Forlivio F. Nicolaus Magistri Joannis
de Venetiis ejusdem Ord. et peribuisset testimonium sanctitati et miraculis B. Marco-
lini, scripsit dictus F. Joannes (Dominici Florentimis) dictam litteram die 1 sive
secunda Mensis Martii 1397.
Per il testo latino Cfr. Corner ibid, pag. 187.
(1) I due religiosi erano il Ven. fr. Nicolò di Ravenna e fr. Marsilio da Siena ;
due secolari, il Nob. Uomo Antonio Soranzo e Dimetto della Fraternità di
S. Domenico di Venezia.
24 MEMORIE DOMENICANE
concordemente che non passa ora deH’intero giorno in cui non si tro-
vino almeno 300 persone nella nostra Chiesa, ove è la tomba del corpo
del santo, le quali chiedono che la parola di Dio sia protratta più
a lungo; giorno e notte domandano buon numero di confessori, ma
i ministri del Signore non bastano per una messe tanto abbondante
e rigogliosa.
I^e lagrime dei peccatori, i singulti dei devoti, i gemiti dei lan-
guenti, le grazie, le istanze dei supplicanti, il giubilo dei graziati
vi si sentono assieme confusi
;
e sebbene già innumerevoli siano quelli
che vengono risanati nel corpo, sono tuttavia in maggior numero
quelli che vengono tolti al demonio che li teneva incatenati nel peccato.
Che dirò d’un bestemmiatore di Dio e del santi, a cui fu data una
particella del panno della cappa del santo perchè, mercè il suo aiuto,
cessasse di offendere Dio? Egli la prese materialmente, non con con-
vinzione, e se la mise in tasca forse insieme coi dadi di cui si ser-
viva per giocare; andato a casa cominciò a schernire la divozione
de’ suoi (quando il beato cominciava ad operare i suoi miracoli),
egli accese il fuoco e pose il panno tra le bragia ardenti, coprì il
fuoco e se n’andò, vantandosi d’aver saputo bruciar la cappa d’un
santo. Due giorni dopo, vale a dire il terzo giorno, avvenne che avendo
il suddetto uomo perduto nel giuoco tutto il suo danaro, guardando
attento nella borsa se mai per caso qualcosa gli restava per poter
tornare a giocare, non trovò nient’altro fuorché il panno del beato,
che credeva bruciato già da due giorni. A quella vista, tocco nell’animo
e pentito del suo peccato, prese a divulgare il fatto miracoloso, ed
essendo stato prima tanto ostinato, lo chiamavano un lupo che pre-
dicava ad agnelli. Così la fama cominciò a spargersi più chiara per
la città, e poiché i frati tacevano e nascondevano la gemma già inu-
mata, le pietre stesse parlavano per lui.
Difatti, terminato il felice suo corso terreno, fu senza alcuna so-
lennità sepolto; ma ciò non potè farsi di nascosto, poiché era notis-
simo a tutti sebbene fosse tenuto in conto di uomo semplice. Appena
il santo fu passato di questa vita, un fanciullo di sette anni annun-
ziava per la città la sua morte; perciò toccando Dio i cuori degli
uomini, avvenne che, quando i frati portavano, com’è costume, la
salma alla Chiesa, la trovarono stipata di persone dell’uno e del-
l'altro sesso, che protestavano dicendo : volete seppellire segretamente
un santo che, sebbene semplice e rozzo, ha per virtù divina commosse
le turbe? Il frate cuciniere si unì alla voce del popolo perchè, lavando
il corpo che doveva essere seppellito, vi trovò alle ginocchia un grosso
callo causato dallo stare sempre ginocchioni nel pregare. Il popolo
si fa strada verso il corpo del beato, fortunato chi può toccarne le
membra e impossessarsi di qualche lembo del suo abito ; d’altra parte
i frati cercano di prendere il corpo e deporlo secondo l’usanza cogli
altri, nell’umile terra; così fra gli elogi degli uni e le ripulse degli
altri, la lotta finì colla giornata. La notte seguente, essendosi il po-
MEMORIE DOMENICANE 25
polo ritirato alle proprie casse, i frati lo calarono subito nel seixjlcro.
Ma il dì appresso, appena spuntò il sole, la gente accorse d’ogni parte,
e domandava il tesoro stato nascosto, e voleva si esumasse il corpo.
I frati si oppongono, si alzano le voci; (piesti dicono non essere giusto
che un semplice uomo sia trattato come un santo; gli altri sostengono
essere troppo ingiusto negare una santità proclamata da Dio stesso :
— non è santo — è santo — ne sorge una piccola contesa. Tra la
folla si trova un carpentiere, che così testualmente riferisce : — men-
tre tagliavo le pietre, mi percossi a oaso' col martello appuntato la
mano, in modo da recidermene una parte. Mentre addolorato pian-
gevo e, per una pessima abitudine, bestemmiavo Iddio e i santi,
accorse il pietoso Padre, mi abbraccia, mi riprende dolcemente, e pone
sulla mia ferita la prima erba che trova nel prato e mi comanda di
tenere la mano chiusa; egli entra in Chiesa, e dopo breve dimora,
ritorna a me dicendomi : « Figliuolo, apri la mano ». Io ricusai dicendo
« lascia andare. Padre, che l’erba m’ha già calmato il dolore », e non
sapevo che l’erba applicata fosse destinata a occultare umilmente la
potenza di Dio. Ma jegli tornò a dirmi : « Aprila sicuramente, non te-
mere ». Ciò fatto mi trovai del tutto risanato. Io volevo baciare le
orme de’ suoi piedi, ma egli ricusò, e mi comandò di non parlare del
fatto per tutta la mia vita.
Un altro infelice era stato preso da grave spavento i>er una vi-
sione notturna. Gli parve di essere in una Chiesa dei PP. Predica-
tori, fermo dinanzi un tribunale d’un giudice adirato. Tutti i padri
sedevano fuorché il P. Marcolino, che rimaneva in piedi. Gli parve
che il giudice comandasse di gettare alle fiamme vendicatrici un vec-
chio, che da gran tempo non s’era confessato; tutti quelli che sta-
vano seduti tacevano, ma il venerando fratello che stava ritto, chiese
e ottenne la grazia pel condannato; poi gli disse: «Va, confessati
e sarai salvo ». Svegliatosi a giorno fatto, egli manifestò la visione
alla moglie di colui che doveva essere condannato, la quale non oc-
cultò la cosa a suo marito. Questi neH’udire ciò, corse alla Chiesa
dei Predicatori e con molte lagrime fece una sincera confessione.
Dirò ancora di un fanciulletto, che era incaricato di assistere
nella cella il santo già decrepito, il quale non poteva fare a meno
di celare le sue devozioni. Il fanciullo l’aveva visto pregare assidua-
mente davanti un’imagine della Vergine Madre, che teneva in grembo
il diletto Figlio, e recitare cento Pater e altrettante Ave Maria giusta
ITisanza dei laici, quantunque fosse sacerdote; le cantava inni e
salmi, e, fermandosi fra un canto e l’altro diceva : « O quanto è
bello il tuo Figlio, quanto è grazioso ! Dammelo ! » e altre cose sem-
plici, spontanee. Questo stesso fanciullo aveva visto che ogni sera
il santo deponeva dal letto le lenzuola, forse com’è consuetudine nel-
l’Ordine nostro, e usava una disciplina che teneva nascosta nel ma-
terazzo perchè nessuno gliela trovasse. Egli aveva anche visto che.
26 MEMORIE DOMENICANE
sebbene fosse solo, pareva comunicare con altri e aveva udito voci
che giubilavano con Ini.
Moltissimi al testano ch'egli era grande profeta, i)erchè aveva loro
predetto cose arcane, ignote o future, e i segreti del cuore; e quan-
tunque alcuni osassero dire che egli predicava per arte, i>ure il Pa-
dre umile e' santo non badò a scolparsi di questa calunnia. A molti
poveri deH'uno e dell’altro sesso che si dolevano della loro povertà,
il santo, benché poverissimo, tuttavia provvedeva poi abbondante-
mente. Ciò che muove a meraviglia e suscita lode, egli era vissuto
e aveva atteso alle oi>ere di Dio in modo che coloro i quali avevano
sperimentato i suoi prodigi, nulla sapevano delle sue profezie, e quelli
che avevano visto avverate le sue profezie, non lo sapevano così pie-
toso verso i poveri e assiduo anche di notte all’orazione; affinchè si
vegga che in tutta la sua vita a nulla attese più di proposito che
alla virtù dell’umiltà, maestra di ogni santità. I soli fr ti adunque
non ne divulgarono le lodi, anzi le respingevano dic*endo che non
conveniva fare un nuovo santo, specialmente un uomo semplice, di
ingegno mediocre, non profondo nè eloquente oratore, che dormiva
durante la Messa, in refettorio, e. quando usciva i>er la strada. Essi
non conoscevano allora di quale calma quel sonno fosse indizio.
Ma insistendo il popolo, si dovette sollevare la pietra sepolcrale
e si vide il corpo del santo; la Chiesa si riempì dì celestiale fra-
granza
;
i suoi abiti furono di nuovo fatti a brani dai fedeli, e fu
necessario rivestirlo più volte degli abiti dell’Ordine. Allora accorsero
gli afflitti, i mutilati; ed è cosa mirabile il sentire, il vedere, e il
narrare tutte le meraviglie che 11 Signore ha operato ed opera pei
inerHi del suo servo.
Dei molti miracoli noti al popolo, ne farò scrivere alcuni, e se
non fossi alla vigilia della quaresima, li noterei volentieri io stesso,
anche per sopperire alla mancanza delle parole e alla poca pratica
nello stile sacro. Che se poi mi domandaste altre informazioni della
sua vita e dell’umiltà, delUi ritiratezza di così grande uomo, ne tro-
vereste ben poche, oltre a quelle che ho sopra un po’ confusamente e
in breve raccontate.
Celebrava tutti i giorni, e nel celebrare pareva talora dormisse.
Giorno e notte, alle debite ore, si trovava in coro; si chiudeva in
cella, e pur restando solo, non era però solo, ma pareva che parlasse
con molte persone; perciò i Confratelli lo deridevano; se sapeva che
la Chiesa era vuota, vi si recava a pregare.
Mangiava cogli altri se era chiamato, ma alle volte, immerso
in un sonno sopranaturale, non sentiva la campana che lo chiamava
a tavola, e nemmeno sentiva le altre campane se non quelle, benché
piccole, per i cui tocchi intendeva, per esperienza, l’elevazione del
Corpo di Cristo. Ma appena ritornava in sè stesso, scendeva, e se i
Confratelli sedevano a mensa, egli si metteva in cucina coi servi;
MEMORIE DOMENICANE 27
si sedeva su di mi tripode e così mangiava piud i)Oco oJk* gli l'oi-niva
r Ordine.
Giìi oUiiageiiario e (jiiasi sordo, digiunava in tulli i gioiaii vo-
luti dalla Cdiiesa e anche dall’Ordine, le cui prc'scrizioni devono os-
servarsi nel Oinvento e fuori; vestiva povm'i jiaimi.... ma aniarid*
delhi solitudine e solo qualche volta conversava coi fanciulli, dei
quali è il regno di Dio, e da loro desiderava di esseri* canzonato
tirato per la cappa per amore, e in memoria di'l Dambino 0(*sù v(>rso
il quale era rivolto tutto il suo affetto.
Egli era tutto infiammalo di carità, domandava segri;! amenle pei'
i fratelli e per i poveri, distribuendo il necessario ai bisognosi in modo
che nessuno conosceva la sua carità, tranne coloro che la ricevevano.
Nessuno sapeva ciò che Taltro aveva ricevuto. Dispensava tante li-
uiosine ai poveri, che questi potevano comodamente nutrirsi e ve-
stirsi. Nessuno potrebbe diversamente spiegare come egli ricavasse
tanti beni, se non pensasse che il Signore glieli moltiplicava nelle
mani.
Parlava poco e ascoltava pazientemente e volentieri le confes-
sioni dei fedeli. Egli erti come il Signore lo voleva, cioè tanto umile
per esaltarlo inmiensamente, e ripieno di tanta e sì perfetta scienza
divina, da essere superiore ai dottori nel regno di Dio.
O miserabile nostra ambizione! Noi cerchiamo la gloria oppure
non la respingiamo. Vogliamo regnare in terra, o non disprezziamo
la terra come si conviene. Ecco che gli indotti guadagnano il cielo;
gli umili vi giungono; i semplici e i poveri Tacquistano; i pentiti lo
conseguono. Ma noi miseri, ambiziosi, superbi, vani, noti agli uomini
e ignoti a Dio, non sappiamo ove andiamo; e temo di dire che c’in-
camminiamo nella via della perdizione. Su via sorgiamo, miseri;
facciamo di conoscere bene la fugace e fallace vita presente, e ane-
liamo a quella alla quale rumile pianticella cresciuta nel giardino
del nostro S. Padre Domenico, ranima del B. Marcolino felicemente
ascese, coronata del serto delle sue mirabili virtù. E così sia.
O Domenico di Guzman, che tante volte moltipli-
casti il pane nel refettorio dei tuoi frati, che sulle nevi
delle Alpi, al compagno sfinito di forze, additasti Vali-
mento prodigiosamente inviato a tua richiesta dalla
Provvidenza, moltiplica il pane di quella verità, la quale
del tuo Ordine è motto e programma, su tante tenebre
desolanti d' ignoranza, che il popolo digiuno e sitibondo
consuma e abbrutisce.
P. V. s. j.
28 MKMORIK DOMENICANE
I DOMENICANI
NELLA UNIVERSITÀ DI PISA
I.
Non appena nato il grande e glorioso Ordine di S. Domenico
Pisa ebbe la sorte di averne un Convento (1221) fondato da fra
Uguccione Sardi, che lo stesso S. Domenico avea qua inviato.
Gli fu affidata allora una piccola chiesa dedicata a Santa
Caterina e su -questa sorse dipoi il grandioso tempio, che ancora
ammiriamo, sebbene quasi rovinoso in alcune parti, e guasto dalle
molte aggiunte seicentesche e settecentesche
;
che poco oltre
il 1252 era quasi terminato, sebbene la facciata nel 1327 non
fosse anche condotta a fine, quando già probabilmente T esimio
artista Domenicano fra Guglielmo da Pisa vi avea fatto speri-
mento del proprio valore, come nella fabbrica del Convento (i).
In questa magnifica chiesa attribuita a Niccola Pisano, quasi
a ricordare le memorie gloriose, di altissima pietà, filosofiche, let-
terarie, artistiche del prossimo Chiostro, si conservano i seguenti
Cimelii ed insigni opere d’arte : la cattedra dalla quale si crede
abbia insegnato S. Tommaso di Aquino, la mirabile tavola di
Francesco Traini, pisano (1345), 'che rappresenta la glorificazione
di S. Tommaso, dipinto meraviglioso, che servì di esemplare a
Benozzo Gozzoli per quel suo S. Tommaso, che il Vasari chiamò
« la più finita e meglio opera che facesse mai Benozzo », stu-
penda tavola che un tempo stava in Duomo « dietro la sedia
dello Arcivescovo » (2) ed ora, pur troppo, si trova al Louvre
costituendo uno dei tanti furti francesi (3); e per tacere di altri
di minore importanza, una pur bellissima tavola di Fra Bartolom-
meo, rappresentante la Madonna col Bambino e i Santi Apostoli
Pietro e Paolo, forse completata da Mariotto Albertinelli.
(1) Per i fondatori del Convento ed i numerosi Santi e Beati Domenicani pisani,
vedi il bel libro del Can. Zucchélli : La Beata Chiara Gambacorti. La Chiesa e il Con-
vento di S. Domenico. Pisa, tip. Mariotti, 1914, pag. io.
(2) Si noti ciò, prima dello incendio, quando la cattedra era quella bellissima, che
ora è davanti al pulpito.
(3I Fu riprodotta, di recente, nel bellissimo « Periodico Domenicano » dedicato al
Centenario del Santo Fondatore.
MEMORIE DOMENICANE 29
Altri monasteri di monache Domenicane furono a Pisa e nei
dintorni della città
;
ed uno — fortunatamente — esiste ancora.
Sino dal 1233 monache Domenicane erano già nel Convento
di S. Croce in Fossabanda, mentre altre si trovavano in quello
di S. Iacopo e Filippo de Cassandra il). Sino dal 1332
alcune delle monache di S. Croce, dietro concessione dell’ Arci-
vescovo Saltarelli, perchè spesso turbate da fatti guerreschi nelle
circostanti campagne, occuparono un altro monastero presso l’an-
tichissima chiesa di S. Silvestro in città, già Benedettina, che ri-
montava al II 18.
Da quello di S. Croce, dove pur nullameno rimasero sino dopo
il 1400 alcune Domenicane, e dove la nostra insigne e cara Santa
dei Gambacorti prese l’abito il 1382, passava la medesima con
alcune monache ad occupare il monastero eretto ad istanza della
figlia e dedicato al gran Patriarca di Gusman, da Pietro Gam-
bacorti.
E intanto fra Domenico Cavalca aveva fondato un altro mo-
nastero Domenicano raccogliendo varie convertite, alle quali dette
il nome di Suore della Misericordia, in un luogo presso il Ponte
della Spina, detto ora della Fortezza, che dipoi traslocò, edifi-
cando appositamente convento e chiesa dedicata a S. Marta
il 1334, nel luogo ove tuttora esiste la chiesa e il monastero tra-
sformato, e lì furono in seguito riunite altre monache che perve-
nivano dal suburbio e dalla campagna (2).
Un altro monastero Domenicano possedette Pisa, oltre i men-
tovati, dal 1472 al 1810, e fu quello di S. Paolo all’ Orto, ove le
monache degli antichissimi Conventi di S. Agostino in Via Romea,
e di S. Felice di Vada, divenute Domenicane per un Breve di
Paolo II (30 Dicembre 1469), furono raccolte per volontà di Si-
sto IV (19 Febbraio 1472), dopo aver abitato due anni in una
casa Gambacorti in Carraia di S. Gillio (Sainati).
Quindi Pisa nei secoli di suo maggior lustro ebbe sei centri
Domenicani, illustrati dalla santità e dalla scienza dei figli e delle
figlie di S. Domenico.
L’ insigne Convento di S. Caterina fu una vera scuola di Ar-
tisti e di Filosofi e di Letterati : nè son da dimenticare i rapporti
stretti con la nascente Università, ed in modo particolare con la
(1) V. il libro del can. Zucchelli, pag. 251 e ii relativo Doc.
(2) V. quanto in proposito scrive con grande esattezza storica, fondata suH'esaine
dei Documenti^ il Canonico Zucchelli, nel volume citato.
30 VIKMOIUE DOMENICANE
Scuola di Medicina; io ne trattai in un mio libro (i), e in que-
sto ritornai sulla cerimonia universitaria, la processione alla chiesa
del Corpo Universitario il dì di S. Caterina, compiutasi sino ai
nostri giorni, e descritta in antichi documenti che si collegano con
i rapporti sunnotati.
Nè è da dimenticare ciò che il nostro dott. Feroci mise in
luce pel primo
;
che cioè la operazione cesarea fu raccomandata
dal Beato Giordano da Rivalto luminare di questo Chiostro, di
che egli disse in una sua predica in S. Maria Novella di Fi-
renze (2).
Nè la influenza esercitata dai Domenicani a Pisa sulla vita
artistica, letteraria, scientifica della città si limita a ciò
;
in rela-
zione al concetto nel quale erano tenuti gli Ordini religiosi in
quel tempo, negli Statuti del 1318 (Esercizio della medicina e
della chirurgia) si trova una rubrica, lo feci notare in un mio
libro (3), che accenna espressamente alla autorizzazione ad eser-
citare, per dirlo con linguaggio moderno alla matricola.
Infatti in quella si legge : « per Terram et Civitatem Pisanam
aut per se aut per sua instrumenta vel puhlica vel privata > nes-
sun medico avea diritto di esercitare, se non quando avesse so-
stenuta una prova di idoneità per la quale fosse accolto nel Col-
legio dei medici, prova da sostenersi alla presenza di due Frati
dei Predicatori, o dei Minori, o degli Eremitani di S. Agostino e
di un Notaio. E lo aver messo i Domenicani in prima linea ci fa
rilevare quale estimazione si facesse dei Predicatori; forse in re-
lazione al fatto studiato e illustrato dall’ illustre e compianto pro-
fessore M. Del Gaizo, dello studio della medicina nei Cenobii di
quest’ordine.
II.
E questa altissima considerazione per i Domenicani, si ma-
nifesta anche più apertamente quando la Università riceve nuovo
impulso, dapprima sotto il Dominio Fiorentino per opera princi-
palmente di Lorenzo il Magnifico, dipoi sotto il Principato di Co-
simo I.
(1) Fedeli Carlo, I Documenti Pontifici riguardanti l'Università /“wa. Pisa, Ma-
rietti, 1908.
(2) Feroci, La scuola chirurgica in Pisa nel secolo XVII. Pisa, stabilimento tipo-
grafico toscano, 1911,
(3) Fedeli Carlo, Documenti e Pagine di Storia Universitaria. 142^-1800. Pisa
stabilimento tipografico toscano, 1912, pag. 64.
MEMORIE DOMENICANE :n
Allora i Domenicani cominciano a figurare nei Ruoli dello
Studio, e con i Minori ed i Servi di Maria, gli Eremitani di San-
t’Agostino e i Cassinosi, i Camaldolesi, e i Vallombrosani ecc.
dànno un contributo scientifico dei più rilevanti alla vita dello
studio stesso.
I Domenicani sono più elettivi in alcuni rami dello scibile,
come dovrò dire, ed il loro numero è notevolissimo
;
dal 1498
al 1849 sono oltre i 30 : e fra questi si notano molti insegnanti
egregi ed alcune vere illustrazioni.
Per la esattezza storica è da dire che forse non di tutti si
è potuto tener conto, perchè anche tenendo per guida la mi-
niera inesausta della storia di mons. Fabroni, e l’esame rigoroso
delle Carte degli Archivi Pisani e Fiorentini, certamente ci sono
sfuggiti i Frati insegnanti nelle Scuole preuniversitarie e nella
primitiva Università : forse anche taluno dei primi tempi di vita
più regolare universitaria
;
è indubitato però che, anche limitan-
doci soltanto ai certi, dei quali possediamo documenti sicuri, un
breve esame del loro valore e della loro influenza riesce quanto
mai curioso e proficuo.
III.
II primo Lettore di Teologia della Università rinnovata è il
minorità Bernardino Chierichini il 1473 1 dopo che ad esso
tengono dietro nei Ruoli, Giovanni di Ruperto Spagnolo e Pietro
Calabro pure Minoriti, compare Benedetto Pagagnotti (1484)
illustre Domenicano dell’epoca. Di lui scrisse il Fabroni (i) ;
« magna de illius docirinae opinio sane fuit ». Avea preso l’abito
in S. Marco di Firenze, Convento che abbandonò, non concor-
dando a quanto pare col Savonarola; passò allora a S. Maria No-
vella, e da questo storico Convento venne a Pisa all’ Università.
Poco dipoi, eletto da Innocenzo Vili Vescovo di Vasona, die-
tro raccomandazione del Magnifico, rimase ciò nullameno in Fi-
renze, facendo le veci di Rinaldo Orsini arcivescovo fiorentino,
che se ne stava sempre fuori di Diocesi. Abitò ognora S. Maria
Novella, modestissimo, frugale, tutto dedito al bene dei suoi con-
fratelli e del Convento.
Fu per volontà di Alessandro VI incaricato di dissacrare il
Savonarola ed i suoi due compagni, prima che venissero conse-
(i) Cfr. Historiae Acadetniae Pisanae, volumen I
,
auctore Angelo Fabronio. — Pisis,
excudebat Caietanus Mugnainius, 1791.
MEMORIE DOMENICANE
gnati al carnefice
;
ciò che sembra facesse a malincuore, dietro
minaccia di esser privato del suo Vescovado, perchè, non ostante
i dispareri accennati, aveva grande opinione del Savonarola.
Mentre ad un altro professore di Pisa, il Romolino, allora
vescovo, veniva affidato il processo e la iniqua sentenza
;
doveva
il Pagagnotti, quel funesto 23 di Maggio 1498, compiere quanto
da Alessandro gli era stato commesso. Il venerabile Fra Giro-
lamo ed i compagni giunsero al primo Tribunale eretto sulla
Piazza della Signoria, davanti al Vescovo di Vasona, alle ore io del
mattino : e qui, quando l’uomo apostolico si trovò innanzi al suo
antico discepolo, lascio la parola al Villari (i), che narra come il
Vescovo di Vasona non aveva il coraggio di alzare gli^'occhi in
faccia al volto sereno del suo antico maestro.
Egli compì la cerimonia errando perfino nella formula, e fu
corretto dal Frate, quando avendo il Vescovo detto : « Separo te ab
Ecclesia militante atque triumphante » l’apostolo della SS. Euca-
restia lo riprendeva : « militanU, non triumphante, hoc tuum non
est »
.
E queste parole furono pronunziate con un accento che
vibrò nell’animo degli astanti : chiunque potè udirlo ne serbò
eterna memoria.
Benedetto Pagagnotti insegnò anche Astrologia^ quando nel-
l’anno 1484 si volle, per forza, questo insegnamento.
Di lui scrissero il Razzi : Istoria degli Uomini illustri dei Pre-
dicatori (Lucca, Busdraghi, 1596, pag. 1 13-1 14) e il Burlamacchi:
Vita del Padre Fra Girolamo Savonarola (Lucca, Giusti, 1764,
pag. 200).
E quest’ultimo scrittore narra, come il Vescovo Pagagnotti
' rimanesse sanato di una terribile malattia per la intercessione di
Fra Girolamo che, una notte, gli apparve in sogno circondato
di luce.
Il Pagagnotti morì in S. Maria Novella il 1529.
Singolare coincidenza, che nella Università Pisana furono let-
tori — in quell’epoca — due grandi amici e difensori del Savo-
narola : Oliviero Arduini, uno* dei più stimati filosofi e teologi
dello Studio, e Domenico Bonvicini quel dottissimo, che Marsilio
Ficino chiamava il suo < complatonictim ».
Press’a poco in quell’epoca, 1487, un altro Domenicano illu-
strò l’Università, apprezzatissimo come filosofo e teologo, Dome-
(i) Villari Pasquale, Storia di Girolamo Savonarola. Firenze, Le Monnier, 1859-61
e 1887.
XAV. 111. Memorie Domenicane — Fase, di Gennaio-Febbraio 1922.
Il B, Angelo Orsucci
martire domenicano
(
1622 - 1922
)
(Quairo di A. Franchi).
MEMOItlE IXJMENICAI^E 3:ì
Nico DI Fiandra. Domenico di Fiandra nel di.sputare vinse un
greco, tale Argiropiilo : finita la disputa disse che se avesse be-
vuto un bicchiere di più (ne aveva bevuto uno solo), avrebbe
vinto tutta la nazione greca. Il curioso aneddoto — caratteristico
per i costumi del tempo — è riferito dal Fabroni.
Sono probabilmente di lui due lavori conservati nella Biblio-
teca Nazionale di Firenze (Conventi soppressi) « Quaestiones S7t-
per commentaria S. Thomae in libros Posteriornm Aristotelis ».
È un Codice in parte cartaceo in parte membranaceo, pro-
veniente dal Convento di S. Marco. È del secolo XV,
L’altro porta il titolo: « Dispntationes in posteriora Aristo-
telis »
.
È un Codice membranaceo in 8°, proveniente da S. Maria
Novella (i).
Levò alta fama di sè il Lettore di Logica Fra Martino da
Genova, che fu inscritto nei Ruoli il 1495 ^ insegnò per un bien-
nio, come attesta anche il Razzi.
Lo storico insigne Benedetto Varchi ebbe parole di lode per
Fra Giovanni di Francesco Beato, trevigiano, più volte eletto a
leggere nella Università di Padova, e stimatissimo da Cosimo I
che lo volle a Pisa, dove lesse Metafisica dal 1543 al 1546, pro-
prio agli albori della Riforma Cosimiana.
Quarantun’anno dipoi, un altro dei Predicatori, Fra Dome-
nico Maranta, fiorentino, leggeva Logica il 1587.
Lettore di gran fama e giustamente fu Fra Vincenzo Civi-
TELLA, al principio del secolo XVII.
Aveva insegnato per 15 anni Teologia e Filosofia a Roma,
alla Minerva
;
era stato Reggente a S. Maria Novella, ed aveva
avuto numerosissimi discepoli nel ceto dei prelati e dei nobili.
Ferdinando I Mediceo lo inviò in Ispagna per una difficile Am-
basceria
;
insegnò a Pisa dal 1602 al 1609, dapprima Scrittura e
quindi Metafisica.
Teologo nello Studio Fiorentino, nominato Teologo dal Car-
dinale Gonzaga, Priore di S. Maria Novella, morì il 12 Mag-
gio 1609.
Quasi contemporaneo a Pisa gli fu Fra Alberto Campana fio-
rentino, altro Domenicano, grandemente stimato, che lesse Scrit-
tura dal 1602 al 1609, e Metafisica dal 1609 al 1630.
\0) Debbo queste notizie, come molte altre, veramente preziose, al sig. Eugenio
Cappelli, della Biblioteca Nazionale Fiorentina, al quale esprimo qui la più sentita grati,
tudine.
34 MEMORIE DOMENICANE
Lasciò Pisa per Padova, dove levò gran fama di sè : morì
il 1639.
Fu oltre tutto dotto latinista e poeta: tradusse la Farsaglia
di Lucano. L’ Università lo mantenne nei Ruoli ancor due anni
dopo che era partito. Nei ricordi dello Studio è notato di lui :
« E padre di gran merito, pronto, vivo, modesto, di varia e bella
erudizione, diligente, studioso, di bellissimo ingegno, e fatica vo-
lentieri ».
Di lui scrissero con lode, óltre il Fabroni, Giovanni Targioni
Tozzetti, il nostro insigne naturalista, nelle sue « Notizie della sto-
ria degli aggrandinienti delle scienze fisiche in Toscana », (1852,
pag. 203} ; il Papadopoli : Historia Gymnasii Patavini (Venetiis,
1726, pag. 362, tomo I); il Tommasini : Elogia virorttm literis et
sapientia illustrium (Patavii, Sardi, 1644, pag. 297), e VEchard et
Onetif, (tomo II, pag. 301 --302).
IV.
Dissi in principio di questo scritto, che i Domenicani fu-
rono nella Università più elettivi in alcuni rami del sapere : ed
infatti nello insegnamento della Teologia « ad mentem S. Thomae »
dal 1636 al 1746 la prevalenza loro è manifestissima. E ben fa-
cile ad intendersi è la ragione di ciò. I Domenicani, gelosi cu-
stodi della Teologia e Filosofia dell’Angelo della Scuola, erano
giustamente considérati come i veri interpreti della sua dottrina,
che ci fu da loro integralmente conservata nei secoli
;
di loro
può ripetersi, mutato il soggetto, ciò che così spiritosamente
M.me de Sevigné, disse degli Oratoriani : « Proibire ai Padri del-
l’Oratorio d’ insegnare la filosofia del Cartesio, sarebbe lo stesso
che proibire al sangue di circolare »
;
invece di Oratoriani si
pongano Domenicani, invece di Cartesio, S. Tommaso, e la frase
corrisponderà al vero.
Durante no anni, due sole sono le eccezioni come avrò
luogo di notare
;
i Moderatori dello Studio, una volta separata la
Teologia Morale dalle altre parti della Teologia stessa, perchè la
prima fosse dettata secondo S. Tommaso, la vollero affidata ai
Domenicani « qui, scrive il Fabroni, quasi religione obstricti sunt
ad Jiuius Doctoris sententias omnes noscendas atque tenendas ».
Insegnò il primo Morale Fra Bartolommeo Ortega Spagnuolo,
che fu in principio Lettore straordinario di Filosofia (1633-1635)
dipoi di morale (1636-1645). Era nativo di Valladolid
;
a 35 anni
noto e stimato come dotto : mons. Sommaia, culto e benemerito
MEMORIE DOMENICANE :ir>
Provveditore della Università, con quel suo modo incisivo di scri-
vere riferiva di lui al Principe ; « Fra Bartolommeo Ortega dei
« Predicatori, spagnolo, è nato a Vagliadolid, dice di avere stu-
« diato a Salamanca. È stato g anni in Pisa ed uno a Roma e
« Napoli. Ha frequentato la Sapienza in Pisa, e letto ai suoi Padri
« ed a molti altri filosofia e teologia, et anco è stato Presidente a
« conclusioni pubbliche e private, et in tutto ha mostrato talento
« vivacità e valore. Pia circa 35 anni, e come forestiero e per
« altro è poco amato dai suoi Padri ». E a proposito di questa
ultima asserzione aggiunge il Fabroni : « Extremimi diem vtorte
confecit Pisis an. 164^ ; et sui, qui ctmi vivo male agerent, mortuo
laudes tribuerunt ».
Tennero dietro all’ Ortega i due fratelli Zati, Iacopo c Lo-
renzo, fiorentini.
Fra Iacopo fu uomo di grande dottrina e grande virtù; ca-
rissimo ai due granduchi Ferdinando II e Cosimo IH, alieno da
ogni ambizione; visse in S. Caterina fino al 7 Aprile 1673.
Insegnò prima Teologia Morale dal 1645 al 1654; di poi Me-
tafisica dal 1654 al 73.
Ebbe successore nella Cattedra di morale il proprio fratello
Fra Lorenzo, pure ottimo frate e valentissimo professore.
Insegnò questi tempo brevissimo; morì postridie Kal. Decendir.
lògq. Fu suo successore un Domenicano di altissimo lignaggio,
Fra Vincenzo Guinigi (i) lucchese dotto ed elegante maestro
di dottrine morali
;
molto severo ed avverso ad ogni ombra di
lassismo; tenne la cattedra per 28 anni con somma lode (1655-82)
;
fu pianto da quanti lo conobbero.
Fra Carlo Cucci di S. Miniato venne di Perugia, dove go-
deva grande e meritata fama, allo Studio di Pisa, e vi rimase con
(i) Manoscritto presso i Domenicani di Lucca, che porta il titolo: « Memorie della
Religione Domenicana nella Nazione Lucchese » del P. Federigo Vincenzo di Poggio.
Si legge nel Libro secondo, Capit XCIX a pag. 362 di Giov. Vincenzo Guinigi. —
L’eruditissimo P. M. I.odovico Sesti contemporaneo del P. Guinigi ci lasciò di esso la
seguente memoria: « P. Magister F. yoannes Vinceniius Guinigi huius Conventus filins,
anno aetatis sjiae sexagesimo obiit die 2S Aprilis 1682 in quadam 7nllula prope Ripafrac-
tam nomine Rigoli Dioecesis Pisanae, ubi recreationis causa accesserai. Fuit Itic Pater, so-
cius quondam Provincialis Romani et Magister Provinciae. Per annos duodecim legit in
hoc Conventu Pliilosophiam et Theologiam et deinde per XXVII in Universitate Pisana
magno ctim plausu Theologiae Moralis Cathedram ascendit. Extitit item Consultor S. In-
qnisitionis et Examinator Sinodalis Dioecesis Pisanae, sicut et Lucaìiae. Violento morbo
ardore scilicet viscerum correptus, trium dierum spatio Eccleeiae Sacrameutis munitus, ani-
mam Deo reddidit. Eius auiem cadaver in hoc D. Rotnani Tempio sepulturam habuit ».
— Debbo questa preziosa notizia all’egregio Dott. E. Lazzareschi del R. Archivio di Stato
di Lucca, e sono lieto di potergli, qui, attestare la mia viva gratitudine.
MEMORIE DOMENICANE3 ()
decoro dell’ insegnamento, stimatissimo da Clemente XII e da Co-
simo III, dal 1682 al 1713. Fu supplito nel tempo che resse l’uf-
ficio di Provinciale da un suo confratello Ventura Talenti, lettore
in Santa Maria Novella, eccellente teologo ed oratore.
Il Cucci morì a Pisa il 1713, stimatissimo per la sua pietà e
modestia oltre la grande dottrina.
Fra Alberto Cecchi prese il suo posto dal 1714 al 1718;
fu lodatissimo, e alla sua morte fu ingiunto temporaneamente di
succedergli, al Domenicano Orlendi che insegnava Dogmatica.
I soli non Domenicani che insegnarono Morale a Pisa in un
lungo periodo di anni, furono in quest’epoca un prete inglese Ago-
stino Mattews e due Teresiani, il Padre Bernardino della SS. Tri-
nità (17x7-1722) e il P. Niccolò Bianchi (1722-1746), che di poi fu
vescovo esimio di Sovana fino al 1750.
Monsignor Sommaia ha scritto grandi elogi di Fra Pietro Te-
DALDi fiorentino. Domenicano di S. Marco, che fu eletto metafisico a
Pisa il 1630 e insegnò sino al 1634. Di lui non esiste alcun do-
cumento. E similmente avviene per Fra Donato Antella fiorentino.
Domenicano, delle lodi dei quale dissero Mons. Sommaia e l’ il-
lustre Gaudenzio Paganini, suo collega di Università : sembra che
fosse dottissimo, grande oratore, di santa vita.
Insegnò metafisica dal 1636 al 1656.
Fra Tommaso Maria Cini di S. Marcello Pistoiese, tenne
dietro nella cattedra di Metafisica al Padre Jacopo Zati che di
sopra mentovai, dal 1673 al 1705; veramente illustrò lo Studio;
ebbe certo degli emuli che lo accusarono di invadere insegnando
il loro terreno. Avute rimostranze di ciò da Mons. Sergrifi (quel
vero riformatore dello Studio, 1685-1688) rispose con una lettera
riportata dal Fabroni, che fa vedere che larghezza di mente avesse,
unita a vastità di cultura.
II Padre Giuseppe Oronzi, lucchese, tu eletto a succedere al
Cecchi, del quale dissi di sopra, nella Metafisica il 1714, ed insegnò
con diligenza 17 anni. Il 1731 gli fu dato come supplente un Li-
vornese, Fra Domenico Monti, delle vicende del quale dovrò dire
oltre.
Il 1697 ebbe cattedra di Teologia Dogmatica P'ra Francesco
Orlendi; e fu il secondo lettore della cattedra fondata il 1691.
Fu uomo erudito, come lo dimostrano le sue scritture « Ovbis
sacer et profanus ilhistratìis 5' e « Duplex lavacriim in Coena Do-
mini iìdelibus exhibitnni »; ma poco acuto e critico. Insegnò fino
al 1733, ultimo di sua vita.
MEMORIE DOMENICANE 37
Fra i lettori di Logica, figura Fra Isidoro Ugurgeri senese,
l’autore delle « Pompe Senesi».
Fu condotto a Pisa da Monsignor Gherardo Saracini, senese,
Provveditore dello Studio succedendo al Sommala ('1636-1641).
Resse la cattedra con onore. L’ insegnamento della Logica oltre
ai ricordati Cini e Zati Lorenzo, resse anche un Carlo Borromeo
del quale non ho trovato notizie.
La prevalenza dei Domenicani nello insegnamento della Mo-
rale è più che evidente, e la ragione di ciò ebbi ad accennare di
sopra. Si volle la dottrina di S. Tommaso, escludendo qualsiasi altra
di quelle che, nel campo della Teologia e della Filosofia teorica,
dominavano in quest’epoca; e per le stesse ragioni ai medesimi
vennero, affidate cattedre di altri rami della Teologia, quali la
Dogmatica e la Scolastica. Il Fabroni lo dice chiaro : « Quamqìiam
more institutoque majorum Scholasticae Theologiae Cathedrae prce-
esse solerent Minoritae et Servitae, haec tamen aetas aliarìim reli-
giosarttm familiarum hominibus locum in ea datum est ».
Allo insegnamento di Teologia Dogmatica fu chiamato il 1697
Fra Francesco Orlendi di Lodi. Più che altro fu un grande
erudito, come dissi, che però non reggeva al confronto di altri
illustri suoi successori, quali il Capassi Servita, veramente grande
uomo, e il Fancelli che gli fu reputato pari.
Innanzi a tutti, però, va Giuseppe Inguibert di Carpéntras,
del quale per le doti esimie della mente e del cuore, per la in-
crollabile fedeltà alla Sede Romana volli espressamente dire in
appendice alla mia storia del Collegio dei Teologi nello Studio
di Pisa.
Nato il 1603, venne alla Università appena trentenne, appar-
tenne ai Predicatori e già in fama di eccellente Dottore in Divi-
nità; fu Lettore di Teologia Scolastica un solo anno (17 13-17 14Ì,
perchè aspirando ad una vita di elevatissimo ascetismo si ritirò
fra i Trappisti, ramo dei Cistercensi, allora raccolti nell’ Abbazia
di Casamari, e lì dette in luce — senza nome — la vita del Ri-
formatore della Trappa (Abbazia di S. Maria della Trappa, 1662)
Armando Giovanni Le Bouthillier de Rancò (1627-1700); deside-
roso della più austera solitudine ed austerità. Ma Cosimo III lo
volle a Firenze, Teologo aulico e lettore nello Studio Fiorentino;
e fu lì appunto, il 1722, che egli pubblicò i cinque volumi di Apo-
logetica, che ebbero così grandi lodi dai dotti dell’epoca.
Il Cardinale Lorenzo Corsini, dipoi Clemente XII, lo volle suo
Bibliotecario
;
e una volta Pontefice lo innalzò dapprima alla di-
38 MEMORIE DOMETSICANE
gnità di Arcivescovo di Teodosia
;
in seguito lo mandò Vescovo
di Carpentras, dove per zelo e per dottrina emulò il grande Sa-
doleto, lasciando numerose opere che si conservano nella Biblio-
teca di Carpentras. Mori il 1757.
Qui è tempo di far menzione di un Domenicano, che prima
della metà del 600 servì la Università non come filosofo o teo-
logo, ma come botanico.
È da dire come allora fosse distinto l’ufficio di insegnante
{lector) da quello di Oùstode dell’Orto Botanico; e quest’ultimo
ufficio, tutto pratico e sperimentale, (perchè il titolare doveva oc-
cuparsi della scelta e del rifornimento delle piante, del manteni-
mento del giardino ed anche delle collezioni di scienze naturali
(Museo) e della Fonderia (Laboratorio chimico)), fosse affidato ad
uomini insigni (talora persino senz’obbligo di residenza in Pisa)
come un Giovanni Targioni Tozzetti, e un Gaetano Savi che fu
l’ultimo titolare.
Il Padre Giacinto Maidalchini, viterbese, di famiglia illustre,
fu nominato Custode dell’Orto il 1631, Il Fabroni ne scrive nei
seguenti termini (i): « De Maidalchinio Viterbiensi haud mediocria
praedicat Echardus, inqtiiens eum fuisse feraci ac felici ingenio,
multa mvenem scripsisse varii generis et argumenti non incondito
stylo, leviora et profana, ac etia^n nonnullas tragoedias, sacra elo-
quentia nomen apud suos sibi fecisse, ac dum concionatoris munus
obibat Panormi (ià4f) naturae concessisse.
« Minime Scriptor ille suspicatus est Maidalchinium valuisse
etiam rei erbariae scientia; quam ne diu Pisis probaret fecit pestis
timor ».
Il Calt^i, illustre medico, insegnante a Pisa di medicina teorica,
nel suo « Commentarhmi inserviturtCm historiae Pisani Vireti » ;
(Pisis, ex typ. Fratrum de Pizzorni, 1777), scrisse una biografia
del Maidalchini lodandolo al cap. XIII : « De Pisani Vireti Acade-
mici Praefecto Dlyacintho Maidalchinio ». Egli dimostra che il
Maidalchini si occupò dell’Orto ed ebbe a Coadiutore un Dome-
nicano di S. Marco Fra Filippo Del Buono; « Paucitas etiatn
mensium quibus Hyacinthus Maidalchini Pisano Vireto Botanico
Academico praeftnt secunda videtu,r caussa ob quam scriptores ple-
rosque latuerit Hyacinti Prefectura huiusmodi. Cl. Targionius Poz-
zetti tts atqiie Rolfincnis prae ceteris Maidalchimmi ne nominavere
quidem
;
imo Rolfincius Philippum Del Buono veluti unum Pisani
(i) Op. cit., tom. Ili, pag. 25
MEMORIE DOMENICANE .39
Botanici Vireti Praefectus hallucinattis inseruit, loco Maidalchini
in Catalogo eorumdem q^li usque ad annum lÒJO floruere ».
Gaetano Savi nelle sue Notizie ripete le espressioni e i giu-
dizi del Calvi.
Il 1715 venne a Pisa un Domenicano Torinese, Ignazio Pe-
rini, e insegnò Teologia Scolastica sino al 1727 • sembra fosse
uomo erudito, ma non levò fama di sè.
(Contimm) Prof. Carlo Fedeli.
O a ———— a
VOCAZIONE
{Continuazione, vedi Novembre 1921, pag. 585).
L’ Apostolato.
Possiamo veramente chiamare apostolica quella vocazione che
unisce in mirabile connubio il sacerdozio e la vita religiosa, abbrac-
ciandone i principi essenziali, le attività e i meriti. 11 titolo stesso
accenna le sublimi prerogative dell’ ufficio apostolico, che sono di
calcare le orme dei Santi Apostoli, e nella pratica della perfezione,
e nella predicazione del Vangelo tra i popoli.
È obbligo di giustizia riconoscere a S. Domenico il merito di
aver gettato, coltivato e difeso strenuamente l’idea di tale fusione,
che avrebbe in seguito arricchito la Chiesa di una stupenda co-
rona di istituzioni apostoliche. Fino al sec. Xlll la vita religiosa e
la vita apostolica erano due branche assolutamente distinte nel
campo della Chiesa. 11 religioso, sia che dimorasse in solitudine
come eremita, sia che popolasse i conventi come cenobita, non
aveva che un ideale : la massima perfezione individuale
;
e per
essa, il beneficio delle sue preghiere, austerità e anche fatiche ma-
teriali alle popolazioni. Riduceva al minimo i suoi contatti col
mondo, semplificava i suoi bisogni stessi, alternava il suo tempo
tra la preghiera e il lavoro nei chiusi recinti del Monastero, nè
accettava in via ordinaria l’Ordine sacro, se non per i bisogni spi-
rituali dei confratelli. Restava prerogativa del Clero secolare l’am-
ministrazione dei Sacramenti, la sacra predicazione, la difesa della
fede, r istruzione religiosa del popolo.
L’uomo che dal chiostro ritorna al mondo, anzi nel chiostro
si forma e si tempra alle lotte della fede nel mondo, è una idea
tutta nuova, uscita dalla gran mente di S. Domenico, sotto la prov-
videnziale ispirazione del Cielo (1).
(1) A chi desiderasse una maggiore dilucidazione di questo punto, che forma la
gloria più grande di Domenico, mi permetto indicare lo studio che uscì nel fascicolo
di Agosto 1921 delle Memorie Domenicane, sotto il titolo : Il Patriarca dell’Apostolato.
40 MEMORIE DOMENICANE
Si può leggere nella vita del Santo il contrasto faticoso che
sostenne, per far trionfare una idea la quale sembrava demolire
tutta una tradizione secolare, e menomare le più gelose preroga-
tive dei vescovi e dei parroci.
Innocenzo III titubò alquanto, ed Onorio 111 si piegò solo dietro
un segno manifesto della volontà divina
;
da quel momento si
iniziò nella Chiesa Cattolica la magnifica fioritura degli Ordini e
delle Congregazioni apostoliche. Domenico vinse per tutti una bat-
taglia durissima, ma feconda oltremodo di risultati meravigliosi
;
nè a me pare eccesso di attaccamento filiale rivolgere a lui, come
a primo assertore e fondatore, il grido di compiacenza a di grati-
tudine di tutte le innumerevoli Istituzioni religiose, edificate e ba-
sate sulla fusione delle due vocazioni, la vocazione religiosa e la
vocazione apostolica.
Non occorre rilevare l’eccellenza di questo stato. S. Tommaso (1)
in un limpido articolo analizza teoricamente i principi delle due
vite, la contemplativa e Vattiva, e riconosce, a parità di condizioni,
la superiorità della prima, per il suo nobilissimo scopo che è l’u-
nione totale dell’anima con Dio. Se vi è però uno stato religioso
che non solo sia basato sulla contemplazione della verità eterna,
ma faccia obbligo ai suoi membri di approfondirla con ogni studio,
per poterla diffondere e predicare tra gli uomini, esso possiede
nettamente un titolo di superiorità; come di fatto l’illuminare è
preferibile al semplice risplendere, l’ insegnare al semplice cono-
scere, e il beneficare alla semplice bontà. Onde il sommo grado tra
le religioni è tenuto da quella che sa trasfondere la sovrabbon-
danza della contemplazione divina nell’insegnamento o nella pre-
dicazione. Tale ministero si accosta alla perfezione propria dei
vescovi, che è di riversare la pienezza del sacerdozio nel guidare
e nel pascere sovrannaturalmente il gregge loro affidato.
Tiene dietro poi la vita contemplativa pura, lontana dai ru-
mori del mondo, sitibonda solo di preghiera, di solitudine e di calma
interiore. Essa è l’espressione più alta e genuina dell’antico Mona-
chiSmo. In ultimo seguirebbero le Istituzioni religiose che si occu-
pano prevalentemente di opere caritatevoli a riguardo del pros-
simo
;
esse sono aiuti preziosi suggeriti dalla pietà cristiana per
lenire le innumerevoli miserie della umanità. È chiaro che soltanto
queste due ultime forme di vita religiosa possono applicarsi alle
Istituzioni femminili, dove la pratica dei voti non può inquadrarsi
nè organizzarsi altro che in un programma di vita interiore o di
lavoro caritatevole. Invece, dai giorni di S. Domenico in poi, si
sono ammirabilmente moltiplicate le Istituzioni maschili, destinate
all’apostolato della sacra dottrina. Valida prova anche questa della
indefettibile assistenza promessa da Cristo alla sua Chiesa, e della
(1) S. Theol., II. a II. ae 188, art 8.
MEMORIE DOMENICANE 41
mirabile fecondità del regno di Dio! Esso si manifesta sempre come
espansione di bene, irradiazione di energie sempre nuove, quali
sanno sprigionare solo gli uomini di Dio dalle grandi direttive e
dagli immortali principi del Vangelo, secondo le particolari neces-
sità di ogni epoca.
Se la divisione della voro, la specializzazione degli organi e la
distinzione delle funzioni, è una legge biologica che caratterizza il
graduale sviluppo degli esseri viventi, è necessario confessare che
la Chiesa non è ancora giunta all’apogeo del suo progresso, poi-
ché le sue opere, le sue istituzioni si accrescono con vertiginosa
rapidità, la quale svela ad evidenza la perenne freschezza ed ab-
bondanza delle sue risorse. È un organismo in pieno rigoglio che
non accenna a declinare; e questo, dopo diciannove secoli di lotta
e di persecuzioni !
Vi è forse un bisogno da soddisfare, un male da lenire, un
beneficio da largire, un pericolo da vincere, cui la Chiesa non ab-
bia legato una manifestazione grandiosa di carità? Il suo cuore
non fu mai sordo alle miserie umane
;
per tutte ha avuto la pa-
rola di luce divina e di conforto amoroso. E così siamo ritornati
al centro stesso di tutta la vita e perfezione cristiana, la carità.
Perchè la divina carità, come è l’anima del religioso, così è, e deve
essere, l’anima dell’apostolo, se non vuole essere un vuoto bronzo
sonante, secondo la forte espressione di S. Paolo.
Ma questa carità dell’apostolo, che vuole ritornare da Dio ai
fratelli, può seguire una doppia direzione ; le miserie spirituali dei
fratelli o i loro bisogni materiali; un’anima da salvare o un corpo
da sollevare. Nel primo caso si coopera in modo diretto e imme-
diato al trionfo di Dio nelle anime
;
nel secondo, solo indiretta-
mente, per r indiscutibile influsso benefico che esercita la carità
materiale sull’anima del bisognoso. Funzione essenzialmente sacer-
dotale la prima; manifestazione sublime e tangibile di vero amore
cristiano la seconda. In brevi tratti cercherò di abbracciare le prin-
cipali diramazioni di questa doppia corrente, la quale sgorga, come
da unica sorgente, dal cuore stesso del Cristianesimo, che è in-
sieme fiamma purissima di amor divino, e infinita compassione per
le miserie dei fratelli.
L’apostolato della dottrina.
Questo apostolato, che mira diritto alle anime, sì concretizza
nei tre tipi principali, del Missionario, del Predicatore e del Dot-
tore. Non sono necessariamente divise queste funzioni, ma sogliono
essere distinte, perchè, supponendo tutte un fondo comune, cioè
lo studio e la penetrazione della verità divina, si orientano cia-
scuna in un ordine particolare di attività apostolica. Spetta il po-
42 MEMORIE DOMENICANE
sto di onore al Missionario, al soldato intrepido che non teme di
assalire l’errore nelle sue stesse difese. Con invitta fede nell’animo
non sa darsi pace che tanta porzione del genere umano sia priva
tuttora del beneficio della redenzione, e si accende di brame più
ardenti, quanto più lontane sono le regioni da evangelizzare e più
selvaggi i popoli da conquistare. Non v’ è ostacolo capace di arre-
starlo
;
gli affetti più cari, la voce della natura, i calcoli della pru-
denza, cedono dinanzi alla brama sitibonda di spezzare il dominio
di Satana e ricondurre nuove genti a Cristo. Il suo passo precedè
le più ardite esplorazioni, fu più rapido del vapore e del tele-
grafo
;
le sue orme stamparono i sentieri della civiltà. Ringraziamo
questi pioneri di un Ideale santo; solo per i loro generosi sudori
vediamo scomparire le plaghe sconosciute dei continenti e l’albero
della Croce, piantato sulle vette più ardue, divenire faro e guida
al progresso della umanità. Le nazioni capitalistiche e colonizza-
trici appena li ricordano, dopo averne sfruttato le fatiche, e forse
smentito e tradito la nobile missione per una lurida avidità di
lucro : ma la loro memoria è benedetta dai popoli, e il sangue
versato abbondantemente, generosamente, resta a conferma della
sentenza sempre vera di Tertulliano: 11 sangue dei martiri è seme
di cristiani.
A queste milizie di avanguardia tengono dietro i predicatori
della parola evangelica. Mentre il missionario tende alla conquista
delle anime infedeli, ad ampliare perciò i confini del regno di Dio
nel mondo, il predicatore spende la sua giornata nella vigna evan-
gelica. Tener desta la fede tra i credenti, combattere i vizi, estir-
pare le male erbe, gettare il buon seme nella terra già dissodata,
ecco il suo scopo, la sua missione, missione di vigilanza indefessa
e di preservazione spirituale.
È un’opera continua, faticosa, necessaria, quanto più nume-
rosi e compatti sono i tentativi dei nemici, indirizzati tutti a un
unico obiettivo, la scristianizzazione delle popolazioni credenti.
È una resistenza attiva ed efficace alla propaganda di odio,
di ipocrisia e d’ inganni, che è tessuta e tramata da una mano
abile al servizio di un genio tremendo, il genio del male. Ebbene,
le schiere dei predicatori sono il più valido aiuto del Clero seco-
lare, nell’assicurare alle parrocchie il regolare svolgersi della vita
cristiana.
Cooperazione nel ministero delle anime e nel culto, esposi-
zione lucida e sicura della verità evangelica, confutazione di dot-
trine perverse e di errori sempre pullulanti, rinvigorimento delle
virtù cristiane, repressione e condanna degli abusi, degli scandali
e dei vizi, in una parola, largo impiego di tutte le energie buone
per fronteggiare il male; ecco il vasto programma della predica-
zione sacra. Arma precipua, la parola animata, schiva di artifizi e
MKIVK^KIE UOMKNK^AINE 4 5
di lenocini rettorici, ma riboccante di chiarezza e di coraggio, eco
fedele e sincera degli insegnamenti di Gesù.
Un altro ordine di attacchi molto temibili proviene da quei
nemici che non lavorano nel popolo, ma nel campo della cultura
attentano direttamente al deposito sacro delle verità rivelate. In
nome della scienza, della storia, del progresso, della civiltà, sca-
gliano i loro strali mortiferi al cuore della Chiesa. Eloquenza dei
fatti ! Mentre tutti i sistemi, le eresie, le sette sono fra loro divisi
e scissi da principi contradittori, una sola unità possono vantare,
la mostruosa unità dell’odio contro la Chiesa cattolica, e la coor-
dinazione davvero singolare di tutte le loro forze nella lotta. Non
vi è nella storia altro edificio che abbia opposto tale infrangibile
fermezza alle potenze riunite della terra e dell’abisso. L’ oro e la
stampa, la politica e la scienza, la letteratura e l’arte, il teatro e
la scuola, tutto passò agli ordini del nemico e, disgraziatamente,
menò rovinose stragi nel nostro campo. Tra queste la peggiore,
un senso diffuso generale di dubbiezza e di diffidenza contro le
verità fondamentali della religione, e una tendenza alle negazioni
più disastrose. La Chiesa ha dovuto fare appello alle energie dei
suoi figli, per difendersi in ciò che ha di più caro : il patrimonio
ideale delle divine verità. Sorsero studi, accademie e università
cattoliche
;
si fondarono riviste e giornali, si aiutarono Istituzioni
dedite unicamente agli studi, si ristabilì da parte della scienza cat-
tolica il controllo della verità in tutti i rami della cultura. A base
di ricerche e di documenti si rivelarono le impure origini e le pia-
ghe delle sette eretiche
;
furono tolti dal piedistallo immeritato i
falsi riformatori e gli pseudo-apostoli delle nuove dottrine
;
si ri-
gettò meritamente in faccia agli accusatori il fango ignobile di
cui avevano tentato ricuoprire istituzioni e persone sacre
;
in una
parola si iniziò e si allargò potentemente l’opera di rivendicazione
integrale della nostra essenza cristiana, e della nostra storia.
E poiché i frutti più deleterii li deploriamo nella scuola di
stato, venuta meno alla sua funzione educatrice, ecco sorgere senza
numero asili, collegi, istituti, educandati, destinati a promuovere
non solo la buona formazione intellettuale, ma la purezza dei co-
stumi e la rettitudine della vita. È una gara di iniziative felici, per
assicurare a tutte le età, a tutte le condizioni l’alimento indispen-
sabile della verità divina. In realtà l’errore non può vantare at-
tacco o colpo notevole senza dover confessare la risposta pronta
e salda dell’apologista
;
dovunque ha egli allungato il suo malefico
tentacolo, ha sentito al disopra di sé la spada tagliente del dot-
tore cattolico. I grandi Ordini Mendicanti, le innumerevoli Congre-
gazioni sorte dipoi, elementi numerosi dello stesso MonachiSmo,
tutta una infinita schiera di milizie scelte, si sono gettati intrepi-
damente nella mischia
;
grazie ad essi la Chiesa non ha declinato
44 MEMORIE DOMENKJANE
un pollice dalla sua strada, nè ha cessato di muovere trionfal-
mente alla conquista del mondo.
Nella triplice missione di ampliare il regno di Dio tra gli in-
fedeli, di mantenerlo tra i fedeli, e di giustificarlo e custodirlo nei
suoi principi, si compendiano tutte le molteplici attività dell’ apo-
stolato cattolico. Non credo quindi di dover dare una statistica
delle Istituzioni religiose, che alla pratica dei voti hanno legato
una professione speciale di operosità apostolica. Sarebbe troppo
lungo, per uno studio che mira unicamente a fissare i tratti es-
senziali del soggetto.
Questo basti sapere, che, nel loro complesso, formano un in-
sieme così vario, armonico e proporzionato, che tutte le energie
buone, i gusti e le tendenze della natura possono trovarvi la loro
piena applicazione ed esplicazione benefica. A chi poi sentisse
neH’animo il germe di questa vocazione senza particolari prefe-
renze, non darei che un suggerimento: chieder luce a Dio, riflet-
tere e studiare le varie forme di vita religiosa, rimettersi ai con-
sigli di un Direttore spirituale, dotato di pietà e di competenza
;
eppoi mettersi all’opera con entusiasmo, senza recriminazioni, col-
l’occhio fisso sempre in alto.
L’apostolato della carità.
Questo apostolato, che ha di mira direttamente le miserie cor-
porali dell’umanità, s’ impernia tutto su due concetti : il concetto
evangelico della carità fraterna e l’ influsso benefico e sicuro del-
l’assistenza corporale sulle miserie spirituali dell’ anima. Quanti
sono i mali che attentano al benessere, alla salute, alla vita stessa
di questo meraviglioso organo delio spirito, che è il corpo umano?
Chi ha mai calcolato il numero e la potenza degli agenti che at-
tentano al suo equilibrio?
Si sono moltiplicati all’infinito gli sforzi riuniti, le iniziative
audaci, i tentativi innumerevoli, i sacrifici generosi, le ricerche e
le esperienze più difficili della scienza sanitaria; ma non si è esau-
rita la spaventosa virulenza e fecondità di una potenza nemica,
annidata in sì piccolo ammasso di elementi materiali! Ebbene, noi
non soltanto rivendichiamo alla nostra Fede la gloria di avere su-
scitato e propagato le forme principali di assistenza a ogni ge-
nere di infermità, ma riconosciamo in questo ancora l’impronta,
il sigillo e la conferma della verità divina. 11 precetto di amare il
prossimo è essenzialmente evangelico. E amarlo come si ama se
stesso, amarlo come e perchè si ama Dio, anzi considerarlo come
una espansione naturale e una misura tangibile dell’amore di Dio:
MKMORIE DCiMENKMNK 4 5
ecco veramente una novità che non balenò mai all’occhio del pa-
gano. Se egli potè capire l’ importanza nei rapporti della vita in-
dividuale e sociale, non arrivò mai a concepirlo nella sua forma
più eccelsa, di fiamma purissima e scevra di interesse, anzi sim-
bolo di sacrifizio personale.
Eppoi il pagano non ebbe mai la percezione della adozione
divina del genere umano, e quindi della universale fraternità de-
gli uomini e della loro eguaglianza dinanzi a Dio. La elevazione
della umanità alla vita della grazia, i suoi destini arcani, la finale
glorificazione dell’anima e del corpo stesso, in base solo ai valori
morali, non illuminarono mai il suo intelletto, ma furono i raggi
nuovi dell’aurora cristiana nel mondo. Ebbene tutto si compendia
in un comando fondamentale, il mandatum nouum che Gesù in
culcò con parola sovranamente divina la sera della sua ultima
cena. Del resto le sue parabole più commoventi, come quelle del
mendico Lazaro e del buon Samaritano, non sono che 1’ espres-
sione attraente, la sintesi di tutti i suoi atti e dei suoi insegna-
menti.
Infatti la vita di Gesù si riassume in una frase : Pertransiit
benefadendo : passò facendo del bene e morì per amor nostro
come per amore si era vestito di carne umana. E sul precetto del-
l’amor del prossimo, basta leggere i versetti 12 e seg. del cap. 15
di S. Giovanni, e i versetti 34 e seg. del cap. 13, dove proclama
altamente essere l’amore scambievole caratteristica dei suoi di-
scepoli.
È certissimo che la carità materiale ha una missione aposto-
lica tutta propria; l’ebbe in Gesù, il quale indirizzò tutti i suoi
benefici alla salvezza delle anime, l’avrà dunque anche nei seguaci
e negli imitatori di Gesù.
Confessiamolo apertamente. Non è sempre l’argomento strin-
gente 0 l’esposizione ragionata che attira 1’ assenso della mente
alla Fede e l’abbandono del peccato. I valori affettivi e i motivi
passionali hanno molta più importanza nella pratica della vita.
La luce dell’intelletto è fredda, quasi esteriore alla intimità
dell’anima, nè può diventare energia motrice e animatrice delle
facoltà umane, se non investita e penetrata di calore, di senti-
mento, di passione.
Soltanto allora potrà trasformarsi in leva potente delle più
ardue decisioni e dei sacrifici più generosi. L’ incredulo irrigidito
nelle sue teorie, ha trovato sempre risposte più o meno giuste agli
argomenti dell’apologista cattolico, e si è illuso di poggiare su
base infrangibile le sue negazioni. Però il suo sguardo è divenuto
pensoso, la sua bocca si è chiusa, il suo cuore ha vibrato, dinanzi
allo spettacolo di una giovane suora, che chiude la vita tra le pa-
reti di un Tubercolosario o di un Lazzaretto.
MEMORIE DOMENICANE4 ()
Nè tal fatto è unico o raro, chè l’arte e la poesia l’avrebbero
consacrato all’ immortalità, ma da secoli e sotto i nostri occhi
stessi si ripete con rinnovata frequenza e perennità. Chi ha mai
contato le suore chiuse negli asili del dolore? Chi ha mai calco-
lato il coraggio indomabile di fragile creatura, che mantiene fede
inviolabilmente, gioiosamente, a un giuramento sacro, a una re-
gola austerissima, nè concede agli occhi suoi altra vista che quella
delle miserie umane !
Poveri vecchi, fanciulli abbandonati e rachitici, malati incura-
bili, dementi, mendicanti, deformi, derelitti del mondo, vittime del
male nelle sue più orribili manifestazioni, voi siete nostri fratelli,
anche se relegati dal mondo come immondi e pericolosi !
Voi siete nostri fratelli in Cristo, anzi la porzione più cara al
cuore della Chiesa
;
vi sarà dunque anche una pietà umana come
ve ne è una divina per voi.
Avrete il conforto e l’aiuto di un padre e il sorriso di una
madre; sentirete vicino a voi il cuore di una sposa; e la mano
benefica e soave di creatura più angelica che umana vi accarez-
zerà nello spasimo, vi lenirà nel tormento delle doloranti piaghe !
Non vi chiederà ricompense, lodi, doni e nemmeno gratitudine,
perchè sua brama unica è di unire la sua vita alla vostra, anzi di
fondere, di immedesimare talmente la sua individualità nella vo-
stra, da non godere che della vostra gioia, da non piangere che
delle vostre lacrime, da non morire che della vostra morte. Ecco
il miracolo vivo e parlante della nostra Fede ! L’asilo cupo del do-
lore, trasformato in asilo di pace e di amore ! Riconosciamo alla
nostra Chiesa il merito di non aver mai fatto la statistica delle
sue opere benefiche; sarebbe stato anche ben difficile ; chè dovun-
que si è levato un grido di angoscia essa è accorsa a sovvenire e
a consolare.
Alle infinite schiere dei morbi e dei bisogni ha contrapposto
una schiera altrettanto infinita e potente di rimedi e di aiuti.
Quale eco dì compassione non hanno sul Cuore di Dio le miserie
umane, se tali e tante sono le energie benefiche suscitate su que-
sta terra nei cuori degli uomini ?
Chiuderò con una breve riflessione sull’obbligo inerente al ca-
rattere stesso di cristiano, cioè l’obbligo di esercitare questo apo-
stolato del bene. È un precetto capitale e tassativo, che grava sulla
coscienza di ogni fedele. Bisogna aiutare e beneficare i propri fra-
felli, non a parole soltanto, ma specialmente nelle necessità della
vita. In questo senso, ogni cristiano è un apostolo, coopera ai be-
neficii che Iddio largisce alla umanità, favorisce ed aiuta l’azione
redentrice della grazia nelle anime.
Ecco la pagina del Vangelo che ci insegna il supremo conto
che Iddio fa della carità fraterna, ma carità operativa ed efficace.
MEMORIE DOMENICANE 47
Son parole che il Redentore ripeterà nella sua qualità di Giu-
dice il giorno del giudizio finale. (Matteo, 25, 31) :
« Quando poi verrà il Figlio dell’ uomo nella sua maestà, e con
Lui tutti gli angeli, allora sederà sopra il trono della sua maestà.
E si raduneranno dinanzi a Lui tutte le nazioni, ed Egli sepa-
rerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecorelle dai
capretti
;
e metterà le pecorelle alla sua destra e i capretti alla
sinistra. Allora il Re dirà a quelli della sua destra: Venite bene-
detti dal Padre mio, prendete possesso del Regno preparato a voi
fin dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste da
mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, fui pellegrino e mi alber-
gaste, ignudo e mi rivestiste, ammalato e mi visitaste, carcerato
e veniste da me. Allora gli risponderanno i giusti : Signore, quando
mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare,
assetato e ti demmo da bere ? Quando ti abbiamo veduto pelle-
grino e ti abbiamo ospitato, ignudo e ti abbiamo rivestito ? Ov-
vero quando ti abbiamo veduto ammalato o carcerato e venimmo
a visitarti ? E il Re risponderà e dirà loro : In verità vi dico, ogni
volta che avete fatto qualche cosa a uno dei miei piccoli, di questi
miei fratelli, l’avete fatto a me. Allora dirà anche a quelli che sa-
ranno alla sinistra : Via da me maledetti al fuoco eterno, prepa-
rato per il diavolo e i suoi angeli ! Poiché ebbi fame e non mi
deste da bere, ero pellegrino e non mi ospitaste, ignudo e non mi
rivestiste, ammalato e carcerato e non mi visitaste. Allora gli ri-
sponderanno anche questi : Signore, quando mai ti abbiamo ve-
duto affamato, o sitibondo, o pellegrino, o ignudo, o ammalato, o
carcerato, e non ti abbiamo assistito ? Allora risponderà ad essi
con dire : In verità vi dico, ogni volta che non avete fatto ciò per
uno di questi piccoli, non lo avete fatto nemmeno a me. E an-
dranno questi all’ eterno supplizio, i giusti poi alla vita eterna ».
Non é dunque lecito al cristiano di passare oltre questo pre-
cetto. La carità fraterna é misura e riproduzione fedele dell’amore
di Dio, durante la nostra vita; essa sarà codice ed argomento
preeminente della nostra condanna, o della nostra salvezza eterna,
nel dì del Giudizio Finale.
Con questi tratti termino la Prima Parte di questo studio
sulla vocazione. In essa ho cercato di fissare in modo rapido e
sintetico i principi ed i caratteri essenziali che la costituiscono.
Alla Seconda Parte riserverò tutto quello che riguarda il suo svi-
luppo, la sua genesi, dal suo primo germogliare nell’ anima, fino
alla sua piena e totale espansione.
[Continua]
P. Angelo Puccetti
dei Predicatori.
4S MEMORIE DOMENICANE
MISSIONI DOMENICANE
Le nostre Memorie Domenicane avevano una lacuna, che ci
faceva tanta -pena !
Di rado esse parlavano delle Missioni Domenicane !
Non per colpa nostra di certo
;
ma per il fatto che, delle
tante Missioni affidate alV Ordine, soltanto quella di Oriente (Co-
stantinopoli e Smirne) e tenuta dai Domenicani italiani {Provin-
cia di Piemonte e Liguria). Ma abbiamo voluto assolutamente
colmare la lacuna
; e siamo riusciti ad assicurarci una collabo-
razione costartte e sicura, anche da questo lato. Così i lettori si
interesseranno alle Missioni delV Ordine : e questa cosa vuol dire
tante altre cose !... Forse un giorno ne diremo qualcheduna di
queste cose....
CONGO BELGA.
Amadis, 10 Aprile 1921.
Reverendo e caro Padre,
Ho poco tempo da dedicare alla corrispondenza, perchè occupa-
tissimo con lo studio del « Barambo », al quale mi dedico assieme al
Padre Sloeckers con ardore giovanile, affine di riprendere al più pre-
sto ]30ssibile la visita delle Cappelle, e 1’ esercizio del ministero apo-
stolico.
Grazie a Dio, l’opera del riscatto delle morette continua bene.
La settimana scorsa, il 5 e 6 Aprile, bo benedetto le nozze di dodici
di queste figliuole, che furono comprate a mezzo delle sottoscrizioni
venute d’ Europa. Il Sabato Santo ho battezzato 99 catecumeni, di
cui 24 erano bimbe liberate
;
esse hanno dai 7 ai i2 anni. Fu una
giornata di gioia profonda, di preghiere ferventi! L’indomani,
festa di Pasqua, i nuovi Cristiani fecero la loro prima Comunione
con devozione edificante. Tutti assieme recitarono il Rosario per
i loro benefattori. Fin dalla vigilia, subito dopo il Battesimo,
appena essi ebbero una corona benedetta, lieti, felici, ripeterono alla
Vergine la dolce invocazione Mariana. Chi non ha assistito a queste
funzioni, non può comprendere quanto esse siano commoventi
;
noi
stessi non ci possiamo abituare. Sono tanto belle quelle preghiere
cosi ingenue e sincere, cosi pure, che partono da un cuore che poco
prima ignorava Iddio ! Come devono essere gradite al Signore e alla
Vergine ! Con quanto amore Gesù guarderà quelle anime !
rA.v. IV Memorie Domenicane Fuse,, di (;(;nriiiio-F(d)ijraio
Il
ritorno
dei
Domenicani
ad
Oxford
(12’21-192i),
La
processione
per
la
jmsa
della
]>riina
])ietra,
con
i
Cardniali
Boin-ne
e
Gas(juef.
MEMORIE DOMENICANE 40
Fra l’ottava di Pasqua ebbe luogo la consueta adunanza dei ca-
techisti. Alcuni ebbero incoraggiamenti, altri osservazioni o lodi, a
seconda dei casi.
Io confesso che queste riunioni sono assai faticose, ma assoluta-
mente necessarie e molto fruttnose. Ciascuno espone le proprie diffi-
coltà, informa sulla situazione delle varie Cappelle: tutti s’istruiscono,
s’incoraggiano vicendevolmente, si sentono più pronti, nella comunità
dello sforzo per il raggiungimento di un nobile ideale. Una disillusione
purtroppo però li attendeva quest’anno. In compenso delle loro fati-
Missìone domenicana del Giappone. — Un trasporto funebre.
che, e quasi a stimolo di un lavoro efficace per l’avvenire, essi erano
abituati ad avere per Pasqua un’abito nuovo e una « pagne » per la
loro moglie
;
ma questa volta, ahimè, non avevo neppure' un pezzet-
tino di stoffa, grande quanto un fazzoletto !. 7. Per confortarli, ho
mostrato loro lo stato misero del mio vestiario, ed ho fatto una ge-
nerosa distribuzione di corone, inviatemi dalle Suore Domenicane di
Dinant. Alcune dozzine erano a grani grossissimi, che è il non plus
ultra del bello per un negro. Tutti ne ebbero una, ne erano fieri e
felici ! Diedi inoltre lapis, penne, inchiostro, pomata, oggetti di
prima necessità, per i catechisti, in una parola ho esaurito tutte le
mie ricchezze.
Il Congolese che sa scrivere, ama di scrivere, e di fare sfoggio del
suo sapere. Non passa giorno eh’ io non riceva da qualche Cappella una
letterina, che mi mette al corrente di ciò che succede. Caro Padre, se
lei non mi manda al più presto lapis, penne, pomate, quaderni, i
miei poveri catechisti avranno l’anno prossimo una disillusione anche
maggiore, mentre invece bisognerebbe incoraggiare questi zelanti
50 MEMORIE DOMENICANE
apostoli! E la loro, è opera di vero apostolato; sono essi che fanno co-
noscere Gesù e la sua dottrina a migliaia di anime. Il numero dei
Missionari è ben piccolo in confronto dell’immenso lavoro.... senza
il valido aiuto dei catechisti, non riusciremmo a compiere che una
decima, una centesima parte di ciò che vien fatto annualmente. Du-
rante l’assenza del Padre, che viaggia per la visita delle Cappelle, è
il Catechista che incoraggia e infervora i catecumeni, e insegna loro
la dottrina. Quanto lavoro, e quanto merito per il Cielo ! Il saper
leggere e scrivere costituisce per il Congolese un grado di educa-
zione, che gli permetterebbe di entrare al servizio dello Stato, ove
Missione domenicana in Cina. — Un asilo della S. Infanzia.
i suoi assegni sarebbero quadruplicati e godrebbe di molti altri van-
taggi, qualora egli volesse abbandonare l’ ingrato e duro mestiere del
catechista.
Che le gentili e buone Signore e Signorine che si occupano di
quest’opera buona vogliano gradire l’espressione della nostra ricono-
scenza, e di quella delle loro piccole protette, le quali, grazie a loro,
hanno avuto per Pasqua dei graziosi abitini nuovi. La gioia delle
bimbe è indescrivibile. Che Dio benedica le nostre benefattrici : le
morette pregano per loro mattina e sera ! I maschietti hanno viva-
mente protestato, perchè nel pacco giunto ad Amadis., vi erano sol-
tanto tre paia di pantaloni, il resto erano tutti oggetti per abbiglia-
mento femminile. Essi urlarono a squarciagola di essere stati dimen-
ticati, che nessuno li ama etc. etc. I nostri tre bambini, addetti alla
Cappella, sono stati naturalmente i fortunati possessori dei doni tanto
desiderati.
Mi si chiedono notizie sul « Barambo ». E una lingua molto ricca
e variata. La grammatica non è difficile. Il terribile sta in questo,
MEMORIE DOMENICANE 51
che una stessa frase può essere espressa in dieci o venti maniere, come
pure le vocali cambiano a seconda dell’eufonia, cosa veramente scon-
fortante per chi ne comincia lo studio. Fatta astrazione dai nomi di
piante, di animali, e delle parole straniere, abbiamo potuto riunireJdOOO
parole, ciò che rappresenta soltanto la prima parte del lavoro. Ne ri-
parleremo più tardi, perchè questa non è che cosa accessoria. Il più
importante è l’evangelizzazione, l’estensione del regno di Gesù Cristo.
Missione domenicana del Giappone. — In viaggio.
Certamente uno non esclude l’altro, ma uno non può soffrire in causa
dell’altro.
Gradisca, Reverendo e caro Padre, l’espressione della mia viva ri-
conoscenza e del mio affettuoso sentimento in Nostro Signore e San
Domenico.
P. DE M.
*
* 5^-
DICIOTTO GIORNI NELL’ISOLA DI SIL-TAU (Cina).
Erano circa le 3 pomeridiane, quando un abitante di Sil-Tau
venne a chiamarmi, onde mi recassi nell’ isola, per visitare una mori-
bonda, ansiosa di parlare ad un sacerdote, e di ricevere gli ultimi
conforti religiosi.
Mi accinsi a partire subito, perchè in molti casi il ritardo può
portare tristi conseguenze. Il canale che divide la terra ferma da
Sil-Tau, dista 6 miglia dalla mia abitazione; Camminavo frettolosa-
52 MEMORLB DOMENrCANE
mente, sperando di arrivare prima che la notte facesse abbandonare
il suo posto al barcaiolo. Ma purtroppo invece il mio orologio se-
gnava le 7, e la marea si stava ritirando. Cattivo augurio, pensai
tra me. Questo contrattempo poteva rendere inutile il sacrificio del
mio riposo per la salvezza di quell’anima.... Alle 2 antimeridiane ri-
principiò 1’ alta marea, mi precipitai nella barca che attendeva
;
verso le 6 furono issate le vele, ma.... non un alito di vento in
quell’ora mattutina.... ciò rendeva maggiormente difficile il tragitto.
Il barcaiolo si servi allora dei remi. La traversata del canale durò
3 ore; alle 9 toccammo terra; mi restava ancora un miglio di cam-
mino da percorrere a piedi. Giunsi finalmente alla casa dell’ammalata
guidato da alcuni isolani incontrati sulla spiaggia. La poveretta lot-
tava tra la vita e la morte
;
alla lieta notizia che tra breve il Mis-
sionario sarebbe stato da lei, le sembrò quasi di rivivere. Le rivolsi
poche parole di conforto, esortandola a recitare gli atti di fede, spe-
ranza e carità, e a prepararsi per ricevere con devozione i Sacramenti.
A tutto ciò essa rispose : « Ti siano rese grazie, o Signore, per avermi
dato modo di salvare l’anima mia >. Erano presenti a questa scena
alcune persone, che rimasero profondamente meravigliate e commosse
della potenza ed efficacia dei conforti religiosi.
Per molto tempo sperai di fare semestralmente un viaggetto a
Sil-Tau, onde amministrare i Sacramenti agli abitanti dell’ isola, e
visitare le cappelle che in quella località salgono a 7. Vi passai
18 giorni
;
giorni di lavoro arduo, ma fruttuoso : 354 confessioni e
Comunioni, 72 battesimi di adulti, 6 di bambini, due matrimoni, fu-
rono le gioie grandi, che il Signore volle concedermi !... Diedi ai
buoni isolani consigli ed avvertimenti, ascoltai le sventure di questo
popolo, poverissimo tra i poveri, il più semplice tra i semplici, e in
cosi vivo contrapposto con quello delle città del continente.
Avrei voluto visitare il più possibile delle Missioni dei dintorni
;
ma le notizie giuntemi da Nguchen e da Kaosanchy, mi obbliga-
rono ad affrettare il ritorno, onde difendere i diritti del mio popolo
dinanzi al tribunale civile del mandarino, che voleva opporsi ai miei
progetti. Salutati gl’ isolani, cuori veramente generosi, ripartii alla
volta della mia Missione, onde ottenere ai miei poveri parrocchiani
protezione, contro gli attentati che erano stati fatti loro durante la
mia assenza. I pagani, per ragioni eh’ essi solo conoscevano, misero
lo scompiglio fra i Cattolici, con il piano infernale di voler abbat-
tere le loro Cappelle. Presto venni a conoscenza della causa: i Cri-
stiani si erano attirati il loro odio, rifiutandosi di tributare agl’idoli
culto di adorazione. In Cina la giustizia si compra.... chi meglio
paga, è.... servito meglio!...
Appena i disordini saranno sedati, riprenderò, se Dio vuole, il
giro della Missione nel continente
Padre A. Andrei, o. p.
MEMORIE DOMENICANE
Il terzo Centenario del “ grande martirio
”
(1622-022)
Ai centenari deiranno testé cominciato, e da molti in-
cordati, è da aggiungersi quello del grande martirio, pel
quale tre venerandi Ordini religiosi dovranno far festa..
Dei 205 martiri che nello spazio di 15 anni, dal 22 mag-
gio 1617 al 3 settembre 1032, diedero la vita per Cristo nel
Griappone, 86 appartengono all’anno 1622 ; e di 33 esecuzioni
la più terribile e numerosa fu quella del 10 settembre, avendo
essa raggiunto il numero di 55 gloriosi testimoni della, fede ;
e avendo assunto, pel numero stesso dei condannati, un ca-
rattere speciale di ferocia da parte dei fanatici persecutori,
mentre presentò tra.tti di vero eroismo da parte dei Confes-
sori di Cristo. A tale esecuzione fu dato il nome di grande
martirio, e la collina emergente sul mare di Nangasa.ki fu
chiamata, il Monte Santo.
Dei martiri, cinque eran sacerdoti Domenicani, e tre
giovani professi dello stesso Ordine
;
due eran sacerdoti dei
Minori, più un laico e due terziari
;
due Gesuiti con sette
scolastici e due catechisti della medesima Compagnia
;
tutti
gli altri eran laici giapponesi. In altre esecuzioni di quel
periodo diedero la vita per Cristo' anche molti sacerdoti e
laici Agostiniani.
Il 7 luglio del 1867, nella Basilica Vaticana., ove era. stato
celebrato pochi giorni innanzi il centenario di San Pietro,
i 205 martiri venivano elevati agli onori degli altari. Così
Pio IX terminava col più prospero successo una. causa, che
il suo antecessore Benedetto XIV aveva chiamata celeì)errima.
Due italiani si segnalarono nella gloriosa schiera., di
nobilissimi na.tali a.mbedue, legaiti fra di loro di riverente
affetto, il Domenicano B. Angelo Orsucci, lucchese, e il
Gesuita B. Carlo Spinola, genovese.
Dalla vita, che con amore di confratello prepara del
Beato Angelo Orsucci il P. Lodovico Ferretti dei Predicatori,
54 MEMORIE DOMENICANE
ci viene concesso di estrarre le pagine ov’è narrato (piel glo-
rioso martirio.
(( Ai ventiquattro prigionieri venuti da Omura, e clie
giunsero i primi al luogo del supplizio, se ne unirono altri
trentuno, là traidotti dalle carceri di Nangasaki, e condan-
nati alla decapitazione. Essi giunsero un’ora dopo
;
e in
(piesto frattempo fu dato agio al nostro Beato di trattenersi
in santi colloqui coi suoi compagni, dinanzi agli strumenti di
molte già preparati per ciaiscuno : una fila di grossi pali alti
due braccia e mezzo, piantato il primo verso il mare, rultimo
verso il monte
;
con una funicella ciascuno, e una catasta di
legna distante circa tre braccia dal palo. Così avevan dispo-
sto, perchè la morte di ognuno fosse a fuoco lento, e non
solo fosse più lungo per gli infedeli lo spettacolo, ma princi-
palmente per la speranza che il molto patire inducesse qual-
cuno a chiamare aiuto, e farsi sciogliere e rinnegare la fede.
Del che quegli idolatri avrebbero fatto grandissima festa.
(( Salirono al cielo le strida dei pagani all’ arrivo dei pit-
gioni di Nangasaki. Erano 14 donne e 18 uomini, e tra questi
cinque fanciulli, uno dei quali di appena tre anni. Davanti
al tiranno li aveva fatti Iddio impavidi assertori della fede,
e pei fanciulli avevan risposto con raddoppiato coraggio le
madri.
« Sojjra un poggetto rilevato era disteso un gran tappeto
cinese, e su alcuni sediti stavano assisi come in tribunale i
deputati all’esecuzione. Goroncu non volle presiedere all’ese-
cuzione, e ne fece le veci Suchendain suo disumano ministro.
(( Fu per il nostro Beato un gran conforto l’essere stato
posto vicino al Padre Spinola. Era questi il quinto per or-
dine, e Fra Angelo il sesto.. Così nemmeno in punto di morte
si separarono questi due insigni religiosi, che tanto si erano
amati in vita, e che tante volte avevano insieme pregato ed
insieme «offeito !
(( Non è da tralasciarsi il fatto dell’eroica donna Isabella
Fernandez, che aveva seco un figlioletto, Ignazio, di soli quat-
tro anni. Domenico Giorgi, portoghese, suo marito, per aver
dato albergo, quattro anni innanzi, al P. Spinola ed a vari
MEMORIE DOMENICANE 55
confratelli di lui, era «tato iiicarcerato e poi arso vivo il 18
novembre 1G19. Nel momento in cui le fiamme gli si avven-
tarono contro, stava recitando a voce alta il Credo, ed era
giunto alle parole : Natus ex Maria Virgine. Ceido dal cielo
egli ottenne forza sovrumana alla moglie superstite Isabella
e al figlioletto, che, battezzato dal P. Carlo, aveva lasciato
lattante.
« Giunta l’ora del supplizio, la donna si adornò come
meglio potè in segno di allegrezza
;
e recandosi al suo luogo,
tenendo in una mano il Crocifisso e il Rosario, e per l’altra il
suo figlioletto, passò davanti al P. Carlo. Questi, non vedendo
il bambino rimasto iiascosto dietro le legna, le domandò :
— E il piccolo Ignazio dov’è ? — È qui con me, disse la
donna, sollevandolo sulle braccia; — e al bambino : — Guar-
da, ella disse, il P. Carlo, che domanda di te
;
pregalo che ti
benedica^! — Il Puidre aveva già le mani legate al suo palo,
ma chinando il capo, con gran tenerezza lo benedisse. Paissa-
rono pochi istanti, e alla donna, fiorente nei suoi venticinque
anni, fu troncato il capo da una scimitarra. Il bambino che
si vide balzare ai piedi la testa della madre, di nulla atter-
rito, incrociò sul petto le mani e offerse la sua....
(( Stava intanto per appiccarsi il fuoco alle cataste,
quando si udì alta la voce del Padre Carlo, che intonò il
salmo : Laudate Dominum omnes gentes, a cui risposero tutti
gli altri martiri, tra le preghiere e i pianti del popolo. Di
questo canto supremo, che uscì dal petto di uomini, donne e
bambini, rimase in molti degli astanti incancéllabile memo-
ria. Mai, essi attestarono, avevano udito una più soave ar-
monia !
(( Nè mancavano i religiosi di predicare anche in quel-
Tora, perchè almeno qualcuno, udendo la loro parola, ren-
deisse con loro grazie al Signore; e in modo speciale il Padre
Carlo, che parla,va> spedito il giapponese, si volse a Siichen-
dain e ai suoi compagni, perchè deponessero alfine ogni odio
contro uomini che non avevano altro fine che illuminarli e
far loro trovare la, via del cielo.
« D’altra, parte il Beato Angelo, più premuroso d’altrui
che di se stesso, non lasciò, anche in mezzo agli ardoià delle
56 MEMOKLK DOMENICANE
tìamnie, di esortare i compagni a star forti nella fede e dare
per Cristo allegramente la vita. E nel momento del supremo
spasimo, quando già le fiamme lo soffocavano, fu visto levare
al cielo lo sguardo e sollevarsi da terra alPaltezza di due
cubiti. Certo, con tale atto consegnò Panima santa alla Ma-
dre di Dio, scesa dal cielo a consolarlo nelPultima agonia.
Il B. Angelo Orsucci, martire domenicano.
(1622-1922).
« Il corpo del Mar-tire, caduto sui carboni accesi, r-imase
colle cordicelle nelle mani e colle vestimenta ancora intatte.
Il viso aveva conservato il suo colore naturale, ed era com-
])osto come in placido' sonno.
« Erano tra le due e le tre del sabato 10 settembre del
1622. Il nostro Beato aveva 49 anni, 4 mesi e 2 giorni.... Era
di giusta statura, occhi vivaci, capelli biondi, complessione
buona, aspetto grato e piacevole....
Per tutto quel giorno restarono i corpi sul luogo del loro
supplizio. Per qualcuno fu assai lenta la morte, perchè, sul
MEMORIE DOMENICANE 57
far della notte, nel silenzio, si udiron tra i rantoli e in suono
di flebile lamento i nomi di Gesù e di Maria., sicché i sol (iati,
essendosi incenerite tutte le legna., disfecero una caj)anna lì
prossima, e ne arsero la paglia e i legnami su quei moril)on(li.
Pochi istanti dopo, si fè assoluto silenzio.... ».
Una falsa lettera di S. Domenico
La celebrazione del nostro centenario ha provocato gli appetiti
della piccola stampa demosociale di provincia.
Non è forse S. Domenico il fondatore dell’ Inquisizione ?
Veramente la vecchia accusa non dovrebbe essere raccolta più :
ma, per la storia, noi vogliamo riprodurre integralmente, dalla Con-
quista del 14 Gennaio, l’articolo dell’On. Egilberto Martire, il quale,
tra parentesi, ba anche promesso una Conferenza, a Roma, sul tema
*S. Domenico e l’Inquisizione.
Un capolavoro di goffaggine.
Poiché la genialità non è il forte degli intellettuali di cui dispone
il Grande Oriente Italiano, il centenario di S. Domenico ha fatto
tornare a galla una famosa lettera di lui che fa, a rotazione, il giro
della stampa anticlericale.
La lettera è quale la riproduciamo dal giornale massonico, che
r ha rimessa in circolazione recentissimamente, l’Italia meridionale
(Lecce, 15 sett. 1921) :
Linguadoca, 7 aprile 1217.
Beatissimo Padre,
« Con l’aiuto del Signore, io e i miei compagni non cesseremo
mai dallo sbarbicare dal campo della chiesa, quest’erba velenosa che
merita il fuoco, prima in questa vita poi nell’altra,
« E per consolare la santità vostra dalle cure gravissime del-
l’apostolato, le accennerò quel poco di bene che, con l’aiuto di Dio,
abbiamo operato in queste infelici provincie, tanto desolate dalla
eresia.
« Affrontati dal Duca di Monfort, già trentasettemila di questi
nemici della religione cattolica stanno a bruciare nelle fiamme del-
r inferno, e cosi, diradate le nuvole, pare che il sole della retta
fede cominci a risplendere in queste contrade.
« Il piissimo Duca è tanto infervorato dallo zelo cattolico, che
dovunque ha sentore si annidino, queste fiere, accorre con le sue
58 MEMORIK DOMENICANE
truppe, e dà loro la caccia. Essi, o resistono o fuggono; son sempre
raggiunti, e puniti.
« Non si usa pietà ai corpi di gente che non ne usò alle anime
fedeli, cui uccise col mortifero veleno dell’errore. Egli li sottopone
prima a tormenti per costringere la loro ostinazione a manifestare
gli aderenti. E impossibile immaginare quanto lo spirito satanico si
impossessi di loro, e li renda fermi nella infernale impenitenza.
Non si lasciano fuggire un accento dalla sacrilega bocca, che il de-
monio chiude con una mano di ferro. Un vecchio, posto alla tortura,
e quasi stritolato da una macina, rideva ed insultava i santi mi-
nistri, i quali gli ricordavano l’obbligo della fede.
« Un’altra giovinetta di Belial, alla quale i soldati del Duca in
punizione di aver alimentato le carni di un eretico, strapparono
dalle ossa con una tanaglia quelle carni maledette, sorrideva, met-
teva dentro le mani alle proprie carni, e diceva di sentirne refri-
gerio; sicché i soldati, a meglio refrigerarla, seguirono per un’ora a
rinnovarle quella consolazione, senza poterla indurre a manifestare
dove fosse l’iniquo, che essa aveva albergato ed alimentato.
« I poveri soldati sono instancabili nell’opera di fede; e la sera
dopo la preghiera e dopo innumerevoli meriti acquistati sono da me
benedetti, con la papale benedizione che vostra santità mi concedette
di largire nel suo nome santissimo.
« Io crederei. Beatissimo Padre, che a rimunerare in qualche
modo la fede ardente del signor Duca, V. S. dovesse avere la be-
nignità di conferire o a lui, o a suo fratello don Rodrigo, canonico
della cattedrale di Tolosa, la sacra poiqiora, la quale egli si ha già
acquistato con le sue escursioni, tingendola nel sangue maledetto
di quegli sciagurati.
« Basta che in questi paesi si senta il suo nome, perchè gli ere-
tici Albigesi tremino da capo ai piedi. Il suo costume è di andare
per le corte, spacciando in un sol colpo i più arrabbiati. Quanti
gliene capitano nelle mani costringe a professare la nostra fede, con
la formola ingiunta da V. S. Se ricusano, li fa battere ben bene,
mentre si accende il rogo. Quindi, interrogati se si sien pentiti e
ascoltato che no, conchiude : O credi o muori ! — li mettono ad
ardere a fuoco lento, per dare loro tempo di pentirsi, e di meritare
l’eterno perdono.
« Alcuno di questi miserabili, benché assai raramente, sullo spi-
rare, ha dato segni di ritrattazione, e di orrore della morte, che
meritamente subiva, ed io mi son consolato nel Signore osservando
quegli atti che potevano essere indizio di i)entimento. Quanto più
essi si dibattevano, tanto più noi godevamo, nella speranza che quelle
bre^ù pene fruttassero loro il gaudio eterno, dove speriamo di tro-
varli salvi nel santo paradiso, quando al Signore piacerà di chia-
marci agli eterni riposi.
MEMORIE DOMENICANE 50
« Intorno poi ;igli nitri che furono kcmIoUì, a iK^reiò meno rei,
non si costuma dì condannarli subito, ma per esercitare con essi
quella carità che il nostro Salvatore comandn, da principio si ri-
sparmia loro la vita, ed invece si adoprano alcuni tonnenti, i (juali
per quanto siano gravi alla carne, sono infinitamente più lievi degli
altri, riserbati allo spirito nelle fiamme eterne.
« Si adoprano rotelle, eculei, letti di ferro, stirature, tanaglie, ed
altre simili mortificazioni del corpo, che secondo la legge del nostro
Signore Gesù Cristo, dev’essere macerato in terra per averlo glorioso
nella vita eterna.
« In altra mia mi farò un dovere di rallegrare il cuore della
Santità Vostra, con più minuta narrazione di quest’opera, che il Si-
gnore si compiace di fare i>er nostro mezzo.
« Intanto prostrato al sacro piede della Santità Vostra, imploro
per me e per questi miei collaboratori e compagni l’apostolica be-
nedizione, e mi dichiaro
Della Sdìitità Vostra
Re (lei Re, Pastore dei Pastori
Vultimo dei servi e dei pjli
Domenico Guzman
Le prove del trucco.
Riproduciamo, per quanto con ripugnanza, il turpe documento,
perchè la semplice lettura di esso persuade chiunque dell’esistenza
di uno sconcio trucco.
E difatti, nelle diverse riproduzioni che siamo riusciti a trovare
qua e là, una ce n’è, fatta da un giornaletto evangelico — VEvan-
(jelista —
,
nella quale sono soppressi i capoversi Vili, IX, X, che
sono proprio quelli nei quali si parla del Signor Duca e della Por-
pora da conferirgli. Evidentemente, il disonesto.... evangelico ha tolto
i punti che più tradiscono il trucco osceno.
Infatti, tirando le somme, dalla semplice critica interna che ogni
scolaro di quinta ginnasiale può fare al documento, risultano le se-
guenti conclusioni fondamentali :
a) Non poteva S. Domenico firmare la lettera dalla Lingua-
doca il 7 aprile 1217, perchè queU’anno si trattenne a Roma fino
a tutte le feste di Pasqua (28-29 marzo) e parti poi, a piedi, i>er la
Linguadoca. In dieci giorni, non poteva trovarsi lassù.
b) Non risulta, da altri documenti, che S. Domenico, tornando
nel 1217 in Francia, si sia occupato direttamente e, tanto più, nella
forma voluta dal documento, della guerra contro gli Albigesi. « Tor-
nato a Tolosa nel 1217, Domenico si affrettò a mandare i suoi di-
scepoli in missione». Cosi, il Lea, non sospettabile davvero.
GO MEMORIE DOMENICANE
c) Non c’è documento autentico sottoscritto da San Domenico
che abbia, tanto nella forma quanto nello spirito, il benché minimo
punto di contatto c-on questa lettera. Nei riguardi della guerra cat-
tolico-albigese due documenti sono fondamentali; un’assoluzione e
un permesso, che il Santo dà ad un laico di dare ospitalità ad un
eretico.
d) Non è verosimile che San Domenico, fervida anima di ri-
formatore e di frate, domandasse il Cardinalato per un soldato come
il « signor Duca » : contrasterebbe, questo, con tutta la forma mentis
del Santo.
e) Non è rispondente ai tempi la richiesta della « porpora w ;
a parte, anche, il linguaggio spettacoloso di bassa retorica barocca,
che mette insieme la Porpora romana — simbolo, della dedizione apo-
stolica — con il sangue maledetto; la designazione della « porpora
cardinalizia » ha, nel 1217, un sapore piuttosto anacronistico.
Queste semplici considerazioni bastano ad ogni minorenne, per
concludere che il documento è un falso volgarissimo; ma ai maggio-
renni (XoWltaììa meridionale non bastano.
L’ intervento di Garibaldi.
Stando così le cose, ogni qualvolta ci siamo occupati dello scon-
cio documento, ci siamo limitati a fare le osservazioni che qui ab-
biamo rii>etute, avvertendo, semplicemente, che di esso non fanno
la più lontana menzione gli storici di San Domenico e della Inquisi-
zione — quelli acattolici, innanzi tutti, come li Lea e il Llorente.
E si tratta, tuttavia, di tal.... documento che, se autentico, sconvol-
gerebbe tutta la storia del Santo e della lotta contro l’eresia !
Anche l’ultima volta che ci siamo occujmti della cosa — in un
(t. t.) del Corriere d’Italia (8 ottobre 1921) — a queste osservazioni
ci limitavamo : non potendo, cioè, mai immaginare che gli scopri-
tori del cimelio stessero a I.e Gari-
baldi, al quale osiamo sperare che il (t. t.) non vorrà negare la
patente di galantuomo, nel suo romanzo dalia, edizione inglese an-
teriore al 1870, ed edizione italiana di queiranno, pubblicala a Mi-
lano dagli editori Fratelli Rèchiedei.
« Se il (t. t.) non possiede tale libro, possiamo favorirglielo noi,
e leggerà a pag. 399 del medesimo, quale delucidazione alla lettera
in parola, le seguenti parole dell’ autore, Giuseppe Garibaldi :
« Nel breviario romano approvato dal Concilio di Trento a pa-
gina 498 sez. IV, Notturno II (edizione di Venezia, anno 1740) esiste
una lettera di S. Domenico di Guzman — patrono di Torquemada
e di Arbuez — diretta a Papa Onorio III — nella quale, con un ci-
nismo spaventevole — con una crudeltà tanto freddamente calcolata
da far inorridire — egli traccia di se medesimo un ritratto ribut-
tante ed orribile. Leggetela sino in fondo — se il cuore vi basta —
e letta che rabbiate — adorate ancora, se vi par degno — San Do-
menico di Guzman ! ».
« Fin qui Giuseppe Garibaldi nel suo libro ».
Ecco, dunque, la fonte. L’avevamo fotografata, con quell’ allusione
trasparente ai romanzacci sconci e ai drammoni di arena : ma non
volevamo.... parlar male di Garibaldi. I massoncelli leccesi, peraltro,
non avendo simili scrupoli, tirano in ballo il Duce dei Mille, e ne
fanno una fonte di storia proprio per un « romanzo », che non è,
certo, il capolavoro del Nizzardo.
Un breviario che non c’ è.
Discutiamo, dunque, Garibaldi. Donde tolse, egli, il documento .
-
domenicano? Dal Breviario Romano? No. Ce lo dice egli stesso a
pag. 404 della sua delia (ed. Milano, 1870, in calce, alla fine della
lettera ; « Documento tolto alla Favilla, giornale di Mantova ».
Noi non abbiamo consultato questa Favilla, che Garibaldi lascia
al buio di ogni indicazione di data. Ma abbiamo — pare impossi-
bile! — consultato il Breviario, che è un libro piuttosto diffuso.
Hanno fatto altrettanto quelli di Lecce? A giudicare dalle loro
parole grosse, parebbe di sì :
« Che poi il (t. t.) ignori resistenza del Breviario Romano a cui
l’autore accenna, è spiegabilissimo, dal momento che, come lui stesso
ha confessato, la sua biblioteca è quella degli.... asini ».
G2 MEMORIE DOMENICANE
Ma nel Breviario Romano che conosciamo noi la lettera di....
Garibaldi non c’è. AH’infiiori delle I.ottere Apostoliche, il Breviario
non contiene lettere di sorta. Da Pio V a Pio X, i Breviari — com-
presi quelli pubblicati nel 700 — non hanno mai avuto lettere, nè
di S. Domenico, nè di Garibaldi. Data la stessa costituzione e le
stesse proporzioni deWOffic'ium divinum, non è possibile ammettere,
neanche a priori, che una lunga lettera, come quella garibaldina,
potesse essere contenuta nelle lezioni storiche, che sono le tre del
secondo Notturno, e che debbono comprendere tutta la biografia del
Santo.
_
Il Breviario di Garibaldi, dunque, è un breviario sui generis,
che non ha riscontro in nessuno dei breviari esistenti — compresi
quelli propri dell’Ordine Domenicano — e la cui esistenza va, dun-
que, dimostrata direttamente. Dov’è, insomma, questo breviario be-
nedetto?
La questione della fonte diventa, cioè, una questione di archivio.
Quadrio, Ormis e compagnia.
Torniamo, dunque, ad osservare le evoluzioni di coloro, che hanno
divulgato più recentemente l’ignobile falsificazione.
Evangelista del 24 ottobre 1913 presentava parte della lettera
cosi : « A quest’epoca appartiene un brano di lettera, che ad edifi-
cazione dei nostri lettori ripubblichiamo oggi, dopo trentadue anni
da che vide la luce la prima volta ».
L’autore della riproduzione — che aveva il pudore di nascon-
dersi sotto le iniziali F. D. S. — non diceva di più; interrogato dal
nostro giornale, non rispose. Lasciò, dunque, intendere che la sco-
perta del documento fosse stata fatta nel 1881.
La Vita, il quotidiano massonico romano, pubblicava nel 1910
10 stesso documento, in un articolo firmato da tale Alete Dalcanto,
sempre senza indicazione di fonti: anche in quell’occasione il nostro
giornale domandò spiegazione, ma non s’ebbe, al solito, risposta.
L’Asino del 5 gennaio 1908 riproduceva, con larghi commenti....
podrecchiani, la lettera di.... Garibaldi, in un articolo diffamatorio
del Santo, intitolato : Una iena sugli altari, il documento sanguinante.
Nel proemio erano le seguenti indicazioni :
« La lettera che pubblichiamo ora è stata diretta appunto da
Domenico a Papa Onorio III, dalla Linguadoca, ed in essa il futuro
Santo dà relazione dell’opera propria. Il documento, scovato a fatica
dagli archivi vaticani da Maurizio Quadrio, e da lui tradotto fedel-
mente, fu pubblicato il 28 novembre 1875 sul giornale Libertà e Asso-
ciazione, diretto dall’intemerato repubblicano Brusco Ormis ».
A sentire VAsino, dunque, e gli intemerati repubblicani in parola,
11 documento domenicano — che VEvangelista dice edito nel 1881 —
MEMORIE DOMENICANE 03
sarebbe stato edito, invece nel 1875, e, quel che più imporla, « sco-
vato » dal Quadrio in Vaticano....
Lasciamo immaginare ai lettori la scena comica che vien fuori,
quando si tenga conto di queste circostanze : due garibaldini della
risma del Quadrio e dell’Ormis, avrebbero supinamente ignorato nel
1875, che Garibaldi aveva pubblicato nel 1870 la lettera di San Dome-
nico !
Dove si va a finire ? Che diavolo ha trovato il Quadrio in Vati-
cano ? Che cosa ha tradotto, se il testo tolto (ìn.\VAsino da Lihertà e
associazione è identico a quello di Garibaldi ? E 1’ intemerato Ormis
che cosa ha mai com.binato ?
Dopo questi interrogativi, appare superfluo soggiungere, che agli
Archivi Vaticani non esiste neanche l’ombra nè della lettera nè del
Breviario di Garibaldi. E alla Casanatense e 2l\V
A
lessandrina di
Roma siamo nelle medesime condizioni.
Chi ha aggiunto, dunque, alla frode turpe del documento.... do-
menicano, anche la menzogna sfacciata della scoperta fattane nel
1875 in Vaticano ? Chi, degli intemerati, ha prepetrato la frode ?
L’indagine non c’interessa. C’interessa solo concludere che il
documento non si trova.
Roma, Lecce, Firenze.
A Lecce, però, i camerieri della massoneria non si perdono di
coraggio. E indicano a (t. t.) la fonte desideratissima, con le seguenti
testuali esortazioni :
« Lo consigliamo perciò a rivolgersi alla Biblioteca Nazionale di
Firenze, — (Raccolta di documenti ecclesiastici — Scaffale IV —
)
0 alla Marucelliana della medesima città (Manoscritti e Pergamene,
Raccolta I).
« L’incosciente libellista troverà in esse certamente il documento
pubblicato da Giuseppe Garibaldi, e così, prima di azzardare di quelle
infelici marchianate pubblicate stamane, sarà in grado di presentarsi
ai suoi lettori sotto una veste.... meno asinina ».
C’è da respirare. Con buona pace del Quadrio, dell’Ormis e del-
VAsino, pare -proprio che siamo sulla via del Breviario di Garibaldi :
1 massoncelli di Lecce ne parlano come se l’avessero visto, e dànno
indicazioni così colorite che sembrano verosimili.
Ma purtroppo, non è così !
Andiamo alla Nazionale di Firenze. Si cerca in giù e in sù. Niente.
La stessa indicazione : « Raccolta di documenti ecclesiastici, Scaf-
fale IV » è insufficiente; e costituisce di per sè l’indizio della cosciente
falsità nell’indicazione.
La Biblioteca possiede una larga raccolta di Breviari Romani;
ma consultata attentamente, si è trovato che non esiste alcun Bre-
64 MEMORIE DOMENICANE
viario edito durante il secolo XVIII. L’edizione dunque del 1740 non
esiste nemmeno alla NaMonale!
Consultato il catalogo « Documenti », e la « raccolta di lettere »,
riguardanti Flnquisizione, non se ne è trovata nemmeno una.
Andiamo alla Marucelliana, e seguiamo 1’ indicazione di quei di
Lecce, Manoscritti e Pergame^ie, Raccolta I : si trovano acque anche
più diffìcili. In quella Biblioteca non esistono nè pergamene nè più
raccolte di lettere, non se ne trovano di anteriori al 1450 : e quindi
S. Domenico è fuori quistione.
Dove dobbiamo andare, dunque ?
O si trova il ^documento, o si trovano i furfanti che l’hanno fab-
bricato e quelli che l’hanno accreditato, o quelli che hanno inventato
di sana pianta le fonti.
A Firenze i documenti non ci sono. Sono a Lecce taluni dì questi
furfanti ? Sarebbe assai opportuno e conclusivo saperlo.
Il Centenario di S. Domenico in Italia
fVedi a pag. 600 e 656 del 1921).
In Agira, piccola ma fervente cittadina della Sicilia, le Terziarie
Domenicane si sono distinte nell’onorare con tutto l’entusiasmo del
cuore il loro inclito Padre.
Spuntava bella l’alba del 16 Ottobre, e le allegre campane della
Chiesa del SS.mo Salvatore, sede del Terz’ Ordine Domenicano, si
facevano sentire per tutta la valle sottostante, e i fedeli lieti e fe-
stanti correvano ad unirsi alle pie Terziarie, onde festeggiare il gran
S. Domenico.
Alle 8 1{2 Comunione generale, rallegrata da un forbito fervorino
del P. Raimondo Marchese dei Predicatori.
Era davvero commovente il religioso raccoglimento delle Ter-
ziarie, unite e genuflesse ai piedi del Santo, intente ad ascoltare la
calda e vibrante parola del Padre.
Il solerte figlio del Patriarca di G-uzman, ci avea preparato alla
grande giornata con un solenne triduo, parlandoci delle virtù del
nostro Santo Padre.
Alle 10 Messa cantata e colloquio.
Alle 4 di sera, ancora una volta si era riunite in Chiesa, per
ascoltare 1’ ultima commossa e appassionata parola dell’ instancabile
Confratello. Indi si scese dall’Altare la grande Statua del Santo, e
preceduto dalle amorose Figlie, con candele accese, si fece una pic-
cola processione per tutta la Chiesa, poi si chiuse la festa con la
Benedizione Eucaristica.
Una Terziaria.
MEMORIE DOMBNIOANB 05
*
* *
Azzano S. Paolo (Bergamo). — Anche noi nel nostro piccolo ab-
biamo tributato 1’ onore, la gloria al S. Patriarca Domenico
;
anche
noi abbiamo lavorato, per preparargli feste solenni, decorose.... ed ora
possiamo dire con piena saddisfazione di esserci riuscite. Abbiamo
celebrato tre feste, nei giorni 9, 10 e 11 Dicembre. Nella prima vi fu
la consacrazione dell’altare nuovo (tutto di marmo) dedicato alla Ma-
d.onna del S. Rosario, fatta da S. Ecc. Mons. Vescovo nostro. Nel
secondo giorno abbiamo celebrato il XXV anniversario dalla fonda-
zione del Monastero (10 Dicembre 1906-921); nel terzo il centenario
di San Domenico.
Fu un giorno di suprema esultanza, che coronò il risultato delle
feste precedenti. Abbiamo avuto qui tre dei Padri nostri, che hanno
compiuto nel rito Domenicano tutte le funzioni del giorno, ed hanno
lasciato in noi e nel buon popolo Azzanese un’ impressione profonda,
salutare, incancellabile.
Il Padre Priore di Milano, Fra Domenico Puccinelli, ha recitato
alla sera uno splendido panegirico del Santo, che è stato il compi-
mento dell’ opera che ci ha commosse fino alle lagrime, che ci ha
fatto erompere spontaneamente nella promessa di seguire le orme di
un tanto Padre.
*
* *
Bergamo (Suore Domenicane). — Il primo Gennaio le Religiose
Domenicane di via Tassis ebbero la consolazione di commemorare il
settimo centenario dalla morte del Patriarca S. Domenico.
Nella cara cappellina bene addobbata, suore ed educande radu-
nate accompagnarono con canti d’occasione la s. Messa, celebrata dal
P. Marco Righi, e fecero la Comunione.
Dall’alto dell’altare la nuova statua di S. DomenPo, artistica-
mente illuminata, sembrava compiacersi e benedire le congregate, ed
incoraggiarle a rinnovare e mantenere i propositi di bene, per ren-
dersi sempre più degne dalla sua protezione.
Alla benedizione, il rev. Padre elevò l’animo di tutte con la
parola eloquente e religiosa
;
tessè le glorie di S. Domenico.
Alla funzione religiosa segui, nel pomeriggio, un trattenimento,
al quale parteciparono numerose signore. Il P. Righi tenne una eru-
dita conferenza, illustrando con proiezioni i vari episodi della vita
del Santo, i luoghi santificati dalla sua presenza, e le bellezze arti-
stiche della sna tomba. Fu un’ ora di godimento intimo, intellet-
tuale, storico, letterario, che i presenti dovettero alla coltura e alla
attività del noto Domenicano.
Il trattenimento si chiuse con « il transito di S. Domenico »
cantato dalle educande, e la bella giornata passò, lasciando eco pro-
fonda e cara nell’anima di tutte.
66 MEMORIE DOMENICANE
*
Cagliari, che ha un culto speciale per S. Domenico e per le opere
di lui, Cagliari, non è voluta rimanere seconda a nessuna città nel
tributare al Santo i meritati onori, ed ha preparato e festeggiato
solennemente la fausta ricorrenza sette volte centenaria. Tutta la
città è corsa durante il novenario nella Chiesa di S. Domenico, at-
tratta dalla parola del P. Raffaele Ferrari domenicano. Descrivere lo
svolgimento delle onoranze è difficile: cediamo la penna a Claudio
V'illasanta, che nel Corriere d’Italia cosi scrisse :
« Con straordinaria pompa, nel rinnovellato tempio di S. Dome-
nico, hanno avuto solennissima conclusione le feste in commemora-
zione del settimo centenario dalla morte del grande Patriarca. I sacri
riti hanno avuto celebrazione speciale, e sono stati illustrati dalla
presenza delle LL. EE. Rev.me Mons. Ernesto Maria Piovella Arci-
vescovo di Cagliari e Mons. Saturnino Peri Vescovo d’ Iglesias, non-
ché dai rappresentanti degli Ordini religiosi della città. L’ affluenza
è àtata immensa. 11 tempio, che è assai vasto, non ha potuto conte-
nere la grande massa di popolo, che, specialmente domenica sera
(21 Novembre) conveniva a rendere omaggio « all’ agricola che Cristo
elesse all’ orto suo per aiutarlo »
.
« La giornata domenicana si è compiuta felicemente. La messa
di comunione generale è stata celebrata dall’arcivescovo di Cagliari.
Cerimonia quanto mai ordinata e raccolta, malgrado 1’ affiuenza dei
fedeli. Il Pontificale solènne è stato celebrato dal Vescovo d’ Iglesias,
con assistenza dell’Arcivescovo e dei superiori delle famiglie religiose
di Cagliari. Dopo 1’ Evangelo ha tenuto il pergamo il padre Raffaele
Ferrari dei predicatori, che ha tessuto un elogio mirabile di S. Do-
menico di Gusman. L’orchestra ha eseguito una messa del Perosi, ed
alcuni brani sinfonici a tratti. La nuova statua del Patriarca, lavoro
pregevole della ditta Rosa e Zanazio di Roma, benedetta la sera in-
nanzi, sfavillava di tra i fiori e le faci.
« Alle 16,30 è partita dalla chiesa la grande processione, che ha
portato in trionfo per le vie della città il simulacro di San Dome-
nico. Folla enorme da per tutto, e cordiale manifestazione di fede
e di pietà. Al corteo hanno partecipato le associazioni religiose, la
confraternita del Rosario, gli Ordini religiosi, la Collegiata di S. Gia-
como, il Seminario, il Vescovo d’ Iglesias e l’Arcivescovo di Cagliari,
assistito dai monsignori del Duomo. Precedeva il clero la storica
bandiera di Lepanto. Veniva quindi il concerto salesiano. E sulla
grande marea umana si levava alta, benedicente, la statua dell’Apo-
stolo della Verità, seguita dal Comitato, dalla Giunta diocesana, dai
Circoli cattolici, recanti splendidi orifiammi. Applausi e fiori hanno
accolto il passaggio del corteo, ammiratissimo per il suo ordine e per
la sua regolare sfilata. Al ritorno ha asceso il pergamo l’Arcivescovo,
MEMOKIE DOMENICANE 07
che ha rivolta al popolo la sua paterna parola. Col Te Deum e la be-
nedizione eucaristica si è chiusa la giornata.
« Per cura di un apposito Comitato la Via San Domenico è stata
parata a festa, e simpaticamente illuminata a luce elettrica. Bene
ideato il padiglione eretto sullo spianato per accogliere la banda
musicale, che ha dato concerto sino a tarda ora. Anche le due fac-
ciate del Tempio sono state illuminate.
« Le feste hanno avuto line lunedi sera, 22 Novembre, con una
tornata domenicana nel bel tempio sfavillante di luce e gremito straor-
dinariamente. Con S. E. l’arcivescovo di Cagliari e S. E. il vescovo
di Iglesias, abbiamo notato la presenza di cospicue personalità del clero
e del laicato cattolico cittadino. Dopo il canto dell’inno domenicano,
il marchese Vittorio Quesada ha, a nome del Comitato organizzatore
delle feste, pronunciato indovinate parole. Quindi il padre Raffaele
Ferrari ha svolto superbamente il tema : « Secolari splendori di
gloria Grusmana ». Egli ha tessuto l’elogio più bello e sentito del
Padre suo, ed ha illustrato gli splendori e le benemerenze dell’ Or-
dine cui appartiene. Tra la prima e la seconda parte della confe-
renza l’orchestra ha eseguito una squisita sinfonia. Il padre Fer-
rari è stato calorosamente applaudito. La tornata si è conclusa con
calde e sentite parole di ringraziamento dell’ ottimo padre Benedetto
Di Pietro, Superiore della locale famiglia domenicana ed anima del
movimento che ha portato alla indimenticabile onoranza tributata da
Cagliari al patriarca Gusmano, con la celebrazione delle feste, e,- so-
pratutto, con la rinascita dell’insigne ed artistico tempio sacro al
campione della verità ».
Claudio Villasanta.
*
vt -X-
Casteltermini {Girgenti). — I giorni 3, 4, 5 Novembre per noi
Castelterminesi furono giorni di gran festa. La mattina di tutti e tre i
giorni, all’orario del triduo, le campane di tutte le Chiese del paese
suonavano a festa, e al termine della Santa Messa si udiva un
lungo sparo di mortaretti. Nelle ore pomeridiane esposizione del
SS.mo Sacramento con compieta maggiore terminando con la be-
nedizione. Sabato, giorno 5, ebbe luogo di mattina la vestizione e
professione di ventisette nuove consorelle; e nelle ore pomeridiane,
mentre noi donne affollavamo la Chiesa Madre, che è la Chiesa ove
è eretto il Terz’ Ordine Domenicano, il Rev.do Padre Direttore
Sac.te D. Silvestro M. Macaiuso seguito da tutto il Clero, dagli
uomini tutti del paese con le bandiere delle varie Associazioni, com-
preso il Municipio, andò ad incontrare Monsignor Bartolomeo Maria
Lagumina, Vescovo di Girgenti. Non può descriversi l’entusiasmo e
le accoglienze fatte a Monsignor Vescovo, che venne di proposito per
festeggiare il settimo centenario del nostro Santo Padre Domenico.
Le strade, le finestre, le porte si vedevano affollate di un immenso
68 MEMORIE DOMENICANE
popolo, che ripetutamente gridava battendo le mani: «Viva San Do-
menico ! Viva Monsignor Vescovo ! ». Entrato Monsignor Vescovo in
Chiesa, tutto il popolo che andò a rilevarlo entrò pure in Chiesa, e
quantunque la nostra Chiesa Madre sia vastissima, pure le tre navate
si riempirono in modo da non poter contenere tutto quel popolo. Ter-
minata la benedizione la musica eseguì scelti pezzi fra lo schioppettare
e lo scintillio dei fuochi artificiali. Uscendo di Chiesa si vedevano le
tre porte illuminate di luce bianca con archi
;
e nella porta di centro
un gran stellone, illuminato pure di luce bianca, simboleggiava quella
stella che si vide brillare sulla fronte del nostro Santo Patriarca. I
balconi, le finestre, le porte si vedevano tutte illuminate. Domenica,
giorno 6, la Chiesa Madre si vide popolata sin dalla prima Messa.
Alle ore 10 incominciò il Pontificale con il discorso dolce e dotto
fatto dal medesimo Monsignor Vescovo. Mentre Monsignor Vescovo
celebrava, un’orchestra sceltissima esegui con molta esattezza un inno
al SS.mo Posarlo composto di proposito. Alle ore 5 pomeridiane,
tutti col candido abitino e le bambine rosarianti con il proprio di-
stintivo, e i diversi sodalizi! con i loro vessilli, procedevano in pro-
cessione, mentre il nostro Santo Padre Domenico circondato dal Clero
percorreva le vie del paese, e mentre le terziarie Domenicane a due
cori cantavano 1’ Inno Domenicano, e dietro la Statua del nostro
Santo Patriarca, la musica eseguiva scelti pezzi. Alle ore 8 della sera
la processione rientrava in Chiesa, per la benedizione col SS.mo Sa-
cramento, impartita da Monsignor Vescovo che volle prender parte
alla Processione. Cosi ai piedi di Gesù Sacramentato si chiusero le
nostre feste centenarie, il cui soave ricordo resterà incancellabile nei
nostri cuori. Coronò le feste il seguente telegramma del Santo Padre
Benedetto XV, mandato al Reverendo Padre Direttore del Terz’ Ordine
Domenicano, in risposta ad un altro a Lui indirizzato.
« Sac.te D. Silvestro Macaiuso
Direttore T. O. D. Casteiterinini^
« Sapto Padre invia Vescovo, clero, fedeli partecipanti cotesti
« festeggiamenti centenario domenicano, benedizione implorata.
« Cardinale Gasparri »
.
*
* *
Firenze [Domenicane della Pietra). — Tra i festeggiamenti dati
per commemorare il settimo Centenario dalla morte del Patriarca
S. Domenico, merita di essere ricordato il geniale trattenimento mu-
sico-letterario, che ebbe luogo alle Domenicane, le quali abitano nel
sobborgo della Pietra^ poco distante da Firenze.
Quelle buone religiose, educate all’ aniore di S. Domenico da
quell’angelo che fu Monsig. Pio Del Corona, fondatore di quel con-
vento chiamato Asilo., hanno per scopo principale 1’ educazione e
1’ istruzione delle bambine. Le suore ebbero il gentile pensiero di
MEMORIE DOMENICANE 09
ripetere per ben tre sere nn programma attraentissimo per ogni cuore
schiettamente domenicano
;
la prima volta erano invitate le due con-
gregazioni delle Madri Cristiane e delle Figlie di Maria erette nella
chiesa del Convento
;
la seconda i benefattori
;
e la terza, il giorno
dell’Immacolata, era riservata per le terziarie domenicane delle tre
Congregazioni di S. Maria Novella, di S. Marco e di S. Domenico.
Ebbi la fortuna di assisterci, e ne riportai tale gioconda soavità, che
non posso fare a meno di accennare le dolci impressioni provate.
Nell’aula scolastica, adorna per l’occasione con semplicità e buon
gusto, e dove tutto ricordava S. Domenico e Monsig. Pio, si sentiva
di essere veramente in un Asilo di pace e di amore. Le giovanette
svolsero in modo irreprensibile l’ intero programma. Non starò ad
enumerare uno ad uno i brani scelti che lo componevano, perchè tutto
mi piacque
;
gustai in modo particolare « La Suora Domenicana »
,
poesia che tratteggia tutta una vita di sacrifizio e di amore
;
la « Salve-
Regina » che rievoca le più care memorie dell’ Ordine e le ore più
solenni. Che cosa dirò del brano di panegirico di Monsig. Del Co-
rona ? Con poche parole scultorie ricordava la somiglianza di S. Do-
menico con Gresil, con la Vergine, con gli Angioli, che avevano
messo di sè in quell’anima privilegiata un raggio della divinità, la
soavità materna, il candore immacolato, e ci faceva vedere il Cheru-
bino di Calaroga circonfuso della sua più fulgida aureola.
Una lode piena e ben meritata è da tributarsi a quelle care no-
stre consorelle, che tutta la loro vita impiegano a vantaggio delle
figlie del popolo, e niente risparmiano per giungere ad ottenere i mi-
gliori resultati. Lode sincera anche alle brave giovanette, che seppero
deliziarci, recitando con sentimento squisito, accompagnato da gesto
sobriamente espressivo, la prosa e la poesia a loro affidate.
Negl’ intermezzi furono cantati « Pie Pater Dominice », l’O Sp>em
iniram, Adempì, e un Inno festivo al Santo; ed anche la musica fu
eseguita con precisione inappuntabile.
Sono sicura d’ interpretare il sentimento di tutti i presenti, di-
cendo che lasciammo VAsilo col desiderio di poter riudire presto le
allieve intelligenti di quelle buone e valenti educatrici, che, nasco-
ste e quasi sconosciute alla maggioranza dei fiorentini, operano tanto
bene col disimpegno perfetto della loro santa missione veramente
domenicana.
E. Tommasa.
*
* *
Lugo [Ravenna). — Per iniziativa del Terz’ Ordine Domenicano
e dei devoti del Santo, si è celebrata con solennità dal 24 al 27 No-
vembre, la commemorazione centenaria del Glorioso Patriarca San
Domenico, nell’ Insigne Collegiata.
La città di Lugo, che vanta tante glorie e tante memorie dome-
nicane, fra cui quella celebre cattedra romagnola di S. Teologia, che
70 MEMORIE DOMENICANE
ebbe un di centro in questa città, e quel vecchio tempio di San Dome-
nico con l’attiguo convento, magnifico testimonio dell’ antico culto
locale al grande Patriarca, doveva rendere con pubblica testimonianza
riconoscenza ed omaggio al grande atleta della fede.
La bella Collegiata, riccamente apparata, accoglieva nello sfondo
dell’altar maggiore, fra una gloria di luce, di oro e di colori, l’arti-
stica statua del Santo.
Il Rev.mo Capitolo, i RR. PP. Carmelitani e Cappuccini, ognuno
in giorno speciale, si successero per le sacre funzioni durante il tri-
duo. La predicazione, tenuta dal dotto oratore Domenicano Padre
Antonino Liiddi, richiamò numeroso pubblico.
Nel giorno 25 si ebbe la giornata francescana devota accolta di
fraternità e di fede. L’ Eccellentissimo nostro Vescovo Mons. Trib-
bioli, Cappuccino, celebrò la Messa della comunione generale. Al fer-
vorino ebbe parole sentite ed indovinate per i due grandi Ordini,
e ricordando 1’ amplesso di S. Domenico con S. Francesco, invitò i
terziari a seguire l’esempio dei loro grandi fondatori. Alla sera, prima
della benedizióne, in Chiesa vi fu la processione con la preziosa
reliquia del Santo, portata da S. E. Mdns. Vescovo.
La Domenica 27 S. E. Mons. Pranzini, Vicario Capitolare di Bo-
logna, celebrò la Messa della Comunione Generale, alla quale disse
parole efficacissime ai numerosi comunicandi. Alla Messa solenne, as-
sistita pontificalmente dal detto Vescovo e celebrata in rito dome-
nicano dal P. Giocondo Pio Lorgna 0. P. di Venezia, venne ese-
guita musica del Perosi diretta dal maestro Calamoscà di Imola. Al
Vangelo disse 1’ Omelia S. E. Mons. Pranzini, con parola alata e spic-
catamente evangelica tessendo la vita del Santo, attirando l’ammira-
zione di tutti. Nel pomeriggio, al popolo devoto che letteralmente
riempiva il nostro tempio, P. Luddi recitò il panegirico del Santo con
la maestria propria del celebre oratore. Dopo il Te Deum Monsignor
Vescovo Pranzini impartì la Benedizione Papale, e cosi ebbero ter-
mine le feste domenicane, lasciando nei lughesi un caro ricordo e fer-
mento di vita nuova. Del buon esito va data lode ja. molte persone
benefattrici, e in j)articolare a Mons. Grilli, Direttore dei nostri Ter-
ziari, coadiuvato dai giovani sacerdoti Lugatti ed Emiliani.
%
* *
Montiano {Forli\. — A cura delle ascritte all’Associazione del
Rosario Perpetuo e dei giovani cattolici del Circolo Gaetano Menghi si
sono celebrate anche nel nostro ridente paese feste solenni in occasione
del VII Centenario di S. Domenico di Gusman. La dotta e calda pa-
rola dell’esimio oratore Padre Luigi Vallara, domenicano, ha entu-
siasmato il nostro popolo che nei giorni — troppo brevi ! — del tri-
duo ha letteralmente gremito la chiesa parrocchiale, artisticamente
apparata dalla mano maestra del sig. Lorenzo Golfari. La domenica
MEMORIE DOMENICANE 71
13 Novembre tutti i giovani dei circoli federati del Vicariato si acco-
starono alla Mensa Eucaristica, e con loro una vera folla di popolo
devoto. Il lunedi 14 fu celebrata una solenne Messa funebre a suf-
ragio dei nostri prodi conterrazzani caduti in guerra. Alla pia ce-
rimonia assistevano le autorità civili e militari, gli alunni delle
scuole, i circoli cattolici con bandiere, e tutti i sodalizi locali. Fu
degna chiusura delle feste una splendida conferenza dantesca, tenuta
dall’on. Bianchi nei locali della filodrammatica C. Goldoni.
Anche da queste colonne noi inviamo i nostri più vivi ringra-
ziamenti a quanti hanno concorso finanziariamente e moralmente
alla buona riuscita delle nostre feste, e in ispecial modo al M. R.
Padre Vallara e all’ on. Bianchi, che tanto seme di bene hanno get-
tato in mezzo alla nostra popolazione.
Il Comitato.
*
* *
Trino Vercellese {Novara) non volle essere ad àlcun’altra seconda
nella celebrazione del centenario. E il popolo prese ]iarte alle feste con
uno slancio, con un ardore, con un crescendo tale, che gli ultimi giorni
il vasto tempio domenicano era troppo angusto a contenere l’enorme
folla che in esso si riversava. Tutta Trino era là a testimoniare che,
nonostante la tenace propaganda sovversiva e antireligiosa di questi
ultimi anni, non erano ancora spente nel cuore dei suoi figli la fede
avita dei padri e l’amore tradizionale verso l’Ordine Domenicano. E
come il popolo, così il clero tutto, secolare e regolare, della città par-
tecipò a queste onoranze, avvicendandosi nella celebrazione delle sacre
funzioni, dalla Domenica 6 Novembre destinata al Rev.mo Mons. Pre-
vosto e alla Ven. Collegiata, ai giorni 10 e 11, nei quali interven-
nero i RR. Salesiani e Francescani. Ad accrescere inoltre lo splen-
dore dei festeggiamenti si aggiunse la presenza di tre Eccellent.mi
Vescovi. Infatti per primo venne Mons. Albino Fella di Casale, che
rimase fra noi dal Mercoledì 9 al Venerdì 11, prestandosi con infati-
cabile zelo alle varie funzioni del mattino e della sera. Comunione
generale con fervorino, assistenza pontificale alla Messa cantata, e
benedizione Eucaristica. La sera del Venerdì giunse Mons. Scapardini
o. p., che impartì la benedizione lo stesso giorno e in quello seguente,
e celebrò la Messa della Comunione generale il Sabato e la Dome-
nica
;
finalmente si ebbe anche l’onore e la gioia di ospitare l’Ecc.mo
Arcivescovo di Vercelli, Mons. Gamberoni, il quale celebrò il Ponti-
ficale della Domenica 13 e le altre funzioni del pomeriggio. E degna
di tanta imponenza dei sacri riti doveva anche essere la parola de-
gli egregi oratori, che dissero nei vari giorni gli encomi al S. Padre
Domenico, alle forme molteplici del suo apostolato, e alle -immortali
sue istituzioni. Gareggiarono infatti splendidamente tra di loro nel
magnificare il S. Patriarca i figli di S. Francesco, P. Ermenildo A-
gnesi, che parlò nella Novena, e P. Angelico Mugetti, che tessè
MEMORIE DOMENICANE72
il Panegirico nel' Giovedì 10 Nov,
;
il Salesiano D. Signorotti il Ve-
nerdì 11, e gli Ecc.mi Vescovi negli altri giorni, cioè : Mons. Fella
il Mercoledì 9, Mons. Scapardini nella Domenica 13, e Mons. Gam-
beroni nella Domenica stessa e nel giorno precedente. Ma le date più
notevoli furono il Sabato 12, destinato alla Giornata Domenicana, e
la Domenica 13, chiusura delle feste.
Nel Sabato infatti, sotto la Presidenza onoraria degli accennati
Ecc.mi Presuli, e quella effettiva del P. Filippo Robotti, furono il-
lustrati da scelti relatori i temi più interessanti, inerenti all’avveni-
mento. Nella seduta del mattino, dopo le preghiere di apertura, dette
dall’Arcivescovo di Vercelli, e la fervida introduzione del P. Filippo
Robotti, salì primo alla tribuna il M. R. Don Rodolfo Metalpa, ter-
ziario di Vigevano, il quale con parola calda, toccante, veramente
sacerdotale, dimostrò come la SS. Eucaristia fu sempre., dal princi-
pio ai giorni nostri, la luce e V amore dell’Ordine Domenicano, e ne
trasse motivo per raccomandare istantemente ai terziari che ne col-
tivino il più possibile la divozione, specialmente coll’assistenza quo-
tidiana alla S. Messa, coll’assiduità alla S. Comunione, colla cura
della visita giornaliera al S. Sacramento. La relazione fu assai ap-
plaudita
;
e su di essa prese la parola il M. R. P. Berrò Provinciale
per raccomandare ai terziari il culto pubblico, collettivo della SS. Eu-
caristia, e quindi 1’ impegno di assistere in corpo, mensilmente, alla
S. Messa, valendosi, per meglio intenderne le sublimi cerimonie, e
più devotamente assistervi, di qualche Manuale di pietà, e frattanto
accostarsi anche insieme alla SS. Comunione. La proposta opportu-
nissima del P. Provinciale fu assai caldeggiata dall’ Ecc.mo arcive-
scovo di Vercelli, affine di promuovere colla efficacia dell’ esempio
queste sante pratiche in mezzo agli altri fedeli.
Dopo si ebbe la relazione del prof. Meroni, propagandista di
Vercelli, il quale svolse l’argomento : la Confraternita del SS. Nome
di Dio contro la bestemmia, eccitando tutti i presenti ad opporsi ener-
gicamente alla bestemmia
;
a ripetere spesso e in ossequio di ripa-
razione la devota giaculatoria : « Sia lodato Gesù Cristo : e frattanto
arruolarsi compatti nella Confraternita del SS. Nome di Dio, allo
scopo di rendere più efficace il comune Apostolato, memori dei frutti
consolanti già riportati da questa confraternita nella stessa città di
Trino, ai tempi dell’ indimenticabile P. Domenico Dessy, promotore
zelantissimo della provvida istituzione.
Alle ore 15 si riprendeva nuovamente la serie delle relazioni da
svolgersi, e per prima veniva invitata a presentarsi la signorina
Prof. ssa Ermelinda Rigon, terziaria domenicana di Genova, che do-
veva parlare sul Terz’ Ordine Domenicano. Veramente superiore a
ogni encomio fu il discorso, altrettanto denso dei migliori concetti,
che palpitante di affetto per la Regola domenicana : discorso, che di-
mostrò come questa Regola contiene le norme più pratiche, più ef-
MEMORIE DOMENICANE 73
ficaci per aiutare i terziari nella loro santificazione, e guidarli in
quell’Apostolato di verità, di giustizia, di carità, che deve star som-
mamente loro a cuore. Prese nuovamente la parola il Provinciale
P. Berrò, per ricordare come la Regola Domenicana quanto ammi-
rabile per la saggezza delle sue prescrizioni, altrettanto è soave e
facile, adattandosi per mezzo delle opportune dispense a ogni condi-
zione di persone, e mirando più allo spirito di preghiera, di mortifi-
cazione e di ogni altra virtù, che alla osservanza materiale. Al Padre
Berrò succedette il P. Angelico Mugetti o. m. il quale con pensiero
gentile, accennando alla presenza di parecchi terziari francescani al-
l’adunanza, ricordò la stretta unione, colla quale i due Terz’ Ordini
lavorano, al presente come in passato, alla restaurazione dello spi-
rito cristiano nel mondo, mediante i loro esempi e il loro comune
apostolato.
Saliva poi la tribuna il bravo Pinin Brusasca, colonna forte del
movimento giovanile di Casale, il quale prendeva a trattare il tema:
La Milizia Angelica di S. Tommaso. E da questa relazione, attenta-
mente ascoltata, e cordialmente approvata dall’assemblea, prendeva
motivo il P. Raineri per esprimere il voto che i genitori si facciano
premura di affidare i propri figli, nella stessa loro tenera fanciul-
lezza, alla protezione dell’Angelico Dottore S. Tommaso. Alla rela-
zione sulla Milizia Angelica segui quella sul Rosario : avrebbe do-
vuto tenerla l’On. Novasio, ma con un cordiale telegramma di ade-
sione si scusò di non poter intervenire per sopravvenuti impegni, e
perciò venne pregato a sostituirlo il Prof. Meroni., che come già nel
mattino aveva caldamente perorato per la confraternita del SS.mo
Nome di Dio, cosi ora raccomandò con viva istanza la devozione del
SS.mo Rosario. Finalmente il Provinciale P. Berrò., al quale era
stato affidato il tema « S. Domenico e Trino » riscosse 1’ ammira-
zione dell’uditorio. E colla dotta parola del P. Berrò, cui faceva eco
quella dell’Ecc.mo Mons. Scapardini, che incoraggiava i Trinesi a
tradurre in pratica quanto di bene era stato proposto nelle varie re-
lazioni del giorno, si chiudeva il breve ma importante Congresso.
Poco dopo però si gremiva di bel nuovo la Chiesa : e la Solenne
Adorazione Eucaristica, predicata dall’ Ecc.mo Arcivescovo di Ver-
celli, coronava stupendamente la hella giornata.
Feste si felicemente intraprese, e proseguite con tanto entusia-
smo, non potevano non avere una chiusura brillante. E questa
avvenne infatti nella domenica 13 nov. — Iniziata colla Comunione
generale, distribuita da Mons. Scapardini, continuata colla Messa
Pontificale dell’Arcivescovo di Vercelli, nella quale Mons. Scapardini
pronunciò uno splendido Panegirico, culminò poi nella Processione
del pomeriggio.
Le vie erano vagamente pavesate
;
il popolo faceva ala rive-
rente
;
non una nota stonata
;
e anzi unanime la partecipazione degli
74 MEMORIE DOMENICANE
spiriti anche da parte della gente che non componeva il corteo. Non
occorre neppure aggiungere che al ritorno della processione tutta
Trino si riversò verso S. Domenico, non solo da stipare letteralmente
la Chiesa, ma da riempire la piazzetta, e afiollare le vicinanze : fu im-
possibile per la ressa del popolo riportare in Chiesa la statua del Santo,
e così questa fu dovuta lasciar fuori, il che per altro giovò a soddi-
sfare la moltitudine, cui non era riuscito entrare nel tempio. Intanto
nella Chiesa, appena si potè stabilire la calma, saliva il pulpito lo
Ecc.mo Mons. Arcivescovo di Vercelli, e col cuore profondamente
commosso si rallegrava coi diletti suoi figli della magnifica dimo-
strazione di fede e di pietà religiosa, e li esortava a ispirarsi d’ ora
innanzi a S. Domenico, per apprendere da L]ii l’apostolato della pre-
ghiera, della parola e 'delPesempio : indi impartiva loro la Benedi-
zione Pontificale.
In mezzo a festeggiamenti così straordinari ebbero pur luogo
altre manifestazioni di giubilo, luminarie, concerti, trattenimenti.
Ciò che destò maggiore interesse nella popolazione trinese fu la con-
ferenza con proiezioni su — « S. Domenico e Vopera sua attraverso
sette Secoli » — svolta splendidamente da P. Filippo Robotti la sera
del 13, tanto da riscuotere al termine una fragorosa interminabile
ovazione.
La Domenica 20 Novembre fu cantato un solenne Te Deum di
ringraziamento, prima del quale il priore P. Raffaele Lanfranco rin-
graziò tutti per le feste, e come conclusione lesse i telegrammi del
Papa e del Generale :
« Santo Padre invia cotesti religiosi, terziari^ sodalizi, occasione
« giornata domenicana, benedizione implorata.
« Card. Gasparri ».
« Ringrazio attestato figliale devozione, imploro su tutti henedi-
« zioni S. P. Domenico e suo zelo apostolico.
« Theisslino ».
Pellegrinaggio a Roma dei Terziari Domenicani
e Congresso Razionale degli Aseritti al Rosario
È stato diramato da Roma il seguente appello al quale facciamo
plauso con tutto il cuore, augurandoci un vero successo anche per
questa manifestazione domenicana.
L’anno sette volte centenario della morte di S. Domenico di Gu-
sman è stato celebrato da per tutto con grande solennità. Da Cala-
roga, sua culla, a Bologna, sua tomba, ovunque Egli ha svolto la sua
opera apostolica, ovunque la fiamma della sua parola è stata portata
IVIKMORIK DOMENICANE 75
dai suoi figli spirituali, s’ è elevato un cantico di lode e di ringra-
ziamento all’Altissimo, per aver largito a noi questo « santo atleta »
della Fede, questo
« agricola, che Cristo
Elesse all’orto suo per aiutarlo ».
E il cantico d’esultanza, diffondendosi, s’ è ingrandito di voci fin
ora rimaste mute
;
ha scaldato cuori, eh’ erano rimasti freddi dinanzi
alla bianca figura del Patriarca
;
ha snebbiato menti, che non vede-
vano in Lui se non un « crudo » difensore della verità
;
ha suscitato
entusiasmi in tutti gli spiriti, che sono arrivati ad ammirare in Lui
il puro banditore di Cristo, il generoso cavaliere della Chiesa, l’amo-
roso padre, che tien fisse le anime nella luce del vero e le salva-
guarda dalle insidie dell’ errore. Le onoranze centenarie hanno cosi
avvivato il fascino promanante dalla sua persona, e hanno eliminato
le scorie, che una malevolezza subdola o un’ ingenua ignoranza ave-
vano accumulato intorno ad essa.
Mancava però una voce al coro gigantesco : la voce di Roma. La
Città Eterna, che pure ha attuato in parte un programma di festeg-
giamenti, attendeva ancora per la sua manifestazione maggiore.
Essa, che accolse sette secoli or sono il generoso Canonico di
Osma, che voleva andare a portare ai Cumani la dottrina di Cristo
;
essa, che lo rivide più tardi venire ai piedi del Pontefice per addo-
mandare
« contro al mondo errante
Licenzia di combatter per lo seme »
dei Frati Predicatori, e ammirò la sua santità nel fervore della vita
e nel fulgore dei miracoli essa attendeva, perchè voleva raccogliere
presso la tomba dei Principi degli Apostoli tutti gli echi osannanti,
e riunirli in un inno di ringraziamento finale.
Per questo adesso soltanto viene lanciato da Roma un appello.
E prima di tutto l’appello a tutti i Terziari, affinchè nel pros-
simo Maggio si radunino presso le Sede del Sommo Pontefice
;
e vi-
cino al Papa, che vivificò l’opera di S. Domenico e di tutta la sua
bianca famiglia
;
vicino al Papa, che ha aperto quest’ anno centena-
rio con un’ Enciclica, dove vibra uno squisito sentimento di padre
amoroso e di figlio devoto, essi chiudano il ciclo delle feste con un
atto di fede profonda e d’amore fiammante.
Qua, sotto il fulgido cielo che s’ incurva sopra la gigantesca cu-
pola di S. Pietro
;
in mezzo alle innumeri chiese, che videro il no-
stro santo Patriarca acceso d’affetto per la Sposa di Cristo, e vibrante
al desiderio di difenderla dai nemici insidiosi
;
qua, ove palpitano
ancora vive le memorie di Lui entro le mura vetuste di S. Sabina
sul colle Aventino, e a S. Sisto Vecchio nella valle poco lontana,
76 MEMORIE DOMENICANE
presso le Terme di Caracalla, i Terziari Domenicani apriranno il loro
cuore alT indefettibile onda di carità e di fede, sgorgante dal loro
Padre amoroso.
È poi un appello agli Ascritti al Rosario.
S. S. Benedetto XV chiudeva la sua Enciclica pel Centenario
con queste parole : « È nostro desiderio grande che tutti i seguaci di
S. Domenico si prendano una cura speciale di abituare il popolo cri-
stiano alla recita frequente del Rosario Mariano. È noto quanto han
fatto a questo scopo i Nostri Antecessori
;
e Noi, seguendo le Loro
orme, e specialmente quelle di Leone XIII di f. m., come, data l’op-
portunità abbiamo esortato tutti i fedeli a praticare questa devo-
zione, cosi ora di nuovo li esortiamo. E se questa Nostra esortazione
sortirà l’effetto sperato, con ciò solo potremo dire che il Centenario
di S. Domenico sia stato celebrato con molto frutto ».
Ebbene, il voto del Pontefice bisogna tradurlo in realtà. Il Ro-
sario è si la preghiera diffusa, ma ha bisogno di essere più propa-
gata
;
è necessario che essa si pratichi non soltanto nelle chiese, ma
anche più frequentemente nel santuario domestico, e nelle altre mille
contingenze della vita ordinaria. È necessario che essa sia una pre-
ghiera più compresa e meglio valutata, pel suo alto contenuto dot-
trinale- e per la sua efficacia spirituale. Le Confraternite del Rosario
sono sorte con questo scopo ; e nel bel suolo d’ Italia, come in ogni
plaga del mondo, sono numerosissime. La dolce Madonna ha visto
cosi accorrere sotto le insegne della sua corona falangi immense di
fedeli, e le ha colmate di benedizioni e di grazie.
Ma, per lo zelo dei figli di S. Domenico, in seno alle Confrater-
nite è sorta un’altra opera : l’Associazione del Rosario Perpetuo. —
Essa s’estende fiorente dall’ Alpi all’Etna, e stringe in un sol fascio
migliaia di anime che si susseguono ai piedi di Maria per onorarla
giorno e notte colla preghiera da Lei insegnata al Santo Patriarca.
Ed è sorto anche il Rosario Vivente dei Fanciulli, bianca legione di
anime innocenti, che innalzano le loro preghiere argentine alla Ver-
gine benedetta e l’ invocano loro Madre e Protettrice.
Ora è a questi ascritti alle Confraternite, all’ Associazione del
Rosario perpetuo e al Rosario Vivente dei Fanciulli, che noi lanci'emo
pure il nostro appello.
Il Papa vuole che il Centenario di S. Domenico sia un passo in-
nanzi per la propagazione della devozione rosariana. Ebbene, noi non
sappiamo come meglio corrispondere alla volontà del Santo Padre,
che invitando i rosarianti a Roma, perchè si uniscano ai Terziari in
un Pellegrinaggio devoto ai luoghi santificati dall’ Istitutore di que-
sta preghiera, e perchè inoltre si radunino in un primo Congresso
Nazionale, per il quale conoscano sempre meglio le grandi bellezze e
la virtù ineffabile del Rosario, e la necessità di diffonderlo sempre più
nella pratica della vita individuale € collettiva.
MEMORIE DOMENICANE 77
E i Terziari e gli Ascritti al Rosario corrisponderanno — ne
siamo convinti — al nostro appello. Essi comprenderanno come il
chiudere le feste centenarie del S. Patriarca Domenico nell’ eterna
luce di Roma, presso la tomba dei S.S. Apostoli Pietro e Paolo, ai
piedi del soglio Pontificio, sarà la più bella glorificazione di Lui, il
quale nel nome della Fede, che da Roma s’effonde ed in Roma s’in-
centra, fece sè e i figli suoi cavalieri di Cristo e della sua Madre
santissima.
Per il Comitato Romano
t Giovan Battista Nasalli Rocca
Arcivescovo di Bologna
Presidente.
Le Feste centenarie a Roma avranno luogo dal 30 Aprile al
7 Maggio col programma, che per ora sommariamente cosi annun-
ziamo :
Giorno 30 Aprile. — Festa di S. Caterina da Siena alla Minerva,
dove si venera il Corpo della Santa.
Giorno 2 Maggio. — Pellegrinaggio e funzione religiosa a S. Sa-
bina, per l’apertura del Congresso degli Ascritti al Rosario.
Giorni 3-4 Maggio. — Congresso.
Giorni 5, 6 e 7 Maggio. — Solenne Triduo nella nostra Chiesa
di S. Maria sopra Minerva.
N. B. — Per benigna concessione del Saìito Padre possiamo di-
sporre fin da ora nell’ Ospizio di S. Marta di 400 posti per alloggio
e vitto, alle seguenti condizioni: « Solo alloggio », L. 2 al giorno; —
« alloggio e vitto », L. 15 al giorno ». — Saranno preferiti quelli
che {pur senza impegno) si prenoteranno per i primi.
Dirigersi alla Commissione Organizzatrice del Pellegrinaggio Do-
menicaìio^ S. Maria sopra Minerva, Roma
;
oppure anche a Firenze,
alla Direzione del nostro periodico.
Le Conferenze per il Centenario Domenicano a Roma
Nel pomeriggio della Domenica 8 Gennaio il conte Giuseppe
Dalla Torre inaugurò il ciclo delle conferenze, indette dal Comitato
romano per il VII centenario di S. Domenico. L’ambiente raccolto
e intellettuale dell’aula a,pcademica degli Arcadi concorse a rendere
solènne il già rilevante avvenimento. Monsignor Enrico Salvadori,
Custode generale d’ Arcadia e membro del Comitato romano dome-
nicano, presentò l’oratore, pure avvertendo come egli non avesse
bisogno di presentazione per la ben meritata notorietà sua, come
direttore dell’ Osservatore Romano. Aggiunse, in nome del Comitato,
un caldo omaggio di grazie al presidente Mons. Nasalli Rocca, co-
78 MEMORIE DOMENICANE
stretto a smettere quell’ufficio per la promozione ad Arcivescovo di
Bologna ed osservò che la coincidenza appare quasi provvidenziale,
andando egli a reggere la. Chiesa che serba in sacro deposito le spo-
glie mortali dell’ inclito Patriarca.
Giuseppe Dalla Torre parlò della « Milizia di Cristo » dal secolo
XIII al XX, noverando ed illustrando le benemerenze domenicane
nella storia della Chiesa e della civiltà
;
comparando gli errori sociali
che resero necessario l’apostolato del Gusmano a quelli che, con ma-
schera nuova, funestano il tempo nostro, e reclamano pertanto che
quell’apostolato continui e si intensifichi. Felicissimo nell’esposizione
dei vecchi e rinnovatissimi sofismi, tendenti a snaturare la Verità ed
a combattere la Chiesa, 1’ oratore con vivida efficacia sostenne il do-
vere dei cattolici di tenersi stretti al magistero del Papa, rinfol tendo
e rafforzando quella « Milizia di Cristo » che concorse potentemente
a coltivare V orto concesso a San Domenico da Dio, e fecondato della
grandezza di Lui e dalla fedeltà dei suoi seguaci. Accennò al sera-
fico ardore Francescano, gemello dell’opera Domenicana e, come quella,
indispensabile anche oggi alla restaurazione cristiana della società.
Alta e nobilissima per concetto, la conferenza del Conte Dalla Torre
fu tersa e geniale per forma eletta, e, spesso interrotta da applausi,
fu infine coronata da lungo e ben meritato omaggio di consensi e di
lodi.
Onoravano di loro presenza la tornata gli E.mi Cardinali Vannu-
telli e Fruhwirth
;
il R.mo P. Ludovico Theissling, Maestro generale
dell’Ordine dei Predicatori, con i Soci P. Leonardo Lehu e P. Gia-
cinto Leca, ed il Segretario del Comitato P. Innocenzo Taurisano
;
il
Provinciale romano P. Zucchi, e larga rappresentanza di frati Fran-
cescani e Domenicani
;
molti prelati, signore, e gentiluomini della
migliore società romana.
Le conferenze non avrebbero potuto essere inaugurate meglio.
IsTOTZZZE
Un Maestro Generale dell’ Ordine rievocato nelle
onoranze centenarie a Pietro De’ Crescenzi, a Bologna.
— La Società Agraria bolognese ha voluto rendere solenni onoranze
alla memoria del grande agronomo bolognese Pietro De’Crescenzi, di
cui ricorreva il sesto centenario della morte.
Il programma s’ iniziò con una cermonia nella Basilica di S. Do-
menico, ove fu sepolto Pier De’ Crescenzi.
Alle ore 9.30 del 28 Dicembre fu celebrata una Messa alla quale
assistettero tutti gli intervenuti
;
e quindi fu scoperta una lapide
sulla parete a destra dell’altare di S. Tommaso.
MEMORIE DOMENICANE 79
La lapide reca la seguente epigrafe latina :
Petrus De Crescentiis — Leyum adprime Peritus — Rurali um
commodorura libri Auctor celeherrimus — Hoc in tempio se iussit Ilu-
mari — Memor atq. pius erga Aymericum de Gilianis or: praed.
summum — Magistrum XII — Quo suasore opus suum — Perfecerat
vulgarat — Vita cessit — A. M. CCC. XXL
Sexto Vertente saeculo a tanti civis obitu Bonon, — Agriculturae
Academia M. H. P. C.
Poscia gli intervenuti si portarono nel Chiostro del Convento,
dove ad una parete era stata murata una parte della pietra sepolcrale
del tumulo di Padre Aymerico, casualmente ritrovata dal Padre Tom-
maso Alfonsi dei domenicani, e che era stata adibita come scalino
nella scaletta che dalla chiesa mette nella sagrestia.
Padre Alfonsi lesse quindi il seguente cenno storico : Il P. Aime-
rico Giliani e Pietro dei Crescenzi.
Il sesto centenario della morte di Pietro dei Crescenzi ha rievo-
cato la santa memoria del P. Aimerico Giliani, che gli fu amico ve-
nerato, e che, sopravvissutogli sei anni, ne confortò, forse, le ul-
time ore.
E giustizia che al nome del grande cittadino di Bologna, il quale
onorò la patria con la integrità della vita, con la molta dottrina e
con la sua opera immortale intorno all’Agricoltura, su le labbra dei
suoi ammiratori e sul marmo eloquente, dedicatogli qui a titolo di
onore dalla benemerita Società Agraria Bolognese, sia associato il
nome del santo e dottissimo Frate, dal quale egli ebbe consiglio e
incoraggiamento a terminare e a pubblicare quell’opera, che gli ha
meritato rinomanza invidiata nel mondo e nei secoli, e che egli volle
riveduta e approvata dall’amico, affinchè uscisse dalle mani di lui
degna di essere offerta ad un re.
Che uòmo fu mai il P. Aimerico, da meritarsi tutta la fiducia e
tutta la venerazione d’un personaggio, lui stesso cosi venerando,
come Pietro dei Crescenzi? (1)
Fu un dotto ed un giusto : un dotto, che spese la vita nell’acqui-
sto e nell’ insegnamento della scienza : un giusto in tutto il senso
evangelico di questa parola.
Di nobile famiglia piacentina — lo storiografo Pietro Campi, se-
guito dal P. Echard, lo vuole della stirpe dei Giliani o Ziliani, ben-
ché in documenti pontifici sia detto de Navis — era entrato giovanis-
simo nell’Ordine dei Predicatori, e aveva avuto condiscepolo Nicolò
Boccasini di Treviso, che divenne Papa col nome di Benedetto XI.
Insegnò per 24 anni, particolarmente qui in Bologna, con fama d’uno
(.1) Snl P. Aimerico, XII Maestro Grenerale dell’ Ordine, si veda in Memorie
Domenicane, Serie I. Anno V (1888), pag. 567.
80 MEMORIE DOMENICANE
dei più dotti maestri del suo tempo
;
e fu Priore di questo Convento,
dove Pietro dei Crescenzi, che vi aveva religioso il fratello Bartolo-
meo, potè avvicinarlo facilmente e di ammiratore diventarne amico.
Eletto Provinciale di Grecia nel 1304, ottenne da Benedetto XI, Papa
da pochi mesi, di essere esonerato di quell’uffizio. Ciò non ostante
dovette recarsi al Capitolo Generale dell’Ordine, convocato quell’anno
in Tolosa per l’elezione del Maestro Generale.... Là, mentre Provin-
ciali e Definitori procedevano all’ elezione, il P. Aimerico, non avendo
voce in Capitolo, se ne stava in chiesa a pregare. Chiamato nell’Aula
capitolare, si sente annunziare che la maggioranza dei voti s’ è por-
tata sul suo nome
;
ed è acclamato Maestro Generale dell’Ordine dei
Predicatori.
Il Papa aveva scritto agli elettori raccomandando loro di mettere
a capo dell’Ordine un uomo prudente, dotto, esperto, di vita esem-
plare
;
e gli elettori avevano stimato di non poter secondare le mire
del Papa meglio che preponendo al governo dell’ Ordine il suo an-
tico condiscepolo.
La scelta fu veramente felice. I molti anni di magistero nelle
scuole domenicane avevano dimostrato al P. Aimerico 1’ importanza
di seri, vasti e profondi studi, in un Ordine, che alla scienza doveva
tanto del suo splendore e tanto della sua potenza, temuta dai ne-
mici della Chiesa
:
perciò, non trasandando nulla di ciò che avesse
potuto contribuire a confermare e a riformare nei suoi frati lo spi-
rito religioso secondo il concetto di S. Domenico, nei sette anni del
suo governo egli volse particolarmente le sue sollecitudini all’incre-
mento degli studi. Non gli rincresceva che gli studenti passassero
lunghi anni su i banchi delle scuole : non tollerava negligenze nei
maestri : voleva rifornite di buoni libri le biblioteche dei Conventi,
industriandosi a procacciarne lui stesso. Tra altri manoscritti ebbe
in dono il famoso rotolo vitulino, conservato oggi nella Biblioteca
della vostra Università, nel quale è scritto ad antichissimi caratteri
ebraici il Pentateuco, e che sarebbe un cimelio inestimabile se, come
fu dato ad intendere a lui, e come fu creduto per molto tempo, fosse
10 stesso autografo d’Esdra. E penso che, se non per suggerimento
del P. Aimerico, almeno per sentimento d’amicizia verso di lui, Pie-
tro dei Crescenzi abbia lasciato per testamento i suoi libri ai Dome-
nicani di Bologna.
Il governo del P. Aimerico, l’ ho detto, non fu lungo, avendo
egli nel 1913, presentato le sue dimissioni. E la ragione sembra
sia da ricercarsi nella celebre e ancora dibattuta causa dei Tem-
plari. Nel turbine della bufera infernale, scatenatasi per le male arti
del Nogaret contro i Templari, furono travolti uomini dottissimi....
e di molta religione: vi fu travolto lo stesso Clemente V, benché
da principio insolitamente restio alle richieste imperiose di Filippo
11 Bello.
MEMORIE DOMENICANE 81
Non vi si lasciò travolgere il P, Aimerico. E questo è un vanto
^
che gli merita tutta la nostra ammirazione.
Ci voleva una mente ben luminosa a veder chiaro dove i più
non vedevano che buio : ci voleva un criterio ben fine ed equilibrato,
a discernere ciò che a tanti altri sfuggiva nei garbugli insidiosi del
Nogaret : ci voleva una coscienza ben sicura, per sottrarsi prudente-
mente alle pressioni della suprema Autorità, di porgere il suo aiuto
alla risoluzione d'’una causa, che, com’ era impostata, ripugnava alla
sua coscienza.
Il P. Aimerico ebbe quella mente, quel criterio e quella co-
scienza.
Essendogli stato intimato dal Papa di procedere contro i Tem-
plari nei regni di Castiglia e di Leone, unitamente agli Arcivescovi
di Compo stella e di Toledo, la Provvidenza dispose che le intima-
zioni pontificie non gli fossero comunicate in tempo. Ma come avreb-
b’ egli potuto sottrarsi, salva la sua coscienza, all’ intimazione, fat-
tagli dal Papa, di assistere al Concilio, indetto per il 1311 in Vienna
di Francia, allo scopo, principalmente, di trattarvi la causa del Tem-
pieri ?
Certo, vi avesse pur egli preso parte, il suo voto non sarebbe
bastato a far piegare la bilancia della giustizia da una parte più che
dall’altra; ma benché molti Domenicani, specialmente tra i francesi,
fossero entrati, in buona fede, nelle viste di Filippo il Bello, e lo
stesso Cardinale Nicolò di Prato, domenicano, sostenesse Clemente V
nel suo sistema di rigori contro i Templari, il P. Aimerico non vo-
leva, per quanto fosse dipeso da lui, che 1’ Ordine dei Predicatori
avesse mano ufficialmente, mediante il suo Capo Supremo, in un
affare cosi scabroso, nel quale egli vedeva impegnate, con tante co-
scienze oneste, tante passioni maligne e tante arti infami.
Rimasto che fosse al suo posto di Maestro dell’ Ordine, in obbe-
dienza al Papa egli avrebbe preso parte al Concilio, anche se il suo
atteggiamento avesse avuto a procurargli sdegni, rabbuffi e umilia-
zioni
;
ma, pur salva la sua coscienza, c’era un modo di evitare la
sua partecipazione al Concilio
;
ed era dimettersi dal suo ufficio....
prima della celebrazione del Concilio.
E si dimise.
Rieccolo a Bologna, ritornato dopo sette anni al silenzio della
sua cella, a una vita tutta di studio e di preghiera
;
ma, nell’umiltà
della sua nuova e voluta condizione, circondato da un’aureola di
gloria.
Il P. Aimerico mori sedici anni dopo la sua gloriosa rinunzia, il
12 agosto 1327, come portava il suo epitaffio, o come hanno preteso
alcuni storici, il 19 di quel mese
;
e fu sepolto, certamente conforme
al suo desiderio, davanti all’ immagine di S. Alessio. Su la sua pietra
sepolcrale fu scolpita la sua effigie con intorno incisa questa iscrizione :
82 MEMORIE DOMENICANE
Hic sepultus est Frater Aymericus Placentinus, Magister Ordinis
Fratrum Fraedicatorum Xll, qui obiit anno d.ni MCCCXXVIl. dié
XII Augusti.
Causa il rialzo del pavimento nel restauro della chiesa, fatto nella
prima metà del secolo XVIII, quella pietra, forse già molto logorata,
scomparve
;
e del P. Aimerico non rimase più in S. Domenico alcuna
memoria. Un caso, come ne succedono ai topi di biblioteche, m’ha
rivelato che una parte della sua pietra sepolcrale serviva, rovesciata,
da primo scalino per discendere dalla chiesa in sagrestia. Nella ricor-
renza del sesto Centenario di Pietro dei Ciescenzi, per gentile, intel-
ligente e generosa sollecitudine della Società Agraria Bolognese, s’è
pensato a rimettere in luce quel povero rudere. Purtroppo mani van-
daliche lo avevano turpemente sfigurato !
Ma se ci è negata la compiacenza di rivedere, fissati nel marmo,
i tratti del P. Aimerico, non per questo dobbiamo essere meno rico-
noscenti a Pietro dei Crescenzi, che nella esaltazione della sua vene-
randa memoria ha fatto rivivere la santa memoria del suo grande amico.
Avendo Pietro Crescenzi disposto per testamento di esser sepolto
in S. Domenico, le sue ossa non possono giacere lontano da quelle
del P. Aimerico : su la lapide commemorativa, dedicatagli oggi, i nomi
dei due amici staranno uniti per sempre. All’ iscrizione di quella la-
pide io aggiungo mentalmente, se pur mi è lecito, ciò che nella sacra
liturgia si trova detto di due santissimi amici : Quomodo in vita di-
lexerunt se, ita et in morte non sunt separati. E, uniti in vita, non
separati dalla morte, essi stanno insieme nella sopravvivenza e nella
gloria dei loro nomi.
Davanti alla lapide commemorativa di Pietro dei Crescenzi vada
1’ omaggio della nostra ammirazione, non solo alla sapienza e alla
virtù, ma all’ amicizia dei due nostri grandi : all’ amicizia originata
dalla scambievole venerazione della loro virtù e della loro sapienza :
all’ amicizia, che, non spenta dalla morte, s’ eterna nella eternità
di Dio !
Compiuta la breve cerimonia, i numerosi intervenuti furono
accompagnati ad una visita al Convento di S. Domenico, del quale
furono illustrate le particolarità storiche ed artistiche.
*
* *
Per il restauro della Cappella della Beata Vergine
delle Grazie a Milano. — Riproduciamo hen volentieri la seguente
circolare, indirizzata ai Cattolici Milanesi, e benedetta dal Cardinale
Arcivescovo Achille Ratti, il giorno di Natale scorso.
Il 6 Agosto del 1221 sul .mezzogiorno, da una povera celletta del
Convento di S. Niccolò delle Vigne in Bologna, volava al cielo per
ricevere il premio delle sue virtù, S. Domenico di Guzman, Spagnolo
MEMORIE DOMENICANE 83
per nascita, Italiano per affetto, lasciando ai figli suoi, i Frati Pre-
dicatori, da lui istituiti, una pietà ardente per la Vergine Immaco-
lata. I figli raccolsero questa eredità, e la custodirono cosi gelosa-
mente che il popolo cristiano li ha chiamati : i Frati della Madonìia.
Per questo, dovunque i frati Domenicani fondarono un Convento, lo
misero sempre sotto la speciale protezione della Vergine; e della Ma-
dre celeste ne diffondevano la devozione con l’esempio e con la pa-
rola, propagando in mezzo al popolo il Rosario, la cara preghiera che
Essa stessa aveva insegnato al loro Patriarca.
Milano ebbe un celebre Santuario consacrato alla Madonna, e
sorto per l’opera dei figli di S. Domenico
;
i Milanesi lo amarono non
solo perchè meraviglioso per l’arte, ma specialmente per le numerose
grazie che la Vergine prodigava ai figli suoi : i Milanesi in segno di
gratitudine, lo chiamarono per antonomasia: il Santuario delle Grazie.
Quante generazioni si sono prostrate nella devota Cappella, che
la pietà di un Milanese e figlio di San Domenico, il B. Giacomo Se-
stio. Le innalzò, per la munificenza e la devozione del Conte Gaspare
Vimercati, che insieme alla consorte e ai figli ancor oggi si vede
sotto il manto della Madonna, quasi a significare che in quella no-
bile famiglia Essa protegge tutta la città di Milano !
Quante generazioni davanti a quella Immagine prodigiosa hanno
pregato piangendo, mostrandosi sempre il popolo prediletto di Maria,
come Essa stessa volle chiamare i Milanesi il 23 Settembre del 1630)
al tempo della peste memoranda, che mieteva fino a 1700 vite umane
al giorno !
La storia ricorda la particolare fiducia dei Milanesi nella Madonna
delle Grazie in quei giorni tristi della peste, quando docili alle esor-
tazioni del Venerato Card. Federico Borromeo, erede delle virtù del
suo cugino S. Carlo, si affollavano nel tempio delle Grazie, che, in-
cominciato dal pio Conte Gaspare Vimercati, fu compiuto per la mu-
nificenza di Lodovico Sforza ! Il popolo voleva 1’ olio delle lampade
che ardevano davanti alla prodigiosa Immagine, per ungere gli orri-
bili bubboni della peste, e i fortunati che ne potevano avere ottene-
vano la guarigicfne. Milano fu grata alla Vergine, e volle esprimere
la sua riconoscenza in quella lampada, che arde continuamente da-
vanti alla devota Cappella
;
la vollero bella e d’ argento, e, rubata
dai rivoluzionari Francesi nel 1799, la sostituirono con quella che
ancora oggi si vede, perchè continui a ripetere con la sua mite fiam-
mella ai tardi nepoti l’amore riconoscente dei Padri.
E i Milanesi sono sempre rimasti figli devoti della Madonna delle
Grazie, e una prova eloquente della loro devozione la diedero nel
1904, quando, a ricordo del 50“ dalla proclamazione del dogma della
sua Concezione Immacolata, vollero che la loro Madre buona fosse
fregiata di una preziosa corona d’oro e di gemme, espressione viva
e perenne della loro riconoscenza.
84 MEMORIE DOMENICANE
In quella fausta circostanza non si potè compiere quanto avrebbe
voluto la gratitudine dei figli
;
la devota Cappella rimase quella cbe
oggi si vede, deteriorata dal tempo, veramente indecorosa. I figli di
San Domenico, ritornati dopo mille dolorose vicende ai piedi della
loro Madre, dalla quale furono violentemente allontanati, hanno pen-
sato di completare oggi l’opera iniziata con tanto affetto dai loro
Padri e continuata con zelo dal Clero, che custodi.il Santuario nella
loro forzata assenza.
La ricorrenza sette volte centenaria dal felice transito di San
Domenico, il figlio devoto di Maria, è sembrata circostanza opportu-
nissima per l’attuazione di questo progetto.
*
* *
Solenne commemorazione dantesca a S. Domenico
Maggiore di Napoli. — Il divino poeta è stato degnamente com-
memorato nella Basilica di S. Domenico Maggiore di Napoli.
Nel giorno 29 Dicembre il magnifico tempio ha visto quanto di
meglio racchiude la grande metropoli del Mezzogiorno
;
artisti, scien-
ziati, magistrati, le più alte autorità cittadine, per assistere la prima
volta alla magnifica Trilogia dantesca^ il forte lavoro della signora
Teresa G-uidi Vigoriti, la quale ha rivestito di forme musicali i mi-
gliori episodi della Divina Commedia, conservandone le terzine im-
mortali.
Dette inizio alla magnifica serata la parola del Padre Cinti, sotto
i cui auspici ha potuto aver luogo la veramente memoranda comme-
morazione.
Egli rilevò quanto era giusto e legittimo che il Poeta divino
fosse esaltato in Chiesa e in tal Chiesa e dai figli di S. Domenico
;
e dopo aver illustrato l’opera dell’ immortale cantore in onore di Cri-
sto e della Chiesa, trasse auspicio dalla unanime esaltazione di tutta
Italia al suo poeta, per la concordia degli animi e per la maggior
grandezza della Patria in Dio !
Al discorso del Padre Cinti segui la magistrale opera musicale.
Nella prima parte. Inferno, si sentono le voci dei dannati, l’en-
trata di Dante e di Virgilio con Minosse : il passaggio delle ombre
di Semiramide e di Cleopatra : 1’ episodio di Pier delle Vigne.
Segue poi un coro di donne, quali colombe dal desio chiamate,
poi il gran concertato « non vi ha maggior dolore che ricordarsi del
tempo felice nella miseria » col quale si chiude l’atto.
Nella seconda parte, Purgatorio, abbiamo 1’ incontro di Dante e
Virgilio con Matelda
;
la comparsa di Beatrice preceduta dagli An-
geli e circondata dalle tre virtù teologali, dalle quattro cardinali, da
S. Luca medico e S. Paolo soldato di Cristo, e dai quattro apostoli
Giovanni, Giacomo, Pietro e Giuda. Gran marcia trionfale seguita
dal duetto fra Dante e Beatrice.
BOLLETTINO
DEL TERZIARIO DOMENICANO
(Supplemento alle MEMORIE DOMENICANE)
Abbonamento annuo separato L. 2,50 ;
per 10 copie allo stesso indirizao L. 20.00.
1
(r
II
Anno X - Num. i.
II
cnO=D Firenze, Gennaio 1922-
Z-Ò)
ANNO DECIMO
Scrivendo queste parole, mi vien fatto di domandare a me
stesso: dobbiamo continuare? Se si dovesse guardare alla diffu-
sione, dovrei rispondere di no. 11 Bollettino, almeno il Bollettino,
dovrebbe essere nelle mani d’ ogni Terziario, di ogni Terziaria
d’Italia; e ci sono perfino delle Congregazioni che lo ignorano!
Vivono un po’ di vita nostra? Non lo so.
Ma poiché dei frutti tangibili il Bollettino ne ha portati, non
ci fermiamo per la via. Continuando, mi si propone un segreta-
riato domenicano.... La parola impressiona : la realtà può accet-
tarsi. In fondo in fondo si continuerà a fare, in maniera un poco
più completa, quello che si è fatto fino ad ora: aiutare cioè con
tutti i mezzi la cultura e la propaganda nostra. Siamo qui, a dispo-
sizione di tutti, ascritti al Terz’ Ordine, aspiranti, simpatizzanti, per
una più esatta comprensione dello spirito domenicano in se stesso,
e nella vita, e nei contatti con la società. Ci si aiuti almeno con la
preghiera: l’esperienza darà consiglio per il resto.
fra Cosi. 0 . p.
Un segretariato domenicano a Firenze ?
Poteva sembrare che il concetto di un’ organizzazione del
Terz’Ordine Domenicano fosse stato del tutto trascurato : l’invito
ad una pratica discussione non era stato raccolto, e il Congresso
era passato senza che si facesse parola dell’argomento.
Ma il carissimo P. Becchi, anima ardente d’ amore pel suo
Ordine, non volle abbandonare il disegno, ed ora dà a me l’onore
di annunciare ai confratelli che l’ idea, lanciata già da queste co-
BOLLETTINO
lonne, di un segretariato di propaganda e di coltura domenicana
può divenire una realtà. Così in Firenze gentile, che tante glo-
riose memorie domenicane rievoca, che tanta vita gusmana ir-
raggiò e irraggia dai due superbi claustri domenicani rifulgenti di
bellezza e di santità, avrà sede adatta e vita fiorente questa isti-
tuzione, così necessaria all’ ora presente, e che dovrà suscitare
energie nuove nel campo dell’azione domenicana, dando un forte
impulso alla sua penetrazione salutare in tutti i campi dell’ atti-
vità sociale.
Uno dei fenomeni più consolanti dell’ora attuale è un bisogno
di vita spirituale e di perfezione morale, che spinge i migliori
della nostra gioventù ad attingere ideali ed energie buone alla
polla antica, ma pur sempre limpida e fresca, della regola dome-
nicana. Il nostro Terz’Ordine attira le anime giovani e moderne
col fascino della sua bellezza e della sua luminosità, fatta di ar-
dore austero di perfezione e di culto intellettuale della verità.
Facilitare la venuta a noi di queste anime elette, che a volte
non conoscono il nostro Ordine
;
stringere in un fascio queste
energie di bene, irrobustirle nella conoscenza e nell’ amore alla
vita domenicana, sarà il compito non facile e non lieve del segre-
tariato domenicano.
Il modo con cui esplicherà questo suo compito Le mie idee
accennai già altra volta (i), e non è qui il luogo di ripeterle: agli
organizzatori del segretariato il vedere se e fino a qual punto si
potrà tener conto di esse. Ad ogni modo si può essere certi che
i domenicani di Firenze del primo e terzo Ordine, sapranno, come
sempre, corrispondere nobilmente all’ incarico che con tanta ab-
negazione si assumono, com.piendo un’ opera che si presenta di
tanta utilità per la miglior diffusione e conoscenza e vitalità del
caro Ordine nostro.
A tutti i terziari l’obbligo di corrispondere col più fervido
entusiasmo e con la più fattiva adesione alla iniziativa. Nessuno
di essi certo vi è che non comprenda la efficacia somma del-
r istituzione che sta per sorgere : nessuno pertanto vorrà negare
il suo contributo materiale e spirituale alla migliore riuscita. Oggi
si tratta dell’ inizio ; domani da questo potrà derivare l’auspicata
e piena organizzazione del Terz’ Ordine, in una forza eminente-
mente sociale, capace di dare origine a tante energie buone e
sante, per cui la società ritorni a sentire vivo e potente nel suo
seno r influsso della vita cristiana secondo lo spirito di S. Do-
menico.
Far conoscere in tutta la sua bellezza l’ ideale e la storia
dell’Ordine Domenicano, farlo quindi amare sempre più, rendere
più efficace ed attiva la vita delle Congregazioni del Terz’ Or -
dine, unire e coordinare l’opera : questo lo scopo del Segreta-
riato di coltura e propaganda domenicana.
Ci può essere un vero figlio di S. Domenico, che non aiuti
con tutte le sue forze un’ opera così santa }
R. Elia, T. D.
(i) Bollettino del Giugno 1921.
DEL TERZIARIO DOMENICANO 3
L^Uffizio della Madonna.
O Ufficio di Maria, tu sei un concerto di mistiche armonie,
che ogni giorno dall’ intimo dell’anima nostra sale verso il trono
di Dio e della Regina dei cieli, per fondersi coll’ ineffabile osanna
degli spiriti celesti! Per noi sei luce che dall’alto rischiara le te-
nebre, dissipa le angosce, mostra la via, — sei conforto ed alle-
grezza, insegnamento e regola di vita.
Così mi fosse dato di celebrare oggi le tue bellezze e, con cuore
ricolmo di gratitudine verso il Signore, far risplendere ad altri
quel lume che, attraverso i divini canti del Salmista, si riversa
quotidianamente nell’anima, riempiendola di fortezza e di gaudio.
MatHitino. — ISIel silenzio, nel mistero della notte (i) risuona
una melodia, s’ inalza una preghiera : è la salutazione angelica che
da innumerevoli bocche sorge ad invocare il favore della Ver-
gine
;
è la preghiera che invoca l’aiuto di Dio, affinchè la Triade
sacrosanta ci conceda di lodarla degnamente : e nell’ attesa del
venturo giorno erompa dal cuore il grido di giubilo e di adora-
zione verso Cristo re, il divin Figlio della Vergine, per i cui me-
riti sta per arriderci un nuovo giorno di grazia e di azione.
Quasi in amoroso tumulto corrono le anime a Dio. Oh ! si
esulti e si preghi e si pianga innanzi a Lui : ecco che un nuovo
giorno si avvicina ; chi non seppe far buon uso del dì passato si
converta quest’ oggi, non rimanga sordo alla voce dell’ eterna mi-
sericordia che ancora lo attende, — ma non lo attenderà sempre.
Oh
!
pecorelle dilette del Signore, venite, cantate : Onore a Cri-
sto re nostro, onore al divin Figlio della Vergine. Gloria al Pa-
dre, al Figliuolo, allo Spirito Santo ! — E misericordiosa s’ in-
chini verso di noi la Vergine Madre del Creatore. —
Le tenebre ammantano ancora 1’ universo, ma 1’ occhio spi-
rituale già scorge le meraviglie del cielo e della terra, e sale al
cielo r inno della gratitudine
:
Quanto prodigiosa, o Dio, appa-
risce ovunque 1’ opera tua
!
Quali tesori di grazia e di grandezza
hai tu profusi sull’uomo fin dal suo nascere ! Di quante bellezze
hai tu ornato il tutto!
(
2 ). Il dì e la notte coi loro splendori ren-
dono testimonianza di Te, narrano la Tua gloria. Chi è che non
intenda il loro parlare ì Ma il sole è tuo specchio e figura e sede,
o re di bontà e di giustizia. Come sposo che giulivo si affacci
dalla stanza nuziale, come gigante che esulti anelando alla corsa,
egli percorre il cielo dall’uno all’altro limite, avvolgendo tutti del
suo fecondo calore. E la sua fulgida luce ed il suo fuoco, o Dio,
sono ombra della tua legge immacolata, dei lucidi tuoi precetti
che illuminano le pupille dei semplici ed allietano i cuori, che
(1) Anticamente, secondo l’uso che ancora si conserva in molte comunità religiose,
Mattutino veniva detto nel cuore della notte e si dicevano le Laudi verso l’aurora.
Prima rispondeva circa alle 6 della mattina. Terza alle 9, Sesia a mezzogiorno.
Nona alle 3 pomeridiane. Il Vespro a cui venne poi aggiunta Compieta segnava la fine
del giorno. Per maggior comodità di molti, l’ordine delle diverse parti dell’Ufficio, corri-
spondenti alle suddette ore, venne in seguito alterato in modo che ognuno potesse adat-
tarlo alle proprie occupazioni.
(2) Salmo 8.
4 BOLLETTINO
infiammano le menti e sono più dolci del miele a chi li osserva,
e in osservarli già coglie il premio.
Noi però siamo imperfetti, o Signore. Chi è che conosca a
pieno le sue colpe > Tu perdona, e sostienici, e guardaci dalla su-
perbia, male massimo, o nostro aiuto, o nostro Redentore (i).
Se l’anima conturbata dal ricordo del peccato chiede an-
siosa : Chi dunque ascenderà verso la vetta dell’eterna* Sionne ?
Solo colui che ha pùre le mani e non invano ricevette la vita
;
solo colui che non fece torti al fratello !
Ma una risposta più consolante e più dolce le giunge dal
cielo : Non temete, o eletti di Dio : ecco che Colui che die’ l’anima
e il sangue per riscattare i fratelli, già sta alla soglia di Sionne
per aprirvene il varco. Suvvia dunque, o principi celesti. Serafini
e Cherubini, dischiudete le porte dell'eterno regno, e vi entri il
Re della gloria! (2).
E dalle vette di Sion 1 ’ anima, che con impeto d’ amore ha
seguito l’ingresso trionfale di Cristo, pegno a lei dell’eterna vita,
benedicendo a Maria ed al divin frutto del suo seno, ed alzando
uno sguardo filiale al Padre che è nei cieli, con soavità di affetti
torna ad immergersi nel mistero della prodigiosa fecondità virgi-
nale della Madre di Dio, ed a Lei alza stringenti preghiere, per-
chè essa, la più santa fra le sante, la più mite, la su tutti beata
e possente, interceda presso il Padre ed il Figliuolo e cancelli
nel cospetto Loro le nostre colpe, e ci ottenga di aver parte un
giorno alla sua stessa beatitudine. La preghiera si effonde con
sempre maggiore slancio e fiducia, abbracciando tutti quanti i
fedeli, ardente di fraterna carità e di fede
;
e finalmente, per la
pienezza del suo ardore si muta nell’ ispirato cantico nato sulle
labbra dei due santi confessori in un tripudio d’amor divino :
Te Deum laudamus
Te Dominum confitemur
Laudi. — Alle tenebre è succeduta l’alba, e già sale sull’oriz-
zonte un color lieve di rosa: si avvicina l’aurora annunziatrice
degli splendori mattutini, che ci ricordano gli splendori di cui
brillò la terra nella sua creazione, e che è figura a noi della Re-
denzione nostra, per la cui divina operazione l’uman genere sorse
novellamente creato sulla terra, divenuta vero trono di Cristo, e
come resa inesauribilmente feconda dalle possenti fiumane della
predicazione evangelica, contro cui non valse l’ insorgere tempe-
stoso delle molte acque nemiche (3).
Tutta quanta la terra risponda dunque all’ invito del profeta,
inalzando il canto mattutino a Dio, ed il popolo dei redenti si
appresti a servirlo con allegrezza, dando lode al nome di Lui
mite e misericordioso in eterno (4).
Ma in quest’ora l’anima, sua sposa, che, unita a Lui con più
tenaci vincoli sempre a Lui sospira, e notte e giorno solo di Lui
fi) Salmo 18.
(2) Salmo 23.
(3) Salmo 92.
(4) Salmo 99.
D==
BOLLETTINO
DEL TERZIARIO DOMENICANO
(Supplemento alle MEMORIE DOMENICANE)
Abbonamento annuo separato E. 2.50 ;
per 10 copie allo stesso indirizzo L. 20.00.
rr—
II
Vis-
Anno X - Num. 2, II
(r-
Firenze, Febbraio 1922- ',=J
Il Sommo Pontefice BENEDETTO XV è morto la mattina del
22 Gennaio, dopo brevissima malattia!
Questa la notizia dolorosa, trepidamente attesa e diffusa poi
in un baleno, che ha fatto piangere ogni cuore cristiano.
Non il nostro Bollettino è destinato a dire delle grandezze del
suo troppo breve pontificato, che è stato il pontificato della giu-
stizia e della carità. A noi basta ricordare, che BENEDETTO XV
era Terziario Domenicano, per invitare i nostri Fratelli e le nostre
Sorelle nel Terz’ Ordine a suffragarne l’anima bella, con particolare
generosità di preghiere e di opere.
Fu nel 1909. Era da due anni, Giacomo Della Chiesa, Arcive-
scovo di Bologna, e non potè sottrarsi al fascino che a Bologna
esercita S. Domenico, vivo nella sua Arca. E la mattina del 4
Agosto di queir anno, davanti a quell’ Arca prodigiosa, prima di
celebrare la S. Messa, presenti la Comunità, il Terz’ Ordine e nu-
meroso popolo. Egli ebbe lo scapolare di Terziario dalle mani di
Mons. fra Giacinto Scapardini, Domenicano, Vescovo allora di
Nusco, poi Nunzio Apostolico nel Perù e in Argentina, e ora Ve-
scovo di Vigevano.
Da quel giorno Benedetto XV, che aveva avuto fra i suoi ante-
nati un domenicano Beato, Antonio Della Chiesa, sentì di esser
Domenicano. Intervenne con entusiasmo al primo nostro Congresso
di Firenze, ospite ambito di S. Maria Noveila; accettò, fatto Papa,
di essere Protettore dell’ Ordine nostro
;
ricordò il Congresso del
Terz’ Ordine di Firenze nella sua Lettera al P. Generale, in occa-
sione del centenario dell’Ordine (1916); scrisse per la diffusione
del Primo e del Terz’ Ordine nostro due appelli notevolissimi
;
pubblicò per il centenario di S. Domenico l’ Enciclica Fausto ap-
petente die (29 Giugno 1921); s’interessò dell’apoteosi di Bologna
del Settembre passato, che chiamò un nuovo trionfo della fede.... e
in cento occasioni continue mostrò di esser davvero affezionato
alla Famiglia Domenicana, di cui era decoro fulgidissimo.
Ai Terziarii tutti adorare il mistero della Provvidenza divina
in questa scomparsa fulminea di Benedetto XV, e pregare.
10 BOLLETTINO
Una Lettera di S. Domenico ?
Mentre i giornali — pochi in realtà e di quelli legati alla setta
— vanno ripubblicando una infame lettera, attribuita a San Do-
menico,... ma.... fabbricata solo una cinquantina di anni fa, a noi
è capitato fra le mani un opuscolo, stampato a Firenze nel 1837;
e che porta questo titolo : Epistola di S. Domenico Guzmano ai
Fratelli e Sorelle della Congregazione Tolosana delT Ordine della
Milizia di Gesù Cristo; ossia Regola della Congregazione della ca-
rità di Cristo. Traduzione dal latino col testo a fronte.
Il traduttore, che si firma nella prefazione Nemisio Elimeo,
ma che sembra di certo essere il Prof. Grottanelli, dopo fatto un
cenno sulle origini e i progressi della Milizia di Gesù Cristo, si
esprime così :
Il traduttore, nel render volgare questa Regola di S. Dome-
nico, poco forse o nulla conosciuta ancora nell’originale, e della
quale taluno ne impugnò 1’ esistenza perchè non trovata da chi
la cercò nel 1422 (i), sebbene ne parlassero chiaramente l’Abate
Giustiniani, i Sigg. Hermant ed Andrea Mendos nelle loro Storie
degli Ordini militari, non ha avuto in animo di entrare in una
questione che si scioglie da per se stessa : ma si è proposto un
oggetto più importante. Egli ha creduto, pubblicando il presente
documento, di far riconoscere come lo spirito di vera religione
abbia saputo in ogni tempo trarre dalle pagine sacrosante del-
l’antico e del nuovo Testamento (2) motivi sublimi, e mezzi conve-
nienti per migliorare le condizioni dell’umana società, dando delle
norme adattate al carattere ed al bisogno di tutti i secoli, e perciò
convenienti ancora al carattere ed ai bisogni del secolo presente.
Emerge infatti dalla lettura di questa Regola, che la mente del
Fondatore dei poveri Predicatori, e delle Nobili tessitrici, seppe
indicare, a chi volesse vivere vita utile, innocente e felice in mezzo
alla società, che quella possibile felicità accordata e promessa da
Dio all’uomo in questa terra, poteva e può certamente ottenersi,
cercandola però nella giustizia cristiana
;
nell’educare ed istruire
in questa, quanto più si può estesamente, noi stessi e tutti quelli
che ci appartengono per vincoli di carità; tenendo sempre per
fermo che l’ozio, la mollezza e l’ ignoranza furono e saranno sem-
pre le sorgenti d’ogni infelicità, d’ogni miseria
;
le cagioni prime
di ogni delitto pubblico e privato
;
i primi nemici della tranquil-
lità delle nazioni, e di quella Religione, che si propone di render
felice l’uomo in questa vita e nell’altra,
(1) Storia degli Ordini Monastici, Religiosi, e Militari, tradotta dal Francese da
P. G. F. Fontana Tomo HI.
(2) La Chiesa si gloria di essere stata illustrata dai meriti e dalla dottrina del Gu-
smano (Deus qui Ecclesiam tuam Beati Dominici Confessoris tui illuminare dignatus es
meritis et doctrinis.... ecc. Brev. et Miss., 4 Aug.). E quanto si legge in questa Regola è
un insieme di massime e di L^ecetti tratti dai Libri sapienziali, dai Profeti, dal Vangelo,
e dall’ Epistole di San Paolo con poche cose più conformi alle circostanze del tempo nel
quale viveva il S. Patriarca, 0 alle pratiche ed ordinazioni generali della Chiesa Cattolica.
DEL TERZIARIO DOMENICANO 1 1
* *
A noi è sembrata dunque ottima cosa e proficua (e non cu-
riosa solamente) ripubblicare nel nostro Bollettino del Terz Ordine
questa Epistola Beati Dominici Guzmani
;
speriamo che sia letta
con gusto ed amore.
Ecco la Lettera :
Essendosi allontanata quell’epoca di tenebre, quella notte di
orrori, nella quale i nemici della santa Chiesa di Dio osarono con
empj sforzi di devastare la vigna eletta del Signore, e tentarono
di rovesciarla, se fosse possibile, dai fondamenti, ed essendosi
adesso avvicinati giorni di luce e di pace, voi, o diletti figli, che
poc’ànzi armati di fortezza non temeste di far fronte ai nemici
di Dio, avete preso una risoluzione molto salutevole, quella cioè
di rivolgere adesso tutto il corso della vostra milizia alla santifi-
cazione dell’anima vostra, e di quella dei vostri prossimi, stabi-
lendo di voler vivere d’ora innanzi sotto una determinata forma
di vita, che mostri in voi la vera fede, che avvivi la vostra spe-
ranza nel Signore, e mantenga nel vostro cuore la vera e per-
fetta carità.
1. Primieramente adunque, memori della vostra fratellanza,
quantunque ciascuno viva nella propria casa, e gli uni quasi se-
parati dagli altri, abbiate però sempre un solo cuore ed un’anima
sola nel Signore, ed abbiate un Maestro dell’ Ordine, che possa
provvedere alla Congregazione, e tener consiglio con voi quando
lo richiegga il bisogno di essa ed il vostro.
2. Siccome poi questa vostra Società ebbe origine sotto l’in-
vocazione del nome del nostro Signor Gesù Cristo, che è il prin-
cipio e l’origine di tutti i beni, e vuol procedere adesso nel nome
della Carità dello stesso Cristo Gesù, è necessario che le armi
della vostra milizia non siano altrimenti carnali. Vestite adunque
tutta l’armatura del diletto Figlio di Dio per poter dimorare ritti,
e fermi contro le insidie del Demonio, contrastare nel giorno
della tentazione al peccato, e in tutte le cose restar perfetti, ve-
stiti dell’usbergo della giustizia, e della carità di Esso.
3. Consistendo pertanto la prima parte della cristiana giu-
stizia nel non fare alcun male, e la seconda nel fare il bene, qua-
lunque uomo o donna voglia ascriversi a questa santa Fraternità
esamini primieramente e con diligenza la propria coscienza, e con-
fessi intieramente i suoi peccati al Sacerdote. Ed in quelle cose
che sarà trovato in obbligo di restituire, di lasciare o di fare,'
adempia pienamente agli ordini dello stesso confessore
;
nè osi
chiamarsi seguace della carità di Gesù Cristo, se prima non abbia
soddisfatto alla giustizia, secondo i precetti del Vangelo dello
stesso Signor Nostro Cristo Gesù.
4. Coloro poi che sono di già ricevuti in quest’Ordine, pro-
curino di vivere innocentemente, poiché chi mancherà in un
solo precetto perderà molti beni, e se un giusto si allontanerà
dalla sua giustizia, non si farà più menzione delle cose giuste
12 BOLLETTINO
che avrà fatte per lo innanzi. Non dovrete per conseguenza re-
care disturbo alcuno, ma contenti dei vostri diritti detestate le
frodi, le usure, la rapina, e qualunque violenza
;
e fate che dal
male si astengano non solo le vostre mani, ma ancora la vostra
lingua, e così viverete giorni felici. Voi, ai quali è permesso l’am-
mogliarvi, e potete entrare nella vita maritale, giovatevi del ma-
trimonio, che è cosa santa ed istituita dal Signore: ma fuggite
tutti gli amplessi illeciti ed ogni fornicazione, rammentandovi che
i fornicatori e gli adulteri non sfuggiranno i giudizi di Dio. Se
qualcuno poi tra di voi avesse di già peccato, rammenti il pre-
cetto dell’Apostolo: Colui il quale avesse di già peccato non torni
nuovamente a peccare, ma dimandi perdono a Dio, affinchè gli
sia condonato il passato per i meriti di Gesù Cristo Salvator
Nostro.
5. Parimente procuri ciascun di voi di fuggire, per quanto
può, con l’ajuto del Signore, le gozzoviglie, l’ubbriachezza, e tutti
gli altri dispendi della gola, perchè chi serve all’ intemperanza
diviene nemico della Croce di Cristo.
6. Affinchè poi non regni nel vostro corpo il peccato, e non
siate servi della concupiscenza, e peccato alcuno non prenda do-
minio sopra di voi, anzi per vie meglio evitare il male, fuggite
tutte le occasioni di peccare, le quali non solo dovete evitare
voi stessi : ma regolare le cose vostre in guisa che simili occa-
sioni sieno allontanate dalle vostre mogli, dai vostri figli e dalle
vostre figlie
;
dai vostri servi e dalle vostre fantesche
;
dai dome-
stici e familiari, e da tutte le persone a voi soggette, di qualun-
que sorta e condizione. « Chi ama infatti il pericolo, dice 1 ’ Ec-
clesiaste, perirà in quello, e chi toccherà la pece ne resterà con-
taminato ». Ed il Signore Salvatore Nostro ci ammaestrò più che
abbastanza, quando ci comandò di pregare Iddio affinchè non ci
induca in tentazione.
7. Conciossiacosaché poi da ninno si possa fare il bene, lo
che è la seconda parte della giustizia cristiana, se non se da
colui il quale resta sempre fermo nell’amore di Dio, ed il primo
comandamento della Legge sia appunto quello di amare il Si-
gnore con tutto il cuore e con tutta Vanima nostra ; amiamo, cari
figli, quel Dio, che ha mandato il suo Figlio nel mondo, affinchè
avessimo la vita eterna per mezzo di Lui e del Signore, che usa
misericordia con coloro che lo amano ed osservano i suoi co-
mandamenti.
{Continua).
La Missione Domenicana di Lang-Son (Tonchino).
La Missione di Lang-Son., situata nelle montagne Tonchinesi,
fu affidata dalla Santa Sede ai domenicani di Lione. E un vasto
territorio da evangelizzare, popolato da poveri pagani allo stato
quasi selvaggio, che hanno perduto ogni nozione di Dio, e che
neppure sanno precisamente di possedere un’ anima immortale.
Tutte le loro preoccupazioni sono volte alla terra, alle cose ma-
DEL TERZIARIO DOMENICANO 13
teriali. Poveri infelici ! in loro appena si scorge un’ ombra delle
virtù naturali, mentre abbondano i vizi più turpi !
Cinque o sei razze diverse abitano questo paese vastissimo;
ogni tribù ha una lingua propria, lingua difficile ad impararsi,
quindi rude ed ingrato lavoro per il povero missionario
;
ma
questa costituisce pure una parte delle sue penitenze.
Nell’ultimo censimento fu constatato, che i nostri Cristiani
indigeni raggiungono appena la cifra di 1279. Certamente il gruppo
è ancor piccolo, ma quanto lavoro, quante fatiche, quante pene
hanno costato ai poveri missionari
!
Quali industrie per impedire
Missioni domenicane nel Tonchino. — Un Collegio.
che si disperdano! Sono poveri; è necessario quindi procurar loro
del lavoro, onde abbiano mezzi da vivere.
Tutti gli anni ogni missionario manda il resoconto del pro-
prio distretto. Trascrivo interamente quello ricevuto da S. Mi-
chele, villaggio situato a nord est della pianura di Lang-Son.
« Il sottoscritto giunse alla sua Missione verso la fine di Di-
cembre 1920, e si trovò in capo di una piccola comunità di
circa 80 anime. La prima impressione ricevuta fu tutt’ altro che
consolante. Confessioni e Comunioni ahimè rarissime; risolvette
quindi di sforzarsi a far comprendere a questi Cristiani, troppo
occupati delle cose terrene, che 1’ uomo non vive di solo pane,
ma che la vera sorgente di vita per un Cattolico è l’Eucarestia.
Le esortazioni di accostarsi con maggiore frequenza ai Sa-
cramenti furono ripetute a più riprese, sia nelle istruzioni della
domenica sia nel confessionale, ma i risultati si facevano sospi-
rare, e non c’ era da meravigliarsene.... In Febbraio la cifra delle
confessioni e comunioni raddoppiò
;
sembrava però che non potesse
14 BOLLETTINO
più aumentare, anzi in Aprile scese nuovamente alla media del
Gennaio. In Maggio e Giugno un lieve aumento fece aprire il
cuore del Missionario alla speranza, che, col rinnovarsi delle esor-
tazioni, si finerebbe per ottenere un risultato soddisfacente.
Fu proprio a questo momento, che Dio giudicò intervenire
e predicare in modo più persuasivo. Un catecumeno qui giunto
da 15 giorni, venne improvvisamente colpito dal colera. Battez-
zato subito, l’indomani spirava all’ospedale. Fu il primo caso di
un’ epidemia che per un mese desolò Lang-Son.
Il lazzaretto dei colerosi, trasportato d’ urgenza nei dintorni
della piccola cristianità, impressionò assai i parrocchiani, che
erano spaventati dalla vicinanza degli ammalati e dei morti, per
i quali un drappello di prigionieri scavava ogni giorno fosse nu-
merose.
Il colera fece l’effetto- d’una missione ! Il numero delle con-
fessioni e comunioni raggiunse il suo massimo. Dio aveva par-
lato e la sua voce era stata ascoltata. Asserire che un così buon
risultato si mantiene integralmente sarebbe esagerazione
;
tuttavia
la cifra delle confessioni e comunioni di Settembre è da quattro
a cinque volte maggiore di quella di Gennaio, mentre durante
r epidemia lo fu dalle cinque alle sei.
Il colera è stata una grazia per la piccola cristianità di San
Michele, come lo fu pure per i pagani dei dintorni. La vicinanza
del lazzeretto mi permise di fare spesso visite agli ammalati, e par-
lare a quest’ infelici della bontà Divina. Molti aderirono volen-
tieri all’ invito del Missionario, e ricevettero il Battesimo. Qual-
cuno tra essi fece una morte edificante
;
perdendo la vita del
corpo, salvarono quella dell’anima.
Vi furono delle vittime tra i Cristiani della città, ma quelli
di San Michele sono stati risparmiati. Dio ha gradito i loro sen-
timenti di penitenza, e il Missionario ha considerato il passaggio
del terribile flagello come un atto della misericordia divina.
In queste ultime settimane le promesse di conversioni sono
state più frequenti. Dio solo può aumentarne il numero, e cono-
scerne la sincerità. È ciò che di tutto cuore gli chiedo ! ».
Padre M. D. Maillet, o. p.
Questo piccolo villaggio di S. Michele possiede la Chiesa più
graziosa della nostra Missione. Nell’ultimo censimento risultò che
vi sono 113 Cristiani e molti catecumeni. Due Suore Terziarie
indigene hanno inaugurato una scuola per le bambine
;
ve ne era
già una per i maschi, come pure per questi esiste un orfano-
trofio.
Quante speranze per l’avvenire !
Avevamo cominciato la costruzione d’un locale, onde le scuole
e l’orfanotrofio avessero maggiore sviluppo, ma temo che non lo
potremo finire per mancanza di mezzi....
La nostra Prefettura Apostolica comprende altri 9 distretti
in ciascuno di questi risiede un Missionario.
‘DEL TERZIARIO DOMENICANO 15
Pellegrinaggio a Roma dei Terziari Domenicani.
Il Comitato Romano per le feste centenarie di S. Domenico,
fa appello a tutti i Terziari « affinchè nella prima settimana del
prossimo Maggio si radunino presso la Sede del Sommo Ponte-
fice
;
e vicino al Papa, che vivificò l’opera di S. Domenico e di
tutta la sua bianca famiglia
;
vicino al Papa, che ha aperto que-
st’anno centenario con un’Enciclica, dove vibra uno squisito sen-
timento di padre amoroso e di figlio devoto, essi chiudano il ciclo
delle feste con un atto di fede profonda e d’amore fiammante.
A Roma, continua la circolare, sotto il fulgido cielo, che
s’incurva sopra la gigantesca cupola di S. Pietro; in mezzo alle
innumeri chiese, che videro il nostro santo Patriarca acceso d’af-
fetto per la Sposa di Cristo e vibrante dal desiderio di difenderla
dai nemici insidiosi
;
qua, ove palpitano ancora vive le memorie
di Lui entro le mura vetuste di S. Sabina sul colle Aventino e
a S. Sisto Vecchio nella valle poco lontana presso le Terme di
Caracalla, i Terziari Domenicani apriranno il loro cuore all’ in-
defettibile onda di carità e di fede, sgorgante dal loro Padre
amoroso ».
Noi passiamo Vappello, con tutto il cuore, ai Terziarii e alle
Terziarie d’Italia
;
e confidiamo nella riuscita della prima solenne
adunata a Roma. A Roma, come a Bologna, numerosissimi !
Cronaca del Terz’Ordine.
Caltagirone (Catania). — Ci voleva proprio la celebrazione del VII
centenario, per farci conoscere la radiosa figura del Santo di Guzman ! E
nella bella Chiesa di Maria SS. del Rosario (anticamente annessa al con-
vento di S. Rosalia, oggi caserma), il M. R. Sac. Salvatore De Francisci
eon la sua chiara parola ci parlò del terz^ ordine domenicano. Fu un
vago desiderio dapprima, un entusiasmo dopo, che accese le anime di
molte giovani e di mature signore, e tutte veramehte convinte del bene
ehe avremmo potuto trarne, non esitammo a dare il nostro nome. Si
gettarono le basi del terz’ ordine in parecchie adunanze, alle quali par-
tecipammo per avere conoscenza e spiegazione dei doveri eh’ esso impone
alle ascritte.
Venne il 1® di Gennaio. Puntualmente, alle ore otto, fu celebrata la
S. Messa, mentre l’ organo spandeva le sue dolci e soavi melodie. Un fre-
mito, un turbamento insolito regnava in quel giorno nell’ animo nostro,
misto ad una santa impazienza di vestire lo scapolare benedetto.
Prima della S. Comunione, il nuovo Direttore rivolse a tutto il po-
polo, e specialmente a noi, parole di pietà, d’ incoraggiamento e di con-
siglio.
Dopo la celebrazione della S. Messa fu fatto l’ appello delle ter-
ziarie, le quali ad una ad una prostrandosi ai piè dell’altare, attesero le
parole di rito che rivolgere dovea il Direttore, proferite le quali tutte
16 BOLLETTINO
indossammo lo scapolare, rendendo gli omaggi ed i ringraziamenti a Dio
ed a S. Domenico.
Il primo di Gennaio 1922 è stato un giorno clie rimarrà memorabile
nella vita di ciascuna di noi.
Sorelle terziarie carissime, ricordiamolo sempre il giorno della nostra
vestizione ! Il ricordo di esso deve esserci di sprone a vivere una vita
più intensamente unita con Gesù, a propagare la nostra santa religione
con la parola e, molto più, con la fiaccola del buono esempio. X.
Il Centenario di S. Domenico è stato celebrato da tutte le Con-
gregazioni del Terz’ Ordine nostro
;
o lo sarà certamente prima che ter-
mini, coirAgosto prossimo, Tanno centenario. Noi dobbiamo rallegrarci
specialmente con quelle Congregazioni, le quali sono erette in luoghi
dove non sono Conventi dell’Ordine : esse hanno dato prova di attacca-
mento al Santo Patriarca, e si sono meritate il nostro plauso e la Sua
benedizione. Per questo abbiamo voluto che la relazione di quelle feste
(Lugo per es. Casteltermini, Agirei ecc.) piuttosto che nella Cronaca del Bol-
lettino comparisse nelle Memorie Domenicane, nella Cronaca generale del
Centenario.
Qui notiamo con piacere, e lo abbiamo già notato anche a pag. 87
del 1921, che queste feste ceutenarie hanno anche avuto un frutto nel
Terz’ Ordine, la dilatazione cioè del medesimo; in quasi tutte s’è avuto
una cerimonia di numerose vestizioni.
Così va bene
;
e sempre avanti, nel nome di S. Domenico nostro !
NECROLOGIO DEL TERZ’ ORDINE
— A Verona, il giorno 20 Gennaio, è morto il M. R. Don Alberico
Andrioli, Parroco della Chiesa di S. Anastasia, che fu già la Chiesa
dell’ Ordine in Verona
;
e Direttore del Terz’ Ordine Domenicano di quella
città.
— A Sesto Fiorentino (Firenze) il giorno 8 Gennaio è morto il sig. Au-
gusto Pazzi, Terziario col nome di fra Antonino
;
aveva professato a
Parma, nella Chiesa di S. Giuseppe, il 1® Ottobre 1911.
— A Cagliari il 21 Novembre 1921 è morta la Terziaria sig.ra Efisia
Casula, nell’Ordine Suor Vincenza. Aveva professato il 2 Agosto 1896.
Le “ MEMORIE DOMENICANE
”
Convento di S. Maria Novella
FIRENZE (VI)
si prestano per tutte le indicazioni di propaganda dome-
nicana. Scrivere col francobollo per la risposta.
Con approvaa^ione ecclesiasticai e dell’ Ordine.
Firenze — Tipografia Domenicana, Via Ricasoli, 63.
Fkrdinando Baggiani, Gerente-Responsabile.
DEL TERZIARIO DOMENICANO 5
vive, si volge a Dio suppliclievole, anelante, implorando refrige-
rio aH’amorosa sete che la consuma. Con paterna sollecitudine
stende Egli a lei la Sua destra, ed ella, rifugiata sotto 1 ’ ala del-
l’Onnipotenza divina, canta il suo canto d’amore senza tema dei
nemici infernali, che la insidiarono maligni fino dal suo primo en-
trar nella vita (i).
E non solo il popolo prediletto ma le genti tutte si volgano
fiduciose al Signore dell’ universo, in Lui esultino e confessino il
Suo nome, poiché la luce del Suo volto su tutti rifulge, la Sua
giustizia a tutti intende, la Sua bontà di tutti ha cura : e per la
salute di tutti germogliò dalla terra il divino frutto. Cristo Re-
dentore. A Dio dunque onore da tutti i confini del mondo (2).
Ed ecco fondersi in un immenso concerto di lodi e di bene-
dizioni le voci di tutte quante le creature animate ed inanimate,
dalle più eccelsi alle più umili, dai serafini al vermiciattolo della
terra. Dio acclamano gli astri fiammanti, gli animali dell’aria, della
terra, delle acque, i venti e le rugiade, le piogge e le nevi, il
fuoco ed i ghiacci, i tuoni e le folgori, i mari e le tempeste, la
volta cerulea ed i profondi abissi
;
a Lui inneggia ogni angelo,
ogni uorno, ogni stella remota nello spazio, ogni zolla fiorita, ogni
fronda. E una sublime sinfonia di cantici e di suoni, d’ arpe an-
geliche e di cembali giubilanti, che esalta gli animi e fa palpitare
i cuori (3).
Questa universale esultanza torna finalmente a posare in una
quiete soave ai piedi di Maria.
L’ inno implora nuovamente la sua intercessione, ricordan-
dole i molti suoi titoli di gloria e di potenza. Alle lodi della Ver-
gine s’ intrecciano il cantico di Zaccaria esultante per la venuta
del Redentore, e i rendimenti di grazie a Dio per le virtù di cui
rifulsero al mondo i Santi
;
ed infine s’ inalza una fervente pre-
ghiera affinchè il Signore ci voglia concedere il dono che ognuno
sospira e che Egli solo può dare : la Pace.
Poiché già splende il giorno, il nuovo giorno di grazia e di
azione : ed i cuori implorano la pace affinchè, dai santi desideri
e retti consigli venutici da Dio, sgorghi ai Suoi fedeli nella tran-
quillità dei tempi, che giova all’assidua ed alacre osservanza dei
divini comandamenti, l’abbondanza delle buone opere.
Continua. Una Terziaria.
La Missione Domenicana tra le Pelli Rosse.
« Si agiti la sacra causa delle Missioni ».
Cosi più volte, in questi ultimi tempi e in ripetute occasioni,
ha detto il Papa. E il Bollettino avrà ogni mese qualche cosa delle
Missioni nostre, perchè i Terziarii se ne interessino, ed aiutino Vopera
dei Missionari Domenicani, almeno con le preghiere, se non possono
con le Vofferte.
(1) Salmo 62.
(2) Salmo 66.
I3) Cantico dei Tre Fanciulli, Salmi 148, 149, 150.
6 BOLLETTINO
Fedeli allo spirito e alle tradizioni del loro Ordine, una qua-
rantina di anni or sono, i Domenicani della Provincia di Tolosa,
fondarono una Missione, che Dio ha benedetto, e che è divenuta
una delle più vaste, e delle più fruttuose nella Chiesa cattolica. Si-
tuata nel centro del Brasile, estende la sua influenza per alcune
centinaia di chilometri. Dallo Stato di Minas Geraes^ attraversa
quello di Goyaz, costeggia e spesso invade quelli di Balida, Pianhy,
Maranhàs, Matto Grosso e termina nello Stato di Para, alle porte
di Bélem sulle rive delle Amazzoni. È tutta una regione la più
povera del Brasile, ancor priva di comunicazioni regolari coi grandi
centri.
Suor Luisa, Domenicana, con quattro piccoli Kayapòs,
di cui uno solo (quello a destra della Suora) è battezzato.
La Missione conta oggi dieci stabilimenti, dei quali cinque
tenuti dai Padri e cinque dalle Suore, con un personale di 150 re-
ligiosi e religiose. Ovunque i Padri hanno piantato le loro tende,
le Suore Domenicane di Monteils li hanno seguiti, perfino in
mezzo alle Pelli Rosse, dimostrando un coraggio, che solo può
dare la fede per partecipare ad un lavoro arduo, a privazioni di
ogni sorta.
Il lavoro della Missione è dei più svariati : dalla predicazione
nelle città popolose, all’istruzione catechistica delle Pelli Rosse. Il
Convento d’Uberaba nel Minas Geraes è il centro di opere fio-
rentissime. Il Rosario perpetuo conta 150.000 ascritti, i cui capi
di sezione formano un’altra opera, quella dei catechisti volontari,
che istruiscono annualmente 20.000 bambini. I Padri hanno fondato
l’opera delle buone letture, e un’altra che raggruppa un numero
considerevole di giovani. Queste varie opere sono sostenute da
una rivista mensile, composta e stampata dai missionari: Il Mensa-
DEL TERZIARIO DOMENICANO 7
geiro do S. Rosario, che con i suoi lo.ooo abbonati, esercita una
grande influenza.
I Conventi di Goyaz, Porto Nacional e Formosa, esplicano il
loro ministero in vari modi. I Padri sono incaricati di una quindi-
cina di parrocchie, ma parrocchie Brasiliane, s’intende, ossia illimi-
tate; varie hanno l’estensione di molte delle nostre diocesi messe
insieme. Il missionario nei suoi viaggi deve superare grandi peri-
coli: fiumi larghi vari chilometri, precipizi, immense foreste, belve,
serpenti enormi, e perfino la fame. Ecco un fattarello, copiato dal
diario di un missionario, che dimostrerà in quali condizioni viene
esercitato il ministero apostolico.
« Due Padri Domenicani si trovavano nella regione di Tocan-
tins. Il loro passaggio era stato preavvisato, ed alcuni cristiani,
che vedono il sacerdote soltanto ogni due o tre anni, erano ve-
nuti da lontanissimo, superando qualsiasi difficoltà, pur di avere la
consolazione di ascoltare la Messa e di accostarsi alla Confessione
e alla Comunione. Il Missionario in quell’occasione amministra quasi
tutti i Sacramenti : Battesimo, Cresima, Penitenza, Matrimonio.
« Mentre io ascoltavo le confessioni, così egli racconta, seduto
sopra le radici prominenti di un grande albero, il cui fogliame mi
' riparava dai raggi cocenti del sole, il P. Domenico assumeva le
informazioni necessarie per alcuni matrimoni da celebrarsi. Stavo
per dare l’assoluzione ad un bambino di circa dieci anni, quando
mi accorsi ch’egli era visibilmente distratto. I suoi grandi occhioni
si fissavano con insistenza sul cespuglio. Ad un tratto con un balzo
fu in mezzo ad esso, e con un rapido movimento del coltello che
teneva seco tagliò la testa di un serpente a sonagli, nascosto fra
le fronde..., ».
A Conceicào do Aragliaia i domenicani vivono in mezzo agli
Indiani e alle Pelli Rosse. Là il sole è più cocente, le solitudini
sono più vaste, i corsi d’acqua più numerosi e maggiormente ricchi
di scogli e di correnti, i serpenti, le belve più feroci
;
lì si è espo-
sti a tutte le sofferenze, quindi questa è la residenza desideratis-
sima fra le desiderabili per un missionario.
Conceicào fu fondato nel 1896 dal P. Egidio Villanova e dal
P. Angelo Dargaignaratz. Solo la passione delle anime può ispirare
risoluzioni così eroiche
;
internarsi in solitudini sterminate, a cen-
tinaia di chilometri dai centri civili, privi di ogni soccorso, abbando-
nare tutto per vivere in mezzo alle Pelli Rosse, Karayàs, Kayapòs
ed altre tribù selvagge, disseminate sulle rive del fiume o nella fo-
resta, tribù la cui ignoranza è assoluta. Quanto bisogno hanno mai di
conoscere il Vangelo ! Non portano abiti di sorta, neppure la « pa-
gne » dei negri dell’Africa. Le tribù più istruite, quale quella dei
Karayàs, sanno contare fino a venti, aiutandosi colle dita delle mani
e dei piedi. I Kayapos non posseggono nessuna parola che signi-
fichi un numero superiore al sei; dopo il sei c’è l’infinito, che
esprimono mettendo la mano sulla testa e cacciandosi le dita fra
i capelli.
L’opera lì compiuta in 20 anni ha del miracoloso. Ove prima
era un’immensa solitudine, oggi si ammira una cittadina
;
e i mis-
8 BOLLETTINO
sionari sono divenuti i Padri di tutte le tribù. Il Papai Grande^
come li chiamano i selvaggi, ha libera l’entrata ovunque, mentre
l’Europeo che osasse accostarsi all’accampamento, correrebbe pe-
ricolo di morte.
Cronaca del Terz*Ordine.
MILANO. — B. Maria delle Grazie. — La commovente cerimonia
delle vestizioni ha, nel giorno di S. Stefano, raccolto intorno alPAltare^
del S. Padre Domenico un buon numero di Terziarie. Sotto le volte del
tempio echeggiava ancora P inno del S. Natale : e il M. R. P. Direttore
fra Domenico Maria Puccinelli, ispirandosi alle parole del Vangelo: « Tro-
verete un infante, avviluppato in panni, deposto nella mangiatoia » tenne
un discorso così hello e profondo nella sua armoniosa semplicità e chia-
rezza, che nessuno dei presenti potrà dimenticare. È presunzione tentar di
riassumere gli alti insegnamenti del nostro Padre : oserò appena richia-
mare i tre punti, mirabilmente da Lui svolti.
Gesù infante, non parla : è il Verbo e non parla, ma P anima, rac-
colta nel silenzio, ascolta. Silenzio interiore dunque, che è conversazione
intima con Dio e che ci prepara a conversare santamente con le creature,,
come è detto del nostro S. Padre Domenico che : « o parlava con Dio, o
parlava di Dio ».
Gesù, avviluppato in panni, fasciato dalla sua Madre Vergine, perchè
il suo tenero corpicino non avesse a subire deformazioni, c’ insegna che
dobbiamo avvolgere Panima nostra nella fascia della volontà divina,
perchè questo solo è il riparo chele impedirà ogni deformazione
;
quando
però questa divina volontà è accettata integralmente, e non adattata
come meglio conviene ai nostri desideri.
Gesù nella mangiatoia, privo d’ogni cosa, c’ insegna il distacco da
tutto ciò che è destinato a perire. Povertà di spirito, che ci permette di
usare dei beni che la Provvidenza largisce, senza attaccarvi il cuore, e
di sopportare con animo sereno le pene e le privazioni che la Provvidenza
permette.
Terminata la cerimonia, il Padre riprese la parola, per ricordare
Pohhligo di pregare perchè il Signore susciti sante vocazioni, sacerdotali
ed apostoliche, e dispose che la preghiera per le Vocazioni, pubblicata dal
Bollettino del T. 0. D. nel numero di Dicembre, sia recitata in comune,
a chiusura di ogni adunanza.
Una Terziaria.
NECROLOGIO DEL TERZ’ ORDINE
— Il 21 Dicembre è morto improvvisamente, alPetà di 92, anni Sua Emi-
nenza il Cardinale Francesco M. Anatolio De Cabrières Vescovo
di Montpellier, fervente Terziario Domenicano. Il suo grande intelletto,
la nobiltà del carattere, la dignità della vita, la santità del ministero,
gli avevano cattivato la stima di tutti. I Terziarii pregheranno certa-
mente per questo loro illustre fratello, che ha onorato ed amato il Ter-
z’ Ordine di S. Domenico.
— A Trieste il 27 Novembre 1921 è morto il M. R. Don Giovanni
lanossevich. Parroco di S. Maria Maggiore, professo nel Terz' Ordine
dal 1895; — il giorno 11 Febbraio 1917, durante la guerra, morì la Sig.
Teresa Krovat (Suor M. Caterina) terziaria dal 1884.
Con approvascione ecclesiastica e dell’ Ordine.
Firenze — Tipografia Domenicana, Via Eioasoli, 63.
Fkrdinando Baggiani, Gerente-Responsabile.
MEMORIE DOMENICANE 85
Nella terza parte, Paradiso, abbiamo l’Ave Maria, con musica se-
vera ed arte assai fine.
Chiude la trilogia un grandioso coro finale che è di straordina-
rio effetto, mentre è preceduta da un preludio orchestrale.
I migliori artisti Napolitani (60 professori di orchestra e 20 cori)
hanno dato alla nuova aperta d’arte il cesello di un’ interpretazione,
in cui hanno profuso le migliori risorse di abilità e di sentimento
;
tanto che a richiesta di tutti si è ripetuta il giorno 6 Gennaio con
uguale successo.
S. E. il Cardinale Giuseppe Prisco, Arcivescovo di Napoli, si era
degnato di benedire il Padre Cinti come promotore della solennità, la
illustre Autrice, e le migliaia di convenuti.
Si può affermare che la commemorazione dantesca in S. Dome-
nico Maggiore è stata, fra quante ne ha viste tutto il nostro Mez-
zogiorno, la più grandiosa, la più degna del massimo Poeta della
nostra stirpe. f‘dl,
*
*
II conte Dalla Torre inaugura a Siena la Società In-
ternazionale per gli Studi Cateriniani. — Nella splendida
sala del Mappamondo nello storico Palazzo Comunale, frescata dai
pennelli dei migliori antichi artisti senesi, ebbe luogo la Domenica
15 Gennaio la solenne inaugurazione della Società Internazionale per
gli Studi Cateriniani. Tutta Siena intellettuale era accorsa per ascol-
tare la Conferenza dell’ illustre oratore conte Giuseppe Dalla Torre
il cui nome aveva destato una vivissima attesa. Il professore An-
tonio Lombardi quale Presidente del Comitato promotore presentò,
rievocando date e nomi carissimi, con un chiaro e forbito discorso,
il Conte Dalla Torre, terminando con 1’ augurio, che è l’augurio di
tutti i senesi, cosi amanti delle patrie storie e dei patrii monu-
menti, che la Società che si inaugurava trovi più degna sede sotto
gli ampi voltoni di quel magnifico tempio di San Domenico, che
accoglie oggi la Testa di Santa Caterina e che accolse un giorno
l’inclita eroina senese, ridotti al presente a stalle di nno squadrone
di cavalleria ! !
Terminati gli applausi che accolsero la forbita presentazione del
prof. Lombardi, prese la parola il conte Dalla Torre, che per circa
un’ora tenne avvinto l’uditorio che lo ascoltò con veramente reli-
giosa attenzione. La Conferenza fu una dotta rievocazione della storia
della Santa di Siena e del secolo in cui visse, illustrando il pensiero
sociale e politico della Vergine Benincasa che si fondava nell’amore
operoso per la verità, la giustizia e la pace. Rievocò la sua devo-
zione « al dolce Cristo » in terra; la sua carità al prossimo quale
Gesù Cristo e il suo Vangelo comanda
;
la sua fierezza contro tutti
quelli che si opponevano alla rivendicazione dei più sacrosanti diritti
della Chiesa, illuminando la figura di Caterina di uno splendore di
luce che superò quello che avvinse le figure di Dante e di Petrarca, i
più illustri personaggi del suo secolo. E additando nella santa di Siena
la maestra, a noi che viviamo nel sec. XX, tanto simile a quello in
cui la Benincasa visse, di vero amore, di vera devozione alla Chiesa,
al Papa, all’Italia, ebbe parole forti contro quelli che pensano e giu-
dicano della Chiesa, del Papa attraverso preconcetti settari, o tor-
naconti politici, per accusar poi di antipatriottismo e Chiesa e Papa.
86 MEMORIE DOMENICANE
Caterina vedeva nella Chiesa la depositaria del vero, e nel Papa il
maestro della civiltà e il Padre non solo delle anime ma dei popoli,
e dell’ Italia, in specie, e la loro salvezza. E finalmente, notando come
1’ ideale della pace fosse stato per la Vergine senese il palpito più
grande del suo cuore, il sogno suo più generoso, affermò che solo
seguendone l’apostolato infaticabile con cui la implorò da tutti, e
dai Principi e dal Pontefice e dai grandi e dagli umili in tutte le
lotte, noi potremo raggiungere quella pace di cui, famelici, andiamo
in traccia, nè per ora ci han saputo dare i nostri diplomatici con
tutte le loro conferenze, con tutti i loro congressi.
La conferenza fu coronata da unanime, prolungata ovazione. La
Società degli Studi Cateriniani non poteva iniziarsi sotto migliori
auspici.
’
*
* *
L’Albero di Natale ai bambini poveri dell’ « Opera di
S. Domenico » a Bologna. — La Domenica 8 Gennaio nella Ba-
silica di S. Domenico a Bologna, ebbe luogo la festa dell’Albero di
Natale per i fanciulli e le fanciulle della Pia Opera di S. Domenico
per i figli della Divina Provvidenza. Una delle bimbe recitò con
grazia una poesia di saluto, altre, istruite con molta perizia dalla
signora Gorrieri, cantarono : « Il saluto dell’Innocenza » di Anfossi,
e « Il mattino della domenica » di Mendelson.
Il nostro padre Innocenzo Dal Pozzo disse delle difficoltà tra le
quali è sorta e cresciuta l’Opera, alimentata solo dallo zelo delle signore
del Comitato e dalle offerte dei buoni. Terminò augurando prospero
l’avvenire di essa, che sorta all’ombra del grande Patriarca Dome-
nico, ed informata ai suoi alti sensi di carità e di amore, resterà
dell’anno centenario di Lui il frutto più bello di carità e di aposto-
lato. La segretaria, sig.na Assunta Viscardi, lesse una breve rela-
zione sull’origine, sulle finalità e sul lavoro compiuto nei suoi tre
anni di vita dalla Pia Opera. Essa raduna ogni domenica nel Chiostro
di S. Domenico i suoi bambini per il catechismo ed il ricreatorio. A
tutt’oggi essa ha sottratto alla strada e al cattivo esempio 9 maschi
e 12 fanciulle, che mantiene in vari collegi a Bologna e fuori
;
ed
oltre 50, in età già matura, ha preparato ed ammesso ai Sacramenti
della Cresima e Comunione. Ma, data la necessità di estendere la
sua azione benefica, essa aspira al possesso di una casa propria, che
tutti accolga, fin dalla più tenera età, i fanciulli derelitti, o comun-
que abbandonati e meno custoditi. Segui la ricchissima distribu-
zione dei doni, fatta a tutti gli iscritti alla Pia Opera : 200 circa tra
bambini e bambine, consistenti in oggetti di vestiario, biancheria,
maglieria e calzature. La ben riuscita festa si chiuse con la recita
di alcune poesie d’ occasione da parte dei migliori alunni, e con un
cantico religioso. Ballegramenti !
*
* *
Le Suore Domenicane a Trieste. — Il giorno 18 Gen-
naio la Congregazione delle Suore Domenicane di S. Caterina da
Siena, che ha la sua Casa Madre a Poma, apri una nuova Casa a
Trieste, intitolandola a S. Domenico. Le cinque Suore furono ac-
colte a festa, e il giornale locale Vita Nuova, nel num. del 21 Gen-
naio, porge loro un caldo augurale saluto.
Noi pure ci rallegriamo della cosa, sicuri del bene che esse fa-
ranno nella grande città Ma siamo anche arditi, e formuliamo un
voto : le bianche Sorelle preparino la v^ia all’ andata a Trieste dei
Frati Predicatori. Hoc est in votis, e da molto tempo !
MEMORIE DOMENICANE 87
BENEDETTO XV
La morte rapida, improvvisa, inaspettata del grande Ponte-
fice, che ha suscitato un plebiscito così straordinario ed univer-
sale di ammirazione e di dolore, — singolare contrasto e degna
ricompensa a quella calunniata neutralità, la quale non fu di fatto
che una inesauribile carità per tutte le sventure e le rovine della
guerra, da tutte le parti — ci colpisce così vivamente, che è im-
possibile scrivere anche una sola parola che sia adeguata al lutto
nostro.
Eppure bisognerebbe che daile nostre pagine si levasse questa
parola, quando pensiamo che BENEDETTO XV fu un fervente,
affezionato Terziario di S. Domenico (1)!
Mi sembra però che la più bella gloria di Benedetto XV sia
stata proprio quella di non aver fatto mai della politica
;
appunto
per questo Egli condusse dietro a Se, cioè dietro al carro lumi-
noso del Pontificato e della Chiesa ogni politica, tracciando un
solco così profondo, che non ai distruggerà facilmente. La politica
sua, dal primo giorno del pontificale ministero all’ ultima benedi-
zione sul punto di andarne alla gloria, fu la pace ; ma non la
cercò con la politica. Volle che fosse invocata da Dio
;
la disse
premio al ritorno della vita cristiana; non la vide possibile fra i
popoli e fra le classi, se prima le anime non sì fossero nell’amore
e nel bene cristianamente pacificate. Offrì costantemente al mondo
scettico, razionalista, orgoglioso, l’esempio vivo che Egli sapeva
trarre con eloquenza inesauribile da ogni circostanza, da ogni ri-
correnza storica
;
tutti i suoi documenti si elevano sempre ai più
puri principii della fede e della morale cristiana. 11 suo Nome, di-
ceva benissimo un giornale, ricorderà come accanto alla guerra
mondiale si sia combattuta la lotta fra la giustizia e la violenza,
fra la carità di Gesù Cristo e l’odio degli uomini, fra la pace e
lo spirito della ribellione.
Rendiamo, noi specialmente, figli di San Domenico, 1’ estremo
tributo filiale di affetto, di gratitudine, di ammirazione al Ponte-
fice che fu benefattore de’ popoli, senza distinzione di nazionalità
0 di religione (2).
(1) Si vedano le nostre Memorie Domenicane del 1909, a pag. 551, dove è detto
dell’ ammissione nel Terz’ Ordine di Mons. Giacomo Della Chiesa, Arcivescovo di Bo-
logna. — Nella Basilica della Minerva a Roma, il 26 Gennaio, l’Ordine celebrò un fune-
rale solenne per l’anima del Pontefice;
(2) Parole scolpite nel monumento di CostantinopoH.
88 MEMORIE DOMENICANE
FIGURE CHE SCOMPAIONO
Ci giunge la dolorosa notizia della morte di S. E. Monsignor
Raimondo Zubieta y Les dei pred. Nato nel 1864 ad Arguedas (Na-
varra-Spagna) entrò nell’Ordine Domenicano nel 1881 in Ocaila. Nel
1888 passò alle Filippine, e studiò all’università di Manila ove si distinse
per la sua attività e per le iniziative a favore dell’apostolato. Il Ca-
pitolo del 1891 lo nominò primo Missionario di S. Antonio di Moyo-
yao. Alcuni anni dopo venne mandato nel Perù, dove si valse del-
l’alta influenza che li aveva acquistato per la sua singolare capacità
ed attitudine di esploratore e di geografo, per fondare fiorenti Mis-
sioni Domenicane ad TJruhamba, Madre de Dios, Manu ecc. alle quali
il Governo Peruviano passava un aiuto pecuniario. Consacrato Ve-
scovo titolare di Adraa, fu nominato primo Vicario Apostolico di
quelle Missioni, che ebbe la dolce consolazione di vedere mirabil-
mente fiorire. Istituì anche una Congregazione di Suore Missionarie
Domenicane del Rosario, il cui noviziato stabili a Pamplona. Si oc-
cupava ancora dell’ opera, quando Dio chiamò in Cielo quest’ angelo
della carità, a Lima, nel Santuario di S. Rosa, il 19 Novembre 1921.
*
* ^
A Dusseldorf in Germania 1’ 8 Novembre spirava nel bacio del
Signore il R.do P. fra Raimondo, Principe Carlo di Lòwenstein. Aveva
87 anni, di cui 14 di vita religiosa. Prima di farsi Domenicano, il Prin-
cipe di Lòwenstein si occupò molto dell'organizzazione dei Cartolici
Tedeschi. Giovane ancora, creò e sviluppò i primi gruppi
;
e la sua
parola nei Congressi venne ascoltata volentieri. A 73 anni, nel 1907,
quando entrò nell’ Ordine dei Predicatori, poteva guardare con com-
piacenza all’opera compiuta, frutto di sforzi lunghi e perseveranti.
Ma non era ancor giunta l’ora del riposo. Dio lo chiamava ad un
nuovo lavoro, nel raccoglimento del chiostro, a cui si donò con tutto
il fervore dell’animo. Le sue esequie, presiedute dal Vicario Gene-
rale della Diocesi, riuscirono solenni. Vi era una rappresentanza di
tutte le Comunità religiose e delle associazioni Cattoliche della città.
La salma venne trasportata a Kleinhenbach, per essere sepolta nella
tomba di famiglia.
Con approvaasione ecclesiastica e dell’ Ordine
Firenze - Tipografìa Domenicana, Via Ricasoli, 63.
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pur contenendo, ampiamente illustrati, tutti gli elementi
essenziali dell’ almanacco : dal calendario religioso, civile
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