Reversibilità delle alterazioni RM in un caso di epilessia del lobo temporale mesiale

Chiara Pizzanelli 1, Lorenzo Caciagli 1, Veronica Bartolami 1, Filippo Sean Giorgi 1, Ilaria Pesaresi 2, Melania Guida 1, Ubaldo Bonuccelli 1

1 U.O. Neurologia, Università di Pisa e Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

2 U.O. Neuroradiologia, Università di Pisa e Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Abstract

The question regarding the existence of abnormalities in the neuroimaging exams immediately after status epilecticus or epileptic seizures, but showing complete reversibility after a proper antiepileptic therapy, has long been debated. The first reports attempting to demonstrate their existence date back to the 1980s, and relied upon computed tomography as the imaging method of choice. After the introduction of MRI, a more appropriate characterization of these abnormalities was obtained along with the description of their most frequent features: (a) T2 signal hyperintensity in the white matter and, occasionally, (b) reduced apparent diffusion coefficient (ADC) and increased signal in DWI sequences.

The MRI abnormalities induced by epileptic activity pose a broad differential diagnosis including infections, inflammatory autoimmune encephalopathies, neoplasms. It remains a diagnosis of exclusion and requires proper diagnostic iter in order to reduce the risk of misdiagnosis and unnecessary intervention.

In this case report, a thorough presentation will be outlined about MRI alterations in the left mesial temporal lobe, which resulted completely reversible after a proper antiepileptic therapy.

Keywords: Epilepsy; MRI; Reversible abnormalities; Seizures

Reversible MRI abnormalities in mesial temporal lobe epilepsy: a case report

CMI 2013; 7(3): 77-84

Caso clinico

Corresponding author

Dott.ssa Chiara Pizzanelli

c.pizzanelli@ao-pisa.toscana.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Perché descriviamo questo caso

Generalmente le indagini di neuroimmagine hanno un ruolo preponderante nel definire la diagnosi eziologica nel paziente con crisi epilettiche. Classicamente, la causa dell’epilessia è chiarita dalla presenza di una lesione cerebrale strutturale evidenziata da TC cranio e/o RM encefalo. Tuttavia, anomalie RM evidenziate in fase precoce dopo crisi epilettiche possono talora essere la conseguenza dell’epilessia e non la causa. Descriviamo questo caso per ricordare al clinico questa seconda evenienza, certamente più rara della prima. Da sottolineare inoltre come la diagnosi di anomalie funzionali conseguenti all’epilessia resti una diagnosi di esclusione, che si compie al termine di un iter diagnostico che abbia preso in considerazione le varie patologie neurologiche che possono mimare le alterazioni funzionali crisi-indotte

Descrizione del caso clinico

Una donna di 44 anni si è presentata alla nostra attenzione per la prima volta nel novembre 2010, lamentando l’insorgenza di episodi descritti come di “smarrimento” e “vuoto improvviso”, della durata di alcune decine di secondi dall’inizio dell’anno. Tali episodi, inizialmente rari, si erano intensificati nel corso dei mesi successivi fino ad interferire significativamente con il funzionamento socio-lavorativo e interpersonale della paziente, inducendola a sottoporsi a visita.

Da un’accurata anamnesi non risultavano patologie degne di nota; la paziente era nata da gravidanza normodecorsa con parto eutocico e aveva presentato uno sviluppo psicomotorio regolare. Aveva familiarità per convulsioni febbrili (una sorella), ma personalmente non aveva mai presentato crisi epilettiche. Dalla testimonianza dei familiari, emergevano episodi critici caratterizzati da arresto psicomotorio, automatismi oro-buccali e gestuali e talora oculoversione destra, in assenza di chiari sintomi premonitori da parte della paziente ad eccezione di una vaga e incostante “sensazione di confusione”. Tali episodi, iniziati nel febbraio 2010, con frequenza inizialmente rara, si erano poi accentuati nel corso dei mesi divenendo nelle ultime settimane pluriquotidiani. Non vi erano state recenti modificazioni della personalità né dello stato cognitivo, non febbre né specifici segni o sintomi clinici indicativi di altre patologie.

L’esame obiettivo generale aveva riscontrato esclusivamente la presenza di un angioma venoso cutaneo frontale sinistro. L’esame obiettivo neurologico risultava in ordine. Gli esami ematici di routine non mostravano alterazioni significative, gli indici di flogosi erano nella norma. L’elettroencefalogramma (EEG) basale risultava privo di anomalie focali o parossistiche.

Nel sospetto che si trattasse di crisi epilettiche, la paziente è stata sottoposta ad ulteriori approfondimenti clinico-strumentali con monitoraggio EEG prolungato, EEG dinamico ambulatoriale e RM encefalo con magnete a 1.5 T. Il monitoraggio EEG ha registrato un episodio critico parziale complesso, caratterizzato da perdita del contatto con l’ambiente, pallore, tachicardia, ammiccamenti palpebrali ripetuti, basculamento antero-posteriore del tronco e automatismi semplici di strofinamento delle mani sulle cosce e masticatori, con successivo rapido recupero della coscienza. Nel contesto di artefatti muscolari e da movimento, il tracciato EEG ha mostrato un ritmo beta-alfa-teta reclutante sulle regioni fronto-temporali sinistre, con successiva diffusione rapida a tutto l’emisfero omolaterale e alle regioni anteriori controlaterali (Figura 1).

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Figura 1. Monitoraggio EEG: registrazione di una crisi parziale complessa (il tracciato B è la prosecuzione del tracciato A, riportato sotto anziché di seguito per esigenze di spazio). Da notare anche la traccia ECG, che conferma l’incremento della frequenza cardiaca durante e dopo la crisi

Un ulteriore episodio critico, con caratteristiche simili, è stato registrato mediante l’EEG dinamico ambulatoriale. L’esame RM encefalo ha mostrato, nelle immagini T2-FLAIR, un’iperintensità di segnale a carico del complesso nucleare amigdala-testa del nucleo dell’ippocampo a sinistra. Le strutture apparivano tumefatte, ma non erano presenti captazioni patologiche di contrasto. Concomitavano invece modesti dismorfismi cerebrali congeniti, tra cui un ampliamento del trigono ventricolare sinistro, con aspetto bombato, e una posizione bassa delle amigdale cerebellari (Chiari 0). La mappa del coefficiente ADC non mostrava anomalie (Figura 2). L’esame del liquido cefalo-rachidiano non mostrava alterazioni della cellularità, né delle proteine, né la presenza di sintesi intratecale di Ig. Le sierologie per sifilide, HIV-1 e HIV-2, HSV-1 e HSV-2, HHV-6, EBV, CMV e Borrelia Burgdorferi risultavano nella norma. Le ricerche dei comuni marcatori tumorali, degli anticorpi onco-neurali (anti-Hu, -Yo, -Ri, -Ma2, -CV2, -anfifisina) e degli anticorpi anti-Gad risultavano negative.

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Figura 2. RM – 1.5T; (A) Scansione T2 – FLAIR coronale, (B) scansione T2 – FLAIR assiale e (C) mappa del coefficiente apparente di diffusione (ADC). Nelle immagini in T2 – FLAIR si evidenzia un aumento dell’intensità di segnale a carico del complesso nucleare amigdala-testa del nucleo dell’ippocampo a sinistra. Tali strutture appaiono tumefatte, ma non presentano captazioni patologiche di contrasto. Concomitano modesti dismorfismi cerebrali congeniti, tra cui un ampliamento del trigono ventricolare sinistro, con aspetto bombato, e una posizione bassa delle amigdale cerebellari (Chiari 0). Dalla mappa ADC non appaiono invece anomalie

È stata diagnosticata pertanto un’epilessia del lobo temporale e impostata una terapia antiepilettica con oxcarbazepina 900 mg/die a cui la paziente ha presentato un’ottima risposta con riduzione della frequenza degli episodi critici sino alla loro completa scomparsa. Persistendo pieno controllo delle crisi, non ha effettuato successivamente un regolare follow up e si è presentata nuovamente alla nostra attenzione nel febbraio 2013, avendo sospeso autonomamente da circa due anni la terapia con oxcarbazepina. Successivamente alla sospensione della terapia aveva presentato nuovamente brevi crisi parziali complesse, in media ogni 30-40 giorni.

Dato che un motivo di sospensione della oxcarbazepina era stata un’eccessiva sonnolenza, come nuova terapia è stato impostato levetiracetam 1500 mg/die e si è ottenuta ancora completa remissione delle crisi. È stato eseguito inoltre controllo RM con magnete a 3T, in cui non sono risultate documentabili chiare alterazioni di segnale a carico delle strutture temporo-mesiali, salvo una residua lieve asimmetria per sinistra < destra; persisteva inoltre l’assenza di anomalie della mappa ADC (Figura 3).

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Figura 3. RM – 3T di Follow-up. (A) Scansione T2 – FLAIR (Processed Images) coronale, (B) T2 – FLAIR assiale (Processed Images) e (C) mappa ADC. Alla RM 3T di follow-up sono scomparse le alterazioni di segnale a carico delle strutture temporo-mesiali, salvo una residua lieve asimmetria. Permane inoltre l’assenza di anomalie a carico della mappa ADC

Domande che il medico dovrebbe porsi trovandosi di fronte a un caso simile

Di fronte al reperto di anomalie RM a livello temporo-mesiale dopo crisi epilettiche, le domande che il clinico dovrebbe porsi sono:

  • Le anomalie sono causa o conseguenza dell’epilessia?
  • Vi sono state modificazioni dello stato cognitivo del paziente? del suo comportamento? disturbi psichiatrici?
  • Qual è l’andamento dei sintomi? la loro modalità di presentazione?
  • L’obiettività neurologica mostra segni focali?
  • Vi sono segni sistemici di infezione? infiammazione?
  • Vi è anamnesi o evidenza attuale di neoplasia?

Le risposte a queste domande sono quelle di effettivo supporto nell’indirizzare correttamente il sospetto clinico

Discussione

Il caso clinico descritto mostra la reversibilità di anomalie RM unilaterali temporo-mesiali in una paziente in cui è stato ottenuto un completo controllo di crisi epilettiche. Al termine dell’iter diagnostico-terapeutico seguito, è possibile ritenere che tali anomalie fossero funzionalmente correlate alle crisi epilettiche in precedenza non diagnosticate e non adeguatamente trattate.

Sono state valutate altre ipotesi diagnostiche mediante appropriate indagini bioumorali e strumentali. In particolare, le principali diagnosi differenziali considerate sono state: a) encefaliti virali; b) encefaliti limbiche autoimmuni; c) tumori gliali; d) miscellanea.

Sul piano clinico, l’ipotesi di un’encefalite virale sembrava piuttosto improbabile, vista l’assenza di febbre, di alterazioni cognitive e/o psichiatriche, l’assenza di rallentamenti o anomalie EEG intercritiche. Da sottolineare, inoltre, il lungo periodo di tempo intercorso tra l’inizio dei sintomi, le crisi – febbraio 2010 – e il momento in cui la paziente si è presentata all’osservazione medica – novembre 2010; è difficile pensare che un’encefalite virale si manifesti con sole crisi epilettiche temporali nell’arco di mesi, restando del tutto asintomatica per il resto. Gli esami bioumorali, mostrando assenza di leucocitosi e negatività degli indici di flogosi, e la normalità dell’esame liquorale hanno supportato l’esclusione di questa ipotesi.

Ulteriore ipotesi diagnostica presa in esame è stata quella di un’encefalite limbica autoimmune, pur considerando che tale patologia si associa in genere ad un coinvolgimento bilaterale delle strutture temporo-mesiali, mentre nel nostro caso il coinvolgimento era unilaterale. Anche clinicamente il quadro era scarsamente suggestivo di un’encefalite autoimmune, non essendo presenti alterazioni cognitivo-comportamentali né anomalie EEG. Un altro aspetto da considerare è il fatto che le encefaliti limbiche autoimmuni hanno in genere un’origine paraneoplastica, essendo invece rare le forme non paraneoplastiche. In questa paziente, oltre alla negatività dell’esame liquorale, che di per sé non escluderebbe un’encefalite autoimmune, abbiamo riscontrato la negatività dei marker paraneoplastici e degli anticorpi onconeurali.

La presenza di una neoplasia della serie gliale, ipotizzabile inizialmente sulla base dell’aspetto tumefatto e iperintenso in T2 delle regioni temporo-mesiali di sinistra, è stata esclusa dal follow-up che ha mostrato completa reversibilità delle anomalie RM.

Numerose altre patologie possono associarsi ad anomalie RM caratterizzate da incremento di segnale in T2 ed edema; esse comprendono ischemie arteriose in fase acuta, trombosi venose, vasculiti, malattia di Creutzfeld-Jacob, emicrania complicata, PRES (Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome), encefalopatie metaboliche. Nel caso in esame i dati clinici, bioumorali e strumentali non supportavano alcuna di queste ipotesi.

Il quadro micromalformativo cerebrale congenito della paziente potrebbe essere la causa dell’epilessia e una verosimile bassa soglia epilettogena con familiarità per convulsioni febbrili potrebbe aver favorito il manifestarsi delle crisi. In questo contesto clinico, escluse altre ipotesi diagnostiche, è stata dimostrata la presenza di anomalie RM in concomitanza con una fase “florida” di crisi parziali complesse temporali e la scomparsa di tali anomalie una volta controllate le crisi, a sostegno pertanto di una genesi funzionale delle anomalie descritte.

La diagnosi finale di anomalie RM transitorie correlate a crisi epilettiche rimane una diagnosi di esclusione e richiede conoscenza e prontezza da parte del clinico [1].

L’esistenza di anomalie post-critiche transitorie negli esami di neuroimmagine è stata descritta a partire dagli anni ’80 in concomitanza con crisi o stato epilettico [2-4]. Per la prima volta studi TC hanno descritto un gruppo di pazienti con crisi epilettiche focali o generalizzate e conseguenti anomalie risoltesi nel follow up dopo adeguata terapia antiepilettica [2]. Successivamente, nel corso degli anni ’90, studi RM hanno confermato e definito con maggior dettaglio l’esistenza di tali anomalie reversibili, soprattutto in concomitanza con stato epilettico [5,6]. È stato identificato un ampio spettro di anomalie caratterizzate da aumentato segnale nelle sequenze T2-pesate (più raramente, ridotto segnale in T2), diffusione ristretta, captazione leptomeningea di mdc; sono state descritte localizzazioni unilaterali e bilaterali, corticali e sottocorticali, a livello dei gangli della base, della sostanza bianca, del corpo calloso, del cervelletto [1]. In varie casistiche è risultata preponderante la localizzazione a livello temporo-mesiale e ippocampale, specie dopo stati epilettici parziali complessi o dopo crisi parziali complesse [1, 7].

Raccomandazioni

  • Tenere ben presente la clinica, l’andamento dei disturbi e dei sintomi, l’anamnesi; questo è ciò che guida maggiormente nell’orientare il sospetto clinico
  • Valutare l’obiettività neurologica, lo stato cognitivo, la presenza di eventuali segni di malattia sistemica o di altri organi (febbre, indici di flogosi, etc)
  • In presenza di coinvolgimento delle strutture temporo-mesiali, eseguire un EEG, per la valutazione del ritmo di fondo, di eventuali rallentamenti focali, di anomalie epilettiformi intercritiche e per eventualmente registrare crisi epilettiche
  • In presenza di coinvolgimento delle strutture temporo-mesiali, non esitare ad eseguire rachicentesi per escludere ipotesi infettivo-infiammatorie
  • Tenere presente che la diagnosi di anomalie crisi-indotte è una diagnosi di esclusione, che si pone al termine di un iter diagnostico

I meccanismi patofisiologici coinvolti nella genesi delle anomalie RM postcritiche potrebbero essere rappresentati da alterazioni transitorie del metabolismo energetico e del trasporto ionico; in particolare, l’alterazione cellulare metabolica indotta dalle crisi o dallo stato epilettico potrebbe determinare alterato passaggio dell’acqua tra i compartimenti intra ed extra-cellulare con conseguente edema. Anche se le esatte condizioni determinanti se e quando tali alterazioni cellulari diventino evidenti alla RM non sono assolutamente chiare, si ipotizza che concorrano svariati fenomeni: edema vasogenico, citotossico, aumentata permeabilità, ischemia regionale, eccitotossicità [8].

In conclusione, anche se il rilievo di anomalie RM in pazienti con crisi epilettiche è generalmente considerato la causa dell’epilessia, tuttavia, in alcuni casi, anomalie evidenziate dopo crisi o stati epilettici possono rappresentare la conseguenza dell’attività epilettica critica. Il rilievo di tali anomalie pone un’ampia varietà di diagnosi differenziali che devono essere prese attentamente in considerazione per evitare errori diagnostici o interventi non necessari.

Algoritmo diagnostico-terapeutico

Nel caso descritto l’algoritmo diagnostico-terapeutico si è composto delle seguenti tre fasi:

  1. fase della diagnosi di epilessia, in cui il medico, di fronte a episodi critici di possibile origine epilettica, ha gestito il loro corretto inquadramento;
  2. fase della gestione della diagnosi differenziale, in cui il medico, una volta posta diagnosi di epilessia, si è mosso al fine di interpretare correttamente le anomalie mostrate dall’esame RM encefalo;
  3. fase terapeutica e follow up, in cui il medico ha somministrato appropriata terapia e seguito la paziente nel tempo.

Fase A. Diagnosi di epilessia [9, 10]

Anamnesi

In qualsiasi ambito medico si operi, l’anamnesi rappresenta sempre il primo passaggio di tutti gli algoritmi diagnostici. Nel campo dell’epilettologia un’anamnesi accurata e, possibilmente, l’intervista a un testimone dell’episodio/episodi critici per cui il paziente si sottopone all’osservazione medica è particolarmente importante per supportare o meno il sospetto diagnostico di crisi epilettica.

Esame obiettivo

Nel paziente con sospetta prima crisi epilettica l’esame obiettivo neurologico, oltre che la ricerca di segni focali, deve includere:

Esami di laboratorio

Nell’adulto con sospetta prima crisi epilettica, dovrebbero essere eseguiti i seguenti esami di laboratorio: emocromo, glicemia, urea, creatinina, elettroliti, AST, ALT, CPK, esame urine, screening tossicologico (quando ritenuto opportuno).

Esami neurofisiologici

In campo epilettologico l’EEG basale ha un’alta specificità, ma una sensibilità piuttosto bassa (25-56%). Le prove di attivazione (stimolazione luminosa intermittente, iperpnea, sonno, deprivazione di sonno) aumentano la sensibilità della metodica, portandola fino all’80-90%.

Pertanto, nel sospetto di prima crisi epilettica, quando l’EEG basale non è informativo, è indicata l’esecuzione di EEG prolungato di sonno e/o dopo deprivazione di sonno.

Esami di neuroimmagine

Le metodiche morfologiche che trovano applicazione nei pazienti con epilessia sono la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM).

Data la velocità d’acquisizione delle immagini, la TC è la metodica di scelta nelle situazioni di urgenza. Una TC encefalo urgente è strettamente indicata nel sospetto di grave lesione strutturale (complicanze cerebrali post-traumatiche, emorragia cerebrale, edema cerebrale e altri segni di effetto massa), suggerita dall’instaurarsi di un deficit post-critico e/o alterazione persistente della vigilanza, o quando la causa della crisi non sia stata definita con certezza.

La RM encefalo è utilizzata in genere in elezione nel paziente con sospetta prima crisi epilettica. Essa è in grado di identificare lesioni strutturali non individuate dalla TC, quali condizioni di sclerosi temporale mesiale, displasia corticale, angiomi cavernosi, gliomi del lobo temporale a basso grado di malignità.

Fase B. Gestione della diagnosi differenziale in presenza di epilessia e anomalie RM probabilmente indotte da crisi epilettiche [1, 5-7,11]

La diagnosi di anomalie RM funzionali indotte da crisi epilettiche è una diagnosi di esclusione, che prevede la valutazione di svariate patologie neurologiche. In particolare in presenza di tumefazione e incremento del segnale in T2 a livello temporo-mesiale, le principali diagnosi differenziali sono le seguenti:

Oltre a un’accurata raccolta anamnestica dall’inizio dei sintomi attraverso l’andamento clinico dei disturbi, al fine di escludere la possibilità di fatti infettivo-infiammatori è essenziale l’esecuzione dell’esame del liquido cefalo-rachidiano, da effettuare comunque in prima istanza nel sospetto di un’encefalite. Inoltre, sierologie per sifilide, HIV-1 e HIV-2, HSV-1 e HSV-2, HHV-6, EBV, CMV e Borrelia Burgdorferi permettono di indagare riguardo alla presenza di condizioni infettive. La ricerca dei comuni marcatori tumorali, degli anticorpi onco-neurali (anti-Hu, -Yo, -Ri, -Ma2, -CV2, -anfifisina) e degli anticorpi anti-Gad permette di escludere eventuali patologie neoplastiche associate. Ulteriori indagini ultraspecialistiche sono da indirizzare in relazione a concreti sospetti clinici (e.g. angiografia cerebrale nel sospetto di vasculite, ricerca della proteina 14.3.3 su liquor nel sospetto di malattia di Creutzfeld-Jacob etc).

Fase C. Terapia e follow up [9, 12]

È indicato che il paziente con diagnosi di epilessia venga posto in terapia antiepilettica; il criterio di scelta del farmaco dipende dal tipo di crisi e di epilessia, anche se una personalizzazione della cura può essere “ritagliata” sulla base delle caratteristiche cliniche del singolo paziente. Farmaci di prima scelta nelle epilessie parziali sono carbamazepina, oxcarbazepina, levetiracetam, lamotrigina, topiramato, valproato.

Nell’ipotesi di anomalie RM indotte da crisi epilettiche, è essenziale il conseguimento dell’obiettivo libertà dalle crisi, al fine di constatare la reversibilità delle anomalie, una volta che, nel corso del follow up, le crisi risultino in effetti controllate.

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