Splenomegalia e dolore addominale come esordio di sarcoidosi: descrizione di un caso clinico
Clara Faini 1, Natalia Manetti 1, Francesca Bucciero 1, Giulia Razzolini 1, Maria Marsico 1, Maria Rosa Biagini 1, Stefano Milani 1
1 SOD Gastroenterologia 1, AOU Careggi, Firenze
Abstract
Sarcoidosis is a multisystemic disease of unknown aetiology characterized by proliferation of noncaseating granulomas at disease sites. It commonly affects young and middle-age adults and frequently presents with pulmonary infiltration, bilateral hilar lymphadenopathy, ocular and skin lesions. The liver, spleen, lymph nodes, salivary glands, heart, nervous system, muscles, bones, and other organs may also be involved. A diagnosis of the disorder usually requires the demonstration of typical lesions in more than one organ system and exclusion of other disorder known to cause granulomatous inflammation.
We present the case of a young woman with abdominal pain and weight loss. The finding of splenomegaly by abdominal ultrasound and the presence of hypercalciuria, hypercalcemia and mild renal impairment led us to include sarcoidosis in the differential diagnosis. The final diagnosis was established by demonstration of involvement of lymph nodes and lung parenchyma on CT scan, and typical histology in bioptic specimens collected from bronchial mucosa.
Keywords: Sarcoidosis; Splenomegaly; Weight loss; Abdominal pain; Hypercalcemia
Sarcoidosis presenting with splenomegaly and abdominal pain: a case report
CMI 2012; 6(3): 91-96
Caso clinico
Disclosure
Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo.
Perché descriviamo questo caso
La sarcoidosi è una malattia che può interessare qualsiasi organo o apparato, cosicché i casi sono indirizzati a un’ampia gamma di specialisti, alcuni dei quali possono non considerare la sarcoidosi nella diagnosi differenziale. I sintomi, inoltre, non sono specifici e spesso indirizzano verso altre patologie polmonari con conseguente estremo ritardo della diagnosi
Introduzione
La sarcoidosi è una malattia granulomatosa multi-sistemica idiopatica. È una patologia relativamente frequente che può colpire soggetti di entrambi i sessi e di quasi tutte le età, razze e aree geografiche. Il suo esordio è più comune al di sotto dei 40 anni, con un picco di incidenza tra i 20 e i 29 anni [1]. Sebbene la causa di tale malattia rimanga tuttora misconosciuta, è ormai opinione diffusa che il meccanismo patogenetico della sarcoidosi possa avere inizio con l’esposizione di soggetti geneticamente predisposti a numerosi agenti, infettivi e non, come virus (Epstein-Barr virus, Herpes virus, Retrovirus, Citomegalovirus), Borrelia burgdorferi, micobatteri e sostanze inorganiche come il berillio, l’alluminio e lo zirconio.
La presentazione clinica è spesso aspecifica, dipendendo dalla sede prevalentemente coinvolta. Può variare da una forma lieve asintomatica a una forma grave con interessamento di organi vitali quali il cuore, l’encefalo e il rene.
La malattia si presenta più frequentemente con un quadro clinico di tipo respiratorio (circa nel 90% dei casi) che occorre differenziare da altre patologie polmonari più comuni come asma o bronchite cronica. Più raramente i sintomi di esordio sono di tipo extra-polmonare e sono associati al coinvolgimento di altri organi e apparati come la cute, il cuore, l’occhio, l’apparato gastrointestinale e muscoloscheletrico. Sintomi sistemici non specifici come astenia, febbre, sudorazione notturna e perdita di peso possono accompagnare il quadro clinico [1]. L’iter diagnostico è reso difficoltoso dall’ampia eterogeneità di presentazione clinica e la diagnosi di certezza richiede generalmente la dimostrazione istologica dei tipici granulomi non caseosi, l’esclusione di altre cause di infiammazione (infezioni da micobatteri, da miceti e neoplasie maligne), e l’evidenza clinico-strumentale del coinvolgimento di più organi.
Si riporta come oggetto di discussione il caso di una giovane paziente nella quale la sarcoidosi non si è manifestata con la classica sintomatologia di tipo respiratorio ma con segni e sintomi di tipo gastrointestinale, quali dolore addominale e riscontro ecografico di splenomegalia.
Caso clinico
È giunta alla nostra attenzione la Sig.ra PC di 30 anni per comparsa, da circa un mese, di dolore addominale continuo, esacerbato dal pasto, associato a calo ponderale di circa 15 kg negli ultimi tre mesi, in assenza di alterazioni dell’alvo.
All’ingresso in reparto la paziente si presentava vigile, collaborante, orientata nel tempo e nello spazio, emodinamicamente stabile e apiretica. All’esame obiettivo non erano presenti edemi declivi, la cute si presentava normotrofica, normoidratata e priva di lesioni. L’addome era trattabile, dolente e dolorabile nei quadranti addominali superiori e al fianco sinistro, senza masse obiettivabili. La milza era palpabile e debordante 3 dita dal margine costale. Il fegato era palpabile all’inspirazione profonda, con margini e consistenza normali.
Gli esami ematici e di laboratorio mostravano un’anemia microcitica (Hb = 9,9 g/dl; MCV = 71,1 fl), iposideremia (ferro = 40 μg/dl), lieve insufficienza renale (creatinina = 1,78 mg/dl; urea = 0,73 g/l), aumento della β2-microglobulina (9,4 mg/l), aumento degli indici di colestasi (fosfatasi alcalina = 175 U/l; γGT = 142 U/l), ipercalcemia (12 g/dl) e ipercalciuria (900,9 = mg/24 h) con livelli sierici di paratormone nella norma.
Un’ecografia dell’addome metteva in evidenza una modesta epatomegalia con ecostruttura omogenea senza immagini a focolaio, una colecisti scarsamente distesa con numerose piccole immagini litiasiche, una splenomegalia (diametro bipolare = 16 cm) e tumefazioni linfonodali con dimensioni variabili da 25 a 30 mm nella regione dell’ilo epatico e in sede peripancreatica.
Esami di approfondimento per identificare possibili cause di splenomegalia, quali uno striscio di sangue periferico, test di Coombs diretto e indiretto, indici di emolisi (aptoglobina, LDH, bilirubinemia indiretta, reticolociti), QuantiFERON®-TB, anticorpi per EBV, CMV, Leishmania e Brucella sono risultati tutti negativi. È stato inoltre effettuato il dosaggio dell’Angiotensin-Converting- Enzyme (ACE), che risultava nettamente superiore ai valori di riferimento (299,4 U/l).
Al fine di escludere una malattia linfoproliferativa la paziente ha eseguito una TC torace-addome con mezzo di contrasto. L’esame mostrava la presenza di numerose formazioni nodulari di dimensioni millimetriche con scarso carattere di confluenza su tutto l’ambito polmonare prevalentemente nei lobi superiori, nel lobo medio, nei segmenti apicali dei lobi inferiori e lungo le scissure bilateralmente. Erano visibili numerose tumefazioni adenopatiche tra loro confluenti tra i vasi epiaortici, anteriormente alla trachea e alla carena, agli ili e in sede sottocarenale con un quadro compatibile per sarcoidosi linfoghiandolare con ampio interessamento polmonare. Anche in sede addominale erano visualizzati numerosi linfonodi confluenti in sede celiaca, lungo l’origine della mesenterica superiore e lungo la catena lombo-aortica. Il fegato e la milza erano di dimensioni aumentate senza alterazioni densitometriche significative. Le anse dell’intestino tenue mostravano un’intensa impregnazione contrastografica, come per processo flogistico.
La paziente è stata quindi sottoposta a fibrobroncoscopia con lavaggio bronco-alveolare (BAL) e biopsie transbronchiali. L’analisi citologica del BAL evidenziava la presenza di linfocitosi con fenotipo prevalente CD3/CD4, un rapporto CD4/CD8 pari a 7,32 e un quadro cellulare epiteliale normale. L’esame istologico della mucosa bronchiale dimostrava una flogosi granulomatosa non necrotizzante di tipo sarcoideo. Le successive prove di funzionalità respiratoria evidenziavano un lieve deficit ventilatorio di tipo restrittivo (FEV1 = 2,48 l; capacità vitale = 3,23 l; indice di Tiffenau = 77) e una diminuzione della capacità di diffusione con rapporto tra capacità di diffusione del CO e volume alveolare nei limiti della norma.
L’ecocardiogramma e la visita oculistica escludevano la presenza di una granulomatosi attiva sia a livello cardiaco sia oculare.
In conclusione, alla luce della sintomatologia e degli esami strumentali sopracitati, il quadro clinico della paziente risultava essere compatibile con la diagnosi di sarcoidosi in fase attiva.
La paziente è stata dunque affidata alle cure dello specialista pneumologo che ha posto indicazione a iniziare terapia corticosteroidea con prednisone 25 mg per 2 volte al giorno, da scalare di 1/2 compressa ogni 7 giorni. Attualmente la paziente è ancora sotto trattamento immunosoppressivo con 1/2 compressa al giorno di prednisone 25 mg in attesa di eseguire nuova TC torace di controllo ed esame spirometrico.
Domande da porsi di fronte a questo caso
Discussione
La sarcoidosi è una patologia sistemica, cronica, caratterizzata da accumulo di linfociti T e di fagociti mononucleati negli organi interessati, dalla formazione di granulomi epiteliodi non caseosi e da un’alterazione della normale architettura tissutale.
Il quadro clinico della malattia è molto variabile e dipende dalla durata, dalla sede, dall’estensione e dallo stato di attività del processo granulomatoso [2].
Classicamente si presenta con una sintomatologia di tipo respiratorio: nel 90% dei casi infatti il quadro clinico iniziale è caratterizzato da dispnea, tosse stizzosa, dolore toracico che talvolta può essere indistinguibile da un dolore di origine cardiaca e, raramente, da emottisi.
Sebbene l’approccio diagnostico al paziente con sospetta sarcoidosi sia sempre stato mirato alla ricerca di tali reperti polmonari tipici, è oggi diffusa la consapevolezza di come, in realtà, questa patologia debba considerarsi una vera e propria malattia multi-sistemica in cui sono frequenti anche le manifestazioni extra-polmonari a carico della cute, del sistema nervoso, del cuore, degli occhi, del tratto gastrointestinale, della milza, del fegato e dell’apparato muscolo scheletrico [1,3].
Il caso clinico da noi preso in esame riguarda una giovane paziente che è giunta alla nostra osservazione per l’insorgenza di segni e sintomi del tutto aspecifici quali dolore addominale e calo ponderale. Da un’accurata raccolta anamnestica sono risultati del tutto assenti i classici sintomi di tipo respiratorio così come i sintomi sistemici, quali febbre, marcata astenia, malessere generalizzato e sudorazione notturna che si ritrovano generalmente in circa 1/3 dei pazienti affetti.
Il rilievo ecografico di splenomegalia e il riscontro durante la degenza, attraverso esami di laboratorio, di ipercalcemia, ipercalciuria e lieve insufficienza renale hanno, però, permesso di considerare nella diagnosi differenziale anche la sarcoidosi [1,3,4].
L’iter diagnostico intrapreso ha avuto come obiettivo principale quello di escludere altre patologie, come malattie ematologiche e infettive, determinanti splenomegalia e successivamente quello di dimostrare con certezza la presenza del processo flogistico granulomatoso in fase di attività [1,5].
Nel nostro caso la TC torace-addome ha confermato non solo la presenza di splenomegalia ma ha evidenziato anche la presenza di un quadro polmonare compatibile con la malattia sarcoidea stessa nonostante la paziente fosse del tutto asintomatica dal punto di vista respiratorio.
Dopo aver escluso con certezza l’eventuale presenza di malattie linfoproliferative, infettive e metaboliche come linfomi, tubercolosi, diabete mellito e ipertiroidismo, il riscontro di valori elevati di Angiotensin-Converting- Enzyme ha supportato il sospetto di malattia sarcoidea.
Tale reperto in associazione alla presenza di ipercalciuria e/o ipercalcemia, da attribuire a un aumento dell’assorbimento intestinale di calcio per la produzione di elevate quantità di 1,25-(OH)2 vitamina D3 (calcitriolo), è stato interpretato come segno di attività della malattia.
È importante precisare, inoltre, che qualora l’alterazione del metabolismo del calcio, riscontrabile nel 10-20% dei casi, assumesse un decorso cronico, la paziente andrebbe incontro a un elevato rischio di sviluppare nefrocalcinosi, nefrolitiasi e non da ultimo insufficienza renale.
Per quanto riguarda il quadro addominale, i dati presenti in letteratura sottolineano che, sebbene l’interessamento della milza in corso di sarcoidosi sia un reperto molto frequente e un’eventuale biopsia d’organo risulti positiva per flogosi granulomatosa nel 60-70% degli affetti, i segni clinici dovuti al suo coinvolgimento sono inusuali e riportati solo nel 5-15% dei casi [5].
L’interessamento della milza può presentarsi con splenomegalia o, meno tipicamente, con lesioni focali multiple [6,7]. I pazienti, come già accennato, sono spesso asintomatici o possono giungere all’attenzione del medico curante per sintomi sistemici aspecifici, quali dolore addominale e calo ponderale o per alterazioni degli esami ematici, proprio come nel caso della paziente presa in considerazione [3,8].
La diagnosi di certezza di sarcoidosi non può basarsi solo sulle tecniche di immagine, ma necessita di una stretta correlazione tra il quadro clinico del paziente, i reperti emersi dalle indagini radiografiche e, non da ultimo, l’evidenza istopatologica di granulomi epitelioidi non caseosi. Nei casi di sospetta sarcoidosi è quindi di primaria importanza ottenere dei campioni bioptici per poter confermare la diagnosi ed escludere, allo stesso tempo, altre possibili condizioni patologiche caratterizzate da un’infiammazione granulomatosa come la tubercolosi, l’istoplasmosi o le infezioni fungine [3,9,10]. L’unica situazione clinica in cui la diagnosi di sarcoidosi può essere confermata in modo del tutto sicuro senza bisogno di effettuare alcuna biopsia è la sindrome di Löfgren, caratterizzata da artralgia, adenopatia mediastinica e eritema nodoso [5,11].
Anche nel nostro caso, dunque, per giungere a una diagnosi di certezza di malattia sarcoidea è stata fondamentale la conferma istologica ottenuta mediante biopsia transbronchiale e successiva analisi del BAL.
Non vi sono ancora, invece, sufficienti evidenze in letteratura di un possibile ruolo della PET con fluoro-desossiglucosio nella diagnosi di sarcoidosi. Infatti, pur essendo uno strumento diagnostico tuttora di fondamentale importanza nella valutazione di un paziente con sospetta malattia linfoproliferativa, nella sarcoidosi l’uptake del tracciante non è specifico né per il pattern né per l’intensità della captazione [12].
Una volta stabilita la diagnosi, si sono resi necessari ulteriori accertamenti, in particolare le prove di funzionalità respiratoria per poter valutare la compromissione polmonare iniziale e per ottenere un valore di base con il quale monitorare gli eventuali miglioramenti o peggioramenti della malattia polmonare della paziente.
La paziente, inoltre, pur essendo asintomatica dal punto di vista cardiovascolare e pur non lamentando disturbi come offuscamento del visus, fotofobia o aumentata lacrimazione (segni tipici di un coinvolgimento oculare), è stata sottoposta a ecocardiogramma e visita oculistica.
Dati presenti in letteratura riportano, infatti, come circa il 5% dei pazienti presenti un interessamento cardiaco anche in assenza di sintomi. I reperti ecocardiografici di più frequente riscontro, non documentati però nel caso descritto, sono la presenza di numerose aree segmentali di ipocinesia e la presenza di una marcata disfunzione diastolica del ventricolo sinistro.
Anche la visita oculistica, indispensabile per individuare quella percentuale di soggetti affetti che presentino un coinvolgimento dell’apparato visivo (circa il 25%), non ha evidenziato alcun segno di flogosi granulomatosa attiva, escludendo dunque un quadro di uveite [12].
La storia naturale e la prognosi della sarcoidosi sono altamente variabili, con una tendenza all’alternarsi di periodi di riacutizzazione a periodi di remissione spontanea o indotta dalla terapia farmacologica. Il 65-70% dei pazienti affetti guarisce con reliquati minimi o nulli. Il 20% ha alterazioni permanenti della funzionalità polmonare o alterazioni visive permanenti. Del rimanente 10-15%, alcuni muoiono di patologia cardiaca o per lesioni del sistema nervoso centrale, ma la maggior parte muore per fibrosi polmonare progressiva e cuore polmonare [1]. La sarcoidosi è in genere più aggressiva nelle persone di colore. Il coinvolgimento cardiaco è invece la principale causa di morte per sarcoidosi tra i giapponesi.
Il problema principale nel prendere una decisione sulla terapia della sarcoidosi è rappresentato dalla necessità di valutare il grado di attività del processo infiammatorio (dati anamnestici, obiettivi, radiologici) negli organi a maggior rischio, come il polmone, gli occhi, il cuore e il sistema nervoso centrale e il rapporto rischio-beneficio della terapia corticosteroidea a lungo termine (solitamente almeno 6-9 mesi). È da sottolineare, infatti, come la terapia con corticosteroidi sia mirata esclusivamente alla soppressione della processo flogistico granulomatoso e quindi solo alla riduzione della sintomatologia, non modificando in alcun modo la storia naturale della malattia. In genere, a meno che non sia presente un’alterazione grave della funzionalità respiratoria, i pazienti con sola sarcoidosi polmonare attiva vengono tenuti in osservazione per circa 2-3 mesi; a questo punto se l’infiammazione non regredisce spontaneamente, viene iniziato il trattamento. La prima strategia terapeutica prevede la somministrazione di corticosteroidi, mentre l’utilizzo di immunosoppressori specifici, come metotrexato o azatioprina, è riservato a pazienti con numerose riacutizzazioni e con uno stadio di malattia più avanzato.
Conclusioni
Alla luce di quanto descritto, possiamo dunque concludere che la conoscenza della sarcoidosi splenica, delle sue eventuali manifestazioni cliniche e dell’aspetto radiologico tipico e una successiva valutazione globale mirata a individuare altri reperti suggestivi di sarcoidosi sistemica sono di primaria importanza per evitare una mancata o ritardata diagnosi.
Punti chiave nella valutazione del paziente con sarcoidosi
Algoritmo diagnostico e terapeutico per la sarcoidosi [13]
18F-FDG = 18-fluorodesossiglucosio; ACE = Angiotensin-Converting Enzyme; BAL = lavaggio bronco-alveolare; CMV = Citomegalovirus; EBV = Epstein-Barr virus; PET = tomografia a emissione di positroni
Bibliografia