Gestione sanitaria dell’emergenza in caso di attentati con autoveicoli
Gaetano Dipietro 1
1 U.O.C. Centrale Operativa Sovraprovinciale 118 Bari-BAT, A.O.U. Policlinico Bari
Vehicle-ramming attacks: emergency health management
CMI 2017; 11(2): 89-93
https://doi.org/10.7175/cmi.v11i2.1317
Editoriale
Disclosure
L’Autore dichiara di non avere conflitti di interesse in merito agli argomenti trattati in questo articolo
Introduzione
Siamo ormai abituati alla modalità di assalto con utilizzo di autovetture o camion allo scopo di sfondare cancelli o vetrate di banca oppure svellere Bancomat a scopo di rapina. Se prima la vedevamo nel grande schermo, onnipresente nei film d’azione, pian piano è diventata argomento sempre più presente nella cronaca nera.
A livello internazionale si parla sempre più di vehicle-ramming attack, un nome complesso per definire un’azione abbastanza semplice: un autoveicolo che viene deliberatamente proiettato in velocità sulla facciata (generalmente nei punti più vulnerabili, come porte, portoni e vetrate) di un edificio per demolirlo, al fine di penetrare ed eventualmente commettere un furto con scasso o una rapina, oppure contro un altro veicolo.
A seguito di questa manovra, la funzionalità del veicolo risulta naturalmente quasi del tutto compromessa, e infatti i mezzi utilizzati sono spesso rubati, di grande formato, 4×4 o furgonati.
Nell’ultimo periodo si è assistito a un’inversione di tendenza: accanto alle azioni finalizzate alla rapina, la manovra è stata utilizzata a puro scopo terroristico. Gli attacchi con mezzi mobili sono rivolti così non più all’edificio e a ciò che custodisce, ma contro le persone, a scopo di generare, assieme a morti e feriti, panico e terrore.
Questo tipo di attacco è stato particolarmente utilizzato in Israele, Stato in cui le misure di sicurezza contro le bombe sono molto elevate: le autovetture sono state utilizzate specialmente contro gruppi di persone in attesa dei bus.
Attualmente, a seguito di alcune esortazioni da parte di organizzazioni terroristiche di estremisti islamici quali ISIS e Al Qaeda, le automobili e i furgoni hanno quasi sostituito le bombe a livello di metodologia di attacco nei Paesi Occidentali. Il mezzo, spesso rubato, consente anche ai terroristi non esperti nel confezionamento di ordigni di causare molte vittime, se lanciato a tutta velocità in zone con un’elevata concentrazione di pedoni. Talvolta il conducente, armato, continua a lasciare una scia di sangue scendendo dalla vettura e proseguendo, spostandosi a piedi, a colpire i passanti (es. attentato al mercatino di Natale a Berlino).
Purtroppo alle minacce dell’estremismo islamico sono seguiti anche contrattacchi rivolti contro la comunità musulmana da parte di persone in cerca di vendetta (es. attentato vicino alla moschea a Londra).
Un’ulteriore minaccia è data dal clima di paura che si crea nella popolazione. Considerando il numero dei morti che porta con sé, siamo abituati a considerare l’atto terroristico come un evento contro istituzioni e persone che ha come effetto, tra gli altri, quello della perdita delle vite umane.
L’unico trattato multilaterale che contenga una definizione di terrorismo è la Convenzione contro il terrorismo della Organizzazione della Conferenza Islamica del 1999 [1]. In realtà in precedenza la Società delle Nazioni nel 1937 aveva definito gli attentati terroristici come «atti criminali diretti a creare uno stato di terrore nelle menti di determinate persone, o di un gruppo di persone o della popolazione» [2]. In questa definizione la perdita delle vite umane non è assolutamente contemplata. Un esempio degli effetti della diffusione del terrore è quanto accaduto a Torino in occasione della visione della finale di Champions League sul maxischermo in piazza San Carlo. Una causa sulla quale ancora non si è riusciti a far luce (petardo, caduta di una transenna, spray urticante o rumore del sistema di areazione del parcheggio sotterraneo) ha fatto pensare a un attentato e ha scatenato il panico generalizzato, provocando la morte di una persona e più di 1500 feriti. Questa è la forza del terrorismo: autoamplificarsi, entrare nella testa della gente e trasmettersi come un virus, creando gli effetti di un attentato terroristico (panico, feriti, morti e stress per le strutture di emergenza) anche quando l’attentato non c’è.
Nonostante le misure di sicurezza che negli ultimi anni sono state messe a punto (es. l’Hostile Vehicle Mitigation [3] e Vehicle Security Barrier in Inghilterra), la protezione dei soft target per eccellenza – così vengono definiti i normali cittadini – resta di difficile realizzazione. Infatti si possono bandire armi, esplosivi e altri ordigni destinati a offendere, ma le automobili o altri mezzi più pesanti sicuramente no.
Da europei dovremo abituarci all’idea che gli attacchi saranno frequenti e che purtroppo le morti per terrorismo dovranno esser messe inevitabilmente in conto come quelle per gli incidenti stradali. Alcuni Paesi che convivono con una minaccia continua, come ad esempio Israele, sembrano ormai temprati nei confronti di questo pericolo, e hanno affinato tecniche di intervento sicuramente più incisive delle nostre in tema di soccorso alle vittime.
Alcuni attentati con autoveicoli significativi degli ultimi dieci anni
Le fasi dell’investimento classico
Nell’investimento tipico di un pedone, ovvero quello del pedone investito da un’autovettura in movimento, si distinguono 5 fasi che si susseguono in tutto o in parte e alle quali possono corrispondere precisi complessi lesivi (Tabella I):
Fase |
Lesioni caratteristiche |
1. Urto |
Lesioni contusive in distretti corporei diversi a seconda dell’altezza del soggetto colpito |
2. Proiezione con successivo abbattimento al suolo |
Lesioni da impatto e da strisciamento sull’asfalto con ampie zone abrase, spesso infiltrate da particelle di manto stradale |
3. Propulsione |
Lesioni contusive (ecchimosi, escoriazioni, ferite lacere) |
4. Arrotamento |
Fratture del torace, del rachide, del bacino, lesioni viscerali e degli organi interni da maciullamento, associate a imponenti emorragie (politrauma) |
5. Trascinamento |
Vaste aree ecchimotico-escoriate sino all’esposizione e all’usura dei piani ossei sottostanti |
Tabella I. Le 5 fasi dell’investimento e le lesioni tipiche su un pedone
Nella fase dell’urto prevalgono le lesioni contusive dovute all’impatto del mezzo con il corpo; talvolta è possibile rinvenire ecchimosi a stampo che riproducono la morfologia del paraurti o del fanalino. Uno stesso veicolo può causare fratture degli arti inferiori in un adulto e lesioni al bacino o al torace in un bambino. La sede e la localizzazione delle lesioni sono in grado di informare circa il tipo di automezzo investente, ma soprattutto circa la gravità e l’urgenza con cui le lesioni devono essere trattate.
La fase di proiezione con abbattimento al suolo si compie a basse velocità, per trasmissione dell’energia cinetica dalla vettura al corpo, che viene proiettato in avanti abbattendosi al suolo. Alle lesioni prodotte dall’urto, vanno quindi ad aggiungersi le lesioni dovute all’impatto con il suolo, nonché allo strisciamento sull’asfalto con ampie zone abrase, spesso infiltrate da particelle di manto stradale.
La fase di propulsione si realizza quando il pedone, proiettato al suolo, è nella traiettoria dell’auto e viene nuovamente a contatto con il paraurti o con le parti meccaniche del mezzo investitore. Tale fase, che precede l’arrotamento, è caratterizzata da lesioni contusive.
La fase di arrotamento, generalmente immediatamente susseguente alla propulsione, è provocata dalle ruote del mezzo che procede nella sua corsa. A seguito dell’arrotamento, per effetto della energia cinetica il corpo viene proiettato all’indietro generalmente sotto il mezzo e spesso arrotato anche dalle altre ruote. Durante tale fase si originano fratture del torace, del rachide, del bacino, lesioni viscerali e degli organi interni da maciullamento, associate ad imponenti emorragie, generando quindi un quadro di politrauma.
La fase del trascinamento si realizza qualora parti del corpo o degli indumenti, impigliandosi nelle parti meccaniche posteriori del mezzo, ne inducano il trascinamento, determinando la formazione di vaste aree ecchimotico-escoriate sino all’esposizione e all’usura dei piani ossei sottostanti.
Le lesioni osservate nei bambini sono sempre più gravi a causa della loro altezza e in quanto vengono coinvolti immediatamente il cranio e il torace.
La gestione dell’emergenza
Le lesioni provocate dal veicolo investitore possono essere aggravate da un’errata immobilizzazione di parti fratturate o da una mancata stabilizzazione di un’emorragia interna che porta la vittima al dissanguamento. Ciò può essere evitato facendo ricorso al sistema di emergenza sanitaria e non al trasporto spontaneo da parte degli astanti (fenomeno che avviene, nella realtà, in circa il 50% delle vittime e che purtroppo non potrà mai essere completamento abbattuto).
Inoltre occorre tenere presente che tra le vittime che giungono al Pronto Soccorso potrebbe celarsi anche un attentatore munito di giubbetto o zaino esplosivo.
A livello clinico, nel caso di attentati con autoveicoli, ci si deve aspettare di trovarsi di fronte non solo alle lesioni proprie del trauma stradale in cui la vittima è il pedone, ma anche a lesioni più gravi perché, a differenza dell’incidente stradale in cui il veicolo viene fermato dallo stesso conducente, in questi casi il conducente non accenna minimamente a frenare, anzi spesso avanza zigzagando per colpire quanti più obiettivi possibile e mette in atto manovre per ripassare sui corpi travolti.
Inoltre è possibile rinvenire in soggetti non direttamente coinvolti dall’attacco lesioni da schiacciamento e da abbattimento al suolo dovute alla fuga originata dal panico generalizzato.
I rischi
Come in qualsiasi forma di aggressione collettiva su una strada pubblica, occorre tener presente quali sono i rischi principali:
Benché l’attuazione di misure di sicurezza spetti alle forze dell’ordine, in condizioni di emergenza quali quelle di un vehicle-ramming attack, la sicurezza per i soccorritori può essere compromessa.
I soccorritori devono essere in grado di effettuare una valutazione rapida del numero delle vittime e della loro distribuzione nello spazio. In questo genere di attacchi, gli scenari possibili sono 2:
Inoltre spesso questi scenari sono caratterizzati dalla presenza di mass media, che contribuiscono, involontariamente, a ingigantire l’effetto panico mentre i terroristi sono ancora all’opera.
Le strategie di soccorso e di assistenza
Il protocollo per la gestione delle maxi-emergenze prevede che occorra [4-7]:
Occorre ricordare che i traumi complessi, con concomitante lesione dei vasi, risultano di difficile gestione e che la scelta di salvare o amputare un arto è particolarmente difficile anche per i chirurghi più esperti.
L’evoluzione della microchirurgia vascolare e lo sviluppo di nuovi mezzi di sintesi hanno permesso di rendere tecnicamente possibile il salvataggio degli arti anche in casi estremamente complessi, come ad esempio in presenza di un’importante sindrome da schiacciamento, che una decina di anni fa avrebbero giustificato l’amputazione.
Per contro, poiché in tali tipologie di attacco si possono riscontrare casi di amputazione traumatica di arti o parti di essi, spesso ci si può trovare di fronte alla decisione di proporre il reimpianto di un arto. Quindi è utile conoscere la logica comportamentale da tenere in tali casi:
Gli aspetti medico-legali e la privacy
Per quanto riguarda gli aspetti medico-legali, tutti gli attori del soccorso possono e devono partecipare alla preservazione delle prove, quali documenti di identità, oggettistica e vestiario, che possono essere determinanti nell’identificazione delle vittime (sia morti sia feriti) da parte della polizia, spesso già resa più difficile dalla presenza di turisti di nazionalità diverse (es. attentati di Nizza e Berlino).
Tutti i componenti delle squadre di soccorso sono vincolati dal segreto professionale. Dichiarazioni e testimonianze fuori luogo, così come la circolazione di immagini sul web non autorizzate, possono generare problemi di privacy. Pertanto solo il personale autorizzato può rilasciare dichiarazioni.
Gli effetti psicologici sul personale di soccorso
In caso di vehicle-ramming attack, il personale di soccorso si trova repentinamente e senza preavviso a dover affrontare una situazione altamente stressante. È necessaria un’elevata capacità di adattamento del proprio corpo e della propria mente per fronteggiare questa situazione di emergenza. Le implicazioni psicologiche colpiscono prevalentemente gli operatori che intervengono per primi. Possono poi concorrere ulteriori fattori ad amplificare lo stress, quali l’eventuale coinvolgimento di colleghi e amici. Come precedentemente evidenziato, gli stessi operatori sanitari possono rischiare di diventare vittime se l’attacco viene proseguito o ripetuto.
A seguito di tali eventi e spesso durante il verificarsi degli stessi, l’intervento di psicologi esperti in intervento nelle maxiemergenze risulta prezioso. Facendo tesoro di esperienze di altri, sarebbe utile non limitarsi a un debriefing, ma inserire sedute di formazione per i componenti di quelle squadre di soccorritori che più facilmente di altre, per posizione geografica o situazioni contingenti, hanno maggiori possibilità di intervenire in tali scenari complessi.
Bibliografia
1. Organization of the Islamic Conference. Convention of the organisation of the islamic conference on combating international terrorism. Disponibile all’indirizzo www.oic-cdpu.org/en/getdoc/?dID=13 (ultimo accesso luglio 2017)
2. Zolo D. Una nozione alternativa di terrorismo. Jura Gentium 2009; rubrica Filosofia e storia del diritto internazionale. Disponibile all’indirizzo http://www.juragentium.org/topics/thil/it/terror.htm (ultimo accesso luglio 2017)
3. Centre for the Protection of National Infrastructure. Hostile Vehicle Mitigation. Disponibile all’indirizzo https://www.cpni.gov.uk/hostile-vehicle-mitigation (ultimo accesso luglio 2017)
4. DPR 27 marzo 1992. Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza. GU n. 76 del 31/3/92, Serie Generale
5. Comunicato relativo al decreto del Ministro dell’Interno delegato per il coordinamento della protezione civile 13 febbraio 2001, concernente: Adozione dei Criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi. GU n. 81 del 6/4/2001, Serie Generale
6. Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento della protezione civile. Servizio Rischio Sanitario e Ambientale. Criteri di massima sugli interventi psicosociali da attuare nelle catastrofi. Anno 2009. Disponibile all’indirizzo http://www.psicologiperipopoli.it/files/Criteri_di_massima%20(interventi%20psicosociali).pdf (ultimo accesso luglio 2017)
7. Manuale Nazionale per la gestione delle crisi approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 marzo 1994