Gestione delle OSAS dell’adulto in Medicina Generale: un nuovo modello per la prevenzione del rischio
Carla Bruschelli 1, Germano Bettoncelli 1, Giorgio Carlo Monti 1
1 SIMG – Società Italiana di Medicina Generale
Abstract
Obstructive Sleep Apnea Syndrome is a condition characterized by paused breathing during sleep due to complete or partial obstruction of the upper airways. It is still underdiagnosed and underestimated, despite its respiratory, cardiovascular, and neurocognitive complications. Polysomnography is the gold standard for diagnosis. The treatment protocol, that has to be agreed with the patient, is behavioral, ventilator, and sometimes surgical.
The role of general practitioners is essential for early identification of patients with high probability of OSAS. Physicians are supported by specific instruments of general practice, such as continuity of care, computerized medical records for oriented problems, medical history, and diagnostic-therapeutic methodology for an exclusive management model. Among their duties, there is also the management of care priorities for patients’ comorbidities.
Keywords: General Practitioners; Sleep Apnea, Obstructive; 4Q Model
Management of Adult Obstructive Sleep Apnea Syndrome in General Practice: a new model of risk prevention
CMI 2017; 11(1): 31-37
https://doi.org/10.7175/cmi.v11i1.1291
Gestione clinica
Disclosure
GB dichiara di aver ricevuto fee da GlaxoSmithKline e Chiesi Farmaceutici non correlati al presente articolo. CB e GCM dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo
Introduzione
Negli ultimi dieci anni la rilevanza epidemiologica in termini di morbilità e mortalità correlata alle malattie respiratorie ha sempre più coinvolto la Medicina del territorio e in particolare la Medicina di famiglia nell’identificazione di interventi efficaci di appropriatezza prescrittiva e di clinical governance [1]. In tale ambito si colloca l’attività svolta dalla GARD-Italia (Global Alliance against Chronic Respiratory Diseases-Italia), promossa presso il Ministero della Salute per discutere e promuovere iniziative relative alla salute respiratoria. In tale campo nel 2013 è stato prodotto il volume “La formazione nell’ambito delle malattie respiratorie: il punto di vista del Medico di Medicina Generale”, elaborato con l’obiettivo di dare una prima strutturazione al tema della diagnosi precoce delle patologie respiratorie [2]. Nel documento si evidenzia come il settore delle cure primarie rivesta particolare importanza per le malattie respiratorie croniche, poiché la maggior parte delle consultazioni per questi problemi avviene proprio nel contesto della Medicina Generale. Un potenziamento dell’assistenza multiprofessionale integrata per queste patologie rappresenta una delle possibili soluzioni individuate dal Servizio Sanitario, poiché un’adeguata assistenza sul territorio al paziente con malattie respiratorie può ridurre le esacerbazioni e i ricoveri ospedalieri e incidere in modo decisivo sulla storia naturale delle malattie [3]. Inoltre, quando il ricovero si rende necessario, un buon coordinamento tra Medicina Generale e Specialistica ospedaliera può mettere in atto accessi e dimissioni protette, in grado di ridurre sensibilmente i tempi di degenza. Protagonista principale di questa assistenza è il Medico di Medicina Generale che oggi, come previsto anche dalle ultime elaborazioni del Patto per la Salute, deve possedere cultura, strumenti gestionali e metodologia organizzativa innovativi, spendibili in ragione di adeguati investimenti e trasferimenti di risorse, da indirizzare specialmente verso la prevenzione e le strategie di management [4].
Il Medico di Medicina Generale e le OSAS
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome – OSAS) è una condizione caratterizzata da pause nella respirazione durante il sonno, dovute all’ostruzione parziale o totale delle prime vie aeree [5]. Si è in presenza di tale sindrome quando si verifica un numero di apnee o di eventi respiratori ostruttivi incompleti (ipopnee o Respiratory Effort Related Arousal – RERA) uguale o superiore a 5 episodi per ora di sonno, con evidenza di sforzo respiratorio durante l’ostruzione e presenza di altri sintomi come la sonnolenza diurna, oppure quando si verifica un numero di eventi uguale o superiore a 15 con evidenza di sforzi respiratori. Questa condizione è molto più comune nelle persone in sovrappeso o francamente obese, in chi ha ostruzioni delle prime vie aeree (a livello del naso, della bocca o della gola), ed è più frequente negli uomini (3-7%) che nelle donne (2-4%), come pure nei fumatori e in chi abusa di alcol. In Italia ne soffrono oltre 1.600.000 persone e tale condizione è responsabile di circa il 22% degli incidenti stradali [6]. Essa rappresenta tuttora un fenomeno clinico sottodiagnosticato e sottovalutato, malgrado le conseguenze sul piano respiratorio, cardiovascolare e neurocognitivo. La sonnolenza diurna è una delle complicanze più gravi dell’OSAS ed è definita come l’impossibilità a rimanere svegli e attenti durante la maggior parte dei momenti della giornata che normalmente richiedono la veglia. I pazienti, o se questi sono ignari del problema i loro partner, dovrebbero dunque rivolgersi al medico per la presenza di incapacità acuta o cronica di dormire adeguatamente durante la notte, per affaticamento cronico, sonnolenza e spossatezza durante il giorno, o per altre manifestazioni comportamentali associate con il sonno stesso.
Sul piano fisiopatologico l’OSAS si caratterizza per il collasso delle vie aeree superiori ed episodi ciclici di chiusura parziale o completa dell’ipofaringe, che si traducono nella presenza di eventi apnoici e/o ipopnoici e allo stesso tempo nella riduzione della saturazione in ossigeno del sangue arterioso (SpO2) o ipossiemia; i successivi sforzi inspiratori messi in atto dal soggetto per consentire il passaggio dell’aria possono provocare micro-risvegli ripetuti durante il sonno, che rendono quest’ultimo inefficace e poco ristoratore [7]. Uno dei segni più suggestivi di OSAS è l’improvviso arresto del russare. Le potenziali conseguenze cardiovascolari, metaboliche e neurocognitive dell’OSAS sottolineano la necessità di una diagnosi precoce e di un altrettanto precoce trattamento. La sintomatologia infatti è spesso aggravata, ancora di più nell’obeso, da complicanze gravi e talvolta mortali che riguardano apparati vitali, primi fra tutti quello cardiocircolatorio e il sistema nervoso centrale [8]. Inoltre la sonnolenza secondaria all’OSAS, che ha una prevalenza del 2-4%, rappresenta uno dei problemi principali in tema di sicurezza stradale [9,10].
I soggetti con OSAS moderata o grave hanno infatti dei veri e propri colpi di sonno, per definizione improvvisi, inattesi e incoercibili. Per i medici non è facile stabilire la reale abilità e i relativi rischi alla guida dei pazienti con OSAS, ancor più comprendere se ciò comporti reali rischi per questi pazienti o verso terzi. Molti di loro, infatti, potrebbero non avere mai avuto un incidente stradale. Essendo quindi necessario definire il livello di gravità della malattia, è compito del Medico di famiglia e del Medico del lavoro/Medico competente identificare soprattutto i pazienti ad alto rischio, quelli con chiari sintomi clinici, ovvero con grave sonnolenza diurna, con storia di frequenti incidenti stradali, con un punteggio della Epworth Sleepiness Scale compreso nell’intervallo 16-24. Questi pazienti dovrebbero essere inviati in un centro per i disturbi del sonno, soprattutto quando si tratta di autisti di professione.
La diagnosi di OSAS viene effettuata tramite il monitoraggio cardiorespiratorio notturno che monitora il flusso aereo, gli sforzi toraco-addominali, la saturazione ossiemoglobinica, la frequenza cardiaca, l’ECG e la posizione corporea durante il sonno. L’esame polisonnografico completo, riservato ai casi clinici più complessi o di difficile interpretazione, viene effettuato mediante la polisonnografia completa di elettrodi elettroencefalografici, elettromiografia, elettrooculogramma per la stadiazione degli stadi del sonno ed elettrodi tibiali per la misurazione dei movimenti degli arti inferiori.
Per convenzione si stabilisce la gravità dell’OSAS sulla base del numero di apnee e ipopnee per ora di sonno (Apnea-Hypopnea Index – AHI): un valore di AHI compreso tra 5 e 15 viene definito lieve, tra 15 e 30 moderato, sopra i 30 grave [11]. Secondo alcune stime recenti, circa il 20% della popolazione generale mostra un quadro di OSAS lieve, mentre il 6-7% della popolazione è affetto da OSAS moderata e grave (AHI > 15) [6].
Una volta effettuata la diagnosi, il protocollo terapeutico, da concordare con il paziente, è prevalentemente di tipo comportamentale, ventilatorio e talvolta chirurgico.
La terapia comportamentale è affidata quasi esclusivamente al regime dietetico, con l’imposizione di un drastico calo ponderale qualora vi sia sovrappeso o obesità. Altrettanto importante è l’abolizione del fumo. In alcuni casi, nelle forme lievi, quando il russamento è associato alla posizione supina, viene consigliata la terapia posizionale, insegnando al paziente a imparare a dormire sul fianco, per evitare che le vie respiratorie superiori collassino durante il sonno.
La terapia ventilatoria è il trattamento più diffuso e universalmente riconosciuto delle forme di OSAS più gravi. Esistono due modalità principali: la pressione continua positiva nelle vie aeree (CPAP) e la pressione su 2 livelli (BPAP). La CPAP è generalmente preferita per la maggior parte dei pazienti poiché è la modalità meglio studiata, più semplice da utilizzare e meno costosa [12]. Consiste nel far respirare al soggetto aria a una pressione superiore a quella ambientale, superando così le eventuali ostruzioni presenti e dilatando le vie aeree superiori [13,14]. Numerosi trial randomizzati controllati hanno confermato che la CPAP riduce la frequenza degli eventi respiratori ostruttivi durante il sonno, la sonnolenza diurna e la pressione arteriosa sistemica, migliorando la qualità della vita [15]. Dati più limitati suggeriscono che la CPAP possa migliorare la prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco, il rischio di recidive di fibrillazione atriale (FA) parossistica e le aritmie notturne. I vantaggi che si possono ottenere dalla terapia con CPAP sono oggi decisamente evidenti, anche se in alcuni pazienti possono insorgere difficoltà ad accettare tale trattamento a lungo termine, in quanto l’applicazione della maschera durante il sonno può risultare eccessivamente fastidiosa. Il MMG, in collaborazione con gli altri operatori e la famiglia, deve saper svolgere un costante intervento educazionale di supporto volto a promuovere l’accettazione della CPAP da parte del paziente e aiutando a rimuovere gli eventuali ostacoli (es. decubiti da maschera) al suo regolare utilizzo.
La terapia chirurgica ha lo scopo di eliminare i fattori ostruttivi che impediscono la regolare aerazione delle vie aeree superiori. Ha una primaria indicazione in età pediatrica per la frequente associazione con l’ipertrofia tonsillare e adenoidea. Dovrebbe essere sempre successiva a un drastico tentativo di calo ponderale e di raggiungimento del peso-forma.
Nonostante numerosi studi e tentativi, non disponiamo oggi di farmaci sicuramente efficaci per la terapia dell’OSAS. Certamente il trattamento delle patologie concomitanti può migliorare le condizioni del paziente. La somministrazione orale di teofillina (una sostanza appartenente al gruppo delle xantine, come la caffeina), ancora usata, seppur più raramente, per i suoi effetti broncodilatatori in malattie broncostruttive come asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), può ridurre il numero di episodi di apnea, ma può anche produrre effetti collaterali come palpitazioni e insonnia. Di solito la teofillina è inefficace negli adulti con OSAS: è stata studiata in associazione alla CPAP nel trattamento delle apnee centrali del sonno con risultati non sicuramente efficaci [16].
Strumenti di diagnosi e di monitoraggio clinico di OSAS per il MMG
Di fronte al proprio assistito, il Medico di Medicina Generale può avvalersi di strumenti clinico-diagnostici quali:
Il modello 4Q della SIMG
Figura 1. Analisi diagnostica secondo il metodo dei 4 quadranti (4Q)
All’interno del Gruppo di lavoro dell’Area Pneumologica della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) è stata elaborata l’ipotesi di una metodologia clinica di approccio alle patologie croniche respiratorie in grado di tener conto del setting e del tipo di persone che abitualmente si rivolgono al Medico di famiglia [19].
Adattando a questo specifico contesto medico strumenti e metodologie di analisi quali la “finestra di Johari”, ideata da Joseph Luft e Harry Ingham [20] al fine di indagare gli aspetti relazionali e di comunicazione interpersonale (il conosciuto e lo sconosciuto), e il modello dei quattro quadranti di Ken Wilber [21], si è convenuto di proporre un nuovo strumento in grado di aiutare il medico generale a identificare con maggior sensibilità e specificità i possibili bisogni assistenziali dei pazienti affetti da una data patologia o a rischio per essa.
Il sistema di analisi a 4 quadranti (4Q) utilizza uno schema composto da un quadrato, suddiviso in quattro quadranti (Figura 1).
Nella dimensione orizzontale si misura la presenza di sintomi o procedure correlati alla patologia, mentre la dimensione verticale evidenzia la presenza o meno di una data diagnosi. La combinazione di questi due parametri porta all’identificazione delle quattro aree descritte di seguito.
Il primo quadrante (scenario 1), corrisponde all’“area nascosta” e rappresenta l’area in cui il medico ha riportato in cartella una diagnosi, ma senza ulteriori correlazioni sintomatiche o terapeutiche. Il secondo quadrante (scenario 2), che identifica l’“area nota”, rappresenta il contesto in cui vi è già una diagnosi registrata: occorre pertanto monitorare l’andamento della patologia per verificare che sia ben controllata e rilevare e trattare prontamente gli eventuali nuovi sintomi. Nel terzo quadrante (scenario 3), chiamato “area ignota”, non esiste una diagnosi registrata né traccia di sintomatologia o altro che possa al momento far pensare alla malattia. In questo caso di tratta di soggetti con fattori di rischio per i quali il medico può formulare un sospetto di patologia eventualmente da indagare. Il quarto quadrante (scenario 4) descrive un’“area cieca” e coincide con l’area in cui non esiste ancora la diagnosi, ma nella cartella clinica vi è documentata una sintomatologia compatibile o comunque sono presenti procedure diagnostico-terapeutiche correlate.
Applicando questo schema di volta in volta alle patologie interessate all’analisi è possibile identificare e raggruppare i pazienti in quattro aree specifiche. Per ognuna di esse potrà successivamente essere definita una strategia investigativa che consentirà, attraverso iniziative proattive, in base a quanto definito dalle linee guida e dall’Evidence Based Medicine (EBM), di confermare la diagnosi per mezzo degli strumenti diagnostici previsti, identificare i pazienti affetti da malattia utilizzando le procedure diagnostiche previste e non ancora effettuate, approfondire la diagnosi nei pazienti sintomatici e identificare i pazienti semplicemente a rischio di malattia.
Applicazione del modello 4Q all’OSAS
La metodologia 4Q può essere applicata all’OSAS, consentendo di individuare le quattro aree illustrate nella Figura 2 e descritte qui di seguito.
Figura 2. Metodologia a 4 quadranti applicata alla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS)
Area nascosta – Paziente con diagnosi nota di OSAS asintomatico
Il compito del medico consiste nel verificare l’effettivo controllo della malattia mediante:
Nel caso sussistano un reale controllo e una buona aderenza alla terapia, il dato anamnestico e l’esame obiettivo siano soddisfacenti (incluso impatto e controllo di eventuali comorbilità) e siano passati almeno tre mesi in queste condizioni, potrà essere preso in considerazione lo step down.
Area nota – Paziente con diagnosi nota di OSAS sintomatico
Il medico deve verificare se la sintomatologia si è manifestata con insorgenza acuta o se i sintomi si sono succeduti nel tempo con frequenza variabile:
Area ignota – Paziente senza diagnosi nota di OSAS asintomatico
Quando il MMG incontra un paziente che si è presentato per altri motivi e che non ha una diagnosi di OSAS, deve valutare i fattori di rischio, quali:
Se tutti gli indicatori anamnestici e obiettivi sono negativi, si effettua il controllo a un anno.
Area cieca – Paziente senza diagnosi nota di OSAS con sintomi compatibili
Nei casi in cui il medico identifichi dei sintomi compatibili con OSAS in un paziente, deve eseguire:
In ogni caso il paziente sintomatico dovrà immediatamente essere informato sui fattori di rischio per e da OSAS e occorrerà stabilire un follow up.
Conclusioni
La gestione delle principali cronicità, in un contesto di organizzazione territoriale complessa e con ottimizzazione delle risorse umane ed economiche disponibili (strutture di cure primarie complesse multiprofessionali), deve sempre più prevedere il controllo clinico e strumentale di I livello ad opera del Medico di Medicina Generale, che si avvale di metodologie di governance specifiche, secondo una tempistica costituita in primis dalla valutazione globale del singolo paziente e in secondo luogo dalla diagnostica raccomandata dalle migliori linee guida, necessariamente da personalizzare per ciascun paziente.
La consulenza specialistica per interventi di II livello dovrebbe essere dispensabile nelle stesse strutture organizzate territoriali, limitando l’accesso ospedaliero alla diagnostica complessa e alle problematiche acute gravi. In particolare, data l’entità del problema delle OSAS a fronte di una carenza di disponibilità di centri per la diagnosi specifica, il ruolo del Medico di Medicina Generale è fondamentale per selezionare precocemente i pazienti con maggiori probabilità di avere la malattia, avvalendosi di strumenti alla portata della Medicina Generale quali la longitudinalità assistenziale, le cartelle cliniche informatizzate orientate per problemi, la metodologia anamnestico-diagnostico-terapeutica di un modello gestionale esclusivo; spetta dunque a questo professionista il compito di coordinare le priorità sia nella prevenzione sia nella dispensazione delle cure al malato affetto da plurimorbilità, in considerazione di complessità e criticità clinico-terapeutiche della cronicità e, nel caso delle OSAS, anche nella prevenzione del danno sociale costituito da incidenti stradali correlati al problema.
Punti chiave
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