Efficacia di nilotinib in seconda linea in un paziente anziano con LMC di vecchia data con risposta non ottimale e con comorbidità plurime
Carmen Tomaselli 1
1 U.O. di Ematologia con TMO, A.R.N.A.S. Civico Palermo
Abstract
In this case report we describe the clinical case of an elderly patient with chronic myeloid leukemia and multiple comorbidities (heart disease, diabetes). Following the diagnosis of CML, in 2005 the patient had started treatment with imatinib 400 mg / day; therapy was well tolerated and never suspended until 2011, when he comes to the attention of our center. After re-evaluation of the disease, the patient is considered "failure" according to the recommendations ELN 2009. For this reason he switched to second generation tyrosine kinase inhibitor, nilotinib.
After just 3 months of treatment with nilotinib the patient gets a complete cytogenetic response and a reduction of the transcript BCR/ABL %IS from 0,85 to 0,004. These results are still maintained, without any influence on pre-existing conditions.
Keywords: Chronic myeloid leukemia; Monitoring; Imatinib; Nilotinib; Comorbidities
Efficacy of nilotinib in second line in an elderly patient with CML, suboptimal response and multiple comorbidities
CMI 2013; 7(Suppl 1): 25-29
Caso clinico
Perché descriviamo questo caso
Il paziente in questione ci segnala come sia fondamentale eseguire un attento monitoraggio della malattia anche a distanza di anni di trattamento, secondo i criteri ELN 2009. Il monitoraggio attento ci permette di individuare tempestivamente i pazienti che sviluppano nel tempo resistenza a imatinib e che si possono giovare di un inibitore più selettivo. Tale modus operandi è applicabile anche ai pazienti con molteplici comorbidità. Nel nostro caso il paziente cardiopatico e diabetico ha potuto ricevere un trattamento più adeguato senza alcuna ripercussione sulle patologie di base
Caso clinico
Nel luglio 2005 ad un uomo di 64 anni veniva posta diagnosi di leucemia mieloide cronica in fase cronica presso altra sede. All’esordio, il quadro era caratterizzato dalla presenza di splenomegalia debordante 2 cm dall’arco costale, anemia di grado moderato, conta piastrinica nei limiti della norma e leucocitosi con presenza all’esame morfologico dello striscio di sangue periferico di precursori mieloidi in varie fasi maturative e di una percentuale di blasti mieloidi pari all’1%. L’esame morfologico su aspirato midollare era indicativo di patologia mieloproliferativa cronica. L’esame citogenetico evidenziava la presenza del cromosoma Ph+, con cariotipo 46, XY t(9;22) rilevato in 20/20 metafasi analizzate; la ricerca del riarrangiamento ibrido BCR ABL era positivo con metodica PCR di tipo qualitativo. Il rischio prognostico valutato impiegando la stratificazione secondo Sokal, indicava un rischio intermedio (0,877).
Nel 2002 tre anni prima della diagnosi di LMC, il paziente, iperteso già da alcuni anni, era stato sottoposto a PTCA con posizionamento di 3 stent in seguito ad infarto del miocardio. In tale occasione gli era stato diagnosticato anche un diabete mellito trattato inizialmente con metformina, successivamente sospesa e sostituita con insulina per la comparsa di acidosi lattica.
In merito alla patologia vascolare, ulteriori esami avevano evidenziato la presenza di calcificazioni parietali dell’aorta addominale e delle arterie iliache. Sempre nell’ambito delle comorbidità, il paziente presentava anche ipertiroidismo in struma tiroideo in follow up e una colelitiasi.
A seguito della diagnosi di LMC, nel 2005 il paziente aveva iniziato terapia con imatinib 400 mg/die, terapia ben tollerata e mai sospesa fino al 2011 quando giunge all’attenzione del nostro centro.
Percorso terapeutico
Nel gennaio 2011 per la prima volta il paziente si presenta alla nostra osservazione esibendo la documentazione che ci consente di raccogliere la sua storia clinica, così come precedentemente descritta. Ad una analisi della documentazione risulta subito evidente che il paziente non aveva mai effettuato una valutazione molecolare quantitativa del trascritto e l’esame citogenetico era stato eseguito al basale e successivamente solo al 18° mese e 36° mese dall’inizio della terapia con imatinib. Le analisi citogenetiche effettuate mostravano una risposta parziale (18 mesi) e completa (36 mesi) alla terapia, mentre la risposta ematologica si era mantenuta costantemente completa.
Decidiamo quindi di sottoporre il paziente a rivalutazione della malattia. L’esito degli esami conferma quanto paventato in un paziente che per anni non è stato monitorato e che, secondo le raccomandazioni ELN 2009 [1] è “failure” al trattamento con imatinib: risposta ematologica completa (CHR), risposta citogenetica parziale (PCyR) (4% metafasi Ph+), assenza di risposta molecolare maggiore (MMR) (BCR/ABL %IS= 0,85) (Tabella I). L’analisi mutazionale condotta non evidenzia la presenza di mutazioni.
Risposta ottimale (non definita precedentemente) |
Risposta subottimale |
Fallimento |
Warnings |
|
Baseline |
NA |
NA |
NA |
Alto rischio CCA/Ph+ |
3 mesi |
CHR e almeno mCyR (Ph+ ≤ 65%) |
No CyR (Ph+ > 95%) |
<CHR |
NA |
6 mesi |
Almeno PCyR (Ph+ ≤ 35%) |
< PCyR (Ph+ > 35%) |
No CyR (Ph+ > 95%) |
NA |
12 mesi |
CCyR |
PCyR (Ph+ 1-35%) |
<PCyR (Ph+ > 35%) |
< MMolR |
18 mesi |
MMolR |
< MMolR |
< CCyR |
NA |
Qualsiasi momento nel corso della terapia |
MMolR stabile o in miglioramento |
Perdita di MMolR Mutazioni* |
Perdita di CHR Perdita di CCyR Mutazioni** CCA/Ph+ |
Aumento nei livelli di trascritto CCA/Ph– |
Tabella I. Raccomandazioni dell’European LeukemiaNet (ELN) 2009 confrontate con quelle del 2006 (in grassetto le aggiunte ELN 2009)
CCA = Clonal Chromosome Abnormalities; CCyR = risposta citogenetica completa; CHR = risposta ematologica completa; CyR = risposta citogenetica; HR = risposta ematologica; mCyR = risposta citogenetica minore; MMolR = risposta molecolare maggiore; NA = non applicabile; PCyR = risposta citogenetica parziale * Bassi livelli di insensibilità a imatinib ** Alta insensibilità a imatinib
Figura 1. Variazioni nel tempo dei livelli di trascritto BCR-ABL/ABL IS in trattamento con nilotinib
Decidiamo pertanto di cambiare terapia, optando per un inibitore di tirosin chinasi di seconda generazione (TKI). La scelta non si presenta facile per due motivi: da un lato per le numerose comorbidità presenti e dall’altro per la resistenza opposta al cambio di terapia. Il paziente infatti non è disposto a modificare la terapia che assume ormai da anni, senza alcun effetto collaterale e con una buona compliance. Nel marzo del 2011 dopo una serie di colloqui con il paziente durante i quali vengono valutati tutti i possibili benefici e gli eventuali effetti collaterali di un cambio terapeutico, previa rivalutazione cardiologica e diabetologica, inizia terapia di seconda linea con nilotinib 800 mg/die.
Dopo due settimane di terapia, il paziente lamenta astenia, spossatezza, epigastralgia e dopo 4 settimane gli esami di laboratorio evidenziano un incremento di glicemia, amilasi e lipasi (G2). Decidiamo di non sospendere la terapia con nilotinib, ma di dimezzarla (400 mg/die), e in collaborazione con il diabetologo viene modificata anche la terapia insulinica con un buon compenso glicemico. I parametri amilasi e lipasi vengono strettamente monitorati mostrando un trend in decremento e dopo circa un mese rientrano nella norma; contestualmente la sintomatologia precedentemente descritta si riduce fino alla scomparsa. A questo punto il dosaggio di nilotinib viene aumentato e mantenuto, sino ad oggi, a 600 mg/die.
Dopo soli 3 mesi dall’inizio del trattamento con nilotinib il paziente ottiene una risposta citogenica completa (CCyR) e una riduzione del trascritto BCR/ABL %IS da 0,85 a 0,004. La CCyR viene confermata dopo 6 mesi e dopo 12 mesi di terapia e il trascritto BCR/ABL %IS si riduce ulteriormente realizzando una risposta molecolare MR4.5 dopo 6 e 12 mesi di terapia. Ad oggi, il paziente è in trattamento con nilotinib 600 mg/die, in assenza di tossicità ematologica o extraematologica, ha una buona compliance e presenta una risposta MR 4,5 (Figura 1).
Discussione
Tipo di risposta |
Monitoraggio |
Risposta ematologica |
Alla diagnosi, poi ogni 15 giorni fino al raggiungimento e conferma di CHR, poi almeno ogni 3 mesi o come richiesto |
Risposta citogenetica |
Alla diagnosi, a 3 mesi e a 6 mesi; poi ogni 6 mesi fino al raggiungimento e conferma di CCyR, poi ogni 12 mesi se non è possibile garantire un monitoraggio molecolare regolare; sempre in caso di failure del trattamento (resistenza primaria o secondaria) e in caso di anemia inspiegabile, leucopenia o trombocitopenia |
Risposta molecolare da RT-Q-PCR |
Ogni 3 mesi fino al raggiungimento e conferma di MMolR, poi almeno ogni 6 mesi |
Risposta molecolare da analisi mutazionale |
In caso di risposta subottimale o failure; sempre richiesta prima di effettuare un cambio di terapia (verso altri TKI o altri farmaci) |
Tabella II. Tempistica di monitoraggio secondo le raccomandazioni ELN 2009
CCyR = Complete Cytogenetic Response
CHR = Complete Hematologic Response
MMolR = Major Molecular Response
RT-Q-PCR = Real-Time Quantitative Polymerase Chain Reaction
TKI = TirosinKinase Inhibitors
Il caso clinico appena descritto vuole ulteriormente sottolineare l’importanza di eseguire un attento e corretto monitoraggio della malattia in corso di terapia con imatinib, e in generale con TKI, non soltanto durante le prime fasi della malattia, ma anche nel tempo rispettando le timelines. Le raccomandazioni ELN [1] vengono in nostro supporto, fornendoci i concetti chiave sul ruolo del monitoraggio e sulle definizioni di risposta: in un paziente in fallimento bisogna cambiare inibitore per prevenire la progressione di malattia (Tabella II).
Al nostro paziente, dopo i primi tre anni di trattamento con imatinib, era stata controllata esclusivamente la risposta ematologica, contrariamente a quanto indicato dalle linee guida (Tabella II), e non aveva più effettuato alcun esame del midollo per valutare la risposta citogenetica [1] né era stata valutata una risposta molecolare. La nostra rivalutazione ha permesso di evidenziare che il paziente, seppur compliante alla terapia con imatinib e in risposta ematologica completa, era failure al trattamento. Da qui la necessità di cambiare terapia.
La scelta di avviare il paziente a trattamento di seconda linea con nilotinib è stata dettata da diverse considerazioni. In primo luogo è stata valutata la specificità della molecola per il target di malattia.
Nilotinib è un inibitore tirosin chinasi di seconda generazione più potente e selettivo di imatinib. I legami a idrogeno di imatinib sono stati sostituiti da interazioni lipofiliche, evidenziando una sua minore mutagenicità [2]; nilotinib presenta una maggiore selettività e affinità di legame con il dominio chinasico di BCR-ABL. Il razionale farmacologico è supportato dai dati di letteratura.
I risultati del trial di fase II che ha determinato la registrazione di nilotinib in II linea hanno evidenziato al follow up di 24 mesi risposte citogenetiche maggiori nel 59% dei pazienti e complete nel 44%, con una sopravvivenza dell’87% [3]. La presenza della CHR baseline, così come evidenziato dagli studi di fase II, permette l’ottenimento di una risposta citogenetica sia maggiore sia completa in una percentuale maggiore di pazienti e in tempi più rapidi rispetto alle condizioni di non CHR.
Oggi noi disponiamo dei dati del follow-up a 48 mesi dello studio registrativo di II linea da dove si evince che i pazienti con risposta ematologica completa al basale presentano un maggiore tasso di PFS (Progression Free Survival) rispetto ai pazienti senza risposta ematologica completa (71% vs 49%, P = .001). Inoltre i pazienti con risposta citogenetica completa a 12 mesi presentano una più alta PFS se paragonati ai pazienti che a 12 mesi non hanno ottenuto una risposta citogenetica completa: 89% vs 56% (P < .0001). Il tasso stimato di OS (Overall Survival) a 48 mesi è del 78% (95% CI: 73%-83%). Inoltre la profondità della risposta molecolare dopo tre mesi di trattamento correla significativamente con la OS a 48 mesi; infatti il raggiungimento di livelli di trascritto < 1%, compresi tra 1-10% e > 10%, a tre mesi è associato ad una OS del 95%, 81% e 71% rispettivamente (Figura 2) [4].
Figura 2. Andamento della OS (Overall Survival) in base ai livelli di trascritto di BCR-ABL a 3 mesi [4]
In secondo luogo, anche se le comorbidità cardiaca e diabetica possono essere considerate due potenziali controindicazioni all’uso di nilotinib, i risultati di ampi studi come lo studio ENACT [5] ed ENESTnd [7] hanno fornito informazioni in merito al profilo di sicurezza. Lo studio ENACT (Expanding Nilotinib Access in Clinical Trials) condotto allo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza di nilotinib in II linea su una popolazione di circa 1400 pazienti resistenti o intolleranti a imatinib ha evidenziato una incidenza di alterazioni elettrocardiografiche (prolungamento del QTc>500ms) < 1%.
Anche la sub-analisi di uno studio di fase II su 321 pazienti, 1/3 dei quali anziani (> 65 anni), resistenti o intolleranti a imatinib, ha dimostrato che non ci sono differenze tra le due popolazioni di pazienti di età < 65 o > 65 anni in termini di incidenza di infarto del miocardio, scompenso cardiaco o prolungamento del QTc >500 msec [6].
In merito alla patologia diabetica, una sub-analisi del trial ENEStnd presentato all’ASH 2010 su una popolazione di pazienti già diabetici al momento della diagnosi di LMC ha evidenziato che il 74% dei pazienti non aveva modificato la terapia antidiabetica, e in tutti i pazienti non vi erano state variazioni significative del tasso glicemico, del peso corporeo e dell’HbA1c [7].
Concludendo, i risultati ottenuti nel nostro paziente sono in linea con quanto evidenziato dallo studio di fase II registrativo in termini di efficacia, e in linea con le evidenze emerse dalle sotto-analisi dei trials di fase II e fase III di nilotinib, sia in prima sia in seconda linea, in termini di safety.
Bibliografia