key: cord-0840331-6bxtgdrb authors: Donati, S. Y.; Papazian, L. title: Polmoniti nosocomiali acquisite sotto ventilazione meccanica date: 2008-12-31 journal: EMC - Anestesia-Rianimazione DOI: 10.1016/s1283-0771(08)70292-5 sha: 5bea1407f7c18ef88f4d7ac325d6a7af6960f71d doc_id: 840331 cord_uid: 6bxtgdrb Le polmoniti sono la prima causa di infezione nosocomiale in rianimazione. Le polmoniti nosocomiali acquisite sotto ventilazione meccanica (PNAVM) compaiono dopo almeno 48 ore di ventilazione meccanica invasiva. Il loro meccanismo è multifattoriale, ma predomina la nozione di inalazione che compare dopo una colonizzazione orofaringea, gastrica o tracheale. Il tempo di comparsa permette di classificare queste PNAVM come precoci o tardive a seconda che compaiano prima o dopo il 5° giorno di ventilazione meccanica. La diagnosi può essere aiutata dalla clinica, essenzialmente grazie al punteggio CPIS (Clinical Pulmonary Infection Score), e dal lavaggio broncoalveolare (BAL), che sembra l’esame più utile per la diagnosi microbiologica. La diagnosi differenziale con una pneumopatia non batterica o anche non infettiva (neoplastica, infiammatoria, fibrotica) o la ricerca di un altro focolaio infettivo devono sempre essere discusse in funzione dell’orientamento clinico iniziale o del fallimento della terapia antibiotica. Il ricorso preferenziale alla ventilazione non invasiva, quando possibile, sembra utile per prevenire l’insorgenza di una pneumopatia nosocomiale. La posizione semiseduta del paziente a 30–45° è la sola misura profilattica veramente validata di prevenzione delle PNAVM. Il trattamento curativo delle polmoniti batteriche si basa in genere su una doppia terapia antibiotica. Quest’ultima può essere orientata dai dati di prelievi non invasivi, come le aspirazioni tracheali, realizzate in modo periodico e sistematico. La durata del trattamento è discussa, ma gli ultimi dati sono in favore di una terapia antibiotica relativamente breve, di 8 giorni. Una pneumopatia infettiva in rianimazione è sospettata in base a elementi clinici e diagnostici quali la presenza di una sindrome infettiva (febbre o ipotermia/iperleucocitosi o leucopenia), la presenza di una broncorrea purulenta, la comparsa o la modificazione di un'immagine radiologica polmonare preesistente (sindrome alveolare o interstiziale) e una degradazione dell'ematosi all'emogasanalisi arteriosa. I prelievi a scopo microbiologico possono allora confermare il carattere infettivo di questa pneumopatia. Una pneumopatia infettiva nosocomiale è definita come un'infezione polmonare acquisita dopo almeno 48 ore di ospedalizzazione. Il termine di «pneumopatie nosocomiali acquisite sotto ventilazione meccanica» (PNAVM) riguarda le infezioni acquisite dopo almeno 48 ore di ventilazione artificiale invasiva. Le pneumopatie sono la prima causa di infezioni nosocomiali in rianimazione. In uno studio multicentrico europeo [1] su 10 000 pazienti la prevalenza delle polmoniti nosocomiali si fissava intorno al 10%, il che rappresenta il 47% delle infezioni acquisite in rianimazione. A partire dai dati provenienti da un centinaio di ospedali nordamericani, è stata segnalata un'incidenza del 9,3% di PNAVM nei pazienti ventilati per più di 24 ore [2] . Tuttavia, l'incidenza precisa è difficile da stabilire data l'estrema eterogeneità dei criteri diagnostici impiegati. Si situa generalmente tra il 15 e il 30% e fino al 70% nei soggetti ventilati per più di 48 ore [3] . Tuttavia, l'uso di criteri rigorosi che includono la documentazione microbiologica delle PNAVM con un metodo di prelievo specifico permette di concludere per un'incidenza molto più bassa, dell'ordine del 15%, nei pazienti ventilati per più di 48 ore [4] . Comunque, il rischio di sviluppare una PNAVM si riduce nel corso del tempo: del 3% al giorno fino alla 5 a giornata, non è più del 2% al giorno alla 10 a giornata e dell'1% al giorno alla 15 a giornata [5] . La mortalità delle pneumopatie nosocomiali varia dal 13 al 55% a seconda dei lavori [6] . Questa disparità è in gran parte legata al tipo di pazienti studiati (medici, chirurgici, traumatologici), ma anche all'eterogeneità dei criteri diagnostici utilizzati. La gravità della malattia di base costituisce un fattore essenziale, spesso mal valutato nei lavori che riportano i tassi di mortalità. Pochi lavori differenziano i decessi che si verificano in pazienti che presentano una pneumopatia nosocomiale da quelli in cui è possibile pensare che siano dovuti alla pneumopatia nosocomiale. Il banale paragone del tasso lordo della mortalità dei pazienti che hanno presentato una PNAVM con quello di pazienti che non ne hanno sviluppato alcuna durante il soggiorno in rianimazione mostra spesso una differenza molto importante, con un numero di decessi da 3 a 10 volte più elevato in presenza di una pneumopatia. Gli studi dedicati alla prevenzione delle PNAVM attraverso la decontaminazione digestiva selettiva o con la scelta del tipo di protettore gastrico portano alla conclusione che il numero di PNAVM è diminuito ma che la mortalità è immutata [4] . Allo stesso modo, la comparsa di una PNAVM nel corso dell'evoluzione di una sindrome di distress respiratorio acuto (ARDS) non modifica la mortalità [7] . Pochi studi sono stati dedicati unicamente alla prognosi delle pneumopatie nosocomiali. Così, Leu et al. [8] hanno pubblicato uno studio di coorte retrospettiva appaiata su 74 coppie di pazienti. La mortalità in ogni gruppo era simile, con una differenza non significativa: 20% in presenza di una polmonite nosocomiale, 14% in sua assenza. Uno studio [4] si è basato sulla mortalità delle PNAVM documentate con brushing telescopico protetto (BTP). Nei pazienti che presentano una PNAVM gli autori hanno segnalato una mortalità 2 volte più importante di quella notata nei controlli (54 contro 27%). Utilizzando una metodologia similare, si nota un'assenza di aumento della mortalità in un altro lavoro [9] nel quale sono state costituite 85 coppie di pazienti, con una diagnosi di PNAVM anche qui posta con BTP e dove la mortalità era del 41% nei due gruppi. Se si esaminano più da vicino le discordanze tra questi lavori, si constata che la differenza principale riguarda l'allineamento sulla diagnosi. Il lavoro che mostra un aumento dell'eccesso di mortalità [4] non comportava alcun accoppiamento sul tipo di chirurgia né sulla malattia sottostante che aveva motivato l'intervento. Inoltre, è stato dimostrato che la differenza di mortalità non poteva essere spiegata attraverso la scelta della tecnica diagnostica (BTP o altra tecnica). Il lavoro di Timsit et al. [10] ha anche dimostrato l'assenza di un aumento della mortalità dellle PNAVM utilizzando una metodologia differente (analisi di regressione logistica). In uno studio casocontrollo dove 108 pazienti morti sono stati accoppiati a 108 sopravvissuti utilizzando 6 criteri (la diagnosi, l'età, il sesso, la data di ricovero, il punteggio APACHE II al ricovero e la durata di ventilazione), l'incidenza di PNAVM del 36,1% era identica nei due gruppi [11] . L'analisi multivariata realizzata ha riscontrato che l'insufficienza renale, l'insufficienza ematologica e la corticoterapia erano dei fattori di rischio di mortalità indipendenti, ma non la presenza di una PNAVM [11] . Molto recentemente, uno studio internazionale su 2 897 pazienti non rileva alcun aumento della mortalità legato alla comparsa di una PNAVM [12] . Anche in pazienti politraumatizzati con trauma cranico o che hanno presentato un accidente vascolare cerebrale la comparsa di una PNAVM non sembra modificare la prognosi. Al contrario, essa sembra aggravare quella dei pazienti ventilati che presentano un'insufficienza respiratoria cronica di natura ostruttiva [13] . Il carattere polimicrobico delle PNAVM non sembra neppure influenzare la prognosi. Alla luce di questi studi si deve sottolineare che alcuni fattori sono peggiorativi quando sono presenti in pazienti con una PNAVM. Questo vale per l'età, oltre i 60 anni [8] , per la malattia sottostante e per la presenza di uno stato di shock [14] . Altri fattori sono più discussi, quali il carattere precoce o tardivo della pneumopatia [14] , la comparsa in insufficienti respiratori cronici restrittivi oppure, ancora, il microrganismo in causa (Pseudomonas aeruginosa o Acinetobacter baumanii, in particolare). Al contrario, sembrerebbe che il tipo di pazienti, medico o chirurgico, non influenzi la prognosi. Inoltre, l'evoluzione a breve termine sotto terapia antibiotica permette di precisare la prognosi. In effetti una diminuzione del punteggio clinico CPIS (Clinical Pulmonary Infection Score) 3 e 5 giorni dopo la diagnosi di PNAVM appare solo nei pazienti che sopravvivono [15] . Il ruolo delle PNAVM sul prolungamento della durata di ventilazione e di ricovero in rianimazione non è invece oggetto di alcuna controversia, ma resta difficile da quantificare. Infine, la spesa causata dalla comparsa di una PNAVM è molto elevata, variando da 12 000 a più di 40 000 dollari (8 000-27 000 euro) per paziente [16] . Complessivamente, la comparsa di una PNAVM non appare un fattore indipendente di aumento della mortalità (salvo che " Punto importante Le PNAVM sono la prima causa di infezione nosocomiale in rianimazione. Hanno un'incidenza molto variabile, del 15% circa in caso di ventilazione di oltre 48 ore e di prelievo microbiologico specifico. Tre meccanismi sono necessari alla comparsa di una PNAVM: • colonizzazione tracheobronchiale attraverso la colonizzazione orofaringea, gastrica o la contaminazione tracheale primitiva o esogena; • persistenza di germi; • alterazione dei meccanismi di difesa del paziente. per i pazienti che presentino un'insufficienza respiratoria cronica ostruttiva), che sembra piuttosto legato al contesto clinico su cui questa pneumopatia insorge e alle comorbilità associate. La distribuzione dei germi responsabili di PNAVM (Tabella 1, Figura 1) [6] è influenzata dal tipo di analisi microbiologica che ha condotto alla diagnosi, ma anche dalla presenza di una precedente terapia antibiotica per via sistemica, dal tipo di malato studiato (medico, chirurgico o traumatologico) e dalla presenza di comorbilità. Questa distribuzione è anche notevolmente influenzata dal tempo di comparsa della pneumopatia: [17] . Inoltre, esistono differenze ecologiche molto importanti da un paese all'altro, da una regione all'altra, da una città all'altra e da un servizio di rianimazione a un altro. È quindi fondamentale identificare bene gli agenti responsabili di polmoniti precoci e quelli responsabili di polmoniti tardive all'interno di ciascun servizio, per adattare al meglio le antibioticoterapie probabiliste. Alcune PNAVM possono essere legate a batteri definiti multiresistenti (BMR). Si tratta di Staphylococcus aureus oxa-R, di Pseudomonas aeruginosa, di Acinetobacter baumanii, di Stenotrophomonas sp. e di enterobatteri produttori di b-lattamasi ad ampio spettro. I fattori di rischio di comparsa di questi microrganismi sono stati precisati nelle recenti raccomandazioni dell'Infection Diseases Society of America (IDSA) e dell'American Thoracic Society (ATS) [18] . I batteri anaerobi, che sono raramente evidenziati a causa delle difficili condizioni di coltura, sono in effetti spesso copatogeni nelle PNAVM precoci e non sembrano aggravare la prognosi. I batteri intracellulari (Legionella pneumophila soprattutto di sierogruppo 1, Chlamydia pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae), più frequentemente in causa nelle pneumopatie comunitarie, sono cause possibili di PNAVM. Nel caso della Legionella pneumophila si tratta di una contaminazione legata all'ambiente idrico e i casi di acquisizioni nosocomiali rappresentano in realtà una parte relativamente importante, fino al 30%, a seconda degli studi. A proposito di Candida sp. è stato chiaramente dimostrato che non esistevano dei criteri di certezza al di fuori di quelli riscontrati su una biopsia polmonare [19] e che la positività di un prelievo microbiologico, diretto o meno, non aveva alcun valore [19] . Aspergillus sp. è chiamato in causa soprattutto nei pazienti immunodepressi, specialmente in oncoematologia, ed è raro nel paziente immunocompetente. I virus respiratori quali Influenza, Parainfluenza, Adenovirus e il virus respiratorio sinciziale (soprattutto presente in ambito pediatrico) rappresenterebbero quasi il 70% delle cause virali di pneumopatie nosocomiali [18] , ma sono in pratica raramente ricercati. Nel 2003 il coronavirus della sindrome respiratoria Altri streptococchi Escherichia coli, Klebsiella sp. Enterobacter sp., Proteus sp. Corynebacterium sp. Nocardia sp. Pseudomonas aeruginosa, Burkholderia cepacia Acinetobacter sp. Neisseria sp. Moraxella sp. Bacteroides sp., Fusobacterium sp. Prevotella sp., Actinomyces sp. acuta grave (SARS) è stato implicato in qualche caso di polmoniti nosocomiali, ma non è stato descritto nel quadro delle PNAVM. Herpes simplex virus (HSV) e citomegalovirus (CMV) devono essere ricercati, anche nei pazienti non immunodepressi, in particolare nel quadro di PNAVM tardive [20] . La fisiopatologia si basa su tre meccanismi necessari: una colonizzazione tracheobronchiale, la persistenza dei germi e un'alterazione dei meccanismi di difesa. Sotto riserva di un controllo rigoroso delle fonti esogene di contagio, come la via manuale e i materiali sporchi, noi sappiamo da quasi 30 anni che il paziente stesso, attraverso una colonizzazione tracheobronchiale, rappresenta la principale fonte di infezione nosocomiale. La via ematogena a partire da una setticemia o da un focolaio a distanza è un meccanismo inconsueto. Tuttavia, l'origine precisa dei germi responsabili di PNAVM resta controversa. La colonizzazione orofaringea sembra essere coinvolta in modo preponderante nella colonizzazione tracheobronchiale e nella genesi di una PNAVM. Diversi studi depongono in favore di questo meccanismo e hanno in particolare dimostrato che, nel 76% dei casi di PNAVM in media, lo stesso batterio è riscontrato a livello orale e a livello polmonare [21] . Un altro studio, che confrontava il ruolo del sucralfato con quello degli antiacidi nell'incidenza delle PNAVM, mostrava che nel 97% dei casi i prelievi eseguiti sotto fibroscopia bronchiale ritrovavano lo stesso batterio che nelle colture di prelievi orofaringei eseguiti prima della comparsa della pneumopatia. La flora orale comporta circa 500 specie di batteri che comprendono essenzialmente degli anaerobi. Questa flora può essere modificata da diversi fattori, portando alla colonizzazione della cavità orofaringea da parte dei germi implicati nelle PNAVM. Il ricovero, in linea generale, e il soggiorno nel settore di terapia intensiva o di rianimazione in particolare, favoriscono la presenza di Staphylococcus aureus e di batteri Gram negativi aerobi e aeroanaerobi. All'inizio della degenza sono essenzialmente dei batteri Gram positivi a essere riscontrati nella flora colonizzante, per essere sostituiti in seguito da batteri Gram negativi la cui percentuale cresce con la durata della degenza [22] . Una tale alterazione della flora si verifica talvolta fin dalle prime 24 ore di ospedalizzazione [23] . La gravità della patologia è anche implicata nella colonizzazione orofaringea da batteri Gram negativi. Johanson et al. [23] in un vecchio studio avevano mostrato, realizzando delle colture orofaringee in 5 gruppi di pazienti, che la prevalenza della colonizzazione da batteri Gram negativi era dello 0-2% nei soggetti sani e del 57% nei pazienti più gravi. I meccanismi di questa colonizzazione non sono chiaramente definiti: igiene orodentale difettosa, alterazione quantitativa o qualitativa della secrezione salivare (sindrome di Gougerot-Sjögren, radioterapia, alcuni farmaci), origine digestiva, antibioticoterapia sistemica o locale o antisettico (tipo clorexidina) somministrato per controllare la flora orale e che può in effetti distruggere la flora commensale incaricata di inibire lo sviluppo di questi microrganismi patogeni. Il ruolo diretto dell'ambiente ospedaliero (trasmissione crociata, materiale contaminato) è probabilmente meno importante nel nostro paese [NdR: la Francia] dopo che sono state intraprese delle misure di lotta contro le infezioni nosocomiali. Inoltre, la presenza di una colonizzazione orofaringea da batteri Gram negativi non è esclusivamente riscontrata nei pazienti ricoverati. In effetti, si è dimostrato che fino al 59% dei soggetti etilisti cronici ambulatoriali e fino al 36% dei diabetici ambulatoriali erano portatori di questo tipo di colonizzazione [21] . Gli enterobatteri Gram negativi sono i germi più frequentemente riscontrati come responsabili di PNAVM, il che ha condotto logicamente a ritenere che il ruolo del tratto digestivo nella genesi di queste pneumopatie fosse importante. Esiste una proliferazione batterica nello stomaco dei pazienti in rianimazione: questa colonizzazione era considerata da molti come la prima fonte di colonizzazione tracheobronchiale [24] , cosa che è rimessa in discussione da alcuni [25] . Questa colonizzazione ha diverse possibili origini: reflusso duodenogastrico (presenza di enterobatteri Gram negativi, aumento del pH legato a una forte concentrazione di bilirubina) legato all'ileo paralitico frequente nei pazienti di rianimazione sedati, contaminazione attraverso la sonda gastrica e contaminazione attraverso i liquidi instillati nella sonda gastrica. Prelievi ripetuti su diversi siti hanno permesso di dimostrare la sequenza successiva, detta «meccanismo gastropolmonare»: dopo una progressione retrograda di questi microrganismi dallo stomaco verso l'esofago e l'orofaringe, l'albero tracheobronchiale è contaminato grazie ai disturbi della deglutizione con micro-o macro-inalazioni ripetute che si producono anche in presenza di una sonda da intubazione con palloncino gonfiato. Un pH gastrico al di sopra di 4,5 (aumento legato soprattutto all'uso di terapie antiulcera, all'alimentazione enterale e a un eventuale reflusso duodenogastrico) favorisce questa colonizzazione. Allo stesso modo, il ricorso a un'alimentazione enterale fin dalle prime ore di ventilazione meccanica senza utilizzare una terapia antiulcera non riduce la colonizzazione gastrica [26] . Al contrario, l'acidificazione delle preparazioni per nutrizione enterale, portando il pH a un valore di 3,5, potrebbe essere un mezzo di prevenzione della colonizzazione gastrica [27] . Diversi lavori hanno evidenziato una colonizzazione tracheale primitiva. Essa potrebbe riguardare fino alla metà delle colonizzazioni [28] . Una contaminazione esogena per inoculazione intratracheale diretta, manuale da parte del personale o del malato stesso è probabilmente all'origine di alcuni di questi casi. Benché la sorgente endogena sia al primo posto nella colonizzazione tracheobronchiale, alcuni autori hanno dimostrato che la fonte esogena era lungi dall'essere trascurabile. Merrer et al. hanno mostrato che il 33% dei loro pazienti colonizzati da Staphyloccocus aureus oxa-R lo era stato per via esogena [29] . Allo stesso modo, Bergmans et al. hanno concluso che la contaminazione esogena era coinvolta nel 25% dei pazienti portatori di " Punti importanti Fattori di rischio che aumentano l'incidenza dei batteri multiresistenti [18] • Antibioticoterapia nei 90 giorni precedenti. • Ricovero in ospedale attuale ≥5 giorni. • Ricovero in ospedale ≥48 ore nei 90 giorni precedenti. • Frequenza locale elevata di batteri multiresistenti. • Immunodepressione/terapia immunosoppressiva. • Residenza in una struttura medicalizzata (casa di riposo, lungodegenza ecc.). • Infusione a domicilio. • Dialisi convenzionale nei 30 giorni precedenti. • Membro della famiglia o dell'ambiente prossimo portatore di BMR. una PNAVM da Pseudomonas aeruginosa [30] . Il contagio per via esogena è in realtà spesso legato a una trasmissione orizzontale crociata con origine gli altri pazienti colonizzati e vettore le mani del personale sanitario. Alcuni studi, già vecchi, sono edificanti a questo riguardo. In particolare, Maki ha dimostrato che le mani del 64% del personale di terapia intensiva erano contaminate da Staphylococcus aureus [31] . Nello studio di Larson il 21% del personale ospedaliero era portatore di germi Gram negativi (Acinetobacter sp., Klebsiella sp. e altri enterobatteri) a livello delle mani [32] . L'educazione insufficiente del personale, il carico di lavoro, il numero ridotto del personale, l'organizzazione carente entro le equipe possono essere dei fattori che favoriscono questa trasmissione crociata. Altri elementi, utilizzati dal personale sanitario, come i loro indumenti, gli stetoscopi e i bracciali per la pressione arteriosa possono essere teoricamente fonti di contaminazione, ma il loro coinvolgimento reale è difficile da valutare. Staphyloccocus aureus era riscontrato sulla membrana degli stetoscopi del 38% del personale sanitario nello studio di Marinella et al. [33] . La contaminazione esogena a partire da elementi del respiratore è, ai nostri giorni, raramente implicata. Ciò si deve in parte al fatto che i circuiti sono contaminati sempre più da vicino dalle secrezioni proprie del paziente. È anche possibile la colonizzazione tracheobronchiale per via esogena con altri apparecchi contaminati utilizzati in rianimazione: aerosol per nebulizzazione, insufflatore manuale di rianimazione, fibroscopio bronchiale, sonda per ecografia cardiaca transesofagea. Srinivasan et al. avevano descritto un'epidemia di polmoniti da Pseudomonas aeruginosa legata alla contaminazione di un endoscopio bronchiale [34] . Infine, le fonti di contagio ambientali (aria, superfici, acqua) in rianimazione possono essere all'origine di colonizzazione e di PNAVM. Per lo sviluppo dell'infezione è necessaria una patogenia particolare dei germi che hanno penetrato l'albero aereo. In effetti, l'adesione dei batteri alle cellule epiteliali è una proprietà di alcuni microrganismi quali Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella pneumoniae e gli streptococchi di gruppo A. L'adesione è ridotta dalle immunoglobuline A (IgA) secretorie e sembra più marcata sull'epitelio ciliato della trachea che sull'epitelio squamoso dell'orofaringe. Con il calcolo di un indice di adesione, diversi lavori hanno riscontrato un'adesione preferenziale dei batteri alle cellule orali di pazienti di rianimazione in confronto con dei soggetti sani [35] . Così, più l'indice di adesione dell'epitelio è elevato, più i pazienti hanno un'incidenza elevata di PNAVM [36] . La sequenza adesione-colonizzazione-infezione è allora molto probabile, legata soprattutto a una modificazione delle superfici cellulari e del glicocalice di idrocarburi protettivo che riveste l'epitelio. In effetti, un aumento dell'attività delle esoglicosidasi, enzimi che liberano dei monosaccaridi del glicocalice, è stato dimostrato nella saliva e nella trachea di pazienti sotto ventilazione meccanica. Questo aumento si accompagna a un aumento dell'adesione dei batteri Gram negativi [37] . Confermando questa ipotesi, è stata osservata una riduzione dei livelli di galattosio e di acido sialico nelle secrezioni tracheali di alcuni pazienti in rianimazione [38] . Nel soggetto intubato o tracheotomizzato non esiste più una filtrazione attraverso le vie aeree superiori delle particelle di più di 10 µm di diametro. L'orofaringe e la glottide sono in comunicazione senza un meccanismo protettivo e il riflesso della tosse è diminuito, o addirittura totalmente inibito, in caso di forte sedazione o di utilizzo di curarici. La circolazione unidirezionale in senso caudocraniale dei fluidi sulle superfici epiteliali (tappeto mucociliare) si trova alterata dalle lesioni mucose che provocano la presenza di materiale estraneo, le aspirazioni tracheali e le inalazioni ripetute di liquido gastrico. La disfunzione mucociliare è ancora aumentata in caso di insufficiente umidificazione dei gas inspirati o per concentrazioni elevate di ossigeno. L'alterazione dei mezzi biochimici e cellulari locali di difesa è anch'essa coinvolta nella comparsa di una PNAVM. In teoria, i macrofagi esercitano un potere battericida per il loro potere di fagocitosi, che i linfociti e i leucociti potenziano per mezzo di citochine o di immunoglobuline opsonizzanti. Esiste anche una citotossicità diretta di queste cellule. Alcune sostanze antimicrobiche non specifiche hanno un potere battericida: lisozima, transferrina, frazioni del complemento. Tra le differenti immunoglobuline implicate, le IgA secretorie sembrano assumere il ruolo principale nel processo di difesa contro le infezioni polmonari. È stato segnalato un aumento crescente con la durata della ventilazione meccanica del rapporto IgA/albumina nelle secrezioni bronchiali. Questo aumento è circa 6 volte inferiore nei pazienti che sviluppano una PNAVM rispetto a quelli che non la sviluppano [39] . Un'altra sostanza, la proteina A, sarebbe la principale tra le componenti del surfactante implicate nei processi alveolari di distruzione batterica. È stata riscontrata in quantità significativamente ridotta nel lavaggio broncoalveolare (BAL) dei pazienti affetti da pneumopatia rispetto ai soggetti volontari sani e a malati affetti da fibrosi idiopatica [40] . L'età, l'obesità, il sesso maschile, l'alcolismo cronico, lo stato nutrizionale alterato, l'immunosoppressione, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la presenza di deficit viscerali associati, in particolare l'insufficienza renale [43] , sono incostantemente riscontrati come fattori di rischio indipendenti di PNAVM. Al contrario, il rischio sembra correlato al punteggio APACHE II quando è superiore a 15 e alla prognosi quando l'evoluzione del paziente è ritenuta fatale a breve o a medio termine [43] . I pazienti chirurgici (soprattutto in caso di chirurgia combinata toracoaddominale o di carattere urgente dell'intervento chirurgico o in presenza di un trauma cranico con coma) sviluppano più PNAVM dei pazienti internistici [44] . Sembra che la presenza di una ADRS aumenti il rischio di comparsa di una PNAVM, senza tuttavia che quest'ultima sia identificata come un fattore di aumento della mortalità. Fattori di rischio indipendenti di acquisizione di una pneumopatia nosocomiale acquisita sotto ventilazione meccanica (PNAVM) identificati mediante analisi multivariata [6, 41, 42] . Fattori legati alla rianimazione La ventilazione meccanica è il principale fattore associato alla comparsa di una pneumopatia nosocomiale: un gran numero di studi dimostra che la comparsa di PNAVM aumenta con la durata della ventilazione [45, 46] . Tuttavia, il legame di causalità non è evidente, poiché la necessità di una ventilazione prolungata è spesso legata alla presenza di una pneumopatia. Uno studio prospettico riguardante 567 pazienti aveva dimostrato che il rischio di sviluppare una PNAVM aumenta in modo costante dell'1% ogni giorno supplementare di ventilazione [45] . Tuttavia, questo aumento non sarebbe lineare. In effetti, lo studio di Langer et al. [46] ha concluso che il rischio di sviluppare una PNAVM è massimo verso l'8-10 o giorno di ventilazione. Al contrario, Cook et al. hanno dimostrato che il rischio intrinseco di sviluppare una PNAVM diminuisce con il tempo: del 3% al giorno fino al 5 o giorno, non supera il 2% al giorno al 10 o giorno e l'1% al giorno al 15 o giorno. Diversi dati su ampie casistiche confermano che la maggior parte delle PNAVM compare prima dei 10 giorni di ventilazione [47] con una durata media di ventilazione prima dell'infezione che oscilla tra i 6 e i 10 giorni [43, 48] . Il limite di solito ammesso per differenziare le PNAVM precoci dalle PNAVM tardive è il 5 o giorno di ventilazione meccanica. Questa distinzione spiega meccanismi fisiopatologici diversi con, da una parte, pneumopatie precoci in maggioranza secondarie a inalazioni, spesso precedenti l'uso del ventilatore e, dall'altra, pneumopatie tardive effettivamente acquisite sotto ventilazione meccanica [49] . Il termine inglese di ventilator associated pneumonia rimanda all'ipotesi iniziale che avanzava il ruolo della contaminazione attraverso i circuiti del ventilatore. Questa ipotesi aveva permesso all'epoca di raccomandare la sostituzione quotidiana, o anche pluriquotidiana, dei circuiti, senza alcun razionale scientifico. La realizzazione di studi che riguardano specificamente il ruolo dei circuiti ha permesso di concludere che, sotto riserva di una sterilizzazione adeguata del materiale e del rispetto delle regole elementari di igiene in rianimazione, questi circuiti non sono responsabili di PNAVM [50] . Tuttavia, la condensa formata nei tubi può contenere più di 10 5 batteri per millilitro: il rischio è allora il suo passaggio nella trachea o verso l'esterno, in particolare sulle mani del personale durante le manipolazioni del circuito. Dreyfuss et al. sono stati i primi a raccomandare di non sostituire sistematicamente i circuiti [51] . Kollef et al., in seguito, hanno dimostrato, in uno studio prospettico concernente 345 pazienti, che la sostituzione settimanale confrontata con l'assenza di sostituzione dei circuiti del ventilatore non aveva alcuna influenza sull'incidenza delle PNAVM [52] . Un aumento dell'incidenza delle PNAVM è stato segnalato anche quando erano effettuate delle sostituzioni quotidiane dei circuiti [53] . Le meta-analisi che raggruppano i quattro studi prospettici randomizzati realizzati sull'argomento evidenziano il vantaggio di una diminuzione della frequenza delle sostituzioni di circuito. La riduzione del costo è, ovviamente, stata avanzata come argomento positivo in questo atteggiamento. Tuttavia, l'uso massimale di un circuito in condizioni di igiene ottimali per il paziente è sconosciuto, e la sola raccomandazione è quella di sostituire il circuito tra i vari pazienti. Gli umidificatori riscaldanti sarebbero solo poco in causa nella comparsa di PNAVM [54] a condizione di utilizzare acqua sterile, e l'impiego dei filtri scambiatori di calore e di umidità, di cui alcuni sono ritenuti avere proprietà antibatteriche, non sembra ridurre l'incidenza delle PNAVM [53] . I nebulizzatori per aerosol veicolano delle particelle fino alle strutture respiratorie distali e, se sono contaminati, possono provocare delle pneumopatie molto gravi. Kollef ha dimostrato che il loro uso sul ventilatore era un fattore di rischio indipendente di PNAVM [41] . Uno studio in particolare aveva segnalato 16 episodi di polmoniti nosocomiali legati all'uso di aerosol nebulizzatori contaminati da Burkholderia cepacia [55] . Alcuni raccomandano per questo motivo l'uso di aerosol dosatori piuttosto che la nebulizzazione, ma senza che uno studio randomizzato possa per il momento permettere di giungere a una raccomandazione. Favorisce il passaggio di germi dall'orofaringe verso la trachea malgrado i palloncini. Quando questi palloncini non sono gonfiati a una pressione di almeno 20 cmH 2 O, il rischio di PNAVM è moltiplicato per 2,5 [56] . Uno studio già vecchio ha dimostrato che le reintubazioni sono un fattore di rischio importante di comparsa di PNAVM [57] . Tuttavia, uno studio recente ha permesso di rilevare che solo le reintubazioni che fanno seguito alle estubazioni accidentali causate dai sanitari aumentavano il rischio di comparsa di una PNAVM (rischio relativo: 1,8) [58] . Una reintubazione necessaria dopo un'autoestubazione, causata dal paziente o dopo un fallimento di svezzamento [58] non aumenta il rischio di PNAVM. Infine, la presenza di sonde nasotracheali favorisce la comparsa di sinusiti mascellari, quasi quadruplicando il rischio di PNAVM [42] . Nessun lavoro metodologicamente ben condotto ha dimostrato un effetto protettivo dell'intubazione rispetto alla tracheotomia nei confronti della comparsa di PNAVM. Il dibattito tra l'uso di un'intubazione prolungata o di una tracheotomia precoce è lungi dall'essere terminato. Si descrivono però più casi di PNAVM nei pazienti tracheotomizzati che in caso di intubazioni oro-o nasotracheali [59] . Tuttavia, il terreno e la patologia che avevano motivato la realizzazione di una tracheotomia sembrano essere più importanti della tecnica stessa. Inoltre, nessuno studio prospettico randomizzato ha permesso di evidenziare differenze in termini di incidenza di PNAVM tra tracheotomia chirurgica e tracheotomia percutanea. Le aspirazioni tracheali possono provocare una contaminazione esogena per via manuale, specialmente se non sono rispettate regole di igiene rigorosa (disinfezione delle mani con una soluzione idroalcolica, uso di guanti sterili o di sonde ricoperte, sonda di aspirazione mono-uso, decontaminazione del sito di accesso all'ingresso della sonda di intubazione o della cannula di tracheotomia). I sistemi chiusi di aspirazione non sembrano pertanto accompagnarsi a una riduzione dell'incidenza delle PNAVM [60] benché, in occasione di aspirazioni con sistema aperto, possano penetrare dei germi provenienti dall'ambiente aereo (Aspergillus sp.) o liquido (Legionella sp.) contaminato. Infine, mancano dei dati per correlare la frequenza delle aspirazioni tracheali all'incidenza delle PNAVM. L'immobilizzazione in decubito dorsale provoca una diminuzione della capacità funzionale residua legata alla chiusura alveolare nelle zone declivi e all'aumento del muco in queste stesse zone per diminuzione della clearance mucociliare. Ciò favorisce le atelettasie e, attraverso queste, le infezioni polmonari. Il decubito supino favorisce inoltre l'inalazione tanto più quando è in corso un'alimentazione enterale. Due studi randomizzati che utilizzavano la marcatura radioattiva del liquido gastrico e la misurazione della radioattività nelle secrezioni bronchiali dimostrerebbero un'inalazione più importante in decubito dorsale che in posizione semiseduta a 45° [ 61] . Il solo studio randomizzato che studiava il ruolo della posizione del paziente sull'acquisizione di una PNAVM dimostrava che il decubito dorsale era un fattore di rischio [62] . I trasporti fuori dal reparto sono inoltre un fattore di rischio indipendente di sviluppare una PNAVM, possibilmente legata alla posizione clinostatica nel corso di questi spostamenti. La presenza di sondini nasogastrici favorisce la comparsa di sinusiti mascellari, che quasi quadruplicavano il rischio di PNAVM [42] . Inoltre, la presenza di una sonda gastrica favorisce il reflusso gastroesofageo, particolarmente se è prescritta una nutrizione enterale e se il paziente è in posizione supina. In effetti, nello studio di Ibanez et al. i pazienti portatori di una sonda presentavano il 74% di reflusso vs solo il 35% per i pazienti non portatori [63] . Questo rischio non è condizionato dal diametro della sonda [64] . Benché la nutrizione enterale favorisca l'inalazione e la colonizzazione gastrica, nessuno studio ha potuto dimostrare l'aumento dell'incidenza delle pneumopatie nosocomiali nei pazienti sottoposti a nutrizione enterale, anche quando esiste un'inalazione documentata del contenuto gastrico. È stato tuttavia suggerito in uno studio prospettico recente [65] che un volume gastrico residuo superiore a 150 ml aumenterebbe l'incidenza delle PNAVM. La valutazione del volume gastrico residuo è tuttavia poco affidabile, in quanto sottoposta a numerosi fattori: tipo di sonda gastrica, presenza o meno di orifizi laterali, tipo di siringa utilizzata per l'aspirazione. Il confronto tra nutrizione gastrica e nutrizione postpilorica (duodenale o digiunale) non ha riscontrato differenze significative riguardo all'incidenza delle PNAVM [66] . Le diverse meta-analisi [67, 68] realizzate in seguito sull'argomento sono contraddittorie e non permettono di raccomandare la nutrizione postpilorica come mezzo di prevenzione delle PNAVM. Alcuni raccomandano un'alimentazione enterale precoce nei pazienti critici, ma uno studio recente ha dimostrato che un'alimentazione enterale iniziata il 1 o giorno era associata a una più alta incidenza di PNAVM quando essa era confrontata a un'alimentazione enterale iniziata il 5 o giorno [69] . Ricordiamo infine che l'alimentazione parenterale, come alternativa eventuale all'alimentazione enterale, è associata a un rischio elevato di infezioni legate ai cateteri, a delle complicanze secondarie all'inserimento di questi cateteri, a una modificazione dell'architettura dei villi intestinali che favorisce la traslocazione batterica e a un costo più elevato [18] . È, dunque, sempre preferibile privilegiare l'alimentazione enterale a condizione di realizzarla in un paziente in posizione semiseduta tra i 30 e i 45° [ 18] . Si è sospettato che i farmaci antiulcera, che aumentano il pH gastrico come gli anti-H2, aumentassero la colonizzazione batterica gastrica e il rischio di PNAVM, contrariamente al sucralfato, che non ha alcuna incidenza sul pH gastrico. Benché questa ipotesi sia stata confortata dalle conclusioni di una metaanalisi di diversi lavori randomizzati [70] , il più ampio studio randomizzato sull'argomento ha permesso di dimostrare ulteriormente che la ranitidina non aumentava il rischio di sviluppare una PNAVM rispetto al sucralfato [71] . Si deve notare, d'altronde, che uno studio già vecchio aveva dimostrato che il pH gastrico non era differente, che i pazienti fossero trattati con sucralfato o con anti-H2 [72] . Infine, per alcuni sembra che le terapie preventive dell'ulcera da stress non siano un fattore di rischio di PNAVM, poiché il pH gastrico del 40-60% dei pazienti in rianimazione era già spontaneamente superiore a 4 (soglia di proliferazione batterica). Una terapia antibiotica per un'infezione extrapolmonare è un fattore di rischio controverso di insorgenza di PNAVM [43, 45, 73] . Sembra anche che la prescrizione di una terapia antibiotica dopo l'intubazione sia associata a una riduzione dell'incidenza delle PNAVM precoci, specialmente nei pazienti che presentano un deficit neurologico [73] . Più che il numero di casi di PNAVM, la prescrizione di una terapia antibiotica, soprattutto ad ampio spettro, favorirebbe la selezione di germi multiresistenti e aggraverebbe quindi la prognosi. Il tiopentale, i corticosteroidi e tutte le altre misure terapeutiche immunosoppressive facilitano la comparsa di pneumopatie nosocomiali. Inoltre, la sedazione e i curari favoriscono il prolungamento della ventilazione meccanica, l'inibizione della tosse, la comparsa di atelettasie e, attraverso ciò, il rischio di PNAVM. Le superfici del suolo, dei muri, dei letti o del mobilio in rianimazione sono colonizzate da Staphylococcus aureus, Enteroccocus sp. e da alcuni bacilli Gram negativi (BGN), come Acinetobacter baumanii, e possono essere indirettamente all'origine di una trasmissione orizzontale attraverso la colonizzazione delle mani del personale sanitario. Gli stafilococchi e gli enterococchi possono persistere parecchi mesi a livello delle superfici, mentre la maggior parte dei BGN (a eccezione di germi più resistenti come Acinetobacter baumanii, Enterobacter sp. e Klebsiella sp.) vi restano solo alcune ore [55] . La contaminazione dell'aria veicolata dalla climatizzazione o dalla ventilazione, favorita talvolta da lavori, può essere all'origine di PNAVM da Aspergillus sp. e, più recentemente, da virus responsabili della SARS [55] . Le fonti idriche (climatizzazione, circuiti di acqua corrente) sono contaminate da vari microrganismi (Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter baumanii, Stenotrophomonas o Xanthomonas maltophilia, micobatteri, funghi, parassiti), ma il legame epidemiologico più importante riguarda Legionella sp. Secondo numerosi studi Legionella sp. si può riscontrare nel 12-70% dei condotti idrici di acqua potabile in ospedale [74] . Il primo caso nosocomiale è stato descritto nel 1979 poco tempo dopo la prima descrizione storica di legionellosi. Le acquisizioni ospedaliere rappresenterebbero in effetti il 25-45% dei casi di legionellosi, con una mortalità globale vicina al 30% [55] . Resta oggetto di molte controversie che diverse consensus conference non hanno risolto [18, 75] . La scelta va da semplici criteri clinici e laboratoristici a esami a scopo microbiologico, spesso complessi. Le PNAVM sono istologicamente caratterizzate dalla presenza di focolai costituiti da polimorfonucleati neutrofili presenti nei bronchioli e negli alveoli adiacenti. Questa definizione si è affinata in seguito al lavoro di Rouby et al. [17] , che ha stabilito una classificazione in quattro stadi successivi realizzando l'analisi istologica dell'insieme dei polmoni di 83 pazienti ventilati invasivamente e deceduti in rianimazione. A causa della contaminazione ripetuta delle vie aeree inferiori, queste lesioni di PNAVM sono molto eterogenee e le si riscontra associate nello stesso momento di stadi lesionali differenti. Questa eterogeneità spiega il numero di falsi negativi osservati in occasione di biopsie e, così, fino al 30% delle pneumopatie istologiche sarebbe ignorato da questo tipo di prelievo [17] . Si deve notare che le lesioni predominano a livello del polmone destro e dei segmenti declivi. L'ottenimento di una coltura di parenchima polmonare positiva a 10 4 unità formanti colonie (UFC)/g di tessuto polmonare non è necessario per porre la diagnosi di certezza di PNAVM [17, 76] . In effetti, autentiche lesioni istologiche di PNAVM possono essere presenti con una coltura di parenchima polmonare sterile. Inoltre, un certo numero di bronchioliti, quindi senza reali pneumopatie, è associato a una coltura positiva del parenchima a causa della contaminazione da parte dei germi provenienti dalle vie aeree più distali. Si basa sull'associazione tra una sindrome infettiva (febbre o ipotermia/leucopenia o leucocitosi), una sindrome alveolare o alveolo-interstiziale (comparsa o modificazione di un'immagine radiologica preesistente), una broncorrea purulenta e un deterioramento dell'emogasanalisi. Si tratta di segni non specifici, soprattutto in caso di interessamento respiratorio precedente o di immagini radiologiche patologiche preesistenti, in particolare nel quadro di una ARDS. Quando la diagnosi è posta all'unanimità dai medici dei pazienti, si rivelerebbe esatta nel 90% dei casi [77] . Timsit et al. [78] rilevano una sensibilità del 77±12% e una specificità del 66±14% per la diagnosi di PNAVM posta da rianimatori esperti su questi criteri detti «clinici». La giustificazione per completare gli argomenti clinici con tecniche microbiologiche si basa il più delle volte sui risultati dello studio di Andrews, citato nella quasi totalità degli studi dedicati alla diagnosi delle pneumopatie nosocomiali [79] . Mentre molto spesso si rimprovera ai criteri clinici di non essere abbastanza specifici, Andrews et al. [79] avevano soprattutto segnalato una scarsa sensibilità, poiché circa un terzo delle PNAVM era stato ignorato. Più recentemente, sono stati proposti diversi punteggi di pneumopatia nosocomiale. Il più diffuso è il Clinical Pulmonary Infection Score (CPIS) proposto da Pugin et al. (Tabella 3) [80] . Esso utilizza sei criteri, è compreso tra 0 e 12 e offre buone sensibilità e specificità diagnostiche quando è superiore a 6. La sensibilità e specificità sono rispettivamente del 93 e del 100% quando il CPIS è confrontato con il lavaggio broncoalveolare [80] e del 72 e dell'85% quando è confrontato con l'analisi istologica [76] . Questo punteggio è stato adattato e modificato essenzialmente su due criteri: la valutazione della quantità e della qualità delle secrezioni tracheali, così come il criterio microbiologico, spesso non disponibile al momento della decisione del trattamento [15] . La durata del trattamento antibiotico necessario sembra direttamente correlata al CPIS valutato al momento della diagnosi [81] . È stato anche suggerito un suo interesse prognostico. Così, determinazioni ripetute del CPIS dimostrano che una riduzione del punteggio viene osservata nei pazienti che sopravvivono, mentre il punteggio non diminuisce nei pazienti che decedono [15] . Molto recentemente è stato anche notato che sensibilità e specificità del CPIS nei politraumatizzati (rispettivamente 61 e 43%) erano insufficienti [82] . Il loro scopo principale è l'aiuto alla diagnosi, in particolare precoce, fin dalla realizzazione dei prelievi microbiologici, in attesa dei risultati di questi ultimi. Uno studio è sembrato mostrare un interesse della procalcitonina nella diagnosi di PNAVM [83] per quanto riguarda la prognosi. Così, è stato dimostrato che un tasso sierico superiore a 1 ng/ml prediceva il decesso di un paziente che presentava una polmonite con una sensibilità dell'83% e una specificità del 64% [84] . Inoltre, l'indicatore TREM-1 (triggering receptor expressed on myeloid cells) è un'immunoglobulina la cui espressione sui fagociti è stimolata da derivati microbici. La sua attivazione accresce la produzione di citochine, amplificando così la risposta dell'ospite all'aggressione microbiologica. La sua produzione sembra indipendente da stimoli infiammatori non infettivi. Per Gibot et al. [85] , la presenza di s-TREM-1 (TREM-1 solubile) in un mini-BAL eseguito alla cieca presenta una sensibilità e una specificità diagnostiche rispettivamente del 100 e del 90%. Le emocolture sono un aiuto insufficiente. In un lavoro su 90 PNAVM confermate con BAL, almeno un germe del BAL era riscontrato su un'emocoltura solo nel 24% dei casi [86] . Tuttavia, è sempre raccomandato realizzarle prima di instaurare un'antibioticoterapia empirica o probabilista [18] . L'aspirazione tracheale (AT) è una tecnica semplice, poco invasiva e poco onerosa che è stata a lungo trascurata a causa di un'ipotetica mancanza di specificità. Grazie all'apporto delle colture quantitative l'AT ha ritrovato il suo posto tra le metodiche diagnostiche, offrendo una buona sensibilità (83% a 10 4 UFC/ml, 55% a 10 6 UFC/ml), e una specificità dell'80-85% [87] . La predominanza destra e il fatto che si tratti di broncopneumopatie, quindi con una componente bronchiale, spiegano senza dubbio il vantaggio di questa tecnica nella diagnosi delle PNAVM. Quando l'AT con soglia di 10 5 UFC/ml è stata paragonata al brushing telescopico protetto (BTP) o al lavaggio broncoalveolare (BAL) in 48 pazienti che presentavano un sospetto di PNAVM, la sensibilità e la specificità erano rispettivamente del 92,8 e dell'80% [88] . Quando l'AT, con soglia di 10 4 UFC/ml, è stata paragonata al cateterismo telescopico protetto eseguito alla cieca nel corso di 138 sospetti di PNAVM, la sensibilità e specificità erano rispettivamente del 92 e dell'85% [89] . L'interesse dell'aspirazione tracheale con coltura non quantitativa potrebbe anche essere rivalutato in base a uno studio multicentrico nordamericano recente [90] . Questo lavoro confrontava in modo prospettico e randomizzato, in 740 pazienti sospettati di PNAVM, il BAL con coltura quantitativa all'aspirazione tracheale " Punto importante Classificazione istologica degli stadi di una PNAVM secondo Rouby et al. [17] • Stadio di bronchiolite: accumulo di neutrofili nel lume dei bronchioli con tappi mucosi e alterazioni della parete bronchiolare. • Stadio della broncopneumopatia localizzata: focolai diffusi di infiltrati di neutrofili localizzati ai bronchioli terminali e agli alveoli adiacenti. Stadio della broncopneumopatia addensante: estensione dei focolai di broncopneumopatia localizzata a diversi lobuli adiacenti. • Fase di ascesso polmonare: lesioni di broncopneumopatia confluenti associate a necrosi tissutale e alla distruzione dell'architettura polmonare abituale. Clinical Pulmonary Infection Score [80] . Stesso batterio che il Gram: 1 punto a Per ogni aspirazione, le infermiere stimano la quantità di secrezioni tracheali raccolte e le attribuiscono un punteggio semi-quantitativo (che va da 0 a 4+). La valutazione totale è ottenuta addizionando tutti i + riportati su 24 ore. Il punteggio totale è compreso tra 0 e 12. Un punteggio >6 è in favore di una pneumopatia nosocomiale acquisita sotto ventilazione meccanica (PNAVM) con una sensibilità del 93% e una specificità del 100% rispetto al lavaggio broncoalveolare (BAL) e una sensibilità del 72% e una specificità dell'85% rispetto alla biopsia polmonare. ARDS: sindrome da distress respiratorio acuto. con coltura non quantitativa e ha permesso di dimostrare che la mortalità e l'uso mirato degli antibiotici non erano diversi qualunque fosse la tecnica diagnostica utilizzata [90] . Il doppio catetere protetto con un tappo in polietilene glicole permette di realizzare un brushing in aspirazione alla cieca per mezzo del catetere interno e sembra più sensibile del BAL. Questo dispositivo può anche essere utilizzato per realizzare un mini-BAL nel quale sono instillati 20 ml di liquido [17, 76] e il cui studio semi-quantitativo ha mostrato una sensibilità dell'80% e una specificità del 66%. L'analisi quantitativa alla soglia di 10 3 UFC/ml non sembra migliorarne la performance diagnostica. La conservazione dei prelievi a 4°C prima della loro messa in coltura sembra possibile. Inoltre, la performance diagnostica del doppio catetere protetto non sembra migliore quando questo esame viene eseguito sotto fibroscopia. Il lavaggio broncoalveolare (BAL) consiste nell'instillare della soluzione fisiologica sterile attraverso il canale interno del fibroscopio che è posizionato in un bronco di 3 a o 4 a generazione, dove quindi solo i bronchioli respiratori distali e gli alveoli sono sottoposti a prelievo. Viene somministrato un volume totale di 100-400 ml suddiviso in aliquote successive di volume variabile secondo gli autori. Non vi è alcun consenso né sulla quantità da somministrare per aliquota né sul numero di aliquote né sul fatto di conservare o di eliminare la prima aliquota che si ritiene rappresentare la frazione bronchiale del BAL. I principali studi che mostravano l'interesse del BAL fibroscopico nella diagnosi delle pneumopatie nosocomiali sono concentrati su pazienti non ventilati e spesso immunodepressi. Il primo studio che ha veramente favorito l'utilizzo del BAL nei pazienti ventilati è quello di Aubas et al. [91] . Utilizzando criteri radioclinici, gli autori riscontrano una sensibilità del BAL dell'89% e una specificità dell'83% assumendo come soglia 10 3 UFC/ml. Nel quadro delle PNAVM batteriche, altri lavori che comportavano questa volta un confronto con l'esame istologico hanno permesso di dimostrare che la sensibilità del BAL alla soglia di 10 4 UFC/ml era dell'ordine del 47-58% [76] . In alcuni pazienti che non avevano ricevuto antibiotici prima del decesso, questa sensibilità può raggiungere il 91% [92] . La specificità è stata diversamente valutata. Se ci si riferisce agli studi con standard istologico, essa varia dal 45 al 100% [76, 92] . In una meta-analisi su 23 studi, è stata riscontrata una sensibilità del BAL del 73±18% e una specificità dell'82±19% per la diagnosi di PNAVM [93] . La diluizione delle secrezioni espone al rischio di falsi negativi. Così, in un lavoro su 47 pazienti che presentavano un sospetto di PNAVM la percentuale di falsi negativi potenziali legati alla diluizione è stata valutata al 17% [94] . L'interesse del BAL si basa inoltre sulla possibilità di ricercare altri patogeni come i germi intracellulari, poiché la biologia molecolare permette la ricerca dell'acido nucleico grazie all'amplificazione con polymerase chain reaction (PCR) specifica, che sembra avere un maggiore interesse delle colture di difficile esecuzione. La diagnosi virale, in particolare riguardo all'Herpes simplex virus e al citomegalovirus, può beneficiare anch'essa dell'amplificazione con PCR in parallelo delle colture e dell'analisi citologica standard. La tollerabilità del BAL nei pazienti ventilati può limitare la sua utilizzazione e alla sua realizzazione può seguire una febbre associata a un'ipotensione arteriosa. Tuttavia, uno studio condotto su 12 pazienti ventilati (PaO 2 media 100 mmHg con una pressione tele-espiratoria positiva [PEP] ≥ 10 cmH 2 O e una FiO 2 ≥ 0,5) non ha dimostrato alterazioni dello stato emodinamico dopo la realizzazione del BAL [95] . Al contrario, una riduzione prolungata della PaO 2 è stata notata dopo il ritorno della FiO 2 al livello anteriore alla fibroscopia. Durante la realizzazione della procedura sembra necessario aumentare la FiO 2 a 1 e ridurla solo gradualmente, nel corso di alcune ore dopo la fine dell'esame. La realizzazione del BAL richiede, a volte, l'aggiunta di un curaro, soprattutto nei pazienti che presentano una ARDS e la cui compliance è limitata. Il livello di sedazione deve essere, in tutti i casi, ottimizzato, al fine di evitare le conseguenze emodinamiche e soprattutto respiratorie di quest'atto. Il ritardo di messa in coltura deve essere di meno di 1 ora, poiché il trattamento tardivo del BAL espone al rischio di falsi negativi. La refrigerazione a 4°C potrebbe permettere di temporeggiare, quando il prelievo non può essere gestito abbastanza rapidamente. La riproducibilità del BAL è discussa come quella del BTP. Così, in 44 pazienti sospettati di PNAVM due BAL sono stati realizzati consecutivamente dallo stesso operatore nella stessa regione polmonare [96] . Tuttavia, solo nel 75% dei casi i pazienti erano classificati in modo concordante in funzione della presenza o dell'assenza di polmonite, alla soglia di 10 4 UFC/ml. Il brushing telescopico protetto (BTP) consiste nel realizzare un brushing della mucosa bronchiale distale, la cui precisione richiede un posizionamento endoscopico. La spazzola è protetta con un doppio catetere otturato da un tappo in polietilene glicole. Il modesto volume di secrezioni raccolto (circa 1 µl) spiega un certo numero di falsi negativi, così come la difficoltà di eseguire un esame diretto e una coltura sulla stessa spazzola. Questa tecnica, messa a punto in vitro da Wimberley, è stata validata nel paziente ventilato da Chastre et al. [97] , che hanno studiato il grado di affidabilità di questo dispositivo in 26 soggetti ventilati e deceduti in rianimazione. Gli studi istologici umani [76] dimostrano una sensibilità del BTP compresa tra il 33 e il 57%. La soglia scelta di 10 3 UFC/ml può spiegare un certo numero di falsi negativi. Dreyfuss et al. [98] propongono di ripetere la ricerca in caso di risultato negativo associato a un quadro radiologico e clinico evocatore. Hanno dimostrato che la ripetizione del BTP dopo un risultato limite (≥10 2 e <10 3 UFC/ml) permetteva di porre la diagnosi di PNAVM sul secondo BTP alla soglia di 10 3 UFC/ml nel 35% di questi casi. Questa nozione di soglia a 10 3 UFC/ml è tanto più criticabile in quanto numerose discordanze, al di sopra o al di sotto di tale soglia, vengono rilevate quando due BTP sono realizzati nel corso dello stesso esame fibroscopico e nello stesso territorio [99] . La specificità del BTP è oggetto di tante controversie quanto la sua sensibilità [76] . Valutando la riproducibilità del BTP, un'equipe ha dimostrato un 14% di discordanze rispetto alla soglia di 10 3 UFC/ml quando due BTP erano realizzati consecutivamente [99] . La concentrazione di ogni germe variava d'altra parte di un fattore 10 almeno nel 59-67% delle coppie di prelievi. Questo sembra imputabile all'eterogeneità delle lesioni da polmonite e al modesto volume di secrezioni raccolto. Infine, fin dalla 12 a ora dopo la somministrazione di un'antibioticoterapia efficace il BTP si negativizza in circa un terzo dei casi [100] , giustificando l'esecuzione del prelievo prima dell'introduzione di qualsiasi nuova antibioticoterapia. Le biopsie polmonari, infine, possono divenire necessarie in caso di incertezza diagnostica, di pneumopatia diffusa grave o di ARDS che non si risolve e, in questo quadro, si concepisce solo la biopsia di tipo chirurgico mediante toracotomia tanto in termini di sicurezza quanto di resa diagnostica [101] . Il risultato della coltura di prelievo richiede 24-48 ore. Dunque, le PNAVM rappresentano un'urgenza terapeutica. Così alcuni autori hanno proposto di usare l'esame diretto, possibile su un'AT, un BAL, un mini-BAL e una biopsia polmonare (ma non su un doppio catetere protetto né su un BTP), per decidere precocemente se introdurre o meno un'antibioticoterapia orientata. La conta dei polimorfonucleati neutrofili o la determinazione della loro percentuale, a quanto pare, presenta solo poco interesse. Al contrario, alcuni autori hanno proposto di determinare la percentuale di cellule contenenti dei microrganismi con, anche in questo caso, diverse soglie proposte. Un lavoro realizzato su 28 pazienti ventilati deceduti in rianimazione, nei quali l'esame istologico di un intero polmone è servito come riferimento, ha dimostrato che la determinazione della percentuale di germi intracellulari su diversi tipi di prelievi aveva, per soglie differenti, una sensibilità e una specificità mediocri [102] . Se si guarda la colorazione di Gram, la sensibilità anche in questo caso è sempre imperfetta. Al contrario, la specificità è corretta, superiore al 70% qualunque sia il tipo di prelievo. Così, è ragionevole supporre che quando la colorazione di Gram mette in evidenza la presenza di microrganismi, il rischio di PNAVM è importante. Al contrario, la negatività di questo esame diretto non esclude la diagnosi. Un lavoro clinico recente realizzato in 82 pazienti che presentavano un sospetto di PNAVM riferisce che la migliore soglia di cellule che presentavano delle inclusioni batteriche è del 2%, offrendo comunque solo una sensibilità dell'80% e una specificità dell'82% quando questo parametro è stato confrontato con la coltura di un mini-BAL [103] . Le antigenurie con tecniche cromatografiche che permettono il rilevamento degli antigeni di Streptoccocus pneumoniae e Legionella pneumophila di sierogruppo 1, di solito eseguite su stick urinario nel quadro delle pneumopatie comunitarie, possono essere utili nel quadro delle PNAVM. Alcuni hanno proposto l'utilizzo di questi stick su altri liquidi biologici, come il BAL. Riguardo ai germi intracellulari, le sierologie hanno solo un interesse retrospettivo e l'amplificazione con PCR sul BAL è molto più promettente. In caso di sospetto di virus opportunista, le sierologie CMV e HSV hanno uno scarso interesse, tenuto conto del ritardo di sieroconversione. Tuttavia, il significativo aumento del livello di anticorpi IgG o la presenza di IgM manifestano in linea di principio un'infezione attiva con, per i soggetti immunodepressi, i limiti comuni all'interpretazione della sierologia. Viremie o antigenemie CMV elevate (ricerca di antigeni virali con anticorpi monoclonali in immunofluorescenza) dimostrano un'infezione citomegalica estensiva e rendono possibile la lesione polmonare da CMV. Si deve ripetere questa ricerca sierica in caso di negatività, malgrado un forte sospetto clinico o laboratoristico. Si deve notare che una citolisi epatica deve far sospettare un CMV nel quadro della PNAVM tardiva. I virus respiratori (influenza, parainfluenza, VRS, adenovirus, coronavirus, rinovirus) possono beneficiare di una diagnosi sierologica anche in questo caso retrospettiva. L'amplificazione con PCR può anche essere utile per la ricerca di virus nel BAL. La diagnosi delle infezioni aspergillari può beneficiare dell'antigenemia aspergillare, poiché la sierologia ha solo poco interesse. I lieviti non beneficiano dal canto loro di alcun esame specifico e solo la biopsia polmonare può confermare la diagnosi di pneumopatia da Candida sp. Il BAL sotto fibroscopia è probabilmente l'esame mirato più utile, soprattutto quando gli esami non mirati non sono stati contributivi. Tra le molteplici raccomandazioni e altre consensus conference, la più recente dell'American Thoracic Society (ATS) e dell'Infectious Diseases Society of America (IDSA) [18] consiglia di realizzare dei prelievi delle vie aeree inferiori prima di qualsiasi modificazione della terapia in un paziente sospetto di polmonite nosocomiale. Tuttavia, nessuna distingue tra i differenti tipi di prelievo, benché la scelta si debba basare piuttosto su delle tecniche quantitative. Nel quadro della diagnosi il BAL sotto fibroscopia sembra un buon compromesso tra sensibilità e specificità. Esso permette, inoltre, la realizzazione di numerosi esami, che si tratti di indicatori di infezione o della ricerca di agenti microbiologici insoliti. I progressi della biologia molecolare con la ricerca mediante PCR nel liquido alveolare, in particolare per i batteri intracellulari e i virus, iniziano a rivoluzionare la diagnosi di queste infezioni. Quando i prelievi sono sterili, soprattutto quando i pazienti non ricevono antibiotici e dopo aver escluso una causa extrapolmonare di sepsi, sembra utile ricercare una causa non batterica (in particolare virale) o anche una causa non infettiva polmonare (tumore, fibroproliferazione, connettivite ecc.), per mezzo di un BAL, con un'analisi più completa e orientata su delle cause meno comuni. Può essere proposta la biopsia polmonare chirurgica, quando questi esami non sono stati contributivi e la pneumopatia persiste o quando una differente diagnosi è sospettata fin dall'inizio (fibroproliferazione nel corso della ADRS, neoplasia, malattia sistemica ecc.) [101] . Il ricorso preferenziale alla VNI in prima intenzione, quando possibile, riduce l'incidenza delle patologie polmonari nosocomiali [104] . L'instaurazione di protocolli di sedazione e di protocolli di svezzamento, nei quali la VNI può avere un suo spazio, permette di ridurre la durata di ventilazione meccanica invasiva e, quindi, di diminuire l'incidenza delle PNAVM. Le misure prese dai comitati di lotta contro le infezioni nosocomiali (CLIN), in particolare l'educazione e la formazione del personale sanitario, la decontaminazione sistematica delle mani con le soluzioni idroalcoliche, l'uso di guanti sterili o mono-uso se vengono utilizzate sonde protette durante le aspirazioni tracheali, così come l'isolamento razionale dei pazienti portatori di germi multiresistenti, devono permettere di ridurre la condizione di portatore manuale e, così, la trasmissione crociata, benché l'efficacia specifica di queste misure sull'incidenza delle PNAVM non sia nota. Anche l'uso di uno stetoscopio e di un bracciale di sfigmomanometro per camera, decontaminati a ogni cambiamento di paziente, così come la decontaminazione di tutto il materiale che passa da una camera all'altra (ecografo, apparecchio per l'elettrocardiogramma ecc.) sembrano essere misure logiche per ridurre il rischio di trasmissione crociata. La decontaminazione orofaringea locale con antibioticoterapia sotto forma di pasta o di gel o mediante antisepsi con clorexidina [105] sembra efficace per prevenire le PNAVM. Tuttavia, uno studio recente, multicentrico, americano-europeo, che studiava l'effetto preventivo dell'iseganan (peptide antimicrobico attivo contro i batteri e i funghi), conclude per un'inefficacia nel prevenire le PNAVM [106] . La decontaminazione digestiva selettiva (DDS), tenuto conto della coesistenza di una fonte orofaringea e gastrica di colonizzazione, è proposta da lungo tempo come mezzo di prevenzione [107] utilizza come antibioticoprofilassi sistemica il cefotaxime per via endovenosa fino alla negativizzazione dei prelievi a scopo microbiologico (talvolta fino a 10 giorni di trattamento considerato come «preventivo»). I primi lavori si basavano essenzialmente su politraumatizzati di cui si conosce il rischio maggiore di inalazione prima e anche dopo l'intubazione e la particolare suscettibilità alle pneumopatie precoci da Staphylococcus aureus. Molti studi avevano dimostrato una riduzione dell'incidenza delle PNAVM, ma sembra che, in pratica, questo metodo sia poco utilizzato e non è considerato una raccomandazione formale nelle ultime consensus conference internazionali [18, 75] (Tabella 4). Sono in effetti stati avanzati alcuni problemi inerenti all'uso della DDS: il passaggio di antibiotici nel tratto respiratorio inferiore, che spiega un numero certamente elevato di colture sterili o quanto meno inferiori alle soglie raccomandate a causa di un'attività parziale ma insufficiente su questi germi degli antibiotici somministrati per via locale, e l'impatto teorico che potrebbe avere l'uso diffuso della DDS sull'ecologia dei servizi di rianimazione e sulla comparsa di batteri multiresistenti. Tuttavia, un recente lavoro prospettico e randomizzato condotto su un'ampia casistica ha mostrato una riduzione dell'incidenza delle PNAVM e una riduzione della mortalità nel gruppo che beneficiava di una DDS con, inoltre, una riduzione delle colonizzazioni da parte di batteri Gram negativi [108] , cosa che potrebbe rilanciare l'interesse di questo metodo di prevenzione. L'antibioticoprofilassi sistemica utilizzata da sola senza decontaminazione locale aumenta il rischio di sviluppo di batteri multiresistenti e i dati riguardo alla sua efficacia nella prevenzione delle PNAVM sono molto contraddittori [73] . L'utilizzo di gastroprotettori che innalzano il pH gastrico (anti-H2, antiacidi) espone al rischio di sviluppo microbico a livello dello stomaco. Per quanto riguarda l'utilizzo di questi gastroprotettori, e benché gli studi siano contraddittori, il sucralfato sembrerebbe presentare diversi vantaggi: non modifica il pH gastrico, presenta un'efficacia antibatterica propria, non necessita di manipolazione delle linee di perfusione per la sua somministrazione e, infine, è molto meno costoso degli altri gastroprotettori. Tuttavia, il più ampio studio randomizzato che confrontava il sucralfato con la ranitidina dimostra che quest'ultima è più efficace nella prevenzione delle emorragie digestive e, inoltre, non aumenta l'incidenza di PNAVM [71] . Infine, uno studio osservazionale recente ha dimostrato l'inutilità di una prescrizione sistematica di un gastroprotettore, che sarebbe auspicabile riservare ai pazienti a rischio [109] . L'ultima consensus conference va in questo senso, riservando la protezione gastrica solo ai pazienti a rischio e, di preferenza, con degli anti-H2 [75] . Un pH gastrico superiore a 4 favorisce la colonizzazione batterica e uno studio ha, per questo motivo, suggerito che l'acidificazione con acido cloridrico (pH=3,5) delle preparazioni per nutrizione enterale (che hanno di solito un pH compreso tra 6 e 7) potrebbe essere un mezzo di prevenzione della colonizzazione gastrica [27] . In questo studio randomizzato Heyland et al. avevano riscontrato nel gruppo in cui l'alimentazione enterale era acidificata una differenza significativa in termini di colonizzazione gastrica, ma senza riscontrare differenze sull'incidenza delle PNAVM [27] . Questa strategia non è, d'altronde, consigliata dall'ultima consensus conference [18] . La sospensione per alcune ore al giorno dell'alimentazione enterale è stata proposta per ridurre la colonizzazione gastrica, ristabilendo un pH inferiore a 4. Allo stesso modo, nessuno studio ha potuto dimostrare una riduzione dell'incidenza delle PNAVM instaurando questa nutrizione enterale sequenziale. Infine, gli studi riguardanti la nutrizione postpilorica sono contraddittori e non permettono di raccomandarla come mezzo di prevenzione delle PNAVM. La scelta dell'interfaccia invasiva (tracheotomia, intubazione naso-oppure orotracheale) è ancora discussa, ma sembra che, alla luce di lavori metodologicamente ben condotti, l'intubazione nasotracheale favorisca la comparsa di sinusiti mascellari e di PNAVM rispetto all'intubazione orotracheale [42] . La sostituzione sistematica del circuito del respiratore non è più necessaria [51] per ridurre il numero di PNAVM. I sistemi di aspirazione permanente delle secrezioni sottoglottiche sopra il palloncino sarebbero efficaci soprattutto nei pazienti che non ricevono alcuna terapia antibiotica [56] . Per esempio, Kollef et al. [110] non riscontrano differenze di incidenza delle PNAVM in pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca (5 contro 8,2%). Al contrario, essi notano che le PNAVM che insorgono nei pazienti che dispongono di un'aspirazione sottoglottica continua si manifestano più tardivamente (5,6±2,3 giorni) che nei pazienti che non sono dotati di un tale dispositivo (2,9±1,2 giorni; p=0,006), senza osservare comunque una riduzione delle durate di ventilazione. Benché seducente dal punto di vista concettuale, questo sistema richiede di essere validato da altri studi prima di essere proposto più ampiamente, soprattutto a causa del suo costo elevato. Inoltre, alcuni produttori hanno proposto dei rivestimenti di sonde che inibiscono la formazione del biofilm che tappezza il lume della sonda di intubazione fin dalle prime ore e la cui frammentazione è favorita dalle aspirazioni. Tuttavia, grazie alle nuove tecnologie di microscopia laser è stato dimostrato che questo biofilm è composto essenzialmente da cellule infiammatorie originarie dell'albero aereo depositate in gusci stratificati e non da batteri [111] , il che renderebbe pertanto inutile questo mezzo di prevenzione. Sembra logico, benché non provato, che un uso ponderato di antibiotici nei reparti di rianimazione, seguendo protocolli fondati su raccomandazioni definite e riconosciute, possa in parte prevenire la comparsa di infezioni da germi multiresistenti [112] . Antibioticoterapia empirica proposta dalla consensus conference dell'American Thoracic Society (ATS) 2005 [18] . La kinesiterapia respiratoria in uno studio [113] sembra indipendentemente associata a una riduzione del rischio di PNAVM, ma sarebbe necessario uno studio randomizzato per confermarlo. Come abbiamo visto, l'immobilità dei pazienti in decubito dorsale favorisce l'acquisizione di PNAVM. Questa constatazione ha condotto a consigliare di mobilizzare i pazienti e di proporre dei letti che permettano una mobilizzazione automatizzata con rotazione ciclica. L'uso di questi letti detti «rotanti» è stato fatto oggetto di studi prospettici randomizzati [114, 115] . Questi studi hanno un doppio limite, legato da una parte all'assenza di una diagnosi microbiologica che possa confermare la PNAVM (erano utilizzati solo dei criteri clinici) e, dall'altra, all'impossibilità di un protocollo condotto in doppio cieco. Nessuno di questi studi ha permesso di mostrare una riduzione della mortalità, ma essi vanno tutti nel senso di una diminuzione dell'incidenza delle PNAVM. Tuttavia, il costo e la difficoltà tecnica di utilizzo sono dei freni a un uso routinario. Anche se il loro uso sembra interessante per alcuni sottogruppi di pazienti (chirurgici, neurologici), nessuna raccomandazione nazionale o internazionale ha permesso di concludere sull'uso di questi letti rotanti. Il decubito prono utilizzato come terapia sintomatica dell'ipossiemia refrattaria nei pazienti che presentano una sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), non è consigliato dall'ultima consensus conference [18] per ridurre il rischio di PNAVM. Tuttavia, lo studio di Guérin et al. rivela che l'incidenza delle PNAVM è meno rilevante nel gruppo posizionato in decubito prono [116] . Ricordiamo che questo studio randomizzato [116] non ha dimostrato alcun miglioramento della mortalità nei pazienti ipossiemici posizionati in decubito prono rispetto al gruppo di controllo. La posizione semiseduta permette di limitare l'inalazione nei pazienti sottoposti a una nutrizione enterale. Il solo studio randomizzato che valutava il ruolo della posizione del paziente sull'acquisizione di una PNAVM, dimostrava l'effetto protettivo della posizione semiseduta a 45° [ 62] . Il valore di questo studio si basava in particolare sul fatto che la diagnosi di PNAVM era posta sui risultati di prelievi respiratori protetti. Si deve notare che tra i due gruppi non era evidenziato alcun beneficio in termini di mortalità. Complessivamente, la principale misura e la sola veramente raccomandata a tutt'oggi è il posizionamento dei pazienti in posizione semiseduta tra i 30 e i 45° [ 18, 43, 61, 62, 75] , soprattutto quando è instaurata un'alimentazione enterale. Il trattamento delle PNAVM resta complicato dall'influenza rispettiva di tre fattori: la disponibilità di nuovi agenti antinfettivi, lo sviluppo della resistenza dei microrganismi e la volontà dei medici di utilizzare dei rimedi terapeutici che abbiano un rapporto costo-efficacia ragionevole. Poiché la grande maggioranza delle PNAVM è dovuta a batteri, deve essere instaurata un'antibioticoterapia empirica, o meglio probabilistica, orientata dal terreno, dall'ecologia microbiologica locale, dall'esame diretto o dalla coltura di prelievi respiratori sistematici, non appena sono presenti sufficienti elementi clinici e laboratoristici (riuniti eventualmente in un punteggio come il CPIS) per sospettare una pneumopatia. Il consensus emesso dall'ATS [18] propone di instaurare una doppia terapia antibiotica ad ampio spettro se sono presenti dei fattori di rischio che fanno sospettare il coinvolgimento di batteri multiresistenti e una doppia o anche una monoterapia antibiotica a spettro ristretto negli altri casi. Idealmente, questa terapia antibiotica deve essere iniziata dopo la realizzazione di una serie di emocolture e di prelievi respiratori (aspirazione tracheale, BTP, BAL ecc.) [75] . La via di somministrazione raccomandata è la via endovenosa, sostituita, quando la risposta al trattamento è soddisfacente, dalla via orale o enterale non appena questa è disponibile e se le molecole sono compatibili. Le instillazioni tracheali o gli aerosol di antibiotici non sono raccomandati a titolo curativo, poiché i dati al riguardo sono insufficienti [75] . L'ultima consensus conference istituita dall'ATS propone comunque la possibilità di utilizzare la via di somministrazione per aerosol come terapia complementare in caso di bacilli Gram negativi multiresistenti, se l'antibioticoterapia sistemica sembra insufficiente [18] . Diversi studi osservazionali hanno dimostrato che l'inizio di una terapia antibiotica adeguata fin dall'inizio era associato a una riduzione della mortalità nei pazienti con sospetto di pneumopatia [117, 118] . Inoltre, l'eccesso di mortalità legato a un'antibioticoterapia inizialmente inadeguata non è diminuito dall'adattamento secondario del trattamento in base ai dati delle colture microbiologiche ottenute 24-48 ore più tardi [117] . Il ritardo con il quale è iniziata questa terapia antibiotica è così un fattore di rischio di prognosi sfavorevole. Lo studio di Iregui et al. ha mostrato che un ritardo di 24 ore o più nell'iniziare una terapia antibiotica, dopo che i criteri di PNAVM erano identificati, è legato a un aumento della mortalità ospedaliera, a un aumento della durata del ricovero e a un aumento di spesa [119] . La scelta tra mono-o biterapia antibiotica è affrontata solo in un numero molto ridotto di studi. Così, in un lavoro di metodologia criticabile Cometta et al. [120] non riscontrano differenze di efficacia tra un trattamento che associa l'imipenem e la netromicina e una monoterapia con imipenem. L'ultima consensus conference [18] propone un'associazione di antibiotici in caso di germe multiresistente e una monoterapia negli altri casi. Infine, la scelta delle molecole si basa sul batterio o sui batteri sospettati in funzione del terreno, della microbiologia locale o di esami diretti o di colture ottenute in modo sistematico. Questa scelta deve anche prendere in considerazione un'antibioticoterapia recente somministrata al paziente, poiché in questo caso deve essere utilizzata una classe differente per iniziare il trattamento. Per aiutare questa scelta, l'ultima consensus conference propone che siano sistematicamente utilizzate guide di raccomandazioni pratiche, regolarmente aggiornate, adattate alla microbiologia locale e alla disponibilità delle molecole all'interno della struttura. Un altro modo di orientare la terapia antibiotica iniziale, instaurata dopo l'esecuzione di un BAL, consiste nell'aiutarsi con i risultati di aspirazioni tracheali sistematiche bisettimanali (Fig. 2) . Uno studio ha dimostrato che questo metodo migliora l'adeguatezza della terapia rispetto all'uso di guide di raccomandazioni pratiche [121] . Dopo l'inizio del trattamento è necessario realizzare una valutazione clinica attenta della risposta alla terapia. Un deterioramento rapido o l'assenza di un miglioramento dopo 72 ore di terapia probabilista impongono una rivalutazione sistematica. Si deve in effetti sottolineare che l'assenza di risposta a una terapia probabilistica può essere legata a una causa infettiva non batterica, in particolare virale, a una causa infettiva extrapolmonare oppure all'assenza di un problema infettivo (per esempio, nel corso della fase fibroproliferativa della ARDS), richiedendo una valutazione diagnostica aggressiva, che può arrivare fino alla biopsia polmonare. In caso di evoluzione favorevole è indispensabile la progressiva riduzione degli antibiotici fin dal momento in cui l'antibiogramma è conosciuto e sembra attendibile. È anche necessario interrompere un'antibioticoterapia resa inutile dalla negatività dei prelievi microbiologici (eseguiti prima dell'instaurazione di ogni terapia antibiotica) se lo stato clinico del paziente è soddisfacente. Uno studio multicentrico francese che mirava a valutare la durata del trattamento delle polmoniti tardive ha permesso di mostrare un'equivalenza in termini di efficacia tra una terapia antibiotica breve (8 giorni) e un'antibioticoterapia di lunga durata (15 giorni) [6] . Solo in caso di Pseudomonas aeruginosa la terapia antibiotica deve essere prolungata, e una biterapia deve essere mantenuta almeno per i primi 5 giorni. L'instaurazione di una terapia antivirale (ganciclovir per il CMV, acyclovir per l'HSV e amantadina, rimantadina, oseltamivir o zanamivir per i virus respiratori) e antimicotica (con delle molecole recenti immesse sul mercato come il voriconazolo e la caspofungina) è condizionata dalle difficoltà diagnostiche suggerite sopra. Infine, i trattamenti modulatori dell'immunità non sono riconosciuti e solo un apporto nutrizionale adeguato e la kinesiterapia respiratoria possono essere raccomandati come trattamenti adiuvanti [122] . The prevalence of nosocomial infection in intensive care units in Europe. Results of the European Prevalence of Infection in Intensive Care (EPIC) study Epidemiology and outcomes of ventilator-associated pneumonia in a large US database Incidence and risk factors of pneumonia acquired in intensive care units. Results from a multicenter prospective study on 996 patients. European cooperative group on nosocomial pneumonia Nosocomial pneumonia in ventilated patients: a cohort study evaluating attributable mortality and hospital stay Incidence of and risk factors for ventilator-associated pneumonia in critically ill patients Ventilator-associated pneumonia Multicenter prospective study of ventilator-associated pneumonia during acute respiratory distress syndrome. Incidence, prognosis, and risk factors. ARDS Study Group Hospital-acquired pneumonia. Attributable mortality and morbidity Effect of ventilator-associated pneumonia on mortality and morbidity Mortality of nosocomial pneumonia in ventilated patients: influence of diagnostic tools Is ventilator-associated pneumonia an independent risk factor for death? Incidence, risk factors, and outcome of ventilatorassociated pneumonia Impact of ventilator-associated pneumonia on outcome in patients with COPD Incidence, risk and prognosis factors of nosocomial pneumonia in mechanically ventilated patients Resolution of ventilator-associated pneumonia: prospective evaluation of the clinical pulmonary infection score as an early clinical predictor of outcome Outcome and attributable cost of ventilator-associated pneumonia among intensive care unit patients in a suburban medical center Nosocomial bronchopneumonia in the critically ill. Histologic and bacteriologic aspects Guidelines for the management of adults with hospital-acquired, ventilator-associated, and healthcare-associated pneumonia Significance of the isolation of Candida species from respiratory samples in critically ill, non-neutropenic patients. An immediate postmortem histologic study Cytomegalovirus: an unexpected cause of ventilator-associated pneumonia in adults The role of oral microbial colonization in ventilatorassociated pneumonia. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod The stomach is not a source for colonization of the upper respiratory tract and pneumonia in ICU patients Changing pharyngeal bacteriological flora of hospitalized patients. Emergence of gramnegative bacilli Nosocomial pneumonia in the intubated patient: role of gastric colonization Gastroduodenal dysfunction and bacterial colonization of the ventilated lung Enteral nutrition in patients receiving mechanical ventilation: multiple sources of tracheal colonization include the stomach Effect of acidified enteral feeding on gastric colonization in the critically ill patient Pattern of tracheal colonization during mechanical ventilation Colonization pressure″ and risk of acquisition of meticillin-resistant Staphylococcus aureus in a medical intensive care unit Cross-colonisation with Pseudomonas aeruginosa of patients in an intensive care unit Control of colonization and transmission of pathogenic bacteria in the hospital Persistant carriage of gram-negative bacteria on hands The stethoscope: a potential source of nosocomial infection? An outbreak of Pseudomonas aeruginosa infections associated with flexible bronchoscopes Bacterial adherence to epithelial ells in bacilary colonization of the repiratory tract Augmented bacterial adherence to tracheal epithelial cells is associated with Gram-negative pneumonia in an intensive care unit population Increased salivary exoglycosidase activity during critical illness Buccal cell carbohydrates are altered during critical illness Immunoglobulin A levels in bronchial samples during mechanical ventilation and onset of nosocomial pneumonia in critically ill patients Decreased surfactant protein A in patients with bacterial pneumonia Patient transport from intensive care increase the risk of developing ventilator-associated pneumonia Influence of long-term oro-or nasotracheal intubation on nosocomial maxillary sinusitis and pneumonia: results of a prospective, randomized, clinical trial Ventilator-associated pneumonia. A multivariate analysis Incidence, etiology and outcome of nosocomial pneumonia in mechanically ventilated patients Nosocomial pneumonia in patients receiving continuous mechanical ventilation. Prospective analysis of 52 episodes with use of a protected specimen brush and quantitative culture techniques Long term respiratory support and risk of pneumonia in critically ill patients Relationship of microbiologic diagnostic criteria to morbidity and mortality in patients with ventilator-associated pneumonia Acquired Pneumonia Study Group. Modification of empiric antibiotic treatment in patients with pneumonia acquired in the intensive care unit Hospital-acquired pneumonia in adults: diagnosis, assessment of severity, initial antimicrobial therapy and preventative strategies. A consensus statement Changing heat and moisture exchangers every 48 hours rather than 24 hours does not affect their efficacy and the incidence of nosocomial pneumonia Prospective study of nosocomial pneumonia and of patient and circuit colonization during mechanical ventilation with circuit change every 48 hours versus no change Mechanical ventilation with or without 7-day circuit changes: a randomized controlled trial Mechanical ventilation with heated humidifiers or heat and moisture exchangers: effects on patient colonization and incidence of nosocomial pneumonia Bacterial colonization in humidifying cascade reservoirs after 24 and 48 hours of continuous mechanical ventilation The role of the intensive care unit environnement in the pathogenesis and prevention of ventilatorassociated pneumonia Pneumonia in intubated patients: role of respiratory airway care Re-intubation increases the risk of nosocomial pneumonia in patients needing mechanical ventilation Impact of unplanned extubation and reintubation after weaning on nosocomial pneumonia risk in the intensive care unit: a prospective multicenter study Bacterial colonization profile with tracheal intubation and mechanical ventilation Tracheal suction by closed system without daily change versus open system I -36-984-A-16 ¶ Polmoniti nosocomiali acquisite sotto ventilazione meccanica Semirecumbent position protects from pulmonary aspiration but not completely from gastroesophageal reflux in mechanically ventilated patients Supine body position as a risk factor for nosocomial pneumonia in mechanically ventilated patients: a randomised trial Gastroesophageal reflux in intubated patients receiving enteral nutrition: effect of supine and semirecumbent positions Effect of nasogastric tube size on gastroesophageal reflux and microaspiration in intubated patients Upper digestive intolerance during enteral nutrition in critically ill patients: frequency, risk factors and complications Multicenter, prospective, randomized, single-blind study comparing the efficacy and gastrointestinal complications of early jejunal feeding with early gastric feeding in critically-ill patients Optimizing the benefits and minimizing the risks of enteral nutrition in the critically ill: role of small bowel feeding Gastric versus post-pyloric feeding: a systematic review Early versus late enteral feeding of mechanically ventilated patients: results of a clinical trial Stress ulcer prophylaxis in critically ill patients: resolving discordant meta-analysis A comparison of sucralfate and ranitidine for the prevention of upper gastrointestinal bleeding in patients requiring mechanical ventilation. Canadian Critical Care Trials Group The role of intragastric acidity and stress ulcus prophylaxis on colonization and infection in mechanically ventilated ICU patients Protective effect of intravenously administered cefuroxime against nosocomial pneumonia in patients with structural coma Resolving the controversy on environmental cultures for legionella: a modest proposal Statement of the 4th international consensus conference in critical care on ICU-acquired pneumonia Bronchoscopic or blind sampling techniques for the diagnosis of ventilator-associated pneumonia Evaluation of clinical judgment in the identification and treatment of nosocomial pneumonia in ventilated patients Usefulness of a strategy based on bronchoscopy with direct examination of bronchoalveolar lavage fluid in the initial antibiotic therapy of suspected ventilator-associated pneumonia Diagnosis of nosocomial bacterial pneumonia in acute, diffuse lung injury Diagnosis of ventilator-associated pneumonia by bacteriologic analysis of bronchoscopic and nonbronchoscopic ″blind″ bronchoalveolar lavage fluid Arandomized controlled trial of an antibiotic discontinuation policy for clinically suspected ventilator-associated pneumonia The futility of the clinical pulmonary infection score in trauma patients Procalcitonin, C-reactive protein and APACHE II score for risk evaluation in patients with severe pneumonia Procalcitonin kinetics as a prognostic marker of ventilator-associated pneumonia Soluble triggering receptor expressed on myeloid cells and the diagnosis of pneumonia Blood cultures have limited value in predicting severity of illness and as a diagnostic tool in ventilator-associated pneumonia Specificity of endotracheal aspiration, protected specimen brush, and bronchoalveolar lavage in mechanically ventilated patients Quantitative culture of endotracheal aspirates in the diagnosis of ventilator-associated pneumonia in patients with treatment failure Diagnosis of ventilator-associated pneumonia: agreement between quantitative cultures of endotracheal aspiration and plugged telescoping catheter Canadan Critial Care Trial. A randomized trial of diagnostic techniques for ventilator-associated pneumonia Bronchoalveolar lavage for diagnosing bacterial pneumonia in mechanically ventilated patients Evaluation of bronchoscopic techniques for the diagnosis of nosocomial pneumonia Bronchoscopic BAL in the diagnosis of ventilator-associated pneumonia Ventilator-associated pneumonia: Increased bacterial counts in bronchoalveolar lavage by using urea as an endogenous marker of dilution Effects of consecutive protected specimen brushing and bronchoalveolar lavage on gas exchange and hemodynamics in ventilated patients Diagnosis of nosocomial pneumonia in mechanically ventilated patients: repeatability of the bronchoalveolar lavage Prospective evaluation of the protected specimen brush for the diagnosis of pulmonary infections in ventilated patients Clinical significance of borderline quantitative protected brush specimen culture results Is protected specimen brush a reproducible method to diagnose ICUacquired pneumonia? Effects of antibiotics on protected specimen brush sampling in ventilator-associated pneumonia La biopsie pulmonaire au cours du syndrome de détresse respiratoire aiguë Diagnosis of ventilator-associated pneumonia: an evaluation of direct examination and presence of intracellular organisms Microscopic examination of intracellular organisms in protected bronchoalveolar mini-lavage fluid for the diagnosis of ventilatorassociated pneumonia Association of noninvasive ventilation with nosocomial infections and survival in critically ill patients Chlorhexidine gluconate 0.12% oral rinse reduces the incidence of total nosocomial respiratory infection and nonprophylactic systemic antibiotic use in patients undergoing heart surgery A randomized double-blind trial of iseganan in prevention of ventilator-associated pneumonia The effect of selective decontamination of the digestive tract on colonization and infection rate in multiple trauma patients Effects of selective decontamination of digestive tract on mortality and acquisition of resistant bacteria in intensive care: a randomised controlled trial Clinically significant gastrointestinal bleeding in critically ill patients with and without stress-ulcer prophylaxis A randomized clinical trial of continuous aspiration of subglottic secretions in cardiac surgery patients Structural features of tracheal tube biofilm formed during prolonged mechanical ventilation Rational use of antibiotics in the intensive care unit: impact on microbial resistance and costs Chest physiotherapy for the prevention of ventilator-associated pneumonia Continuous oscillation: outcome in critically ill patients Effects of continuous lateral rotation therapy on pulmonary complications in liver transplant patients Effects of systematic prone positioning in hypoxemic acute respiratory failure: a randomized controlled trial Impact of BAL data on the therapy and outcome of ventilatorassociated pneumonia Inadequate antimicrobial treatment: an important determinant of outcome for hospitalized patients Clinical importance of delays in the initiation of appropriate antibiotic treatment for ventilator-associated pneumonia Prospective randomized comparison of imipenem monotherapy with imipenem plus netilmicin for treatment of severe infections in nonneutropenic patients Early antibiotic treatment for BAL-confirmed ventilatorassociated pneumonia: a role for routine endotracheal aspirate cultures The role of physiotherapy in ventilator-associated pneumonia Ventilator-asociated pneumonia Pathologies infectieuses en réanimation. Coll. Réanimation (Europe) Pneumopathies nosocomiales chez le patient non immunodéprimé Textbook of Critical Care. Philadelphie: Saunders Prise en charge des pneumonies nosocomiales chez le malade ventilé (Congrès SRLF 2002) et Pneumopathies acquises sous ventilation mécanique : le point au seuil d'un nouveau millénaire (Congrès SRLF Hôpital Font-Pré, 1208, avenue du Colonel-Picot Réanimation médicale Polmoniti nosocomiali acquisite sotto ventilazione meccanica