key: cord-0067613-te92qs4i authors: Gangitano, Elena; Ginanni Corradini, Stefano; Lubrano, Carla; Gnessi, Lucio title: La Non-Alcoholic Fatty Liver Disease, una patologia epatica di interesse endocrinologico date: 2021-09-15 journal: L'Endocrinologo DOI: 10.1007/s40619-021-00955-9 sha: 8a86eab5c77f1b10181efbb4266ec40fa32a28f7 doc_id: 67613 cord_uid: te92qs4i La Non-Alcoholic Fatty Liver Disease (NAFLD) comprende diversi stadi di patologia epatica che vanno dalla steatosi alla cirrosi epatica. È considerata la manifestazione epatica della patologia metabolica e alcune alterazioni endocrinologiche possono concorrere a determinarne l’insorgenza o la progressione. È quindi di fondamentale importanza che l’endocrinologo sia consapevole dell’importanza clinica e prognostica della NAFLD correlata alle patologie endocrine, al fine di offrire al paziente il trattamento adeguato. INFORMAZIONI SUPPLEMENTARI: La versione online contiene materiale supplementare disponibile su 10.1007/s40619-021-00955-9. La NAFLD costituisce attualmente un problema di salute pubblica: nella popolazione generale la sua prevalenza è stata stimata attorno al 25% ma le percentuali variano in relazione alle diverse popolazioni oggetto di studio, a causa dell'eterogeneità in termini di etnia, età e sesso, nonché dei metodi utilizzati per diagnosticarla. È stato stimato che fino al 75% dei soggetti diabetici possa presentare NAFLD, e tale prevalenza aumenta ulteriormente nei pazienti obesi [2] . La NAFLD si associa a una maggiore incidenza di patologie cardiovascolari, con cui condivide molti fattori di rischio metabolici. È stato infatti osservato che i pazienti con NAFLD presentano disfunzione endoteliale, aumento della rigidità delle pareti delle arterie e aumento dello spessore dell'intima-media carotidea, parametri riconosciuti come marker di patologia cardiovascolare [1] . Inoltre, la fibrosi avanzata nella steatoepatite (Non-Alcoholic Steato Hepatitis, NASH) è associata ad aumentata mortalità da cause cardiovascolari e, come dimostrato recentemente, da COVID-19 [3] . Per la NAFLD non esistono attualmente terapie specifiche. È noto dalla letteratura che il cambiamento dello stile di vita, focalizzato su calo ponderale, moderazione nell'assunzione di alcolici ed esercizio fisico, determinino un'importante riduzione dell'entità della steatosi epatica e dell'insulino-resistenza [1] . Tali misure di cambiamento dello stile di vita sono peraltro condivise per la prevenzione e il trattamento di altre patologie metaboliche, come il diabete mellito. Un problema particolarmente rilevante è rappresentato dalla progressione della NAFLD in NASH e quindi in cirrosi, nonché il rischio di insorgenza di epatocarcinoma, che può verificarsi frequentemente anche negli stadi precirrotici. I fattori determinanti la progressione da steatosi semplice a NASH non sono stati ancora completamente chiariti; di conseguenza, allo stato attuale non è possibile Fig. 1 Gli stadi della NAFLD. La NAFLD copre un ampio spettro di stadi di malattia epatica, dalla semplice steatosi alla steatoepatite non alcolica fino, eventualmente, alla cirrosi predire con certezza l'evoluzione della patologia. È stato riportato che lo stress ossidativo possa giocare un ruolo fondamentale nel determinare il danno epatocitario e quindi possa favorire tale progressione [4] . Secondo stime recenti e in considerazione dell'efficacia dei nuovi farmaci antivirali, la NAFLD rappresenterà la prima causa di trapianto di fegato in Europa nei prossimi anni: il suo impatto in termini di morbilità e mortalità non è quindi trascurabile. I meccanismi alla base della genesi della steatosi epatica non sono ancora completamente chiariti. È noto che l'accumulo epatico di lipidi si associa a obesità viscerale, insulinoresistenza e dislipidemia, nel complesso quadro della sindrome metabolica. In alcuni studi è stato riscontrato che la steatosi epatica precedeva la manifestazione del diabete mellito e/o della sindrome metabolica, ipotizzando che la NA-FLD possa quindi essere considerata un fattore di rischio per lo sviluppo di entrambe le condizioni [5] . La NAFLD è caratterizzata da un accumulo di trigliceridi all'interno degli epatociti sotto forma di gocce lipidiche intracellulari. I trigliceridi vengono costituiti dall'esterificazione degli acidi grassi liberi (FFA) e del glicerolo. L'aumentata disponibilità epatica di acidi grassi liberi è dovuta sia all'aumentato afflusso di acidi grassi al fegato per eccessivo apporto dietetico e alterata inibizione della lipolisi a livello del tessuto adiposo causata dall'insulino-resistenza, sia all'aumento della lipogenesi epatica de novo. Gli acidi grassi liberi possono andare incontro a β-ossidazione o esterificazione a trigliceridi, con immagazzinamento sotto forma di gocciole lipidiche o incorporazione nelle lipoproteine a densità molto bassa (VLDL). Uno sbilanciamento quindi tra sintesi, afflusso, ossidazione ed escrezione determina l'accumulo dei trigliceridi tipico della steatosi epatica [6] . L'accumulo di alti livelli di acidi grassi liberi e colesterolo libero, nonché di altri metaboliti lipidici, comporta lipotossicità, con conseguente disfunzione mitocondriale e stress ossidativo. Secondo la teoria della patogenesi multiple hit, numerosi fattori interagiscono per determinare l'insorgenza di NA-FLD in soggetti geneticamente predisposti (Figura 2); tali fattori includono dieta, insulino-resistenza, alterazioni del microbiota intestinale, predisposizione genetica e modificazioni epigenetiche [7, 8] . Per quanto riguarda il microbiota, l'alterazione della composizione e della capacità metabolica della flora batterica intestinale ha un effetto diretto sul fegato e uno indiretto, favorendo l'obesità e il diabete di tipo 2 [9] . Diversi metaboliti batterici, quali lipopolisaccaridi (LPS), acidi grassi a catena corta, colina, trimetilammina-Nossido (TMAO), con meccanismi molto complessi regolano la permeabilità intestinale, l'appetito, l'accumulo di grasso e l'infiammazione [7, 9, 10] . Recentemente, proprio per la patogenesi così complessa della malattia, per il fatto che nel singolo paziente possa prevalere uno dei fattori patogenetici e che la gestione dei pazienti migliori grazie a una loro stratificazione in tal senso, è stata proposta una nuova terminologia per la NA-FLD, ossia Metabolic (dysfunction) associated fatty liver disease (MAFLD) [8] . In altri termini, la nuova nomenclatura di MAFLD e, soprattutto, la stratificazione dei pazienti in sub-fenotipi secondo il fattore patogenetico prevalente permetterà di disegnare trial clinici terapeutici migliori per identificare nuovi farmaci. Anche alcune alterazioni ormonali possono concorrere a determinare l'insorgenza della steatosi epatica, sia favorendo lo sviluppo della sindrome metabolica, sia determinando quadri di NAFLD secondaria [11, 12] . L'eccesso di glucocorticoidi è associato a un fenotipo metabolicamente compromesso, caratterizzato da obesità centrale, insulino-resistenza e diabete. Nella sindrome di Cushing è stata riscontrata una prevalenza di steatosi epatica non trascurabile, di circa il 20%, significativamente correlata al tessuto adiposo viscerale [13] . Uno studio ha osservato che i pazienti affetti da NAFLD presentavano una lieve iperattività dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, e il cortisolo libero urinario delle 24 ore e il cortisolo dopo soppressione con 1 mg di desametasone risultavano essere predittori indipendenti di NAFLD e della severità della fibrosi epatica [14] . Si ritiene che i glucocorticoidi in eccesso, siano essi esogeni o endogeni, concorrano all'insorgenza della steatosi epatica mediante inibizione della β-ossidazione degli acidi grassi e promozione della lipogenesi epatica de novo [6] . Il GH influenza fisiologicamente il metabolismo glicolipidico, promuovendo la lipolisi, la glicolisi e la gluconeogenesi, ma è altresì responsabile di un aumento dell'insulino-resistenza. Dati recenti suggeriscono una forte [15] . L'associazione tra il deficit di secrezione dell'ormone della crescita nell'adulto (GHD) e la steatosi epatica non è ancora completamente chiarita. Alcuni studi nei pazienti con GHD riportano alterazioni del profilo glico-lipidico e della composizione corporea, aumento dell'obesità viscerale e maggiore incidenza di sindrome metabolica mentre, al contrario, altri studi non hanno rilevato alcuna differenza statisticamente significativa tra soggetti sani e pazienti affetti. Allo stesso modo, non tutti gli studi sono concordi nel riportare un aumentato contenuto di grasso a livello epatico nei GHD e non abbiamo dati univoci che riportino una chiara efficacia della terapia ormonale sostitutiva nel determinarne la riduzione [16, 17] . Recentemente, alcuni studi sull'animale hanno mostrato come la prolattina, tramite il legame al suo recettore PRLR, sia in grado di ridurre l'accumulo epatico di trigliceridi [18] , fornendo le basi per la ideazione di un nuovo modello matematico, che include i valori di prolattina, per stimare la presenza e la severità della NAFLD nell'uomo [19] . L'associazione tra NAFLD e androgeni mostra un dimorfismo sessuale: la steatosi epatica si associa, infatti, a iperandrogenismo nelle donne e ipogonadismo negli uomini [20] . Nell'uomo, la prevalenza della NAFLD risulta aumentata nei soggetti con bassi livelli di testosterone circolante rispetto a soggetti con più alti livelli di testosterone circolante [12, 20] . L'efficacia della terapia sostitutiva dell'ipogonadismo nel determinare miglioramento dei parametri metabolici e riduzione del contenuto epatico di grasso, però, non è dimostrata in maniera univoca [21] . Le donne affette da sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) presentano un'alta prevalenza di steatosi epatica, e ciò è particolarmente evidente nella PCOS con iperandrogenismo, che si associa a un fenotipo metabolicamente più compromesso [22] . Alcuni studi in donne in età postmenopausale hanno dimostrato un'associazione tra aumento dei livelli circolanti di testosterone libero e steatosi epatica [23] . L'ipogonadismo femminile gioca un ruolo altrettanto importante; gli estrogeni sembrano, infatti, svolgere un ruolo protettivo nei confronti della steatosi e della sua progressione [24] . Non è stato ancora completamente chiarito se l'ipotiroidismo giochi un ruolo nella genesi della NAFLD. Gli ormoni tiroidei hanno la capacità di influenzare il metabolismo lipidico; di conseguenza, la loro azione a livello epatico potrebbe potenzialmente influenzare la genesi della steatosi. Alcuni studi hanno messo in luce come l'ipotiroidismo, anche se subclinico, si associ a una maggiore prevalenza di steatosi epatica, anche dopo aggiustamento per età, BMI, diabete mellito e profilo lipidico. Altri studi in letteratura, invece, non hanno riscontrato tale associazione; di conseguenza, tale correlazione rimane ancora da definire [12] . D'altro canto, dati pubblicati di recente sostengono l'ipotesi che la NAFLD indotta dall'ipotiroidismo possa essere considerata un'entità clinica separata, suggerendo anche possibili opzioni di trattamento per la NAFLD attraverso la terapia sostitutiva per l'ipotiroidismo insieme a modifiche dello stile di vita. Inoltre, un intero nuovo campo di ricerca è focalizzato sui tiromimetici nel trattamento NAFLD/NASH, attualmente in fase 3 di sperimentazione clinica [25] . L'associazione di NAFLD e diabete mellito di tipo 2 è ben riconosciuta in letteratura e la prevalenza di NASH nei soggetti diabetici supera il 35% (Tabella 1). Il diabete, infatti, oltre a rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di NAFLD, sembra accelerarne la progressione [26, 27] . La NAFLD, d'altro canto, costituisce un fattore di rischio sia per lo sviluppo di diabete mellito di tipo 2 che delle sue complicanze [27] . Per quanto riguarda la prevalenza della NAFLD nel diabete di tipo 1, i dati presenti in letteratura non sono del tutto concordanti. Alcuni studi la riportano come relativamente bassa (<10%), probabilmente grazie alla soppressione della lipolisi ad opera della terapia insulinica, con conseguente riduzione dell'afflusso di acidi grassi liberi al fegato [2] , ma una recente metanalisi riporta una prevalenza complessiva di circa il 20% [28] . Nei pazienti con diabete mellito di tipo 1 la steatosi determina un aumento del rischio cardiovascolare, similmente a quanto riscontrato nei soggetti sani e nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 [29] . Le alterazioni ormonali appena descritte, in particolare diabete mellito di tipo 2, GHD, ipotiroidismo e ipogonadismo, sono presenti in frequenza non trascurabile nei pazienti affetti da obesità, e possono contribuire all'insorgenza e al peggioramento della steatosi epatica in questi pazienti già predisposti allo sviluppo della NAFLD. L'endocrinologo rappresenta spesso il primo specialista a cui il paziente con patologia metabolica si rivolge, e la ricerca della NAFLD andrebbe considerata nell'ambito dell'iter di inquadramento diagnostico del paziente obeso complicato. D'altro canto, l'obesità di per sé si può associare a un fenotipo metabolicamente compromesso o a un fenotipo metabolicamente sano, e il 30% degli individui normopeso può essere considerato metabolicamente obeso, in quanto presenta alterazioni metaboliche tipiche dell'obesità in presenza di un BMI non patologico. Ciò concorda con il fatto che una percentuale non trascurabile dei pazienti affetti da steatosi epatica non presenta eccesso ponderale, e tali soggetti magri con steatosi (lean NAFLD) presentano tratti metabolici e di flora batterica intestinale peculiari [8] . La NAFLD e alcune patologie endocrinologiche, come brevemente discusso, sono fortemente interconnesse. Come al-cune alterazioni ormonali si associano a un'aumentata incidenza di steatosi epatica, al contrario il riscontro di NAFLD, soprattutto se severa, può suggerire la presenza di alterazioni endocrinologiche. In considerazione degli effetti a lungo termine della NA-FLD in termini di morbidità e mortalità, è fondamentale che l'endocrinologo sia consapevole dell'importanza di diagnosticarla e avvii un iter appropriato di monitoraggio a lungo termine e un approccio terapeutico integrato in accordo con i colleghi epatologi. Funding Note Open access funding provided by Università degli Studi di Roma La Sapienza within the CRUI-CARE Agreement. Conflitto di interesse Gli autori Elena Gangitano, Stefano Ginanni Corradini, Carla Lubrano e Lucio Gnessi dichiarano di non avere conflitti di interesse. Lo studio presentato in questo articolo non ha richiesto sperimentazione umana. Studi sugli animali Gli autori di questo articolo non hanno eseguito studi sugli animali. Nota della casa editrice Springer Nature rimane neutrale in riguardo alle rivendicazioni giurisdizionali nelle mappe pubblicate e nelle affiliazioni istituzionali. Open Access This article is licensed under a Creative Commons Attribution 4.0 International License, which permits use, sharing, adaptation, distribution and reproduction in any medium or format, as long as you give appropriate credit to the original author(s) and the source, provide a link to the Creative Commons licence, and indicate if changes were made. The images or other third party material in this article are included in the article's Creative Commons licence, unless indicated otherwise in a credit line to the material. If material is not included in the article's Creative Commons licence and your intended use is not permitted by statutory regulation or exceeds the permitted use, you will need to obtain permission directly from the copyright holder. To view a copy of this licence, visit http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/. EASL-EASD-EASO clinical practice guidelines for the management of non-alcoholic fatty liver disease Non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) prevalence and its metabolic associations in patients with type 1 diabetes and type 2 diabetes Risk of severe illness from COVID-19 in patients with metabolic dysfunctionassociated fatty liver disease and increased fibrosis scores Lipid oxidation products in the pathogenesis of non-alcoholic steatohepatitis Nonalcoholic fatty liver disease: a precursor of the metabolic syndrome Pathogenesis of nonalcoholic fatty liver disease The multiplehit pathogenesis of non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) MAFLD: a consensusdriven proposed nomenclature for metabolic associated fatty liver disease A review on role of microbiome in obesity and antiobesity properties of probiotic supplements Gut-liver axis, nutrition, and non-alcoholic fatty liver disease Endocrine NAFLD' a hormonocentric perspective of nonalcoholic fatty liver disease pathogenesis NAFLD in some common endocrine diseases: prevalence, pathophysiology, and principles of diagnosis and management Hepatic steatosis in Cushing's syndrome: a radiological assessment using computed tomography Associations between liver histology and cortisol secretion in subjects with nonalcoholic fatty liver disease Relationship of IGF-1 and IGF binding proteins to disease severity and glycemia in non-alcoholic fatty liver disease Hepatic steatosis, GH deficiency and the effects of GH replacement: a Liverpool magnetic resonance spectroscopy study Fatty liver index associates with relative sarcopenia and GH/IGF-1 status in obese subjects Ablation of prolactin receptor increases hepatic triglyceride accumulation A newly noninvasive model for prediction of non-alcoholic fatty liver disease: utility of serum prolactin levels Testosterone, sex hormone-binding globulin and nonalcoholic fatty liver disease: a systematic review and meta-analysis Effect of testosterone administration on liver fat in older men with mobility limitation: results from a randomized controlled trial Non-alcoholic fatty liver disease in women with polycystic ovary syndrome: systematic review and meta-analysis Sex steroids and sex hormone-binding globulin in postmenopausal women with nonalcoholic fatty liver disease Sex differences in NAFLD: state of the art and identification of research gaps Hypothyroidism and nonalcoholic fatty liver disease: pathophysiological associations and therapeutic implications The global epidemiology of NALFD and NASH in patients with type 2 diabetes: a systematic review and meta-analysis Non-alcoholic fatty liver disease and diabetes Prevalence of nonalcoholic fatty liver disease (NAFLD) in patients with type 1 diabetes mellitus: a systematic review and meta-analysis Increased prevalence of cardiovascular disease in type 1 diabetic patients with non-alcoholic fatty liver disease