key: cord-0036186-6aqzh5gr authors: Battistini, Augusta; Fognani, Giuliana title: Bronchiolite e asma date: 2012-04-16 journal: Rianimazione in età pediatrica DOI: 10.1007/978-88-470-2059-7_21 sha: 67bbd430f28569147d03552bf3558dc951b63db9 doc_id: 36186 cord_uid: 6aqzh5gr La letteratura internazionale ha recentemente riconosciuto la mancanza di confini netti fra bronchiolite (BR), wheezing (WH), o respiro sibilante, e asma. Considerare la bronchiolite, e soprattutto il wheezing (o bronchite spastica o bronchite asmatiforme), come parte dell'asma è giustificato anche dal superamento dell'assioma asma = eosinofilia della mucosa bronchiale. E in effetti l'episodio acuto, l'espressione clinica di gran lunga più frequente dell'asma del bambino, è caratterizzato sul piano istologico da 4 fenotipi: 1) paucigranulocitico, 2) eosinofilico, 3) neutrofilico, 4) misto (quest'ultimo definito in passato neutrofilico) [3] . L'asma non è quindi più considerata una malattia cronica, bensì una malattia oscillante, in cui gli episodi acuti sono, nella maggior parte dei casi, sostenuti da virus (80-90%), più raramente dall'esposizione all'allergene, e sono ulteriormente favoriti da fattori ambientali (vedi inquinamento extradomiciliare nei giorni immediatamente precedenti). Che l'approccio unitario cominci a entrare nella pratica è confermato: 1) dalle ultime linee guida inglesi [4] , secondo cui l'asma, soprattutto in età prescolare (inclusi i primi due anni), è caratterizzata da episodi acuti di wheezing, tosse e difficoltà respiratoria, associati a infezione virale delle alte vie (cold), senza sintomi persistenti; 2) dalla nuova definizione asthma/wheezing [5] , giustificata anche dalla valutazione unitaria della risposta alle terapie ottenuta nell'asma e nel wheezing [6] . all'oscuro di questa nuova impostazione continua a considerare l'asma una malattia cronica, grave e invalidante; quindi questa diagnosi causa sempre un'ingiustificata preoccupazione. Il nuovo approccio trova spiazzata anche la classe medica, non solo i pediatri ma anche ricercatori di strutture sanitarie altamente accreditate, come l'Istituto Mario Negri di Milano [7] . La bassa prevalenza di bambini che usano farmaci antiasmatici e quella, ancor più bassa, di quelli che li usano a dosaggi adeguati (3,8%) viene interpretata come una bassa prevalenza dell'asma in Italia. A parte l'errata interpretazione epidemiologica, questi risultati confermano che gli episodi acuti di wheezing/asma non vengono adeguatamente trattati, in quanto non considerati all'altezza dell'asma. Una problematica analoga si osserva, negli USA, nel rapporto bronchiolite/asma: nello stesso inverno e nello stesso Stato, ma in due diversi Pronto Soccorso, le diagnosi di bronchiolite passano dal 92% al 59%, mentre il rapporto si inverte per la diagnosi di asma (rispettivamente 4% e 18,4%) [8] . Nell'attesa di una messa a punto delle definizioni, che non avverrà certo in tempi rapidi, riteniamo opportuno affrontare in questa sede la bronchiolite e l'asma mettendo però l'accento su: 1. l'esistenza di un terzo quadro clinico, il wheezing, definito anche come asma/wheezing, che, come tale, rientra nell'asma e che non è possibile ignorare, se non altro perché interessa il 55% dei bambini in età prescolare; 2. la necessità di utilizzare in tutti e tre i quadri i recenti progressi terapeutici fatti per quanto riguarda l'asma e in particolare l'asma acuta. Seguiremo pertanto la seguente impostazione: -bronchiolite: clinica e terapia; -asma (asma/wheezing): clinica e terapia; -note pratiche: terapia inalatoria; steroidi inalatori (SI); -terapia intensiva bronchiolite; -terapia intensiva asma. Mentre il limite di età (1 anno in Inghilterra, 2 anni negli USA) e la gravità del quadro clinico venivano considerati criteri diagnostici fondamentali, oggi si tende ad allargare la diagnosi al primo episodio di wheezing. Questa, a sua volta, si basa sulla presenza di tosse, sibili, difficoltà respiratoria. La gravità viene valutata con un punteggio (Respiratory Distress Assessment Instrument, RDAI) che tiene conto dell'estensione e del tipo del sibilo (in/espiratorio) e dell'entità dei rientramenti sopraclaveari, intercostali e subcostali. È l'unica su cui insistono anche le più recenti linee guida [9] : controllo dell'alimentazione e dello stato di idratazione e O2 terapia quando, in assenza di altre patologie, la saturazione di O2 scende al di sotto del 90%. Molto più discussa è da sempre la terapia farmacologica con broncodilatatori per inalazione (salbutamolo, epinephrina) e con steroidi per os o per inalazione. Contro il broncodilatatore continua a essere citata una metanalisi [10] basata su ricerche del tutto inadeguate per: 1. dosaggi (0,15 mg/kg, pari a 1,5 mg a un anno, a fronte dei 2,5 mg in tutti i bambini sotto i 2 anni) e numero di somministrazioni (unica, a fronte di una ogni ora) [4] ; 2. uso dell'areosol classico, superato da quasi 20 anni dallo spray (Metered Dose Inhaler, MDI) + distanziatore. Malgrado queste limitazioni il salbutamolo determina un modesto ma statisticamente significativo miglioramento clinico, che verrebbe però annullato dal costo. Anche quest'ultima obiezione è insostenibile, dato che una bomboletta di salbutamolo costa solo 4,5 euro (pari a un trattamento di 12 giorni con 16 erogazioni/die) e che questa modalità di somministrazione riduce la spesa per l'assistenza infermieristica. A favore del broncodilatatore stanno almeno tre osservazioni: Mentre vi è accordo sul fatto che lo steroide non serve a prevenire l'evoluzione verso l'asma, molto più difficile è negarne l'efficacia sulla flogosi bronchiale in atto. Tre sono i possibili approcci terapeutici: 1. steroide sistemico: da un lato una review Cochrane, ritirata però nel 2008, ne nega l'utilità; dall'altro recenti ricerche ne dimostrano l'efficacia, soprattutto quando usato a dosi elevate (desametasone, 0,6 mg/kg in dose unica) [12] ; 2. steroide per via inalatoria: trattandosi di una via relativamente nuova non vi sono metanalisi specifiche ma solo lavori singoli di cui, fra i più recenti, uno con esito negativo (budesonide, 1 mg per aerosol 2 volte al giorno), l'altro con esito positivo (desametasone, 0,25 mg per aerosol 4 volte al giorno) [13] ; 3. steroidi per os + broncodilatatori per via inalatoria: la loro efficacia è documentata da sin-gole ricerche [14] e trova, seppur indiretta, conferma nella pratica, in cui più del 90% delle bronchioliti è trattato con broncodilatatori (quasi sempre salbutamolo, eccezionalmente epinefrina) e circa un quarto dei ricoverati con steroidi per os [2] . Antileucotrieni: non sono raccomandati (2 sole ricerche con esito negativo). Soluzione salina ipertonica (3%) per aerosol: utile, secondo una metanalisi di 4 ricerche, a migliorare il quadro cinico e senza effetti collaterali quando somministrata insieme a un broncodilatatore. I buoni risultati ottenuti con ipertonica + salbutamolo, confrontata con fisiologica (0,9%) + salbutamolo sono stati confermati in una quinta ricerca, in termini di una più rapida scomparsa della tosse e dei rumori umidi all'ascoltazione e di una riduzione dei giorni (-1,4) di ospedalizzazione. Resta da verificare la mancanza di risposta quando si confronta la soluzione fisiologica con quella ipertonica e la possibilità che quest'ultima provochi effetti collaterali, come diarrea e vomito. A questo punto, giustificati dalle numerose ricerche a favore del salbutamolo e dello steroide (os e via inalatoria) e dalla tendenza a equiparare la bronchiolite al wheezing/asma, riteniamo sia arrivato il momento di trattare la bronchiolite basandoci: 1) sulla terapia dell'episodio asmatico grave dei primi due anni di vita [4] ; 2) sulle nuove strategie terapeutiche del wheezing/asma acuta [15] . In tutti i casi, come recentemente segnalato anche per la bronchiolite, la chiave di volta è sfruttare il sinergismo fra il salbutamolo e lo steroide, che non consiste solo nell'azione di risparmio che il beta 2 ha nei confronti dello steroide, ma anche nella sua capacità di aumentare la risposta allo steroide agendo sui suoi recettori. Per uno schema riassuntivo vedi Box 21.1. 1. Evitare il diffondersi intraospedaliero sia del virus respiratorio sinciziale (VRS) che di altri virus, lavandosi le mani non solo dopo il contatto diretto ma anche dopo avere toccato gli oggetti del paziente. 2. Profilassi invernale con anticorpi monoclonali anti VRS (polivizumab) nei bambini sotto i due anni a rischio (dal grave prematuro al paziente affetto da Cronic Lung Disease, dalla fibrosi cistica alle gravi cardiopatie congenite). 3. Allattamento materno per ridurre le infezioni delle vie aeree in genere. 4. Evitare esami di routine sia di laboratorio che radiologici. 5. Somministrare antibiotico solo in presenza di segni specifici di infezione batterica. Benché da sempre conosciuta e studiata, l'asma si è rapidamente e drasticamente evoluta nel corso degli ultimi 3-5 anni, non solo per quanto riguarda la terapia, ma anche per l'impostazione in nuovi fenotipi, e per l'estensione dei criteri diagnostici, e quindi anche terapeutici, a patologie una volta definite come wheezing. Tre diversi approcci permettono di individuare altrettanti fenotipi. Aggiungendo all'andamento del wheezing altre variabili, come tosse, persistenza dei sintomi, wheezing in risposta agli irritanti ecc., e verificandone poi l'evoluzione nel tempo (per 8-13 anni), sono stati non solo confermati i fenotipi persistente e transitorio, ma ne sono stati individuati altri, come la tosse persistente, caratterizzata da ridotta funzionalità respiratoria, iperreattività bronchiale e successivo rischio di wheezing. Questo fenotipo si identifica con quello bronchitico granulocitico e con la cough-variant asthma o "tosse equivalente di asma", confermandosi così la necessità di un trattamento antiasma [16] . Trattamento farmacologico per la bronchiolite grave in ospedale [4] 1. Salbutamolo fino a 10 puff (ventolin o broncovaleas ) con distanziatore o 10 gocce (broncovaleas ) in 3 mL di fisiologica da ripetere ogni 1-4 ore; 2. in caso di scarsa risposta e di particolare gravità del quadro clinico, prednisone 10 mg al giorno per tre giorni. Poiché il ricovero dura in media tre giorni, mentre i sintomi si prolungano per 12-13 giorni, la terapia va continuata a domicilio secondo lo schema seguente, che può essere usato anche nelle forme che non necessitano ricovero. Trattamento farmacologico per la bronchiolite medio-grave a domicilio Primi 2 giorni: Ventolin 2-4 puff + Aircort 2 puff 4 volte/die poi per 2 giorni: Ventolin 2-4 puff + Aircort 2 puff 3 volte/die poi per 4 giorni: Ventolin 2-4 puff + Aircort 2 puff 2 volte/die Se necessario continuare come l'ultimo giorno (8°) per più giorni Per le linee guida inglesi [4] devono essere presenti almeno due dei seguenti sintomi: sibili, tosse, difficoltà respiratoria, costrizione toracica. Il loro valore diagnostico aumenta se: 1. sono frequenti e ricorrenti, più gravi di notte e al mattino presto; scatenati o incrementati dall'attività fisica, o da altri stimoli come aria fredda, umidità, emozioni, riso; 2. migliorano, insieme alla funzionalità respiratoria, dopo adeguata terapia; 3. si associano a una storia personale di atopia, familiare di asma e/o atopia, e a sibili all'ascoltazione. Le linee guida internazionali della Global Initiative for Asthma (GINA) [17] si allineano con quelle inglesi, allargando però il sospetto di asma "a un cold che ripetutamente si estende al torace o che continua per più di 10 giorni". Inoltre, esse specificano che per valutare la risposta alla terapia è necessario un trattamento di 2-3 settimane con salbutamolo associato a SI. Le linee guida USA [18] sintetizzano la diagnosi in 3 punti: 1) sintomi episodici di ostruzione delle vie aeree o iperreattività bronchiale, 2) reversibilità almeno parziale della bronco-ostruzione, documentabile, se possibile, anche con la spirometria, 3) esclusione di diagnosi alternative. Anche la diagnosi di tosse equivalente di asma deve essere confermata da una risposta positiva alla terapia. Tutte le linee guida sottolineano l'importanza dei test di funzionalità respiratoria, soprattutto quando la diagnosi è più incerta, come ad esempio in caso di tosse in prevalenza catarrale senza sibili e difficoltà respiratoria cui si aggiunge un'obiettività sempre negativa. In mancanza di una collaborazione attiva da parte del paziente vi sono due prove alternative: 1) eventuali modificazioni del reperto obiettivo (aumento del murmure vescicolare e riduzione del tempo di espirazione) dopo 5-10 minuti dall'inalazione di salbutamolo (3-4 puff con distanziatore) confermano la presenza di una bronco-ostruzione di base e la risposta al farmaco elettivo dell'asma, 2) far correre il bambino, di età compresa fra 3 e 6 anni, per 4-6 minuti in una distanza di circa 50 metri: la tosse già durante la corsa o entro 3-4 minuti dalla fine, a maggior ragione se associata a reperti obiettivi (sibili, riduzione del murmure vescicolare, aumento del tempo di espirazione) permette la diagnosi di asma indotta da esercizio fisico. Per la diagnosi differenziale secondo le linee guida inglesi vedere Tabella 21.1 [4] . La diagnosi differenziale può essere affrontata anche in maniera speculare, verificando le caratteristiche dei 3 sintomi tipici dell'asma (tosse, sibili, dispnea) in altre malattie. Una spirometria eseguita durante un attacco può essere diagnostica, mentre meno sicura è l'emogasanalisi, in quanto anche un attacco asmatico può determinare una riduzione della pressione parziale di CO 2 (PaCO2) con aumento del pH. 3. Dispnea da sforzo. Benché tipica dell'asma del bambino e dell'adolescente, tuttavia la dispnea da sforzo fisiologica è frequente anche negli atleti, quando il metabolismo anaerobico supera la soglia ventilatoria. Sono quindi diagnostici la determinazione dei gas ematici e la spirometria eseguiti durante lo sforzo. Paziente e famiglia vanno tranquillizzati, ma, nello stesso tempo, il problema va affrontato e risolto grazie a una graduale e progressiva ripresa dell'attività fisica. La definizione "classica" di asma persistente, da trattare perciò in modo continuativo, è basata esclusivamente sul disturbo (impairment) dovuto alla malattia e quindi sull'uso di beta 2 stimolante al bisogno (almeno 2 volte alla settimana). A parte la difficoltà, o meglio l'impossibilità, di decidere se e quando il bambino necessiti della sommini-strazione estemporanea di broncodilatatore, resta difficile accettare che un bambino sia considerato ben controllato, e quindi non necessiti di terapia continuativa, anche quando respira male 2 volte alla settimana e presenta sintomi più di 2 volte al mese. In effetti le linee guida giapponesi sono molto meno restrittive, classificando come mild persistent, e quindi da trattare in modo continuativo, anche il bambino che ha sintomi anche una sola volta alla settimana [19] . Gli schemi terapeutici prevedono una gradualità di interventi, mirati a limitare il più possibile le dosi globali dello SI. • Nei primi 4 anni di vita, la scaletta prevede: 1) SI a basse dosi o, in alternativa, montelukast; 2) SI a dosi medie; 3) SI a dosi medie + montelukast; 4) SI a dosi alte + montelukast; 5) SI a dosi alte + montelukast + steroidi per os [18] . Nell'impossibilità di utilizzare, a questa età, i broncodilatatori long-acting (LABA), è proponibile, anche sulla base dei nuovi schemi terapeutici dell'episodio acuto, associare sempre agli SI il beta 2 short-acting (SABA) a bassi dosaggi, anche per settimane o mesi. • Dopo i 4 anni, la scaletta è sovrapponibile ma con la possibilità di utilizzare anche: 1) i LABA in aggiunta agli steroidi già all'inizio della terapia continuativa e poi anche nelle fasi successive, per evitarne un aumento delle dosi [20] ; l'aggiunta del LABA si rivela più efficace dell'aumento della dose di SI o dell' aggiunta del montelukast, tuttavia, in caso di risposta insufficiente, è opportuno tentare con le altre 2 alternative, dato che resta sempre un abbondante 30% di pazienti che risponde meglio all'aumento dello SI o all'aggiunta del montelukast [21] ; 2) la teofillina-ritardo, in alternativa allo SI a basse dosi, e poi, nelle fasi successive, in aggiunta allo SI. Secondo le linee guida giapponesi, la teofillina-ritardo potrebbe essere usata già a partire dal 2° anno di vita, e su questo concorda l'esperienza personale. Superato il concetto di asma = malattia cronica, e constatato che gli episodi acuti sono l'espressione di gran lunga più frequente e più tipica dell'asma/wheezing, soprattutto in età prescolare, la dia-gnosi di gravità dell'asma persistente non si è più basata tanto sul disturbo (vedi impostazione classica), quanto sul rischio di episodi acuti. Le indicazioni a una terapia continuativa, che si limita a 4-6 settimane con broncodilatatori + SI [17] , a fronte dei 3 mesi almeno dell'impostazione classica, sono: 1) negli ultimi 6 mesi, 2 o più episodi acuti trattati con steroide per os; 2) in un anno 4 episodi di sibili di durata superiore a un giorno, associati a fattori di rischio come familiarità per asma e dermatite atopica; 3) ogni 30-40 giorni episodi trattati con 4-6 somministrazioni/die di broncodilatatori, soprattutto in autunno e inverno quando più frequente è il ricorrere di virosi respiratorie e quindi di wheezing /asma [18]. L'episodio acuto, o esacerbazione, è caratterizzato da difficoltà respiratoria, tosse, wheezing, costrizione toracica, fra loro variamente combinati e in progressivo aumento. Fra i dati raccolti dai familiari vanno interpretati come wheezing non solo il respiro sibilante o fischiante, ma anche la fatica a respirare, il respiro corto, la tosse persistente e fastidiosa. A seconda della gravità, e della risposta iniziale al broncodilatatore, la terapia va progressivamente incrementata secondo schemi ormai standardizzati, con piccole differenze a seconda dell'età del bambino [4] (Tabella 21.2). Il nuovo concetto di asma come malattia prevalentemente fluttuante [3] ha reso l'episodio acuto (esacerbazione) prioritario non solo sul piano clinico ma anche su quello delle innovazioni terapeutiche. Ciò, a sua volta, ha coinvolto gli SI che, pur mantenendo il loro ruolo di "controller" dell'asma cronica, sono diventati anche fondamentali come "reliever" dell'episodio acuto. Lo SI da solo, ad alte dosi, è efficace sia nella terapia dell'episodio acuto che nella prevenzione (ai primi segni di una virosi acuta), anche se gli effetti collaterali degli alti dosaggi, in particolare del fluticasone, rischiano di annullarne i benefici [22] . I risultati migliorano nettamente quando allo SI viene associato il broncodilatatore. Una metanalisi (totale 1133 pazienti, di cui 633 bambini) [23] dimostra che nell'asma acuta lo SI + broncodilatatore short-acting (quasi sempre salbutamolo) determina: 1) riduzione del numero di ricoveri rispetto al trattamento con solo salbutamolo (odds ratio 0,30; 0,16-0,55); 2) più rapida dimissione dal Pronto Soccorso, anche nei confronti del salbutamolo + prednisone per os (odds ratio 4,7; 2,97-7,42); 3) miglioramento della spirometria e del quadro clinico già al 60° minuto, a fronte delle 4-12 ore richieste dal cortisonico per via sistemica. Risultati così brillanti, e soprattutto così rapidi, si ottengono però con dosi di SI ben più alte di quelle della terapia continuativa e cioè, ad esempio, budesonide spray + distanziatore: 1200 mcg nel giro di 90 minuti. Contro l'obiezione che dosi così alte comporterebbero effetti collaterali stanno i dati sulla bioequivalenza: 1200 mcg di budesonide corrisponderebbero, sul piano dell'efficacia, quanto meno a 40 mg di prednisone, mentre, sul piano degli effetti collaterali, a soli 6 mg di prednisone [24] . I nuovi schemi terapeutici per l'episodio acuto sono illustrati nel Box 21.2. I dosaggi si riferiscono sempre al farmaco in spray (MDI) + distanziatore: La dose massima giornaliera di budesonide è quindi di 800 mcg (pari, come effetti collaterali, a 5 mg di prednisone) per 1 giorno nell'attacco lieve e di 1600 mcg (pari a 10 mg di prednisone) per 2 giorni nell'attacco grave. In caso di necessità, la terapia può essere protratta per settimane ai dosaggi più bassi (200 mcg salbutamolo + budesonide 200 o 400, 2 volte al giorno), riducendoli poi ulteriormente a un'unica somministrazione giornaliera Schemi analoghi possono essere adottati nelle forme più gravi, aumentando inizialmente le dosi e il numero di somministrazioni di salbutamolo, fino a 6 nelle 24 ore, e aggiungendo lo steroide per os nei primi 3-5 giorni [25] . Oltre che alla terapia, gli stessi schemi possono essere applicati alla prevenzione, iniziando già alla comparsa di: raffreddore, tosse insistente e/o notturna, irritabilità, scarso appetito, frequenti risvegli notturni, ridotta attività fisica. Ovviamente, i dosaggi vanno ridimensionati e lo schema che noi consigliamo a domicilio è di 3-4 puff di salbutamolo +1 puff di budesonide 3 volte al giorno, aumentando in caso di necessità fino a 5-6 volte al giorno. L'associazione beta 2 stimolante + SI nell'asma acuta è risultata valida anche con il formoterolo, un LABA che, oltre a un'azione immediata, ne eserciterebbe anche una antiflogistica sulle mastcellule, sui neutrofili e sull'essudazione plasmatica. Nel bambino, la somministrazione di formoterolo + budesonide come mantenimento (a basse dosi = 4,5/80 mcg una volta al giorno) associata a una terapia al bisogno (ad alte dosi = fino a 8 somministrazioni die) ha ottenuto risultati superiori alla sola terapia di mantenimento, sia per quanto riguarda l'efficacia (riduzione del numero e della durata degli episodi acuti e dei risvegli notturni), sia per quanto riguarda la ripresa della crescita in altezza dovuta alla riduzione della dose globale di steroidi [26] . Dopo molte ricerche e discussioni, riconducibili ai vari fenotipi dell'asma, si può concludere che le novità nel campo di questa patologia sono sintetizzabili in tre punti fondamentali che esponiamo di seguito. Il primo: estendere la diagnosi e quindi la terapia dell'asma al wheezing (respiro sibilante) dell'età prescolare. Il secondo: riconoscere l'andamento prevalentemente ondulante dell'asma, tipico del wheezing prescolare, con conseguente tendenza a sostituire, se possibile, la terapia continuativa con un trattamento precoce e aggressivo dell'episodio acuto. Il terzo: utilizzare lo SI associato al broncodilatatore nell'episodio acuto, quest'ultimo definito esacerbazione quando si verifica in un'asma persistente. L'aerosol a compressore o a ultrasuoni o, più semplicemente, "l'aerosol", è oggi relegato a situazioni eccezionali, come la somministrazione di broncodilatatori al bambino gravissimo che non collabora (vedi terapia intensiva). La via inalatoria si identifica quindi oggi quasi esclusivamente con lo spray (MDI) + distanziatore. Il distanziatore è indispensabile, indipendentemente da qualsiasi grado di collaborazione, in quanto, oltre a trattenere quella parte di farmaco che andrebbe a sbattere contro le pareti dell'orofaringe, permette allo spray di polverizzarsi in particelle più fini, che penetrano quindi più profondamente nel polmone. Nell'asma acuta il distanziatore ha dimostrato, fra l'altro, due grossi vantaggi [27] : 1) riduzione significativa della permanenza in Pronto Soccorso (-0,53 ore su una media di permanenza di 1,8 ore dei pazienti trattati con aerosol); 2) riduzione della frequenza cardiaca rispetto a quella di base (6,3%). La polvere per inalazione (DPI), benché utilizzabile, secondo le istruzioni allegate alla confezione, anche prima dei 12 anni, presenta in realtà numerosi e a volte insuperabili problemi. Studiata per facilitare l'esecuzione della terapia, sembra in realtà complicarla, tanto che il 50% dei pazienti (indipendentemente dal tipo di inalatore) usa la polvere in modo errato e il 25% continua a sbagliare anche dopo debite e ripetute istruzioni [28] . La manovra più difficile consiste in un'espirazione così profonda da permettere una successiva inspirazione talmente forte e veloce da polverizzare e quindi inalare adeguatamente il farmaco. L'inspirazione "violenta" crea però un nuovo problema, impedendo alle particelle relativamente più grandi (3-6 μm) di depositarsi a livello bronchiale. Un'ulteriore problematica è rappresentata dalle diverse caratteristiche dei vari inalatori di polvere che, oltre a complicarne l'utilizzo, richiedono spesso anche cambiamenti nei dosaggi. Così, ad esempio, la dose raddoppia rispetto allo spray per il salbutamolo mentre resta in genere uguale per gli steroidi. Il minor ingombro e la maggiore rapidità nell'esecuzione della DPI potrebbero favorire un incremento della collaborazione degli adolescenti, a scuola o nello sport, fermo restando che il paziente dovrebbe sempre sciacquarsi la bocca per eliminare quel 30% circa di farmaco che vi si deposita. Inoltre non è facile, o è addirittura impossibile, utilizzarla in presenza di broncoostruzione spontanea o da sforzo, in quanto in tal caso manca la forza inspiratoria necessaria ad azionarlo. Le difficoltà e le problematiche quasi insuperabili legate alla polvere trovano conferma nell'indicazione a sostituirla con spray + distanziatore, in caso di mancata risposta alla terapia [29] . L'industria farmaceutica coinvolta, più o meno direttamente, nel 92% delle ricerche sugli SI ne segnala, rispetto alla restante letteratura, meno frequentemente gli effetti collaterali (34,5 vs 64,5%) e quindi più spesso conclude che lo steroide è sicuro (rapporto di prevalenza 3,68; intervallo di confidenza 2,14-6,33 ) [30, 31] . Per ciò che riguarda la posologia, va osservato che le molteplici variabili che influiscono sull'efficacia e sugli effetti collaterali rendono difficile stabilire i dosaggi equivalenti dei vari steroidi. In linea generale, le dosi convenzionali del beclometasone e della budesonide (inferiori o pari rispettivamente a 500 e 400 mcg/die) andrebbero, nel caso del fluticasone dimezzate (200 mcg/die) o comunque ridotte [32] . Per contro, le linee guida internazionali GINA riportano dosi addirittura superiori per il fluticasone: dose massima da non superare 500 mcg/die, vs 400 mcg/die per budesonide e beclometasone. Mentre all'inizio può essere utile somministrare la dose giornaliera in almeno due volte, in seguito è consigliabile un'unica somministrazione, in particolare nel caso della budesonide che, fra l'altro, ha il grosso vantaggio di essere lo SI su cui si è svolto il maggior numero di ricerche in campo pediatrico. Sostanzialmente eliminato lo spettro di un ritardo della crescita finale in altezza, resta quello dell'insufficienza surrenalica funzionale [vedi la concentrazione di cortisolo nel primo mattino, i livelli serici di ormone adrenocorticotropo (ACTH), la risposta all'ACTH]. Tale insufficienza però non avrebbe reale significato clinico, fatta eccezione per l'insufficienza surrenalica acuta che, seppur rara, è nella maggioranza dei casi (91-94%) determinata dal fluticasone, usato a dosi (500-2000 μg) superiori a quelle consigliate. Sempre il fluticasone provocherebbe, come principale effetto secondario, sintomi psichiatrici, ben noti nella terapia steroidea per os ma poco noti nel caso della via inalatoria [33] . Un progresso potrebbe essere rappresentato dalla ciclosenide, da poco disponibile in Italia ma utilizzabile solo a partire dai 12 anni. L'ossigenoterapia e un'adeguata idratazione del paziente rappresentano il trattamento cardine della bronchiolite [9] . L'ossigenoterapia, con ossigeno (O 2), umidificato e riscaldato, è raccomandata per le ipossiemie persistenti [saturazione di O 2 (S a O 2 ) <90%]. In genere è preferita la somministrazione in Hood, meglio tollerata dal piccolo paziente; la valutazione delle necessità di O 2 deve basarsi sulla saturimetria arteriosa, con target di S aO2 ≥92%. Il deficit di fluidi può essere compensato attraverso la via nasogastrica e, nei casi più gravi, se la via enterale non è tollerata, con idratazione endovenosa. Da segnalare la possibile comparsa di iponatriemie, in parte legate a una secrezione inappropriata di ormone antidiuretico (ADH), in parte iatrogene, per la somministrazione di fluidi ipotonici [34] . Come già detto, anche se discussa, la terapia con i broncodilatatori beta 2 agonisti risulta ampiamente utilizzata. Dopo un trial iniziale con tali farmaci, sarebbe però opportuno continuarne l'uso solo nei pazienti che manifestino un chiaro miglioramento clinico [35] . Comune in ambiente intensivologico l'utilizzo dell'adrenalina per aerosol (0,1 mg/kg, ripetibile ogni 4 ore). Come broncodilatatore, l'adrenalina sembra più efficace dei beta 2 agonisti ma, per i potenziali effetti collaterali e il possibile rebound, è prudente un monitoraggio clinico ed elettrocardiografico continuo del paziente [9] . Trial recenti riportano risultati promettenti con l'uso della soluzione salina ipertonica al 3% in aerosol: la soluzione ipertonica infatti, richiamando acqua dalle cellule del tratto respiratorio, aumenta l'idratazione delle secrezioni, con effetto favorevole sulla clearance mucociliare. Da ciò una possibile riduzione dell'ostruzione meccanica delle vie respiratorie con risoluzione delle microatelettasie [36] . Anche se è comunemente utilizzata, non vi è invece una chiara evidenza di efficacia con la terapia steroidea per via sistemica e inalatoria [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] [10] [11] [12] . Una terapia promettente è rappresentata dalla respirazione in miscele di elio e ossigeno (Heliox), che appaiono efficaci sotto il profilo clinico, anche se necessitano ulteriori studi per valutare il possibile ruolo di tale trattamento nella bronchiolite [37] . L'elio è un gas inerte a bassissima densità, circa 1/17 rispetto all'aria. Essendo la densità uno dei fattori determinanti le caratteristiche del flusso aereo, con l'elio si ottiene la riduzione delle resistenze delle vie aeree terminali, attraverso la riduzione del flusso turbolento, e il ripristino di un flusso di tipo laminare, con conseguente diminuzione del lavoro respiratorio del paziente. Inoltre, poiché la diffusibilità dell'anidride carbonica (CO 2) in elio risulta 4-5 volte superiore rispetto a quella nell'aria, con la respirazione in Heliox si può ottenere maggiore rimozione della CO 2 medesima. Un ulteriore vantaggio dell'Heliox sembra essere quello di una migliore nebulizzazione dei farmaci inalatori, con incremento della deposizione degli stessi a livello periferico [38] . In terapia sono utilizzate miscele di He e O 2, onde evitare il rischio di somministrare miscele ipossiche (He 20%-O 2 80%, oppure, rispettivamente, 30%-70%). A un aumento ulteriore della frazione inspirata di O2 (FiO2), con conseguente riduzione della concentrazione di elio nella miscela gassosa inspirata, corrisponde una perdita dei vantaggi reologici, scarsi per FiO 2 >40%, nulli per per FiO2 >60%. Poiché l'ingresso di aria nell'ambiente può ridurre la percentuale di elio a livelli subterapeutici, risulta critica la modalità di somministrazione al paziente della miscela gassosa medesima; preferibili le maschere facciali a tenuta o con reservoire. L'effetto clinico dell'Heliox è estremamente rapido: nel giro di pochi minuti, se il paziente risponde, si assisterà a un rapido miglioramento clinico; un peggioramento viceversa dovrà indurre alla sospensione immediata del trattamento. Nel caso di un peggioramento del distress respiratorio, un precoce tentativo di ventilazione non invasiva (CPAP e NIV propriamente detta) può risultare efficace, migliorando l'outcome del paziente ed evitandone potenzialmente l'intubazione e le complicazioni relate [39] . Il razionale della NIV è il mantenimento dell'apertura delle vie aeree, l'aumento della clearance delle secrezioni, la riduzione del lavoro respiratorio e il miglioramento degli scambi gassosi. In genere risultano meglio tollerate le interfacce come il casco e le cannule nasali. L'associazione CPAP e Heliox comporta un ulteriore vantaggio reologico e sembra, se usata precocemente, in grado di ridurre la necessità di intubazione [40] . Il paziente andrà strettamente monitorizzato, assicurando la possibilità di un rapido passaggio alla ventilazione meccanica convenzionale nel caso di peggioramento o di mancata risposta al trattamento. Per i pazienti sottoposti a ventilazione invasiva, in genere è preferita una ventilazione a pressione controllata o a volume controllato regolato a pressione. Nelle forme di insufficienza respiratoria da classica bronchiolite, con ostruzione e rischio di sovrainsufflazione e intrappolamento con autoPEEP, è indicata una PEEP iniziale bassa, di circa 5 cmH 2O, ed è vantaggioso un prolungamento della fase espiratoria con basse frequenze [frequenza respiratoria (FR) 20; rapporto inspirazione/espirazione (I:E) 1 :3] . Per le forme prevalentemente parenchimali, con estese aeree di collasso alveolare e ARDS, può essere necessaria un'adeguata titrazione della PEEP, al fine di ottenere il reclutamento alveolare [41] . I pazienti possono beneficiare della ventilazione oscillatoria ad alta frequenza con un reclutamento polmonare a pressioni medie inferiori e, di conseguenza, un ridotto danno iatrogeno da ventilazione [42] . Nelle forme più severe, in cui la ventilazione convenzionale non risulta efficace, viene riportata l'utilizzazione della tecnica di ossigenazione extracorporea (ECMO) con ottimi risultati di sopravvivenza (>80%) [41] . Infine, un deficit di surfactante sembra presente nelle insufficienze respiratorie associate a bronchiolite; diversi studi mostrano come la somministrazione precoce di surfactante esogeno possa ridurre le sequele e la durata della ventilazione meccanica [43] . Le dosi proposte variano da 50 a 100 mg/kg ogni 12-24 h, ripetute per 2-4 volte. Un immediato e rapido esame clinico del bambino deve essere focalizzato a stabilire la gravità dell'attacco asmatico e il rischio di insufficienza respiratoria. Fondamentale, infatti, è evitare sia un inadeguato trattamento iniziale, sia ogni ritardo nell'ammissione in Terapia intensiva pediatrica. Indicazioni al ricovero in ambiente intensivo sono la mancata risposta alla terapia, con deterioramento clinico del bambino, e il distress respiratorio severo. In accordo con le più recenti linee guida, l'ossigenoterapia, i corticosteroidi somministrati precocemente e i broncodilatori per via inalatoria costituiscono il trattamento cardine per l'attacco asmatico acuto severo [18] . L'ossigenoterapia può essere somministrata attraverso cannule nasali o maschere facciali con un target di S aO2 >90%. I corticosteroidi sono fondamentali nella terapia dell'episodio acuto per ridurre la flogosi e l'edema, ma l'azione antiinfiammatoria richiede 4-6 ore, per cui devono essere utilizzati precocemente, entro la prima ora dalla presentazione dei sintomi. Generalmente si utilizza la via parenterale (metilprednisolone 2 mg/kg come dose iniziale e 0,5-1 mg ogni 6 ore) anche se una somministrazione precoce di corticosteroidi per os sembra di eguale efficacia. La somministrazione inalatoria dei beta 2 agonisti a breve durata di azione (durata 4-6 ore) rappresenta un elemento essenziale della terapia, in attesa del pieno effetto antinfiammatorio dei farmaci corticosteroidei. La stimolazione dei recettori delle vie aeree, infatti, determina rilasciamento della muscolatura liscia bronchiale, aumento della clearance mucociliare e ridotta produzione di muco. L'effetto broncodilatatore è estremamente rapido e dose dipendente. La quota effettiva di farmaco che raggiunge le vie aeree è però variabile, con somministrazione preferenziale come aerosol predosati pressurizzati (MDI) con distanziatore oppure, nel bambino più grave non collaborante, per aerosol intermittente o continuo (salbutamolo per via aerosolica continua, 0,5 mg/kg/h, max 20 mg/h). Effetti collaterali della terapia con tali farmaci sono rappresentati da tachicardia, tremori, iperglicemia, ipokaliemia e agitazione. Dalla letteratura viene segnalata come possibile effetto secondario della terapia con beta 2 agonisti anche l'acidosi metabolica. La conseguente iperventilazione compensatoria, con aumento della profondità e della frequenza del respiro, non deve essere quindi erroneamente interpretata come un aggravamento dell'ostruzione bronchiale, onde evitare un incongruo e dannoso potenziamento della terapia broncodilatatrice medesima [44] . Nei casi severi, refrattari alla terapia inalatoria convenzionale, i beta 2 agonisti sono utilizzati per via parenterale in dose unica (salbutamolo, 15 γ/kg) o per via endovenosa continua, titrandone la velocità di somministrazione in base agli eventuali effetti collaterali di tachicardia e aritmia. Nei casi refrattari l'utilizzo degli anticolinergici, come l'ipratropio bromuro, per via inalatoria può risultare vantaggioso con potenziamento dell'efficacia dei beta 2 agonisti. Gli anticolinergici hanno un onset più lento (20 minuti contro 5) ma più duraturo. In caso di fallimento del trattamento convenzionale, la somministrazione in Pronto Soccorso di solfato di magnesio per via endovenosa mg/kg in 20 minuti) si è dimostrata efficace nel migliorare la funzionalità respiratoria e in grado di ridurre la necessità di ospedalizzazione [45] . Il farmaco può essere somministrato anche in infusione endovenosa continua, al dosaggio di 10-20 mg/kg/h. Il solfato di magnesio è un catione prevalentemente intracellulare e agisce come antagonista del calcio. Il suo potenziale ruolo è quello di rilasciamento della muscolatura liscia bronchiale, di riduzione della liberazione di istamina e di acetilcolina dalle terminazioni nervose e di potenziamento dell'effetto dei beta 2 agonisti. Rivalutato anche l'uso di teofillina per via endovenosa, con segnalazioni di pari efficacia all'infusione parenterale dei beta 2 agonisti [46] . Oltre all'attività broncodilatatrice, la teofillina sembra in grado di ridurre l'eccesso di fluidi extralveolari, potenzia la diuresi, il drive respiratorio, la clearance mucociliare e pare migliorare la contrattilità del diaframma. Si utilizza una dose carico di 5-7 mg per via endovenosa lenta, seguita da una infusione continua da 0,5 a 0,9 mg/kg/h. Da ridurre la velocità di infusione negli adolescenti. Nello stato asmatico, l'utilizzo dell'Heliox in fase precoce potrebbe rappresentare una strategia razionale in attesa che la terapia medica ottenga la massima efficacia. Insieme all'utilizzo in respiro spontaneo, si può proporre vantaggiosamente l'Heliox anche per i pazienti intubati a maggior rischio di lesioni iatrogene. L'utilizzo dell'elio, migliorando il flusso aereo permetterebbe la riduzione delle pressioni inspiratorie e quindi del rischio di barotrauma. Questo gas, data l'elevata conducibilità termica, deve essere umidificato e riscaldato per evitare il rischio di ipotermia. La principale limitazione appare però legata alla quota di ossigeno supplementare necessaria al paziente per mantenere un'adeguata S aO2. Tra le terapie non di prima linea viene segnalato in letteratura l'uso della ketamina. La ketamina è un anestetico dissociativo, antagonista del recettore NMDA e del recettore muscarinico, comunemente utilizzata per l'induzione e la sedazione nel paziente asmatico intubato (1 mg/kg/h con opportune titrazioni). In letteratura vengono riportate segnalazioni dell'utilizzo di ketamina in respiro spontaneo (bolo di 0,5-1 mg/kg e infusione continua a 0,5-1 mg/kg/h), con rapido miglioramento dello stato clinico dei pazienti e potenziale evitamento della necessità di intubazione [47] . L'intubazione del paziente asmatico deve essere comunque attentamente valutata e pianificata e preferibilmente effettuata da personale esperto. L'intubazione e la ventilazione meccanica sono infatti a elevato rischio nei soggetti in stato di male asmatico severo e, perciò, vanno riservati ai casi di effettiva necessità. Le indicazioni alla ventilazione meccanica sono rappresentate dall'insufficienza respiratoria ingravescente, le alterazioni della coscienza con mancata protezione delle vie aeree e l'arresto respiratorio conclamato o imminente. Nello stato asmatico la ventilazione presenta morbilità e mortalità non trascurabili, legate sia alla ventilazione inefficace, sia al barotrauma. Le principali complicazioni sono rappresentate dallo sviluppo di pneumotorace, di pneumomediastino e di polmonite, insieme alla compromissione emodinamica, al peggioramento del broncospasmo legato alla presenza del tubo nonché al possibile sviluppo di miopatie. Dalla letteratura, la percentuale di intubazione tracheale nei bambini ricoverati in terapia intensiva pediatrica in stato di male asmatico risulta bassa (5%-10%), con una percentuale più elevata (20%) per i bambini ricoverati negli ospedali non specialistici. Questa differenza sembra dovuta sia a una maggiore aggressività nella terapia medica, sia a criteri più permissivi riguardo all'indicazione all'intubazione nelle realtà pediatriche [48] . L'applicazione della NIV nello stato asmatico appare molto attraente, anche se i dati disponibili in letteratura sono ancora limitati [39] . Visti i rischi addizionali legati all'intubazione, può essere quindi razionale un tentativo di NIV prima di instaurare la ventilazione convenzionale e, comunque, il tentativo deve essere precoce e dev'essere effettuato in centri con esperienza in questo ambito. Qualora si renda necessaria l'adozione di una ventilazione invasiva, l'induzione e l'intubazione del paziente, come già sottolineato, devono essere preparate accuratamente, anticipando il più possibile le difficoltà e l'eventuale deterioramento clinico del bambino. Il paziente è per definizione da considerarsi a stomaco pieno, e un'induzione a rapida sequenza è indicata per evitare l'inalazione. Il piano anestetico dovrà essere sufficientemente profondo da non aggravare ulte-riormente il broncospasmo, con impossibilità conseguente di ventilazione. È opportuno somministrare un adeguato carico di fluidi preinduzione, per evitare l'ipotensione e il deterioramento emodinamico del paziente. Tale fenomeno è legato alla riduzione del ritorno venoso (legato alle alte pressioni intratoraciche) e alla depressione cardiocircolatoria, da parte degli anestetici, in un paziente già ipercapnico, ipossico e generalmente disidratato. Particolarmente utile la combinazione ketamina (0,5-1,5 mg/kg) e midazolam (0,5-1 mg/kg). Sembra preferibile evitare i farmaci istaminoliberatori come morfina e atracurium, privilegiando, come curari all'induzione, il rocuronio (1,2 mg/kg) e la succinilcolina (1,5-2 mg/kg). Data la necessità di pressioni respiratorie elevate, può essere necessario utilizzare tubi endotracheali cuffiati. La ventilazione meccanica può costituire una sfida nello stato di male asmatico e deve essere diretta a garantire un'adeguata ossigenazione e non la normalizzazione della capnia. Una strategia di ipercapnia permissiva, con un target di pH >7,2, riduce infatti il rischio di barotrauma. A tale scopo si devono mantenere le pressioni di plateau <30-35 mmHg, tenendo presente che le pressioni di picco possono risultare superiori per l'aumento delle resistenze delle vie aeree. Per prevenire l'asincronia tra paziente e ventilatore, oltre alla sedazione può essere necessaria la curarizzazione del paziente. Come modalità di ventilazione, accanto a quella tradizionale in volume controllato, si dimostra altrettanto efficace la modalità pressometrica. Quest'ultima, essendo il grado di ostruzione non uniforme in tutte le unità polmonari, determinerebbe migliore distribuzione dei gas inspirati e adeguati volumi correnti a pressioni di picco inferiori. Le zone a minore costante di tempo continuerebbero, infatti, a ricevere il flusso di gas anche dopo che le zone a più rapida costante di tempo avranno raggiunto la pressione di equilibrio. Razionale anche l'impiego delle più moderne modalità ventilatorie di volume controllato a regolazione di pressione. Quale che sia la modalità prescelta, appare comunque determinante il continuo e attento monitoraggio delle curve di flusso (flusso-tempo e flusso-volume), delle pressioni e dei volumi espirati, con necessità di fre-quenti variazioni dell'impostazione del ventilatore a seconda del cambiamento clinico del paziente. Nell'interazione tra ventilatore e paziente il fattore cruciale è l'iperinsufflazione dinamica, elemento chiave della fisiopatologia dell'asma, pertanto è necessario intraprendere ogni strategia che ne permetta la riduzione. Nell'impostazione del ventilatore sono fondamentali l'aumento del tempo espiratorio e la riduzione del tempo inspiratorio. Sono indicati bassi volumi correnti (5-7 mL/kg), basse frequenze respiratorie (<20) e alto rapporto I:E (≥1-4). L'uso della PEEP è controverso; in genere si utilizzano valori minimi, ma se la curva flusso-volume indica un'esalazione incompleta l'aumento della PEEP è utile a vincere la PEEP intrinseca, permettendo una precoce apertura delle piccole vie aeree. Nel paziente intubato, con fallimento della terapia convenzionale e necessità di elevate pressioni inspiratorie, è segnalato anche l'utilizzo degli anestetici inalatori per la loro potente attività broncodilatatrice. Il loro uso è però estremamente limitato, per problemi di tipo tecnologico e di inquinamento ambientale. L'isoflurano e il sevoflurano hanno un minor impatto emodinamico rispetto all'alotano e, se utilizzati a valori di 0,5-1 MAC e con opportuna sospensione dei farmaci sedativiipnotici, si sono dimostrati efficaci nel risolvere severi stati asmatici refrattari alla terapia [49] . Se la ventilazione convenzionale fallisce, in centri specializzati può essere utilizzato il supporto extracorporeo, in genere veno-venoso, con valori di sopravivenza superiori al 90% [50] . How should we study responses to treatment in children with Bronchiolitis A multicenter randomized controlled trial of Dexamethazone for bronchiolitis Managing childhood asthma: Challenge of preventing exacerbation British Guideline on the management of Asthma Effect of an integrated care pathway on acute Asthma/Wheeze in children attending hospital: Cluster randomized trial Efficacy of inhaled corticosteroids in infants and preschoolers with recurrent Wheezing and asthma: A systematic review with meta-analysis Anti-asthmatic drug prescription to an italian paediatrics population Variability in the diagnostic labeling of non bacterial Lower Respiratory Tract infections: A multicenter study of children who presented to the Emergency Departement Diagnosis and Management of Bronchiolitis Bronchodilator for bronchiolitis Does bronchodilator responsiveness in infants whith bronchiolitis depend on age? Efficacy of dexamethasone injection for acute bronchiolitis in hospitalized children: A randomized, double-blind, placebocontrolled trial Dexamethasone inhalations in RSV bronchiolitis: A double-blind, placebo controlled study Epinephrine and Dexamethazone in children with bronchiolitis Management of acute asthma exacerbations in children Distinguishing phenotypes of childhood wheeze and cough using latent class analysis GINA Pocket Guide for asthma management and prevention. Updated 2008. www.ginasthma.org 18. National Heart, Lung and Blood Institute; National Institutes of Health Japanese pediatric gudelines for the traitment and management of bronchial asthma Addition of inhaled long acting beta2-agonists to inhaled steroids as first line therapy for persistent asthma in steroid-naïve adults and children Stepup therapy for children with uncontrolled asthma while receiving inhaled corticosteroids Preemptive use of highdose Fluticasone for virus-induced Wheezing in young children Rapid effects of inhaled Corticosteroids in acute asthma. An Evidence Based Evaluation Bioequivalent doses of budesonide and prednisone in moderate and severe asthma Recommendation for treatment of intermittent mild persistent asthma in children and adolescents Budesonide/Formoterol maintenance plus reliever therapy Holding chambers (spacers) versus nebuliser for beta-agonist treatment of acute asthma Effect of incorrect use of dry powder inhalers on management of patients with asthma and COPD Exhaled nitric oxide measurement: Clinical application and interpretation Drug class review on inhaled corticosteroids. Evidence Report -Oregon Drug Class Review Project Adverse effects of inhaled corticosteroids in funded and nonfunded studies Fluticasone versus beclomethasone or budesonide for chronic asthma in adults and children Reported adverse drug reactions during the use of inhaled steroids in children with asthma in the Nederlands Bronchiolitis: An evidence based approach to management Nebulised hypetonic saline in the treatment of viral bronchiolitis in infant Heliox inhalation therapy for bronchiolitis in infant Heliox administration in the pediatric intensive care unit: An evidence-based review. Pediatric Non Invasive Ventilation for the treatment of acute lower respiratory tract diseases in children Helmet-delivered continous positive airways pressure with Heliox in respiratory syncitial virus bronchiolitis Role of ventilation in RSV disease: CPAP, ventilation, HFO High frequency oscillatory ventilation for respiratory failure due to RSV bronchiolitis Surfactant therapy for acute respiratory failure in children: A systematic review and meta-analysis Metabolic acidosis as an underlying mechanism of respiratory distress in children with severe acute asthma Intravenous and nebulised magnesium sulphate in acute asthma systemic review and metaanalysis Theophilline versus terbutaline in treating critically ill children with status asthmaticus: prospettive, randomized, controlled trial Ketamine to avoid mechanical ventilation in severe pediatric asthma Endotracheal intubation and pediatric status asthmaticus: Site of original care affects treatment Therapeutic application and uses of inhalation anesthesia in the pediatric intensive care unit. 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