key: cord-0034601-e2daubdm authors: Gentili, Andrea title: Corticosteroidi date: 2012-04-16 journal: Rianimazione in età pediatrica DOI: 10.1007/978-88-470-2059-7_63 sha: 8559a34a56e752bf7dd172b280007f4840056710 doc_id: 34601 cord_uid: e2daubdm I corticosteroidi sono ormoni secreti dalla porzione corticale del surrene in seguito a stimolazione ipofisaria mediata dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH). Sapendo che la surrenale è l’organo per eccellenza che controlla l’omeostasi dell’organismo, si evince come gli effetti dei cortisonici siano importanti e numerosi. Essi influenzano il metabolismo glucidico, lipidico e proteico, il sistema immunitario, il bilancio idroelettrolitico, le funzioni del sistema cardiovascolare, del rene, del sistema nervoso e del tessuto muscolare. Inoltre rendono l’organismo capace di resistere a numerosi stimoli nocivi, ai cambiamenti ambientali e agli eventi stressanti. Il cortisolo rappresenta il glucocorticoide fisiologico, ma alcune modificazioni della sua struttura hanno portato alla sintesi di molte molecole, che possiedono effetti farmacologici e durata di azione diversificati rispetto al composto di base. I corticosteroidi penetrano nelle cellule e si legano a recettori citoplasmatici. In ambito intensivo sono utilizzati prevalentemente come antiedemigeni, antinfiammatori e immunodepressori. In particola-re l'azione antinfiammatoria si esercita a diversi livelli: • blocco dell'enzima fosfolipasi A 2, con inibizione della liberazione di acido arachidonico dai fosfolipidi e conseguente riduzione della sintesi di prostaglandine (via della ciclossigenasi) e di leucotrieni (via della lipossigenasi); • riduzione della migrazione degli elementi cellulari coinvolti nel processo infiammatorio verso la sede dell'infiammazione; • diminuzione della produzione e/o dell'attività delle sostanze coinvolte nell'infiammazione (istamina, leucotrieni, prostaglandine, citochine); • riduzione e modulazione dell'attività di linfociti T helper e dei monociti-macrofagi. Notevole valore viene attribuito all'emivita biologica dei glucocorticoidi, cioè alla durata dell'effetto a livello tessutale, determinata come la capacità di una dose test di glucocorticoidi, equivalente a 50 mg di prednisone, di sopprimere l'asse ipofisi-surrene. In base all'emivita biologica questi farmaci vengono suddivisi in tre gruppi: a emivita breve (<12 ore), a emivita intermedia (12-36 ore), a emivita lunga (>36 ore) (Tabella 63.1). Un altro parametro evidenziato è la potenza di attività dei singoli glucocorticoidi, che viene espressa come un rapporto il cui denominatore è 1, cioè il valore di riferimento, costituito dall'attività biologica del cortisolo. I cortisonici, oltre a esercitare un'attività sul metabolismo glucidico, sono dotati anche di attività mineralcorticoide, spesso indesiderata dal punto di vista terapeutico. La Tabella 63.1 esprime l'attività glucocorticoide e mineralcorticoide dei diversi composti, rapportandola al valore 1 proprio del cortisolo. I glucocorticoidi circolanti si legano alle proteine plasmatiche; nel caso del cortisolo circa l'80% dell'ormone è legato a un'alfa1 globulina specifica, la transcortina; la quota di cortisolo che rimane, dopo che la capacità di legame con la transcortina si è saturata, si lega all'albumina. L'affinità dei glucocorticoidi sintetici nei confronti di transcortina e albumina è inferiore a quella del cortisolo, con il risultato di una maggiore disponibilità di farmaco libero, biologicamente attivo a livello tessutale. Da sottolineare, inoltre, come la condizione di ipoalbuminemia comporti una maggiore disponibilità di glucocorticoidi liberi e quindi il rischio di effetti più forti. La metabolizzazione di questi farmaci avviene a livello epatico, per riduzione e coniugazione con acido glucuronico. È importante ricordare che, sempre nel fegato, i composti non idrossilati in posizione 11, come cortisolo e prednisone, devono essere convertiti in molecole biologicamente attive, come cortisone e prednisolone, rispettivamente, attraverso il processo di idrossilazione. L'escrezione dei glucocorticoidi avviene per via renale [1] . La sua origine è esogena, ma da un punto di vista molecolare e farmacologico è assolutamente identico al cortisolo, che invece è endogeno, secreto dal surrene. La diversa denominazione ne segnala esclusivamente la differente origine. Sono reciprocamente trasformabili fra loro: la 11beta-idrossideidrogenazione converte il prednisone in prednisolone, mentre la 11-ossidazione del prednisolone lo ritrasforma in prednisone. L'equilibrio delle due molecole è quasi del tutto spostato verso il prednisolone, che rappresenta la vera molecola attiva, mentre il prednisone ne può essere considerato il precursore. La trasformazione metabolica, rapida e di proporzioni importanti, avviene a livello epatico. Deriva dal prednisolone, rispetto al quale possiede maggior potenza glucocorticoide e minore attività mineralcorticoide. Sono molecole a lunga emivita biologica, ma il loro metabolismo può essere accelerato da fenobarbitale e fenitoina. Possiedono elevata azione glucocorticoide e lieve azione mineralcorticoide. In ambiente intensivo esiste spesso la necessità di somministrare i corticosteroidi per un utilizzo acuto a breve termine, come nel caso di anafilassi o di una severa ostruzione delle alte vie respiratorie: in tali casi i dosaggi sono elevati, ma i rischi e gli effetti collaterali sono limitati. Talvolta, per alcune gravi patologie a decorso più prolungato (broncodisplasia, idrope fetale), è necessario considerare la durata del trattamento, valutando i problemi di equilibrio fra benefici ed effetti collaterali. La scelta del farmaco più indicato deve essere soppesata. L'idrocortisone rappresenta il composto fisiologico, ma la sua importante attività mineralcorticoide ne limita spesso l'utilizzo alle forme caratterizzate da una condizione di insufficienza surrenalica. Quando sono necessari trattamenti prolungati il farmaco di preferenza è costituito dal prednisone o dal prednisolone. Se si ricerca l'utilizzo di un composto di notevole potenza, ma privo di attività mineralcorticoide, si opta per il betametasone o il desametasone. L'impiego di tali farmaci in ambiente intensivo è legato a numerose situazioni cliniche. I corticosteroidi sono sempre somministrati in corso di anafilassi. La letteratura orienta verso l'utilizzo di idrocortisone o metilprednisolone, entrambi usati con buon successo terapeutico. I dosaggi possono essere anche molto elevati, soprattutto in pazienti con reazioni anafilattiche severe e nei portatori di insufficienza surrenalica [2] . in previsione di estubazione del paziente L'intubazione tracheale, soprattutto se prolungata, è associata allo sviluppo di un potenziale edema delle strutture glottiche e sottoglottiche, tale da procurare una sintomatologia caratterizzata da stridore, tachipnea, incremento del lavoro respiratorio associato a occasionale necessità di reintubazione tracheale. L'utilizzo di cortisonici sembra ridurre tale complicanza. Il farmaco consigliato è il desametasone, che, alla dose di 0,5-1 mg/kg/die, sembra attenuare il circolo vizioso imperniato su trauma meccanico-infiammazione-edema alla base della complicanza [3] [4] [5] . Recenti studi dimostrano l'efficacia dei cortisonici di fronte all'ostruzione delle alte vie respiratorie (epiglottite, laringite ipoglottica, laringo-tracheobronchite virale, croup). Il loro impiego riduce la flogosi, la permeabilità vascolare, l'edema della mucosa e sembra inoltre abbreviare la durata dei sintomi e limitare la necessità, i tempi di intubazione e la durata del ricovero complessivo in ospedale [6] . Il desametasone trova classica indicazione nel croup moderato e severo e gli studi più recenti ne dimostrano l'efficacia anche in dose singola (0,6 mg/kg) nel croup di grado lieve. Di fronte a una sintomatologia severa, che richiede il ricovero intensivo, la somministrazione di desametasone deve essere mantenuta per periodi più prolungati alla dose di 0,3-0,6 mg/kg/die [7] . Le acquisizioni fisiopatologiche che sono alla base dello stato asmatico confermano l'utilizzo dei cortisonici in questo tipo di patologia. L'azione antinfiammatoria e il possibile rafforzamento dei beta-2-agonisti sui relativi recettori sono alla base di questi effetti [8] . Nessuno studio ha dimostrato completa evidenza dell'efficacia dei corticosteroidi, ma, considerando le forme complicate di bronchiolite, la somministrazione di desametasone a dosaggi di 0,6-1 mg/kg/die ha permesso di ridurre l'ospedalizzazione, ottenendo una diminuzione della sintomatologia, convalidata dal miglioramento di score respiratori [9, 10] . La terapia con cortisonici nella prevenzione e nel trattamento della broncodisplasia è stata adottata per ridurre la risposta infiammatoria a livello polmonare. Il farmaco più utilizzato, pur con schemi terapeutici diversi in relazione alla precocità di inizio e alla durata di trattamento, è il desametasone. Pur con vari protocolli, la dose utilizzata all'inizio del trattamento è di 0,4-0,5 mg/kg/die. I piccoli pazienti affetti da sindrome adreno-genitale ricevono fin dalla nascita un trattamento sostitutivo di base con glucocorticoidi (idrocortisone 18-25 mg/m 2 /die) e mineralcorticoidi (fludrocortisone 25-100 mg/die). Tali posologie debbono essere aumentate prima e durante l'intervento chirurgico, per assicurare una copertura durante tutto il periodo perioperatorio, in quanto i piccoli pazienti sono incapaci di secernere ormoni corticosurrenalici endogeni in risposta allo stress chirurgico. L'impiego dei corticosteroidi nelle forme di Acute Lung Injury (ALI)-Acute Respiratory Distress Syndrome (ARDS) è basato sul concetto che il polmone in questo contesto clinico è sede di importanti, continui e sregolati meccanismi che esaltano i processi infiammatori sotto l'aspetto sia umorale, sia tessutale. L'evidenza del forte effetto antinfiammatorio dei corticosteroidi, ottenuto a diversi livelli, li candida nel trattamento delle severe lesioni polmonari legate alle forme di ALI-ARDS [11, 12] . L'utilizzo dei corticosteroidi nello shock settico è stato recentemente riconsiderato anche in età pediatrica, secondo le linee guida della Surviving Sepsis Campaign. L'azione dei corticosteroidi a scopo antiedemigeno nel trauma cranico rimane controverso e assolutamente non comprovato. L'esperienza positiva nell'utilizzo di tali farmaci anche nel bambino trae origine dal campo delle neoplasie del sistema nervoso centrale, associate a ipertensione endocranica, in cui sembrano frenare l'alterata permeabilità vascolare, riducendo la risposta infiammatoria. Per quanto concerne l'età pediatrica non esistono al momento studi clinici che evidenzino una reale efficacia dei corticosteroidi nei pazienti con trauma cranico grave. Analogamente a quanto osservato nell'adulto, il loro utilizzo sembra gravato da un aumento delle complicanze correlate, quali aumentata incidenza di infezioni e di manifestazioni emorragiche gastrointestinali [13] . La Tabella 63.2 riassume i principali effetti collaterali, con un breve accenno al relativo meccanismo fisiopatologico. Due di essi, non compresi in tabella, meritano di essere sottolineati, in quanto possono costituire eventi da trattare in urgenza. Il primo è lo pseudotumor cerebri, che insorge in seguito a brusca sospensione del farmaco ed è caratterizzato da aumento della pressione endocranica con edema della papilla. Il secondo effetto collaterale è la necrosi ossea ischemica, che si manifesta dopo trattamenti prolungati e necessita di riconoscimento e terapia immediati. Vi sono infine alcune misure che hanno lo scopo di ridurre sensibilmente la gravità degli effetti collaterali inevitabilmente associati alla terapia, soprattutto se a lungo termine, con questi composti: • la somministrazione di farmaci protettori della mucosa gastrica; • la riduzione dell'apporto di sodio, per controbilanciarne l'azione ritentiva, e il mantenimento di un apporto abbondante di potassio; • la somministrazione di calcio e vitamina D per ridurre gli effetti osteopenizzanti. Le controindicazioni relative possono essere numerose e riguardano condizioni patologiche in atto, che potrebbero essere aggravate dall'utilizzo dei corticosteroidi: infezioni di ogni tipo in fase florida, soprattutto se micotiche, diabete grave, osteoporosi, glaucoma, cheratite da virus erpetico, ulcera peptica, patologie intestinali a rischio di perforazione (diverticolite, enterite necrotizzante, colite ulcerosa). Se è presente una grave insufficienza epatica è consigliabile utilizzare composti diversi dal prednisone, che deve essere idrossilato a livello epatico per acquisire attività biologica. Infine la somministrazione di corticosteroidi in gravidanza può provocare inibizione della funzione surrenalica del neonato. Pharmacology of immunosuppression Diagnosis and management of anaphylaxis Estubation failure in pediatric intensive care: A multiple-center study of risck factors and outcomes Down sindrome: Analysis of airway size and a guide for appropriate intubation Corticosteroid for the prevention of reintubation and postextubation stridor in pediatric patients: A metanalysis Airway infectious disease emergencies Status asmaticus Efficacy of corticosteroids in acute bronchiolitis: Short term and longterm follow up Efficacy of oral dexametasone in outpatients with acute bronchiolitis Efficacy and safety of corticosteroids for persistent Acute Respiratory Distress Syndrome Steroid treatment in ARDS: A critical appraisal of the ARDS network trial and the recent literature Foundation TBT (2000) Role of steroids