Italian Review of Agricultural Economics Vol. 75, n. 2: 45-64, 2020 Firenze University Press www.fupress.com/reaREA ITALIAN REVIEW OF AGRICULTURAL ECONOMICSITALIAN REVIEW OF AGRICULTURAL ECONOMICS ISSN 0035-6190 (print) | ISSN 2281-1559 (online) | DOI: 10.13128/rea-12069 Citation: F. Giarè, G. Ricciardi, M. Ascani (2020) La normative itali- ana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola. Italian Review of Agricultural Economics 75(2): 45-64. DOI: 10.13128/rea-12069 Received: April 1, 2020 Revised: July 3, 2020 Accepted: July 6, 2020 Copyright: © 2020 F. Giarè, G. Ric- ciardi, M. Ascani. This is an open access, peer-reviewed article published by Firenze University Press (http:// www.fupress.com/rea) and distributed under the terms of the Creative Com- mons Attribution License, which per- mits unrestricted use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original author and source are credited. Data Availability Statement: All rel- evant data are within the paper and its Supporting Information files. Competing Interests: The Author(s) declare(s) no conflict of interest. La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani CREA - Research Centre for Agricultural Policies and Bioeconomy, Italy Abstract. In Italy, the regulatory framework on Social Farming has a high level of articulation at national and regional level and requires adequate analysis in order to understand the possible implications for the agriculture. The purpose of the article is to contribute to the understanding the possible interactions between farmers, local communities, public and private actors and recipients. The contribute, after a general analysis of the national and regional legislation, focuses on the figure of the SF opera- tor and on the modalities of registration with the regional register. The question arises is whether and to what extent the regulatory framework on SF changes the role of agri- culture itself with the system into which it operates, mainly about social aspects and relations with other local actors. Parole chiave: agricoltura sociale, normativa, impresa agricola, multifunzionalità, valore sociale. JEL codes: O35, O20, I31, I38, Q18. INTRODUZIONE L’Agricoltura sociale (AS) può essere definita come quell’attività caratte- rizzata dall’uso delle risorse dell’agricoltura per la realizzazione di benefici di tipo sociale, sanitario o educativo ad un’ampia gamma di soggetti (Dell’Olio et al., 2017). In particolare, le risorse dell’azienda agricola vengono utilizzate per percorsi di inserimento socio-lavorativo, co-terapia, offerta di servizi per la popolazione e per persone con bisogni specifici di contesti locali determina- ti (Di Iacovo, 2008). Non si tratta, quindi, di semplice lavoro presso un’azienda agricola, quanto piuttosto di percorsi e pratiche «che attraverso lo sviluppo di attività agricole o a queste connesse si propongono esplicitamente di generare benefici per fasce vulnerabili della popolazione» (Carbone et al., 2007). In Italia l’AS si è sviluppata attraverso azioni locali ad opera di sogget- ti eterogenei a partire dalla seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso (Giarè et al., 2018) ed è per tale motivo caratterizzata da una notevole dif- ferenziazione sul territorio nazionale sia per quanto riguarda gli attori coin- volti sia per quanto riguarda le attività realizzate. L’AS si presenta come un insieme differenziato di attività perché risponde a una molteplicità di situa- zioni di difficoltà e a una pluralità di soggetti destinatari. Diventa pertanto necessario il coinvolgimento di differenti attori pubblici e/o privati di volta 46 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani in volta interessati ad operare nello specifico settore. In assenza di una regolamentazione specifica sull’AS, inol- tre, per molti anni gli attori hanno utilizzato le norme disponibili nel campo sociale, sanitario e agricolo, dan- do luogo a protocolli, convenzioni, accordi di collabora- zione che hanno consentito lo sviluppo di progetti e ini- ziative di vario genere. È comunque possibile considerare l’AS un unico ambito di intervento, in quanto risulta caratterizzata da una serie di elementi riscontrabili, anche se in misura variabile e con notevoli differenze, in tutte le esperien- ze, come la presenza di un’attività agricola produttiva e finalizzata alla vendita, la collaborazione tra più attori privati e pubblici (Giarè et al., 2018; Giarè, Macrì 2012; Di Iacovo, 2008), la presenza di azioni volte all’inclusio- ne sociale e lavorativa, alla co-terapia e alla creazione di servizi per la popolazione, con una forte attenzione alla sostenibilità ambientale (Ciaperoni, 2008 e 2011). Le iniziative di AS presenti in Italia sono prevalentemente finalizzate all’inclusione sociale e lavorativa di persone svantaggiate, secondo un approccio di tipo inclusivo (Di Iacovo et al., 2006; Di Iacovo, O’Connor, 2009; Giarè et al., 2018), che differenzia l’esperienza italiana da quel- la sviluppata nei paesi del nord Europa, principalmente orientata alla cura e all’assistenza, come nel caso dell’e- sperienza olandese del care farming (Hassink et al., 2007; Hassink et al., 2013; Hassink et al., 2018; Dell’Olio et al., 2017) o in quello delle pratiche di care farm in Germa- nia e Francia, svolte da strutture accreditate dal sistema sanitario nazionale e caratterizzate da un’elevata preva- lenza della dimensione socio-sanitaria (Moruzzo et al., 2020). A partire dal 2004, anno in cui la Regione Friuli- Venezia Giulia ha previsto erogazioni di contributi a favore dei Comuni per sostenere le attività rivolte a per- sone con forme di fragilità o di svantaggio psicofisico o sociale1, le Regioni e le Province Autonome hanno prov- veduto a regolare tale attività, a volte con norme speci- fiche, altre con articoli e riferimenti inseriti in norme riguardanti tutto il settore agricolo o specificamente le attività di diversificazione. In alcuni casi (Liguria, Vene- to, Sardegna, ecc.), per definire la disciplina normativa, le Regioni hanno anche attivato processi di animazio- ne e condivisione con gli attori dell’AS, organizzando tavoli di confronto, seminari e workshop di approfondi- mento, ecc. Tali processi hanno consentito di raccoglie- re le istanze provenienti dal mondo agricolo e da quel- lo socio-sanitario e di definire norme maggiormente rispondenti alle specificità locali. Si è trattato di un’im- portante occasione di confronto tra operatori e ammini- 1 l.r. 18/2004, «Riordinamento normativo dell’anno 2004 per il settore delle attività economiche e produttive». stratori di settori differenti che hanno lavorato congiun- tamente, anche se con alcune difficoltà, alla definizione di un nuovo modello di multifunzionalità e welfare. In questo contesto, è intervenuta nel 2015 la l. 141/2015, «Disposizioni in materia di agricoltura socia- le», approvata dal Parlamento, dopo un articolato iter e numerose proposte presentate in Senato e alla Camera, nel tentativo di fornire una cornice comune agli inter- venti normativi regionali “allo scopo di facilitare l’ac- cesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate” (art. 1). La legge, nell’intro- durre una qualificazione giuridica unitaria alle attività di welfare svolte in contesti rurali, ha inteso realizzare un coordinamento tra le esigenze pubbliche e i soggetti che operano nell’AS (Canfora, 2017); inserendosi nel pro- cesso di costruzione di «un nuovo welfare partecipativo» (Canfora, 2017), la legge promuove l’AS quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole e preve- de quattro tipi di attività, volte all’inclusione sociale e lavorativa delle persone svantaggiate e all’offerta di ser- vizi alla popolazione, come si vedrà con maggiore det- taglio più avanti. Successivamente alcune Regioni hanno legiferato o modificato le proprie norme in maniera da adeguarle alla l. 141/2015, anche in mancanza di indica- zioni di dettaglio sulle modalità di riconoscimento degli operatori. Il decreto attuativo previsto all’art. 2, comma 2, infatti, è stato pubblicato solo recentemente2, dopo un lungo dibattito che ha visto coinvolti anche i diversi sog- getti presenti nell’Osservatorio nazionale3 e la Conferen- za Stato Regioni4. Nonostante l’approvazione del Decreto attuativo, è possibile comunque affermare che la disciplina sia al momento ancora incompleta, sia perché il dettato nor- mativo “non può spiegare del tutto la complessità di una costruzione che è e sarà frutto (nel corso del tempo) del lavoro delle varie componenti nella filiera istituzionale, dell’intersecarsi di fonti nazionali e regionali (di vario grado e livello), europee e persino internazionali” (Mac- cioni, 2015), sia perché alcuni elementi sono rimandati a specifi- che Linee Guida, sulle quali l’Osservatorio nazionale sta 2 d.m. 12550/2018 «Definizione dei requisiti minimi e delle modali- tà relative alle attività di agricoltura sociale», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 143 del 20 giugno 2019. 3 Nominato dal Mipaaf con Decreto n. 967 del 24/01/2017. Il Decreto n. 23166 del 28/09/2016 disciplina le modalità di organizzazione e funzio- namento dell’Osservatorio. 4 Intesa raggiunta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del d.l. 281/1997, nel corso della seduta del 21 dicembre 2017. 47La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola tuttora lavorando, che dovrebbero fornire alle istituzioni pubbliche criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese e per il monitoraggio e la valutazione delle atti- vità di agricoltura sociale, indicazioni per la semplifica- zione delle procedure amministrative e per la definizio- ne di strumenti di assistenza tecnica, di formazione e di sostegno per le imprese, oltre a definire percorsi formati- vi per gli operatori, indicazioni sui modelli efficaci di AS e su contratti tipo tra imprese e pubblica amministrazio- ne, come definito al comma 2 dell’art. 7 della l. 141/2015. Tuttavia, sulla base dei testi approvati a livello nazio- nale, le regioni dovranno rivedere il proprio assetto nor- mativo in materia di AS e provvedere all’istituzione o revisione degli albi o registri regionali degli operatori del settore. Lo studio si focalizza sull’analisi della normati- va nazionale e regionale relativa all’AS, con lo scopo di verificare le possibili interazioni tra l’imprenditore agricolo e altri soggetti dell’AS, comunità locali, attori pubblici e privati del territorio e destinatari delle azio- ni, introdotte dal dettato normativo. L’obiettivo è infatti quello di rilevare le principali novità che riguardano il ruolo dell’agricoltura nello sviluppo territoriale in rife- rimento all’ampliamento della propria azione nella sfera del welfare. L’articolo, dopo un’analisi generale della nor- mativa nazionale e regionale (par. 2), si concentra sulla figura dell’operatore di AS (par. 3) e sulle modalità di iscrizione ai registri nazionali (par. 4), al momento isti- tuiti solo da 9 Regioni. In sintesi, la domanda che ci si pone è se e in che misura il quadro normativo relativo all’agricoltura sociale modifichi il ruolo dell’agricoltura stessa rispetto al sistema in cui essa opera, con partico- lare riguardo agli aspetti sociali e alle relazioni con gli altri attori del territorio. 1. MATERIALI E METODI Il lavoro ha un carattere esplorativo e adotta un approccio prevalentemente di tipo induttivo. Gli stru- menti di ricerca impiegati sono stati, quindi, l’anali- si documentale e della letteratura. In particolare, oltre alla l. 141/2015 e al d.m. 12550/2018, sono stati presi in esame: le norme di riforma del Terzo settore (d.lgs. 117/2017, d.lgs. 105/2018, d.lgs. 112/2017, ecc.), le leg- gi regionali e provinciali relative all’AS o, in mancanza di queste, gli altri atti, anche di natura amministrativa, che disciplinano la materia a livello regionale (delibere di Giunta regionale, decreti del Presidente della Regio- ne, decreti o determinazioni dirigenziali); i regolamenti regionali che definiscono i criteri per il riconoscimento degli operatori. Il processo di analisi è stato articolato in tre fasi: a) in una prima fase è stata svolta un’analisi desk sui docu- menti legislativi al fine di comprendere le scelte opera- te a livello nazionale e regionale; b) si è poi proceduto a un’analisi di tipo comparativo, tesa ad evidenziare ele- menti di convergenza o divergenza tra le norme regiona- li e tra queste e il dettato nazionale; c) infine è stata rea- lizzata un’analisi dei risultati ottenuti nelle due fasi pre- cedenti alla luce della letteratura disponibile in materia. Per l’analisi documentale è stato creato uno schema mediante il quale sono stati «interrogati» i documen- ti, secondo etichette (label) dedotti dalla letteratura e implementati mediante l’analisi del contenuto (Losito, 2002; Arosio, 2010 e 2013). Questo procedimento, uti- lizzato di frequente nella ricerca sociale, permette infatti di condurre l’analisi secondo la modalità definita di tipo «inchiesta» (Losito, 2007): il testo viene preso in esame con l’obiettivo di individuare gli aspetti prevalenti e di ricollocare gli stessi a una serie di categorie individuate a priori dal ricercatore. L’arco temporale preso in considerazione va dal 2001, data del primo intervento normativo sull’AS (l.p. 10/2001 Trento), al 2019, anno in cui la Regione Piemon- te ha approvato la legge regionale 1/2019. Il 2015, anno dell’approvazione della l. 141/2015, rappresenta ovvia- mente un elemento importante di discriminazione per l’analisi della normativa regionale. 2. L’AGRICOLTURA SOCIALE SECONDO LA NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE La l. 141/2015 inserisce l’agricoltura sociale nel qua- dro più generale della multifunzionalità delle imprese agricole, riconoscendone il valore sociale, sanitario, edu- cativo e di inserimento socio-lavorativo. La norma defi- nisce l’agricoltura sociale come l’insieme delle “attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali di cui alla l. 381/1991, nei limiti fissati dal comma 4 del presente articolo, dirette a realiz- zare” (art. 2): a) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disa- bilità e di lavoratori svantaggiati, definiti ai sensi dell’articolo 2, numeri 3) e 4), del reg.(UE) 651/2014, di persone svantaggiate di cui all’articolo 4 della l. 381/1991, e successive modificazioni, e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale; b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuo- 48 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani vere, accompagnare e realizzare azioni volte allo svi- luppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana; c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizza- te a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la col- tivazione delle piante; d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e ali- mentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attra- verso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica. Già dalla lettura della definizione e delle attività previste dalla legge risulta chiara la volontà da parte del legislatore “di coniugare le attività produttive con quel- le sociali, di avvicinare i soggetti coinvolti alle tematiche ambientali, allo sviluppo locale e territoriale, sostenendo al tempo stesso un modello di welfare partecipativo, la coesione sociale, superando la logica della divisione dei compiti” (Maccioni, 2015). In questa direzione si colloca anche la Riforma del Terzo settore5, che, nel ridiscipli- nare il settore no profit e l’impresa sociale, ha ampliato i settori sui quali possono operare i relativi Enti, intro- ducendo l’agricoltura sociale nell’elenco unico delle «attività di interesse generale»; le cooperative sociali e i loro consorzi, che acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali, possono contare su diverse novità intro- dotte dalla Riforma, tra le quali la possibilità di poter finanziare le attività di interesse generale anche attra- verso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva; tale intervento normativo, in linea con il proliferare, negli ultimi anni, di diverse «tecniche di organizzazione dell’iniziativa economica orientate al sociale» dimostra l’“attenzione crescente per le esigenze di solidarietà sociale anche nel settore agro alimentare” (Leonardi, 2019). I due settori di interven- to, produttivo e sociale, sono stati da sempre separati e declinati a partire da esigenze e modalità molto differen- ti tra loro. Tuttavia, entrambi si sono caratterizzati negli ultimi decenni per la tendenza ad assumere prevalente- mente un approccio imprenditoriale, elemento che vie- 5 La Riforma del Terzo settore, in attuazione della delega per la riforma contenuta nella l. 106/2016, è stata attuata con il d.lgs. 117/2027, recante il Codice del Terzo settore. Il quadro è completato dal d.lgs. 112/2017, recante la «Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, (a norma dell’articolo 1), comma 2, lettera c) della l. 106/2016», integrato e corretto con d.lgs. 95/ 2018. ne ripreso dalla l. 141/2015 nel momento in cui colloca l’inclusione sociale in un’ottica non assistenziale, ma di impresa e – allo stesso tempo – di sussidiarietà rispetto al sistema socio-sanitario nazionale. L’opportunità di coniugare l’attività produttiva con quella di inclusione sociale era presente già in diversi documenti di politica a livello europeo, come il Tratta- to sul funzionamento dell’Unione europea, che stabilisce per la politica agricola comune obiettivi di tipo econo- mico, ma anche sociale (art. 39). Nell’ambito dello svi- luppo rurale, inoltre, l’UE – già a partire dalla program- mazione 2007-2013 – ha individuato misure e risorse economiche indirizzate verso questa tipologia di inter- venti (Giarè et al., 2018). I Programmi di sviluppo rurale (PSR) 2014-2020 in Italia hanno dedicato all’agricoltura sociale interessanti opportunità, programmando inter- venti all’interno di varie Misure (Ascani, De Vivo, 2016). Un numero consistente di  Regioni ha affidato alla  sot- tomisura  6.4,  che finanzia la creazione e lo sviluppo di attività extra-agricole, il  ruolo di promuovere l’AS, a testimonianza della valorizzazione in atto del ruolo mul- tifunzionale delle imprese agricole, alle quali si chiede di ampliare la gamma di servizi offerti al territorio offren- do  servizi di carattere sociale destinati alle popolazioni rurali o a specifiche categorie di persone. L’interven- to più innovativo in materia di AS, tuttavia, è previsto all’interno della misura 16, dedicata alla cooperazione. La sottomisura 16.9 sostiene, infatti, la «diversificazione delle attività  agricole in attività riguardanti  l’assistenza sanitaria,  l’integrazione sociale,  l’agricoltura sostenuta dalla comunità e  l’educazione ambientale e alimentare» e si indirizza specificamente alla promozione e all’imple- mentazione di servizi sociali da parte di aggregazioni di soggetti. Questi obiettivi vengono perseguiti stabilendo rapporti di cooperazione e creando reti tra soggetti pub- blici, privati e del terzo settore per la promozione di ser- vizi e pratiche di AS rivolti non solo a fasce deboli della popolazione, ma anche alla popolazione rurale nel suo complesso. Viene dato in sostanza all’attività agricola il ruolo di produrre benefici per i territori e perla colletti- vità, attraverso l’azione comune generabile dalle intera- zioni tra impresa agricola, comunità locali, attori pub- blici e privati, destinatari delle attività. Gli interventi di policy programmati nei PSR vanno a confermare quan- to riconosciuto ampiamente in letteratura circa il ruolo dell’AS nel rispondere in modo innovativo a fabbisogni economici e sociali delle aree rurali e periurbane, com- binando in maniera armonica attori diversi e offrendo servizi sociali e sanitari indirizzati non solo a specifi- ci gruppi di soggetti, ma alla comunità intera (Di Iaco- vo, 2009; Hassink et al., 2010; Lanfranchi et al., 2015; García-Llorente et al., 2016; Guirado et al., 2017; Borgi 49La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola M. et al., 2019). In più della metà delle regioni italiane, inoltre, la sottomisura 7.4, dedicata ai servizi di base a livello locale per la popolazione rurale, sostiene  investi- menti, da parte di soggetti pubblici, finalizzati all’offerta di servizi sociali di vario tipo rivolti a fasce deboli del- la popolazione odi servizi di base alle popolazioni rurali (Ascani, De Vivo, 2016). Questa sottomisura, anche se non indirizzata all’impresa agricola, completa e poten- zia gli interventi a favore dello sviluppo di servizi per la comunità, contribuendo al consolidamento di una visione dell’AS orientata verso i bisogni della società. Per valutare l’ammontare delle risorse destinate dai PSR ita- liani agli interventi che a vario titolo sostengono l’agri- coltura sociale, occorre attendere l’emanazione di tutti i relativi bandi da parte delle Regioni. La politica di sviluppo rurale 2014-2020, quindi, valorizza il ruolo dell’AS come driver per lo sviluppo locale e la coesione sociale, e non solo come strumen- to per la diversificazione delle attività e l’integrazione del reddito dell’impresa. Per completare il quadro di riferimento europeo, occorre citare anche il Parere del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) del 2012 sul tema «Agricoltura sociale: terapie verdi e politiche sociali e sanitarie». Il testo, approvato dopo una fase di consultazione e raccolta di proposte e raccomandazioni, mette l’accento sulla grande varietà di forme che essa assume nei diversi contesti territoriali e sulla necessità di non limitarne, attraverso definizioni eccessivamente restrittive, le potenzialità di sviluppo. Il CESE sollecita, infine, la definizione di un quadro delle possibili attivi- tà e una serie di criteri di qualità che possano garanti- re all’AS di beneficiare di un sostegno delle politiche dell’UE, individuando nella politica di sviluppo rurale 2014-2020 la sede privilegiata per realizzare le attività proposte, “avvalendosi in particolare della Rete euro- pea per lo sviluppo rurale e delle diverse reti nazionali” (CESE, 2012). Ponendo l’AS nell’ambito della multifunzionalità, il legislatore, tramite l’art. 2 della l. 141/2015, in continui- tà con la tendenza della normativa europea e nazionale, contribuisce a ridefinire il ruolo dell’agricoltura. Il decre- to legislativo 228/2001 («Norme per l’orientamento e modernizzazione del settore agricolo»), infatti, aveva già messo in evidenza il ruolo multifunzionale dell’impresa agricola, dando all’imprenditore agricolo la possibilità di diversificare la propria attività. L’obiettivo della norma era chiaramente quello di offrire maggiori opportunità di incrementare il reddito delle imprese agricole, ma cer- tamente anche quello di riconoscere funzioni e ruoli più ampi rispetto a quello della produzione agricola. Più avanti (comma 3), l’art. 2 della l. 141 esplicita come le attività connesse esercitate dall’imprenditore agricolo nell’ambito della legge stessa – tranne quelle per l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità o soggetti svantaggiati – «costituiscano attività connes- se ai sensi dell’art. 2135 del Codice civile». L’inclusio- ne socio-lavorativa, infatti, non può essere considerata «attività», dato che per attività agricola o connessa ai sensi dell’art. 2125 c.c. “è necessario intendere un face- re che si estrinsechi in un’azione positiva e che dia luogo ad un qualche risultato apprezzabile all’esterno” (Ricolli, 2019). Il riconoscimento della connessione costituisce un ampliamento di quanto già disposto dalla legge finanzia- ria 2006 (articolo 1, comma 423, l. 266/2005), che defi- nisce connesse ai sensi dell’art. 2135, terzo comma del Codice civile le attività di produzione e cessione di ener- gia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, così come quelle volte alla produzione di carburanti da pro- duzioni vegetali e di prodotti chimici derivanti da pro- dotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo. C’è però da notare che il decreto legislativo 228/2001, che ha modificato il testo dell’art. 2135 c.c., non fa menzione del «sociale» nel richiamare la multi- funzionalità dell’impresa, inserendo nel testo soltanto alcune attività che non esauriscono le possibili declina- zioni della connessione. Dunque, di fatto, la l. 141/2015 amplia l’elenco delle attività connesse all’ambito sociale. Alcune Regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lom- bardia, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, P.A. Trento, Umbria, Veneto), nell’ambito della propria autonomia in materia di agricoltura, hanno collocato l’AS nell’ambi- to della diversificazione, individuando in alcuni casi un legame specifico con l’agriturismo (es. Lombardia per le fattorie sociali «erogative») o con la fattoria didatti- ca (es. Friuli-Venezia Giulia), uniformando le procedu- re attuative a tali pratiche. Il dibattito sulla necessità di porre condizioni di prevalenza dell’attività agrico- la su quella sociale è, tuttavia, ancora in corso. Ricolli (2019) precisa che “il caso specifico della fornitura di servizi sociali da parte dell’impresa agricola, richiede, per potersi qualificare attività connessa ai sensi dell’art. 2135 c.c., che nello svolgimento della prestazione socia- le siano utilizzate prevalentemente le attrezzature e le risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata. La connessione, dunque, implica il rispetto di una duplice condizione: la prevalenza degli strumenti impiegati nell’attività agricola principale e la normalità, intesa in senso distante da quello del- l’«esercizio normale dell’agricoltura»”, così come pre- visto nel testo originario dell’art. 2135, ad indicare un utilizzo costante e non saltuario delle risorse materiali e immateriali dell’azienda per lo svolgimento delle attività sia agricole che connesse. 50 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani La legge sull’agricoltura sociale, quindi, non sem- bra porre alcun limite di prevalenza quantitativa delle attività sociali rispetto a quelle agricole. Non sono tut- tavia chiare le implicazioni di tale ampliamento per le imprese agricole, ad esempio sotto il profilo fiscale. Per quanto riguarda le attività dell’AS, la legge nazionale interviene, rispetto alla normativa regionale precedente- mente approvata (Tab. 1), in modo restrittivo per un ver- so e di ampliamento per un altro. La tipologia di attività d), in particolare, costituisce un elemento non sempre considerato nelle leggi regionali, che hanno demandato almeno in parte tali attività alle discipline relative alle fattorie didattiche e all’educazione alimentare oppure a quelle della tutela della biodiversità. Il punto d) della leg- ge nazionale, comunque, precisa che le attività elencate rientrano nell’AS quando sono indirizzate a bambini in età prescolare e persone in difficoltà sociale, fisica e psi- chica. Il d.m. 12550/2018 contribuisce a chiarire questo aspetto, affermando che con riguardo alle attività svol- te nelle fattorie didattiche si rimanda alle leggi regiona- li vigenti in materia e che “l’elenco dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della L. 141 del 2015 che svol- gono attività di agricoltura sociale non sostituisce l’elen- co delle fattorie didattiche già predisposto dalle regioni secondo le specifiche leggi in materia” (art. 5, comma 3). Questa attenzione alla dimensione educativa risulta di particolare interesse; più in generale, “il modo in cui il tema dell’agricoltura sociale viene introdotto in Ita- lia, sembra essere orientato a valorizzare la dimensione della multifunzionalità dell’azienda agricola nella logica del social investment” (Genova e Viganò, 2018), approc- cio proposto anche dalla Commissione Europea nel 2013 (Social Investment Package for Growth and Social Cohe- sion - COM, 2013) e già presente all’interno dell’Agen- da di Lisbona, che propone l’investimento sociale come driver per la produttività e lo sviluppo. Tale approccio, caldeggiato da tempo da esperti di diverse discipline, anche se con sfumature e approcci differenti, si basa sul- la necessità di un cambiamento di paradigma nelle poli- tiche di welfare, ormai insostenibili nella loro configu- razione attuale, che dovrebbero essere mosse non più da logiche emergenziali riparative, ma da istanze di preven- zione e promozione della salute (Esping-Andersen, 2002; Hemerijck, 2015 e 2018). Le norme regionali approvate prima e dopo l’entra- ta in vigore della l. 141/2015 prevedono sempre attività di inserimento socio-lavorativo per persone appartenenti alle fasce deboli, anche con esplicito riferimento all’at- tuazione delle politiche attive di inserimento socio-lavo- rativo, confermando l’approccio inclusivo dell’AS in Ita- lia. Sono presenti, inoltre, le attività di servizio indiriz- zate alle comunità e alle popolazioni locali, le iniziative educative, assistenziali e di accoglienza, anche in colla- borazione con autorità giudiziarie ed enti locali, attività che promuovono forme di benessere personale e rela- zionale e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative, come pet therapy, ippoterapia, onoterapia, ortoterapia, e attività socio-sani- tarie. Alcune delle attività previste differiscono solo per forma da quelle indicate nella l. 141/2015, anche se nella sostanza propongono le stesse attività; da questo punto di vista, dunque, per le Regioni potrebbe essere semplice adeguare le proprie leggi regionali al dettato nazionale; altre attività previste dalle normative regionali, invece, non rientrano tra quelle elencate nella l. 141/2015, met- tendo in evidenza l’attuale discrepanza tra una pratica, quella dell’agricoltura sociale, nata spontaneamente e affermatasi per rispondere ad esigenze specifiche di varia natura, e la sua disciplina normativa, che nel tentativo di razionalizzarla e disciplinarla ha finito col restringerne la portata. Con specifico riguardo alle leggi regionali emanate dopo l’entrata in vigore della l. 141/2015, si è riscontra- to che in diversi testi vengono indicati in modo chia- ro anche i destinatari delle attività di AS e gli ambiti di intervento specifici, a volte esplicitando riferimenti inseriti in modo indiretto nella l. 141/2015 e altre volte inserendo riferimenti non presenti nella legge naziona- le. Un esempio del primo tipo è rappresentato dalla l.r. 16/2013 della Regione Liguria che contempla espressa- mente anche le attività agricole sociali promosse dagli istituti penitenziari ai sensi degli articoli 21 e 21-bis della l. 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenzia- rio e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) e successive modificazioni. Un esempio del secondo tipo è rappresentato, invece, dalla Regione Molise, l’unica a citare espressamente gli immigrati tra i destinatari delle attività nella l.r. 5/2014. Un riferimen- to specifico ad «extracomunitari profughi», poi, risulta inserito nella legge di stabilità regionale 16/2017, della Regione Siciliana, che promuovendo, nell’art. 41, l’agri- coltura sociale quale esempio di multifunzionalità delle attività agricole, annoverava tra le sue attività l’ospitalità per le loro famiglie. Come già chiarito, la normativa nazionale assegna all’Osservatorio nazionale, istituito ai sensi dell’art. 7 della l. 141/2015 con decreto Mipaaf 967/2017 e presie- duto dal Ministro delle politiche agricole, forestali e alimentari, il compito di elaborare Linee guida per sup- portare le regioni nell’adeguamento delle proprie nor- me e nei percorsi per il riconoscimento degli operatori. L’Osservatorio ha anche il compito di monitorare ed ela- borare le informazioni sul numero e sullo stato di svi- luppo delle attività di AS nel territorio nazionale, al fine 51La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola Ta b. 1 . A tt iv ità /i nt er ve nt i d i A S ne lle le gg i r eg io na li ap pr ov at e pr im a de ll’e nt ra ta in v ig or e de lla l. 1 41 /2 01 5. Ta b. 1 . S oc ia l f ar m in g ac tiv iti es in r eg io na l L aw s ap pr ov ed b ef or e th e en tr y in to fo rc e of th e La w 1 41 /2 01 5. A tt iv ità p er m ac ro vo ci Lo m ba rd ia l.r . 3 1/ 20 08 , ar t. 8 bi s, in tr od ot to co n l.r . 25 /2 01 1, a rt 1, c om m a 1, le tt . b Tr en to l.p . 10 /2 00 1, ar t. 5 V en et o l.r . 14 /2 01 3, ar t. 3 Fr iu li- V en ez ia G iu lia l.r . 18 /2 00 4, ar t. 23 , m od ifi ca to co n l.r . 25 /2 00 7, ar t. 19 Li gu ri a l.r . 16 /2 01 0, ar t. 2 Em ili a- R om ag na l.r . 36 /2 01 3, ar t. 7 To sc an a l.r . 24 /2 01 0, ar t. 2 U m br ia l.r . 12 /2 01 1, ar t. 15 3, co m m a 2 M ar ch e l.r . 21 /2 01 1, ar t. 27 A br uz zo LR 18 /2 01 1, ar t. 2, le tt . b M ol is e l.r . 5 /2 01 4, ar t. 2, co m m a 1 C am pa ni a l.r . 5 /2 01 2, ar t. 3, co m m a 1 C al ab ri a l.r . 14 /2 00 9, ar t. 28 Sa rd eg na l.r . 11 /2 01 5, ar t. 18 1. a) I nc lu si on e so ci al e X X X X 1. b) I ns er im en to s oc io -l av or at iv o (s og ge tt i sv an ta gg ia ti, fa sc e de bo li, a r is ch io d i m ar gi na liz za zi on e, m in or i i n et à la vo ra tiv a, di sa bi li fis ic i, de te nu ti) X X X X X X X X X X 1. b. 1) P ol iti ch e at tiv e di in se ri m en to s oc io - la vo ra tiv o (a tt ra ve rs o as su nz io ni , t ir oc in i, fo rm az io ne p ro fe ss io na le a zi en da le )     X   X   X     X X X     2) S er vi zi u til i p er la v ita q uo tid ia na : a tt iv ità ed uc at iv e e di da tt ic o- r ic re at iv e; a tt iv ità cu ltu ra li, fo rm at iv e, r ic re at iv e, s oc ia li, as si st en zi al i; in te gr az io ne s co la st ic a de gl i al un ni in d iffi co ltà d i c ui a lla L eg ge 1 04 d el 19 92 ; r ei ns er im en to e r ei nt eg ra zi on e so ci al e pe r l’i nf an zi a, m in or i, fa m ig lie , a du lti a nc he in c ol la bo ra zi on e co n au to ri tà g iu di zi ar ie e d en ti lo ca li, a nz ia ni , s og ge tt i c on d is ab ili tà , di pe nd en ti da a lc oo l o d a st up ef ac en ti, tr au m at iz za ti ps ic hi ci , e x de te nu ti X X X   X   X X X X X X X X 3) P re st az io ni e s er vi zi c he a ffi an ca no e su pp or ta no le te ra pi e m ed ic he , p si co lo gi ch e e ri ab ili ta tiv e (p er co rs i a bi lit at iv i; fo rm e di be ne ss er e pe rs on al e e re la zi on al e, p et th er ap y, ip po te ra pi a, o no te ra pi a, o rt ot er ap ia , a tt iv ità so ci o- sa ni ta ri e) X X X   X     X X   X   X X 4. a) R io rg an iz za zi on e di r et i d i p ro ss im ità : ag ri -a si li, a gr i- ni di , s er vi zi in te gr at iv i d el la pr im a in fa nz ia , e du ca tr ic i f am ili ar i, ce nt ri p er l’i nf an zi a co n at tiv ità lu di ch e e di a gg re ga zi on e m ir at e al la s co pe rt a de l m on do r ur al e e de i ci cl i b io lo gi ci e p ro du tt iv i a gr ic ol i; ac co gl ie nz a e so gg io rn o di b am bi ni in e tà p re sc ol ar e X X X X 4. b) D iffi co ltà s oc ia le : a cc og lie nz a di ur na p er an zi an i; so ci al h ou si ng e c oh ou si ng     X                       Fo nt e: e la bo ra zi on i C R EA P B. So ur ce : o w n el ab or at io n. 52 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani Ta b. 2 . A tt iv ità /i nt er ve nt i d i A S ne lle le gg i r eg io na li ap pr ov at e do po l’e nt ra ta in v ig or e de lla l. 1 41 /2 01 5. Ta b. 2 . S oc ia l f ar m in g ac tiv iti es in r eg io na l L aw s ap pr ov ed a fte r th e en tr y in to fo rc e of th e La w 1 41 /2 01 5. C at eg or ie g en er al i ( L. 1 41 /2 01 5) A tt iv ità Pi em on te l.r . 1 /2 01 9, ar t. 18 Lo m ba rd ia l.r . 35 /2 01 7, ar t. 3 B ol za no l.r . 8 /2 01 8, ar t. 4 Tr en to l.p . 12 /2 01 6, ar t. 5 La zi o l.r . 7 /2 01 8, ar t. 16 Fr iu li- V en ez ia G iu lia l.r . 2 /2 01 8, ar t. 9 Pu gl ia l.r . 9 /2 01 8, ar t. 2 B as ili ca ta l.r . 53 /2 01 8, ar t. 2 1. I nc lu si on e so ci o- la vo ra tiv a 1. I ns er im en to s oc io -l av or at iv o di la vo ra to ri co n di sa bi lit à, p er so ne s va nt ag gi at e, m in or i in e tà la vo ra tiv a in se ri ti in p ro ge tt i d i ri ab ili ta zi on e e so st eg no s oc ia le   X X X     X X 1. a) I ns er im en to s oc ia le d i m in or i e a du lti   X             2. P re st az io ni e a tt iv ità s oc ia li e di s er vi zi o pe r le c om un ità lo ca li 2. P re st az io ni e a tt iv ità s oc ia li e di s er vi zi o (p er le c om un ità lo ca li)     X X     X X 2. a) S er vi zi e p re st az io ni e du ca tiv e, fo rm at iv e, s oc ia li, r ig en er at iv e e di ac co gl ie nz a; F or m e di b en es se re p er so na le e re la zi on al e   X             3. P re st az io ni e s er vi zi c he a ffi an ca no e su pp or ta no le te ra pi e m ed ic he , p si co lo gi ch e e ri ab ili ta tiv e 3. P re st az io ni e s er vi zi c he a ffi an ca no e su pp or ta no le te ra pi e m ed ic he , p si co lo gi ch e e ri ab ili ta tiv e   X X X     X X 4. P ro ge tt i d i e du ca zi on e am bi en ta le e al im en ta re , s al va gu ar di a bi od iv er si tà , di ffu si on e co no sc en za d el te rr ito ri o at tr av er so o rg an iz za zi on e di fa tt or ie s oc ia li e di da tt ic he r ic on os ci ut e a liv el lo r eg io na le (i ni zi at iv e di a cc og lie nz a e so gg io rn o di ba m bi ni in e tà p re sc ol ar e e di p er so ne in di ffi co ltà s oc ia le , fi si ca e p si ch ic a) 4. P ro ge tt i fi na liz za ti al l’e du ca zi on e am bi en ta le e a lim en ta re , a lla s al va gu ar di a de lla b io di ve rs ità n on ch é al la d iff us io ne d el la co no sc en za d el te rr ito ri o     X       X X 4. a) S er vi zi s oc io -e du ca tiv i p er la p ri m a in fa nz ia o ffe rt i i n un p ar tic ol ar e co nt es to am bi en ta le       X         R in vi o al la le gg e n. 1 41 /2 01 5 X       X X     Fo nt e: e la bo ra zi on i C R EA P B. So ur ce : o w n el ab or at io n. 53La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola di facilitare la diffusione delle buone pratiche, e di racco- gliere e valutare in modo coordinato le ricerche sull’ef- ficacia delle pratiche di AS e sul loro inserimento nella rete dei servizi territoriali. Adesso competono anche la proposta di iniziative per il coordinamento e la migliore integrazione dell’AS nelle politiche di coesione e svilup- po rurale ed azioni di comunicazione e animazione ter- ritoriale volte a supportare iniziative delle regioni e degli enti locali. Tra gli altri compiti, si annovera anche il coordinamento della propria attività con quella di orga- nismi analoghi istituiti, sempre in materia di AS, presso le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolza- no; ad esso è assegnato, dunque, un compito importan- te in termini di indirizzo e orientamento, ma anche di verifica e valutazione. L’attività dell’Osservatorio nazionale si è concentrata finora sull’analisi dei contenuti di quello che poi è stato licenziato come decreto attuativo 12550/2018. Nel dicem- bre 2017, invece, è stata avviata l’attività per la predispo- sizione delle Linee guida con un workshop organizzato nell’ambito delle attività della Rete rurale nazionale volto ad approfondire gli aspetti relativi a: formazione, inseri- mento lavorativo e certificazione; riconoscimento, requisi- ti e armonizzazione delle leggi regionali; questioni fiscali e gius-lavoristiche in materia di AS. Le attività dell’Osserva- torio hanno subito un’interruzione con i recenti cambi di governo e sono stati ripresi ultimamente con l’intento di predisporre in breve tempo le Linee guida. Osservatori con compiti in parte simili a quel- li dell’Osservatorio nazionale sono stati previsti anche nella norma di 12 regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto), anche se al momento risultano nominati soltanto l’osservatorio della Regione Calabria (dgr 511/2016), che si è riunito due vol- te nel corso del 2017, e quello della Regione Puglia (dgr 1179/2019), che si è riunito una sola volta nei primi mesi del 2020. Gli Osservatori potrebbero avere una funzione mol- to importante per la governance dell’AS a livello regio- nale e garantire un elevato livello di qualità degli inter- venti sia per quanto riguarda gli aspetti sociali, sia per quelli economici e di sviluppo delle comunità locali. Al momento, tuttavia, in mancanza della loro attivazione e dell’avvio delle attività, non è possibile esprimere consi- derazioni sul loro funzionamento e sulla loro efficacia. L’attenzione del legislatore sugli aspetti relativi alla qualità degli interventi di AS risulta particolarmente importante nell’ottica di garantire: un alto livello delle prestazioni per i soggetti fragili coinvolti nei processi; un miglioramento delle performance delle aziende che ero- gano i diversi servizi; lo sviluppo di comunità più coe- se. Per quanto riguarda il primo punto, la norma sembra orientare l’intervento verso processi di empowerment e di giustizia sociale. Tenendo conto dell’approccio inclu- sivo dell’AS in Italia, sarebbe auspicabile anche un’atten- zione a forme innovative di lettura dei bisogni sociali e di soluzioni diversificate in base ai contesti e alle persone coinvolte, orientate verso lo sviluppo di capability (Sen, 1993). Tuttavia, la mancanza di indirizzi orientati da criteri di qualità e modalità di verifica degli interventi e valutazione degli effetti sulle diverse dimensioni dell’AS, al momento, lascia spazio anche a interpretazioni e logi- che differenti del «senso» dell’AS stessa, più legate al wel- fare tradizionale. L’attenzione agli aspetti relativi alla qualità degli inter venti emerge anche da l contenuto del d.m. 12550/2018, che detta alcuni criteri per lo svolgimento delle 4 tipologie di attività definite dalla l. 141. Di parti- colare interesse appare il carattere di regolarità e continu- ità richiesto per le attività di AS nel d.m. (art. 1, comma 2), qualità riferite anche alle attività con carattere stagio- nale, con l’obiettivo di promuovere azioni non episodiche di AS nell’interesse soprattutto dei destinatari delle stes- se, ma anche delle realtà promotrici chiamate ad investire risorse umane, economiche e strutturali nella loro realiz- zazione. Ciascuna Regione provvederà, secondo il decre- to, “a fissare i termini temporali per garantire la continu- ità delle attività di agricoltura sociale”. Anche nei successivi articoli la regolarità e la conti- nuità delle attività vengono richiamate, seppure con sfu- mature differenti: • l’art. 2 (Requisiti minimi e modalità dell’attività di inserimento socio-lavorativo) stabilisce che le atti- vità vengano svolte attraverso “percorsi stabili di inclusione socio-lavorativa dei soggetti mediante l’u- tilizzo delle tipologie contrattuali riconosciute dalla normativa vigente”; • l’art. 3 (Requisiti minimi e modalità per le presta- zioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali) che vengano svolte “per una durata tempo- rale minima stabilita da ciascuna amministrazione regionale”; • l’art. 4 (Requisiti minimi e modalità per le presta- zioni e servizi che affiancano e supportano le tera- pie mediche, psicologiche e riabilitative) rimanda la definizione di una durata temporale minima a cia- scuna amministrazione regionale. Un altro evidente segnale verso la promozione di interventi di qualità è dato dall’accento posto sulla colla- borazione con gli enti pubblici del sistema socio-sanita- rio e con i soggetti del terzo settore nell’intento di inte- grare le politiche agricole con quelle sociosanitarie, con particolare riferimento ai Piani di zona e ai Piani sanita- 54 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani ri regionali (art. 4); di educazione ambientale e alimenta- re e di salvaguardia della biodiversità (art. 5); formative e del lavoro, ad esempio per quanto riguarda la certifica- zione delle competenze acquisite, secondo quanto previ- sto dalle Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento, di cui all’Accordo sancito in Conferenza Stato Regioni il 25 maggio 2017 (art. 2). Inoltre, nei diversi articoli dedicati ai requisiti mini- mi per la realizzazione delle attività, si fa esplicito riferi- mento all’opportunità (art.3) o necessità (art. 4) di avere la presenza di figure professionali preposte all’erogazione dei servizi tale da consentire il regolare svolgimento del- le attività. Di nuovo, quindi, il dettato normativo sembra spingere verso l’offerta di servizi altamente qualificati in grado di garantire efficacia dell’intervento e sicurezza per i destinatari. 3. L’OPERATORE DI AS SECONDO LA NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE Il dibattito sulle caratteristiche soggettive dell’o- peratore di AS ha coinvolto per lungo tempo e tuttora coinvolge addetti, esperti e stakeholder. La legge nazio- nale, all’art. 2, individua negli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile, in forma singo- la o associata, e nelle cooperative sociali di cui alla l. 381/1991, gli operatori dell’AS. Tuttavia, la norma fissa un limite alla partecipazione delle cooperative socia- li: il loro fatturato derivante dall’esercizio delle attività agricole svolte deve essere prevalente o almeno superio- re al 30% di quello complessivo; in quest’ultimo caso, le cooperative sociali saranno considerate operatori dell’a- gricoltura sociale “in misura corrispondente al fattura- to agricolo” (art. 2, comma 4). La norma, tuttavia, non esplicita le modalità di calcolo della percentuale di fat- turato derivante da attività agricola rispetto al totale; questione non affrontata neanche nel d.m. 12550/2018, che rimanda il problema alle Regioni. Il tema è tuttora oggetto di discussione; le Linee guida che l’Osservatorio nazionale sta redigendo dovrebbero fornire indicazioni per uniformare il comportamento delle Regioni. Per quanto riguarda le cooperative sociali occorre precisare che quelle di tipo B6 possono iscriversi nel- 6 Le cooperative sociali,ai sensi dell’art. 1 della l. 381/1991 recante la «Disciplina delle cooperative sociali», hanno lo “scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integra- zione sociale dei cittadini” e si distinguono in cooperative sociali di tipo «a», ossia che gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi , incluse le attività di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), b), c), d), l), e p) del d.lgs. 112/ 2017, e di tipo «b», ossia che svolgono attività diverse - agricole, indu- striali, commerciali o di servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. la Sezione Speciale Imprese agricole del Registro delle imprese e, in tal caso, essere dotate di fascicolo azien- dale e accedere agli strumenti di sostegno previsti dalla politica agricola come qualsiasi impresa agricola, purché in possesso dei requisiti richiesti dalle misure adottate dalle amministrazioni regionali. Diversa è la posizione delle cooperative sociali di tipo A, che co-gestiscono i servizi socio-sanitari in attuazione delle norme nazio- nali e regionali, delle fondazioni e delle associazioni. A questo proposito, Maccioni (2015) precisa che “occorre distinguere l’orizzonte (chiamiamolo così) definito nella l. 141/2015 da queste altre realtà, non potendosi confon- dere il progetto di agricoltura sociale in discorso con un servizio pubblico”. La motivazione che ha spinto il legi- slatore a intervenire, infatti, è quella della promozione della multifunzionalità dell’agricoltura, attività produt- tiva che si basa sulla figura dell’imprenditore agricolo, chiamato a svolgere funzioni e ruoli più ampi rispetto al passato, anche se l’art. 1 della stessa l. 141/2015 specifi- ca che l’intervento normativo è finalizzato a “facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”. Nel dettato nazionale, dunque, sono presenti “da un lato, figure giuridiche senza scopo di lucro e con fina- lità sociali e, dall’altro, soggetti economici  – le imprese agricole  – che orientano la propria attività verso l’utilità sociale” (Prete, 2018) e che oggi rientrano a pieno titolo tra i soggetti che possono fornire servizi di utilità socia- le per la collettività (Canfora, 2017). Questo approccio all’agricoltura richiede ai diversi attori competenze non solo tecniche, ma anche trans-disciplinari e relazionali, oltre che una crescente responsabilizzazione verso l’am- biente e la società. L’intervento della l. 141/2015 ha operato, nei fatti, una restrizione della platea dei soggetti titolati a svolgere attività di AS sia rispetto ad alcune delle norme regio- nali precedentemente approvate (Tab. 3), sia rispetto alle esperienze realizzate nei differenti contesti locali. Per quanto riguarda il primo aspetto, le regioni si erano comportate in maniera differente tra loro, anche tenendo conto, almeno alcune di esse, delle specificità regionali dell’AS. In tutti i casi, le leggi regionali annoverano tra i soggetti che possono svolgere AS le imprese agricole di cui all’articolo 2135 del Codice Civile, prevedendo a vol- te che siano affiancati da altri soggetti riconosciuti dalle norme del settore socio-sanitario quali attori del sistema, spesso già coinvolti nelle attività di AS operanti sul ter- ritorio. La Regione Campania, ad esempio, prevede che possano svolgere l’attività anche i co-gestori dei Progetti terapeutico riabilitativi individuali (PTRI), sostenuti con 55La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola budget di salute, ai sensi dell’articolo 46 della l.r. 1/2012, norma che recepisce la l. 328/2000 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali). La legge quadro 328/2000, tra l’altro, nel confermare il ruolo centrale delle cooperative sociali “nella promo- zione dei diritti di solidarietà e nell’erogazione delle pre- stazioni attraverso le quali tali diritti di concretizzano”, ha ampliato il ruolo dei soggetti appartenenti al privato sociale; affiancando alle attività di “promozione e gestio- ne delle attività di interesse generale”, che la l.381/1991 assegnava alle cooperative sociali, anche quelle di “pro- gettazione” e “realizzazione concertata degli interven- ti” (art. 1, comma 5), la legge quadro si è spinta fino ad attribuire loro un ruolo attivo nella programmazione del sistema integrato (art. 1, comma 4) (Perino, 2006). Un ruolo attivo nella co-progettazione dei servizi con «fina- lità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» è assegna- to, quindi, ad entrambe le categorie che, ai sensi della l.141/2015, operano a pieno titolo nell’ambito dell’AS. In alcune Leggi regionali (Liguria, Marche), invece, sono titolati a svolgere le attività di AS solo gli imprendito- ri agricoli – anche in associazione con altri attori – e la norma nazionale ha, al contrario, ampliato la platea dei possibili soggetti. La Sardegna (l.r. 11/2015) introduce, infine, anche gli imprenditori ittici e gli acquacoltori tra gli operatori dell’AS. 4. LE MODALITÀ DI ISCRIZIONE AI REGISTRI REGIONALI In Italia, solo nove regioni hanno istituito ad oggi (marzo 2020) un registro regionale delle fattorie socia- li, denominato a volte anche albo o elenco (Tab. 4). Il numero ufficiale degli operatori iscritti è pari a 208, in graduale aumento rispetto agli anni precedenti: +11,8% rispetto ai dati di settembre 2019 e + 60% rispetto al 2018 (CREA, Annuario 2018). Le regioni con il maggior numero di operatori sono le Marche (50), il Friuli-Vene- zia Giulia (39), seguite da Veneto (28) e Lombardia (24), che distingue le fattorie sociali in «inclusive» ed «eroga- tive», in funzione della partecipazione al processo pro- duttivo dei soggetti deboli, fruitori o beneficiari dei ser- vizi forniti. La gestione dei registri è affidata generalmente ai Dipartimenti regionali dell’agricoltura, e in alcuni casi anche ad agenzie regionali per lo sviluppo rurale (ERSA in Friuli-Venezia Giulia, Laore in Sardegna) o alla Dire- zione competente in materia di Politiche Sociali (Abruz- zo). I registri in alcuni casi risultano articolati in sezioni tematiche (Marche, Veneto) che riflettono le categorie di attività in cui l’AS è articolata a livello regionale, o anche in sezioni provinciali (Calabria). In Sardegna, invece, l’e- lenco delle fattorie sociali rappresenta una delle sezioni in cui è articolato l’Albo regionale della multifunziona- Tab. 3. Soggetti che possono svolgere AS nelle l.r. approvate prima dell’entrata in vigore della l. 141/2015. Tab. 3. Actors who can perform Social farming in the regional Law approved before the entry into force of Law 141/2015. Regione Soggetti che possono svolgere AS Liguria (l.r. 16/2013) aziende agricole, condotte dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice Civile Veneto (l.r. 14/2013) imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile e successive modificazioni, cooperative e imprese sociali nonché da altri soggetti pubblici o privati, che coniugano l’utilizzo delle risorse dell’agricoltura con le attività sociali Toscana (l.r. 24/2010) imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile e/o dai soggetti di cui all’articolo 17, comma 2, della l.r. 41/2005 Umbria (l.r. 12/2011) imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile, imprese sociali, come definite dall’articolo 1 del d.l. 155/2006 (Disciplina dell’impresa sociale, a norma della l. 118/2005), e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, della l. 328/2000, qualora siano imprenditori agricoli e svolgano attività agricole ai sensi dell’articolo 2135 del Codice civile Marche (l.r. 21/2011) imprese agricole e dai soggetti iscritti all’albo regionale delle cooperative sociali di cui all’articolo 3 della l.r. 34/2001, qualora svolgano le attività di cui all’articolo 2135 Abruzzo (l.r. 18/2011) imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile o dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, della l. 328/2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) Molise (l.r. 5/2014) imprenditori agricoli ai sensi all’articolo 2135 del codice civile o dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, della l. 328/2000 e normative regionali vigenti Campania (l.r. 5/2012) imprese costituite ai sensi del d.l. 155/2006 (Disciplina dell’impresa sociale) che operano nei settori di utilità sociale indicati nell’articolo 2, comma 1, alle lettere a), c), e), f ), g) del medesimo decreto; imprese agricole di cui all’articolo 2135; cogestori dei Progetti terapeutico riabilitativi individuali (Ptri), sostenuti con budget di salute, ai sensi dell’articolo 46 della l.r. 1/2012 Sardegna (l.r. 11/2015) imprenditori agricoli, imprenditori ittici e acquacoltori 56 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani lità delle imprese agricole e ittiche; le altre sezioni sono dedicate, infatti, ad agriturismo, ittiturismo, pescaturi- smo e fattorie didattiche. Nel regolamentare le modalità di iscrizione nei regi- stri (albi o elenchi) regionali, sono stati definiti, con diversi livelli di dettaglio, i requisiti di natura soggettiva e oggettiva necessari per ottenere, e mantenere, l’iscri- zione. Con riguardo ai requisiti di natura soggettiva, nei documenti7 relativi al riconoscimento della qualifica di fattoria sociale, tra i soggetti che possono chiedere l’i- scrizione al registro vengono indicati innanzitutto gli imprenditori agricoli, come definiti dall’articolo 2135 del Codice civile. Alcune regioni riconoscono tale qua- lifica anche alle fattorie didattiche che estendono i loro servizi alle fasce deboli di popolazione(Friuli-Venezia Giulia) oppure ad imprese agrituristiche iscritte nel rela- tivo albo, qualora si tratti di fattorie sociali «erogative» (Lombardia)8; le attestazioni aziendali inerenti al rico- 7 Le regioni hanno reso noti i requisiti e le modalità per il riconosci- mento degli operatori in documenti di tipo diverso: linee guide, regola- menti, circolari, ecc. 8 Secondo l’art. 8 bis della l.r. 31/2008, le fattorie sociali inclusive sono imprese agricole che considerano “il soggetto debole quale elemento del processo produttivo agricolo”, Rientrano in questa categoria le realtà che promuovono l’inserimento socio-lavorativo di soggetti in difficoltà “attraverso assunzioni, tirocini, formazione professionale aziendale”. lo noscimento di azienda agrituristica, fattoria didattica o azienda biologica nel caso della Liguria sono, invece, considerati elementi di valutazione indiretta del requisito soggettivo di imprenditore agricolo (Tab. 5). In alcuni casi (Campania, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Veneto) è previsto che la domanda di iscrizione possa essere presentata anche da enti e impre- se sociali, co-gestori dei Progetti Terapeutico Riabilita- tivi Individuali (PTRI)9, regolarmente iscritti all’albo, in altri invece è considerata obbligatoria la presenza di una o più figure professionali, quali “medico psichiatra, laureato in psicologia, operatore specializzato in terapie con animali, educatore professionale, operatore esper- to nella riabilitazione psichiatrica e/o nell’inclusione sociale” (Abruzzo). In casi isolati (Campania, Veneto) si fa espresso riferimento, infine, alle imprese sociali che abbiano previsto, nell’atto costitutivo o statuto, lo svolgi- mento di attività di inserimento socio-lavorativo di per- sone deboli e l’esercizio di attività agricole. Alle imprese agricole spesso sono richiesti espres- samente l’apertura del fascicolo aziendale sul Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), l’iscrizione alla Camera di Commercio, nella Sezione speciale Imprese agricole del Registro delle imprese, e alla gestione pre- videnziale (Lombardia, Sardegna). In casi isolati, invece, l’esercizio delle attività agricole, indicato più volte come requisito specifico, viene legato a volte a requisiti di carattere temporale (conduzione da almeno un biennio dell’impresa agricola regolarmente iscritta alla CCIAA), altre all’adesione al metodo di produzione biologica all’adesione a regimi di qualità. Soltanto la Regione Friuli-Venezia Giulia annove- ra espressamente tra i requisiti necessari per ottenere la qualifica di fattoria sociale anche la stipula di un “con- tratto di assicurazione di responsabilità civile verso ter- zi a copertura dei rischi connessi all’attività svolta” (dpr 047/ 2015, art. 9, comma 2). Completa il quadro dei requisiti soggettivi l’impe- gno a frequentare (Calabria) o, più spesso, l’av venuta partecipazione dell’imprenditore o del referente del- le attività di AS (coadiuvante familiare, socio, dipen- dente) a un corso di formazione organizzato da enti stesso articolo definisce fattorie sociali erogative le imprese agricole che considerano “il soggetto debole fruitore/beneficiario di servizi forniti dalla fattoria stessa”; rientrano in questa categoria le realtà che offrono servizi di varia natura (sociali, riabilitativi, educativi, ricreativi, ecc.) a diverse categorie di utenza in difficoltà, promuovendo in generale il benessere delle persone svantaggiate e, al tempo stesso, fornendo oppor- tunità di integrazione sociale. 9 I PTRI sono una modalità di erogazione delle prestazioni sociosani- tarie che trova fondamento nella l. 328/2000 “Legge Quadro per la rea- lizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. Pur in assenza di una Legge nazionale che li disciplini, i PTRI sono normati a livello regionale sia con leggi che con altri atti di natura amministrativa. Tab. 4. Operatori di Agricoltura sociale iscritti nei Registri regionali. Tab. 4. Social farming operators registered in the regional Registries. Regioni Numero di operatori iscritti Lombardia* 24 Liguria** 9 Veneto 28 Friuli-Venezia Giulia 39 Marche 50 Abruzzo 7 Campania 21 Calabria 13 Sardegna 17 Totale 208 (*) Le attività della Regione Lombardia sono distinte in «inclusive» (5), «erogative» (8) e miste (11). (**) Gli operatori iscritti nel Registro della Regione Liguria riportano una data di iscrizione compresa tra il 28/01/2016 e il 06/11/2017; di queste solo 3 sono attive. Fonte: nostre elaborazioni. (*) The activities of Lombardy Region are divided into “inclusive” (5), “disbursing” (8) and mixed (11). (**) The operators of Liguria Region have been registered between 28/01/2016 and 06/11/2017; of these only 3 are active. Source: own elaboration. 57La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola Ta b. 5 . R eg is tr i r eg io na li: r eq ui si ti so gg et tiv i r ic hi es ti pe r l’i sc ri zi on e. Ta b. 5 . R eg io na l r eg is te rs :su bj ec tiv e re qu ir em en ts fo r re gi st ra tio n. R eg io ne Im pr es a ag ri co la C on du zi on e de ll’ im pr es a ag ri co la Im pr es a so ci al e C og es to ri de i P T R I, so st en ut i c on bu dg et d i sa lu te Fi gu re pr of es si on al i sp ec ifi ch e Po ss es so d i q ua lifi ca at tin en te a lle a tt iv ità d a sv ol ge re IA P o co lti va to re di re tt o R eq ui si ti di cu i a ll’ ar t. 21 35 c .c . Fa sc ic ol o az ie nd al e SI A N Is cr iz io ne al la C C IA A Is cr iz io ne al l’a lb o de lle Fa tt or ie di da tt ic he o im pr es e ag ri tu ri st ic he Es er ci zi o di u na o pi ù at tiv ità ag ri co le da a lm en o 2 an ni se co nd o cr ite ri d i so st en ib ili tà am bi en ta le C or si d i fo rm az io ne Q ua lifi ca d i op er at or e ag ri so ci al e A br uz zo X X       X         X     C al ab ri a X X X X X C am pa ni a X X X X X Fr iu li- V en ez ia G iu lia X X X X Li gu ri a X X X X X Lo m ba rd ia X X X X X M ar ch e X X X X X Sa rd eg na X X X X X X V en et o   X       X     X X   X   Fo nt e: e la bo ra zi on i C R EA P B. So ur ce : o w n el ab or at io n. 58 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani pubblici o enti di formazione accreditati e approvati dalle Regioni (Dipartimenti regionali competenti per materia o Agenzie regionali per lo sviluppo rurale). I corsi di formazione, la cui durata varia dalle 40 alle 150 ore in funzione della regione di riferimento, possono prevedere, oltre a lezioni teorico-pratiche, anche lavo- ri di gruppo, esercitazioni di laboratorio, e-learning, project work, visite di studio o stage. I corsi, organiz- zati spesso in moduli, hanno contenuti che variano da regione a regione e possono riguardare, oltre che nor- me per la sicurezza dell’azienda agricola ed elementi di primo soccorso, anche caratteristiche dell’agricoltura sociale, legislazione di riferimento, aspetti amministra- tivi, contabili e fiscali, strumenti di finanziamento e approfondimenti tematici relativi alle singole tipologie di attività in cui si articola l’AS. I requisiti di natura oggettiva sono classificabili in requisiti relativi alla struttura aziendale, requisiti di natura amministrativa e requisiti attinenti allo svolgi- mento delle attività aziendali. Quasi tutte le Regioni prevedono che le strutture aziendali, ivi compresi i locali adibiti a soggiorno e per- nottamento e gli immobili destinati alle attività sociali, che mantengono comunque la destinazione ad uso agri- colo, debbano essere conformi ai requisiti strutturali, igienico-sanitari, di sicurezza,ambientali e urbanistici previsti dalla legge e dai regolamenti edilizi comunali. È richiesta la piena disponibilità d’uso, in base ad un tito- lo legittimo di possesso o di detenzione delle strutture e delle aree da destinare allo svolgimento delle attività di AS; in caso di beni confiscati alle mafie, è richiesta comunque la disponibilità all’uso del bene. Tra i requi- siti principali si annovera anche la dotazione di strutture e attrezzature (es. ambienti coperti attrezzati per l’acco- glienza dei gruppi) adeguate allo svolgimento delle atti- vità di AS esercitate o che si intendono avviare. Con riguardo alle strutture aziendali è richiesto, in alcuni casi, che l’accesso agli immobili e alle aree inte- ressate sia «sicuro e libero da pericoli» anche per persone con disabilità psico-motorie, e che siano segnalate e deli- mitate aree e attrezzature a rischio. È considerato requi- sito necessario, in un paio di Regioni (Abruzzo, Friuli- Venezia Giulia), anche la presenza di materiale di primo soccorso. Il progetto di AS può essere realizzato autonoma- mente (Lombardia) o stipulando un accordo, conven- zione o protocollo di intesa con Enti pubblici, coopera- tive sociali, associazioni di volontariato ed enti no pro- fit (Calabria, Campania, Liguria, Lombardia, Marche). In casi isolati vengono richiesti anche i nulla osta e/o le autorizzazioni necessarie allo svolgimento delle attivi- tà esercitate e/o da porre in essere o anche la stipula di un’assicurazione per responsabilità civile a copertura dei rischi connessi all’attività svolta. Tra i requisiti principali, invece, si annovera l’esi- stenza di un rapporto di connessione e complementarietà delle attività sociali con quella agricola, che deve restare prevalente. La connessione si realizza “quando l’azienda agricola è idonea allo svolgimento delle attività sociali in relazione all’estensione aziendale, alle dotazioni strut- turali, agli spazi disponibili, alle dimensioni degli edifi- ci, al numero degli addetti, alla natura e alle varietà delle attività agricole” (cfr. Linee Guida della Regione Liguria). La verifica del rapporto di connessione avviene normal- mente sulla base del confronto tra il fabbisogno di mano- dopera necessaria per lo svolgimento delle attività stret- tamente agricole e il fabbisogno di quella necessaria allo svolgimento delle attività sociali; alcune regioni (Lom- bardia, Marche) mettono a disposizione apposite tabelle per il calcolo di tale fabbisogno o indicano i relativi crite- ri in direttive (Sardegna), mentre altre (Liguria) rimetto- no tale valutazione al Piano delle Attività Agricole Socia- li, indicando comunque alcune «discriminanti» (es. non contribuiscono al conteggio delle attività sociali le prati- che agricole svolte col coinvolgimento di soggetti deboli che concorrono alla produzione di beni e servizi per l’a- zienda, reimpiegati nell’azienda stessa o commercializzati come tali, o le attività di manutenzione ordinaria e stra- ordinaria, ripristino e adeguamento di locali e attrezza- ture da parte dell’azienda agricola; possono contribuire al calcolo l’accoglienza, ivi compresa l’informazione delle attività aziendali, la didattica, l’accompagnamento in per- corsi, l’acquisizione/fornitura di specifiche competenze, anche professionali, purché non realizzino prodotti reim- piegati e/o commercializzati da parte dell’azienda). La dimostrazione del rapporto di prevalenza dell’at- tività agricola rispetto a quella sociale è indispensabile per garantire l’esatta individuazione della disciplina giu- ridica da applicare: regime riservato alle imprese agrico- le, disciplina dedicata alle imprese commerciali (Leonar- di, 2019). Tuttavia, come evidenziato in precedenza, non esiste ancora un accordo circa la necessità di individuare un limite quantitativo alla prevalenza, nonostante alcu- ne regioni abbiano normato in tal senso. Ad esempio, la Regione Marche associa al calcolo in funzione del tempo-lavoro dedicato, anche quello della prevalenza numerica del personale normalmente impiegato per l’at- tività agricola rispetto a quello assunto con qualifica non agricola. Il Veneto, invece, associa al criterio della preva- lenza anche la conduzione da parte della fattoria sociale di una superficie minima dei terreni agricoli di almeno 10.000 mq. La sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrizio- ne ai registri/elenchi regionali delle fattorie sociali deve 59La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola Ta b. 6 . R eg is tr i r eg io na li: r eq ui si ti og ge tt iv i r ic hi es ti pe r l’i sc ri zi on e. Ta b. 6 . R eg io na l r eg is te rs : o bj ec tiv e re qu ir em en ts fo r re gi st ra tio n. R eg io ne R eq ui si ti re la tiv i a ll’ az ie nd a R eq ui si ti di n at ur a am m in is tr at iv a R eq ui si ti at tin en ti al lo sv ol gi m en to d el le a tt iv ità so ci al i Pi en a di sp on ib ili tà d’ us o de lle st ru tt ur e e ar ee da d es tin ar e al l’A S C on fo rm ità ai r eq ui si ti di le gg e, st ru tt ur al i, ig ie ni co - sa ni ta ri , ur ba ni st ic i, am bi en ta li e di si cu re zz a A cc es si bi lit à in s ic ur ez za a im m ob ili e ar ee a nc he pe r so gg et ti di ve rs am en te ab ili Pr es en za d i m at er ia le di p ro nt o so cc or so D ot az io ne d i st ru tt ur e e at tr ez za tu re ad eg ua te a llo sv ol gi m en to de ll’A S C on ve nz io ne co n En ti pu bb lic i e so gg et ti pr iv at iA ut or iz za zi on i/ nu lla o st a pe r lo s vo lg im en to de lle a tt iv ità A ss ic ur az io ne pe r re sp on sa bi lit à ci vi le R ap po rt o di co nn es si on e e pr ev al en za de lle a tt iv ità ag ri co le c on qu el le s oc ia li C on du zi on e se co nd o cr ite ri di s os te ni bi lit à ec on om ic a e fin an zi ar ia e ri sp et to d i pr in ci pi e tic i Sv ol gi m en to in m od o co nt in ua tiv o e in c oe re nz a co n in te rv en ti e se rv iz i al la p er so na pr ev is ti da i Pi an i d i z on a di a m bi to A br uz zo X X   X X   X     X   C al ab ri a X X C am pa ni a X X X X X X Fr iu li- V en ez ia G iu lia X X X X X X Li gu ri a X X X X X Lo m ba rd ia X X X X X X M ar ch e X X X X Sa rd eg na X X V en et o               X X X   Fo nt e: e la bo ra zi on i C R EA P B. So ur ce : o w n el ab or at io n. 60 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani essere provata e verificata sulla base della documentazio- ne richiesta per l’iscrizione, in primis sulla base del pia- no aziendale e dei relativi allegati. Occorre ricordare, a tale proposito, che l’agricoltura sociale risulta inserita anche nel Codice del terzo setto- re10, fra le attività di interesse generale che possono esse- re esercitate in via esclusiva o principale “per il persegui- mento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidari- stiche e di utilità sociale” (art. 5, lett. s). Le previsioni regionali per l’iscrizione ai registri/ elenchi delle fattorie sociali richiedono un livello di det- taglio molto diverso da caso a caso, elevato in Abruz- zo, Campania e Calabria, basso per Marche, Sardegna e Lombardia. In tutti i casi, tranne che in Sardegna (che prevede la presentazione della dichiarazione unica di av vio di attività produttiva), tra la documentazione richiesta è prevista una relazione dell’attività da svolge- re, chiamata anche scheda di progetto (Lombardia), o piano delle attività agricole e sociali (Liguria), o piano aziendale (Veneto). Il contenuto della relazione è mol- to dettagliato in Abruzzo e Campania, che richiedono informazioni su destinatari, finalità, modalità di attua- zione, risultati attesi, professionalità coinvolte e titolo di proprietà o contratto di affitto o altro. La Campania e la Calabria richiedono all’interno della relazione anche la descrizione di immobili, strutture, terreni e aree in cui si svolgono le attività di agricoltura sociale, e la presenza di attività a vantaggio di soggetti deboli svolta in colla- 10 d.l. 117/2017, Codice del terzo settore (C.T.S.). borazione con altri soggetti/istituzioni per rispondere a bisogni sociali locali. Informazioni su immobili e strut- ture sono richieste per l’iscrizione ai registri anche in Friuli-Venezia Giulia (planimetria), Liguria (fabbricati utilizzati per attività di AS) e Veneto. Sono quattro le Regioni, tra quelle che hanno istitu- ito i registri degli operatori dell’agricoltura sociale, che valorizzano per l’iscrizione agli stessi la collaborazione con altri soggetti, finalizzata allo sviluppo di servizi per la comunità, con una possibile ricaduta positiva per lo svilup- po del territorio di appartenenza. La Campania prevede in particolare, all’interno della relazione, una descrizione delle attività condotte a vantaggio dei soggetti deboli e in collaborazione con le istituzioni pubbliche e con il terzo settore, per attivare sul territorio relazioni e servizi che rispondano a bisogni sociali locali. La Calabria richiede per l’iscrizione anche la convenzione/protocollo con enti pubblici, cooperative sociali, associazioni di volontariato, enti no profit, finalizzata alla collaborazione e al supporto specialistico nell’erogazione di servizi sociali di vario tipo e nello svolgimento di attività di agricoltura sociale. L’A- bruzzo richiede nella presentazione della domanda una dichiarazione di disponibilità allo svolgimento di attività terapeutiche anche in convenzione, lasciando spazio alla collaborazione con altri soggetti. La Lombardia, infine, valorizza l’esperienza maturata in progettualità sociale, con la richiesta di eventuale documentazione attestante l’esperienza pregressa e/o altra documentazione utile alla valutazione della progettualità sociale, in particolare la presenza di convenzioni con soggetti esterni. Tab. 7. Documentazione richiesta per l’iscrizione ai registri/elenchi regionali. Tab. 7. Required documents for registration in regional registers. Regione Relazione delle attività/ scheda di progetto/ Piano delle attività/Piano aziendale Destinatari Finalità Modalità attuazione/ attività/ servizi Risultati attesi Professionalità coinvolte Immobili/ strutture/ aree/spazi per attività sociali Collaborazione con altri soggetti Titolo di proprietà/ contratto affitto o comodato d’uso Abruzzo X X X X X X X Calabria X X X X Campania X X X X X X X X X Friuli X X Liguria X X Lombardia X X Marche X Sardegna Veneto X     X     X     Fonte: elaborazioni CREA PB. Source: own elaboration. 61La normative italiana sull’agricoltura sociale e il ruolo dell’impresa agricola Oltre alla Lombardia, altre Regioni che valutano l’e- sperienza e/o la formazione sono il Veneto che richiede, oltre a specifica esperienza, documentazione sui requisiti di formazione, l’Abruzzo, che richiede sia il Curriculum aziendale, che quello del personale coinvolto nelle atti- vità, la Sardegna e la Calabria la frequenza di corsi di formazione per operatore di fattoria sociale. Tra i docu- menti da presentare, il Veneto richiede la Carta dei ser- vizi della fattoria sociale, che deve comprendere il codi- ce etico. La Campania prevede anche la descrizione dei criteri di sostenibilità economico/finanziaria e ambien- tale adottati. Eventuale altra documentazione specifica necessaria per l’esercizio delle attività di fattoria sociale, incluso quella attestante il rispetto delle normative di settore, è richiesta con un livello di dettaglio variabile dalle Regioni analizzate, e non viene qui descritta. Le previsioni analizzate, in particolar modo quel- le relative alla collaborazione tra soggetti, vanno nella direzione di accompagnare e supportare l’ampliamento delle funzioni e del ruolo dell’agricoltura verso lo svi- luppo di servizi di cui vadano a beneficiare non solo i destinatari degli interventi, ma i territori e le comunità che vi insistono. La possibilità dell’imprenditore agricolo o degli altri soggetti che possono richiedere l’iscrizione ai registri/albi/elenchi regionali, di collaborare con altri soggetti pubblici, del terzo settore, ecc., genera reti in grado di rispondere in maniera innovativa a fabbisogni economici e sociali delle aree rurali e periurbane (Has- sink et al., 2010; Lanfranchi et al., 2015; Garcìa-Llorente et al., 2016; Guirado et al., 2017). In quest’ottica, seppure il numero di Regioni che hanno previsto specifici registri sia ancora limitato e, tra queste, ancora più esiguo sia il numero di Regioni che hanno sottolineato la necessità di lavorare in un quadro di collaborazione tra attori diver- si, dall’analisi emergono interessanti potenzialità. Il qua- dro normativo presente a livello regionale sembra infatti contenere la possibilità di modificare e innovare il ruolo dell’agricoltura rispetto al sistema in cui essa opera, con particolare riguardo agli aspetti sociali e alle relazioni con gli altri attori del territorio. 5. CONCLUSIONI Il quadro normativo nazionale e regionale analizza- to conferma la tendenza ad un ampliamento delle fun- zioni dell’agricoltura, come già evidenziato in altri lavo- ri, soprattutto verso gli aspetti sociali, intesi nel senso ampio del termine. La portata e il valore assegnato a tale ampliamento delle funzioni, tra l’altro, trova conferma nell’inserimento dell’agricoltura sociale tra le attività di interesse generale realizzate anche dalle cooperative sociali e dai loro consorzi (Riforma del Terzo settore). Dall’analisi delle modalità adottate dalle regioni emer- ge, in particolare, un approccio normativo orientato ver- so l’attribuzione agli imprenditori agricoli di un ruolo attivo nell’attuazione delle politiche del welfare (Canfo- ra, 2017) e nelle politiche attive del lavoro. Un ulteriore ampliamento sembra comprendere anche la promozione di nuove forme di collaborazione tra attori economici e non, anche appartenenti a settori e ambiti differenti. L’agricoltura sociale è stata intesa dal legislatore in primo luogo come un’opportunità per l’impresa agrico- la, anche nella sua forma associata, di realizzare funzio- ni e attività finalizzate all’inclusione sociale e lavorativa di persone vulnerabili e fornire servizi alla popolazione e alle comunità locali. Tuttavia, i criteri individuati e le modalità adottate sia a livello nazionale (l. 141/2015 e d.m. 12550/2018) sia a livello regionale (norme per il riconoscimento degli operatori) sembrano mettere in evidenza l’importanza di un ruolo più ampio dell’im- prenditore nei confronti del contesto in cui opera. Ad esempio, il richiamo all’esigenza o all’obbligo di co-pro- gettare gli interventi insieme alle istituzioni competenti e ad altri soggetti, economici e non, avvicina l’impren- ditore agricolo al ruolo di agente di sviluppo sociale ed economico di un dato territorio e affranca dal rischio di affidare la realizzazione di interventi di interesse collet- tivo all’iniziativa individuale (Canfora, 2017).Nella stes- sa direzione va anche il riferimento fatto alla capacità dell’AS di rispondere ai bisogni delle comunità e della popolazione, secondo un approccio bottom up, tipico delle politiche di sviluppo locale. L’assegnazione di un ruolo centrale all’imprenditore agricolo nel processo di costruzione di un welfare partecipativo trova conferma anche nel costante richiamo fatto dalla legge ai quadri regolativi di raccordo previsti per ogni attività di AS e nel collegamento con le esigenze espresse dagli attori pubblici locali (Canfora, 2017). La collocazione delle imprese agricole nello spazio economico si sposta da una posizione di marginalità e passività ad una di maggiore centralità e dinamicità; “le imprese agricole «sociali» diventano, dunque, soggetti attivi del welfare e luoghi di inclusione sociale, valoriz- zando così il milieu rural, altre volte oggetto di interven- to pubblico” (Canfora, 2017). Con l’agricoltura sociale, infatti, le aziende agricole diventano luogo di attuazione delle politiche non solo di settore, ma anche dell’occu- pazione, della giustizia, sociali, sanitarie, educative, ecc. ed esercitano un ruolo propulsivo nella creazione di reti, anche di scambio di conoscenze e buone prassi, con sog- getti pubblici e privati del territorio. L’analisi, tuttavia, dimostra una grande varietà di interpretazione in ambito regionale del ruolo che l’AS 62 Francesca Giarè, Gabriella Ricciardi, Michela Ascani può svolgere in riferimento sia alla multifunzionalità dell’agricoltura sia al sistema di welfare. Tali differenze risentono sicuramente delle specificità delle pratiche di AS che si sono negli anni consolidate a livello locale e che possono avere, almeno in parte, orientato le norme a livello regionale, ma probabilmente sono anche frut- to dei processi che hanno portato le diverse ammini- strazioni regionali e provinciali a redigere documenti di normazione per questa specifica materia. In alcuni casi, infatti, le Regioni hanno attivato percorsi di ana- lisi e/o discussione con i portatori di interesse al fine di individuare finalità, attività e requisiti per la realizza- zione delle attività di AS. È il caso, ad esempio, della Liguria e della Sardegna, che hanno promosso inten- se azioni di animazione territoriale prima di definire i contenuti delle rispettive leggi e, nel caso della Liguria, anche delle Linee guida regionali. Percorso simile è sta- to seguito anche dalla Regione Veneto, che ha organiz- zato tavoli di confronto con i diversi attori al fine di individuare gli elementi fondamentali da inserire nella propria legge. Nonostante queste buone pratiche, tutta- via, la normativa regionale, così come quella nazionale, sembra ancora lasciare spazio a dubbi interpretativi su aspetti fondamentali, quali i requisiti soggettivi degli operatori dell’AS o l’eventuale prevalenza quantitativa dell’attività agricola su quella sociale, tutt’ora ogget- to di discussione. Dal punto di vista della governance, inoltre, la norma nazionale e in parte quelle regionali e provinciali sembrano individuare nell’Osservatorio lo strumento per coordinare le politiche agricole, sociali, del lavoro, educative, riparative, ecc. L’esperienza sin qui realizzata, tuttavia, non sembra incoraggiante, visto che a quasi 5 anni dall’approvazione della l. 141/2015 l ’Osser vatorio nazionale non ha trovato ancora un punto di equilibrio per risolvere le questioni aperte e definire le Linee guida che dovrebbe redigere ai sensi dell’art. 7 della legge stessa. In sintesi, se dal punto di vista dell’operatività, l’AS si presenta – ad oltre 40 anni dall’avvio delle pri- me esperienze in Italia – come un insieme di pratiche innovative capaci di rispondere alle diverse esigenze che possono sorgere a livello locale e cogliere le opportuni- tà offerte dai diversi strumenti di politica settoriale con una visione strategica di insieme, dal punto di vista del riconoscimento sembrano pesare ancora visioni settoria- li che hanno difficoltà a raggiungere una sintesi. L’analisi sin qui condotta potrebbe essere completa- ta con approfondimenti normativi e indagini sul campo che mettano in luce anche l’impatto che la riforma del terzo settore sta avendo sull’AS. In questo caso, potreb- be essere interessante individuare best practices di intro- duzione di innovazione sociale, in termini non solo di innovazione di processo, ma anche di «oltre prodotto», ossia “dei modi stessi di intendere i servizi alle perso- neperché realizzati «con le persone»” (Barbero Vignola, Vecchiato, 2018). BIBLIOGRAFIA Adornato F. (2015). Problemi giuridici dell’agricoltura urbana. Intersezioni, n. 66/2015. Testo disponi- bile sul sito: http://www.intersezioni.eu/public/ art_883/66%20Giurisprudenza%20F%20Adornato. pdf (consultato il 31.03.2020). Arosio L. (2010). L’uso dei documenti, A. de Lillo, L. Arosio, S. De Luca, E.Ruspini, E. Sala, a cura di, Il mondo della ricerca qualitativa, UTET Università, Firenze. Arosio L. (2013). L’analisi documentaria nella ricerca sociale. 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