key: cord-015958-68dmza13 authors: Ceccherini-Nelli, Luca title: Globalizzazione in medicina: l’emergenza HIV date: 2007 journal: Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione DOI: 10.1007/978-88-470-0609-6_8 sha: doc_id: 15958 cord_uid: 68dmza13 L’ottimismo generato dalle migliori condizioni di vita (cibo e acqua più sani, migliori sistemi di raccolta rifiuti e di discarica, nuove conoscenze nella biologia e nella medicina capaci di consentire lo sviluppo e l’uso diffuso di vaccini, la produzione di antinfettivi e di antiparassitari più sicuri ed efficaci) che avevano portato nel mondo occidentale all’allungamento dell’aspettativa di vita da una media di 46,5 anni nel 1950 a 65 anni nel 2002 (51 anni per i redditi bassi, 78 per gli alti), negli anni Ottanta si era già esaurito per l’emergenza di agenti infettivi “nuovi” (non riconosciuti prima) e per la riemergenza di altri già noti, a causa sia di fattori determinati dall’agente infettante stesso, quali l’acquisizione della capacità di salto di specie o la formazione di varianti farmacoresistenti, che di fattori determinati dall’ospite, quali: 1) manovre invasive iatrogene responsabili di infezioni ospedaliere; 2) cambiamenti climatici capaci di favorire il diffondersi di parassiti vettori di infezione e alterazioni degli ecosistemi (con prevalenza incontrollata di predatori o di prede); 3) esplosione demografica con ripercussioni importanti sulle tecnologie industriali di produzione alimentare, sullo sviluppo economico-urbanistico tumultuoso, sulle migrazioni di rifugiati; 4) promiscuità sessuale e turismo sessuale; 5) tossicodipendenza, e infine 6) spostamenti delle persone e delle merci che sono sempre stati fonte di diffusione degli agenti infettivi, ma che avevano raggiunto livelli di quantità e frequenza impensabili precedentemente [1] (vedi anche i Capitoli pubblicati altrove in questo volume). L'ottimismo generato dalle migliori condizioni di vita (cibo e acqua più sani, migliori sistemi di raccolta rifiuti e di discarica, nuove conoscenze nella biologia e nella medicina capaci di consentire lo sviluppo e l'uso diffuso di vaccini, la produzione di antinfettivi e di antiparassitari più sicuri ed efficaci) che avevano portato nel mondo occidentale all'allungamento dell'aspettativa di vita da una media di 46,5 anni nel 1950 a 65 anni nel 2002 (51 anni per i redditi bassi, 78 per gli alti), negli anni Ottanta si era già esaurito per l'emergenza di agenti infettivi "nuovi" (non riconosciuti prima) e per la riemergenza di altri già noti, a causa sia di fattori determinati dall'agente infettante stesso, quali l'acquisizione della capacità di salto di specie o la formazione di varianti farmacoresistenti, che di fattori determinati dall'ospite, quali: 1) manovre invasive iatrogene responsabili di infezioni ospedaliere; 2) cambiamenti climatici capaci di favorire il diffondersi di parassiti vettori di infezione e alterazioni degli ecosistemi (con prevalenza incontrollata di predatori o di prede); 3) esplosione demografica con ripercussioni importanti sulle tecnologie industriali di produzione alimentare, sullo sviluppo economico-urbanistico tumultuoso, sulle migrazioni di rifugiati; 4) promiscuità sessuale e turismo sessuale; 5) tossicodipendenza, e infine 6) spostamenti delle persone e delle merci che sono sempre stati fonte di diffusione degli agenti infettivi, ma che avevano raggiunto livelli di quantità e frequenza impensabili precedentemente [1] (vedi anche i Capitoli pubblicati altrove in questo volume). Nel secondo decennio l'infezione aveva raggiunto i 35 milioni di infetti nel mondo mentre si sensibilizzava l'opinione pubblica per la prevenzione e per la cooperazione (furono istituiti organismi nazionali e internazionali di intervento specifico), mentre venivano sviluppati nuovi farmaci e si preparavano regimi terapeutici combinatori più efficaci, capaci di limitare la progressione della malattia e la trasmissione materno-fetale, mentre continuava lo sforzo congiunto dei ricercatori per lo sviluppo del vaccino attraverso la caratterizzazione molecolare fine del virus, la caratterizzazione del rapporto virus-cellula e virus-ospite. Soltanto alla fine degli anni Novanta, l'analisi di un campione di sangue di un maschio adulto Bantu di Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, prelevato nel 1959, risultato vicino per analisi filogenetica della sequenza nucleotidica al nodo di origine di differenziazione di tutti i maggiori gruppi di HIV, permise di stabilire in maniera definitiva [4] che all'origine dei ceppi noti di HIV ci fosse stato un comune progenitore diffuso negli anni Quaranta-Cinquanta e che il salto di specie fosse avvenuto uno o due decenni prima con almeno tre ingressi indipendenti del virus HIV-1 dallo scimpanzè all'uomo, ciascuno dei quali avrebbe poi generato un gruppo filogenetico autonomo: M (main, di maggior successo evolutivo), O (outlier), N (non-M, non-O). Il gruppo M, ancora in continua evoluzione incontrollata, è costituito oggi da 9 cladi (A-D, F-H, J e K) e da più di 13 ricombinanti fra i sottotipi, i CRF (circulating recombinant forms) originati dalla ricombinazione pretrascrizionale dei cladi, ciascuno con caratteristiche biologiche proprie tendenti alla maggior patogenicità e alla farmacoresistenza. Il clade B è ancora il più comune in Nord America, Europa ed Australia; ma la prevalenza dei ceppi non-B è aumentata progressivamente negli Stati Uniti, Cuba, Francia, Spagna, Svizzera, ma soprattutto nel Canada, Belgio, Portogallo e nei Paesi Scandinavi (dove rappresentano oggi più del 40%) in relazione all'immigrazione e ai viaggi in aree endemiche [5] . In questo periodo di tempo sono state studiate ulteriormente le caratteristiche replicative virali (l'entità giornaliera di produzione e di eliminazione), le caratteristiche patogenetiche (il danno immunologico virale e la capacità rigenerativa dei substrati cellulari dell'ospite che vi si oppone, il sequestro virale nei compartimenti tissutali), la variabilità virale (tasso di mutazione trascrizionale indotta sia dalla trascrittasi inversa virale che dalla ricombinazione pretrascrizionale); infine sono stati caratterizzati i parametri di variabilità virale all'interno dei quali il virus continua a dare danno all'ospite senza soccombere alla pressione selettiva immunologica e farmacologica [6] . Nel terzo decennio dell'infezione si sono ottenute nuove conoscenze sull'interazione virus/sistema immune [7] [8] [9] . Sono stati sviluppati nuovi antivirali specifici: attualmente sono disponibili 19 farmaci, di quattro tipi diversi, che hanno come bersaglio tre passaggi essenziali nella replicazione virale HIV: gli analoghi nucleotidici e non nucleotidici che agiscono come terminatori di catena nella trascrizione inversa dell'RNA infettante in DNA intermedio di replicazione; gli inibitori delle proteasi che bloccano la maturazione delle proteine virali precursori in proteine virali funzionali; gli inibitori dell'ingresso virale che impediscono la penetrazione del virus nelle cel-lule bersaglio [10] . Il loro costo non è alla portata dei Paesi in corso di sviluppo, soprattutto per l'esigenza di usarli in combinazione. E la loro efficacia è stata verificata soltanto sui ceppi B, prevalenti nei Paesi occidentali dove sono stati sviluppati. Si continuano a identificare nuove varianti virali e nuovi focolai geografici di varianti virali: questo rende conto di un dinamismo nella variabilità virale di complessità crescente; la ricombinazione fra varianti risulta avere un ruolo sempre maggiore nel generare diversità, specialmente nei punti geografici "caldi" dove le diverse forme genetiche si incontrano. Anche la superinfezione è importante nella diversificazione e nella propagazione delle varianti. Oggi si riconosce lo sviluppo di diversità virale e di progenie locali a partire dai punti geografici in cui sono stati introdotti i mutanti in nuove popolazioni. La definizione delle caratteristiche di queste varianti e la comprensione di come queste si generino in risposta alla reattività immune e/o alla terapia antivirale è importante per lo sviluppo di vaccini. Siamo agli inizi della comprensione, tramite la epidemiologia molecolare, delle implicazioni della diversità globale dell'HIV [11] [12] [13] . Questa enorme variabilità resta nel terzo decennio di sviluppo dell'infezione una sfida per la determinazione della carica virale nelle aree dove il virus è più diversificato, per l'analisi della resistenza farmacologica e per lo sviluppo di vaccini [14, 15] . Anche il volto della malattia è cambiato: sono presenti grandi focolai epidemici in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove la trasmissione è prevalentemente eterosessuale, ma rilevanti focolai di infezione sono presenti anche nei Paesi più industrializzati, dove sono colpiti i più svantaggiati. Il quadro è attualmente definito dai seguenti numeri [16] : 28 milioni di morti per AIDS, più di 40-45 milioni di infetti, 14 milioni di orfani. Prima causa di malattia e morte al mondo fra i soggetti di età compresa fra i 15-59 anni. Solo nel 2003 si calcolano 3 milioni di morti, 5 milioni di nuovi infetti di cui 800000 bambini. Più del 90% delle persone infette vivono nei Paesi in via di sviluppo, dove le poche risorse vanno a sostegno della sopravvivenza, non della diagnosi o della terapia e tanto meno della prevenzione dell'infezione. Soltanto nell'Africa Sub-Sahariana, al 2003 si stimano più di 26 milioni di persone infette, con 3,2 milioni di nuovi infetti, per via eterosessuale; l'AIDS qui rappresenta più del 60% di tutte le cause di morte, e ha ridotto alla metà l'aspettativa di vita; qui senza trattamento farmacologico i pazienti in AIDS muoiono nel 100% dei casi, con un tempo di sopravvvenza spesso inferiore a un anno; si calcola che 4,1 milioni di pazienti nell'Africa sub-Sahariana abbiano bisogno di trattamento, ma che solo il 2% di essi ne abbia accesso; e che qualora l'accesso al trattamento antivirale fosse dispo-nibile, la sua efficacia potrebbe essere compromessa dallo stile di vita, dalle limitate conoscenze e dallo scarso rapporto fiduciario medico-paziente come dimostrato in altri Paesi in via di sviluppo [17] . Il 70% dei soggetti HIV-positivi di tutto il mondo vive nell'Africa Sub-Sahariana, nonostante questa contenga solo l'11% della popolazione globale. Ne consegue che è necessario aumentare drasticamente la capacità di prevenzione, di trattamento e di cura per ridurre il danno che l'HIV/AIDS procura in questa parte del mondo. I primi segni di impatto positivo ci sono nelle zone urbane dell'Uganda, dove la prevalenza dell'infezione di HIV neonatale è declinata progressivamente nell'ultimo decennio dal 25-30% del 1991 al 15% del 1996, all'11% del 2000 [18, 19] . Per il quarto decennio dell'infezione, che terminerà nel 2010, la proiezione è di 50-75 milioni di infetti [20] nonostante le conoscenze sviluppate, nonostante la terapia, capace di rallentare efficacemente, quando disponibile, la progressione di malattia verso l'exitus, nonostante i tentativi di sviluppare vaccini innovativi. L'AIDS colpisce i giovani nella loro vita produttiva e ne dimezza l'aspettativa di vita: questo ha e avrà ripercussioni gravi sull'economia mondiale. Per questo il programma delle Nazioni Unite UNAIDS ha sviluppato un piano dettagliato per limitare il danno della pandemia e provvedere per il trattamento antivirale per 3 milioni di persone infette con HIV nei Paesi in corso di sviluppo, nel 2005 [21] ; l'efficacia di questo programma è in corso di valutazione. In un quadro così tragico si sono sviluppati anche aspetti relativamente positivi che emergono dalla pandemia e si riflettono sui miglioramenti dei Sistemi Sanitari e sulla loro efficacia. Le vittime dell'epidemia e i loro interessi sono molto più presi sul serio di prima sia nelle misure di contenimento dell'infezione che nei trials clinici per la sperimentazione di farmaci (sia nella loro programmazione che nella sperimentazione che nella rendicontazione). La strategia di contenimento e di controllo iniziale della diffusione della pandemia aveva segregato ulteriormente i gruppi a comportamento a rischio e li aveva fatti scomparire dalla rilevabilità per lo stigma associato all'infezione; l'attuale strategia di trattamento include la cooperazione e l'inclusione sociale. Era inizialmente in discussione la frequenza a scuola dei bambini infetti, o il lavoro, particolarmente nella Sanità, di adulti infetti; era inoltre in discussione il prevalere dei diritti alla privacy dei malati nei confronti dei partners non infetti; e il diritto della madre alla riservatezza piuttosto che il diritto del nascituro di essere trattato farmacologicamente per non nascere infetto. Oggi è acquisito che la salute deve essere legata al contesto ambientale, economico e politico. Non era così una volta: la necessità stessa di un costo politico di farmaci salvavita nei Paesi più a rischio e in via di sviluppo ha portato a battaglie legali impegnative dei più svantaggiati contro le industrie farmaceutiche consorziate che sono state costrette a una maggior solidarietà. L'AIDS ha insegnato che le malattie di un Paese possono influenzare la salute e la stabilità globale mondiale. Ha impegnato una vasta parte della comunità scientifica internazionale in molti settori della ricerca, non solo virologica, ma anche immunologica, clinica e molecolare. Ha contribuito allo sviluppo della tecnologia di sviluppo farmaceutico, vaccinale, delle conoscenze della fisiologia e della patologia umana, compresa quella tumorale (i tumori associati ad AIDS: linfomi, sarcomi e carcinomi, sono di natura virale e correlano con il grado di immunocompromissione), delle strategie di trattamento e di prevenzione. Ha insegnato che ampliare il più possibile l'accesso alla diagnosi significa anche far prendere coscienza dell'infezione e contribuire alla prevenzione della diffusione; ampliare il più possibile l'accesso alla terapia significa, da una parte, maggior benessere e maggior produttività sociale, e, dall'altra, minor carica virale e minor rischio di trasmissione orizzontale e verticale. Per i Paesi in via di sviluppo sono attualmente allo studio sistemi semplici di diagnosi e di monitoraggio, mentre si cerca la semplificazione dei regimi terapeutici per ottenere maggior aderenza clinica al trattamento. Si cerca così di migliorare la prevenzione, il trattamento e di affrontare molte delle questioni che portano alla diffusione dell'infezione: la povertà, l'ineguaglianza sociale e lo stigma. Sono nate diverse organizzazioni locali, nazionali e internazionali per contribuire alla lotta all'AIDS, e offrire una risposta globale adeguata alla diffusione globale dell'infezione. L'Unità Operativa complessa di Virologia dell'Università degli Studi di Pisa è responsabile, tra l'altro, della diagnosi e del follow-up molecolare della variabilità genetica dell'HIV indotta dal sistema immunitario e dalla terapia antivirale specifica nell'area geografico/sanitaria di sua competenza, dove i ceppi HIV di tipo B e non-B, sia puri che in forma ricombinante, risultano rilevabili e a diffusione locale. Questa Unità Operativa può insegnare quanto fa localmente e, quindi, contribuire all'avanzamento delle conoscenze là dove c'è bisogno; e, come contropartita, può imparare il tipo di evoluzione molecolare che ci si può attendere localmente studiando i ceppi di HIV di zone evolutivamente avanzate, ad esempio nella Repubblica Centro-Africana, che è parte dell'area geografica iniziale dell'infezione da HIV ed è rimasta un crogiuolo di tutti i ceppi e di molte varianti. A sostegno delle iniziative di una nostra ex-allieva della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa, specialista in Malattie Infettive, che successivamente ha preso i voti come Suora Carmelitana di S. Teresa, si è costituito un gruppo omogeneo, interessato a offrire ai Paesi Africani supporto economico, scientifico, logistico, medico-chirurgico e di laboratorio. Il gruppo si è trasformato in Comitato e, recentemente, con il progredire dell'interesse per l'iniziativa, in ONLUS, denominato: NOI PER L'AFRICA -ONLUS: progetto per la realizzazione di un ospedale a Bossemptélé, nella Repubblica Centrafricana, a 295 km dalla Capitale, Prefettura di Ouham-Pendé (11160 abitanti, circa il 20-25% dei quali HIVpositivo, con aspettativa di vita media ridotta del 50% dalla malnutrizione, dalle malattie infettive e dalle scarse prospettive economiche e sociali), nel terreno (20000 m 2 circa) concesso all'ONLUS dalla missione cattolica delle Suore Carmelitane di S. Teresa che è presente nell'area da circa 40 anni. L'Associazione NOI PER L'AFRICA-ONLUS non ha fini di lucro ed ha lo scopo di promuovere la raccolta di fondi da destinare alla promozione, rea-lizzazione e gestione di strutture, infrastrutture socio-sanitarie, educative e culturali nei Paesi in via di sviluppo, con particolare riferimento ai Paesi del Continente Africano [22] . Il progetto si propone, nell'ambito dell'infezione da HIV i seguenti obiettivi: 1) creare un Centro di screening volontario per l'HIV dove sia possibile eseguire sia la diagnosi di laboratorio che il followup molecolare della variabilità genetica virale, 2) sviluppare le attività di prevenzione della trasmissione dell'HIV dalla madre al bambino, 3) assicurare la prevenzione e il corretto trattamento delle infezioni opportuniste e delle infezioni sessualmente trasmissibili, 4) favorire l'accesso e il monitoraggio del trattamento antiretrovirale. Tutto questo verrà svolto nel rispetto dei protocolli nazionali, che vedono nella lotta all'AIDS l'obiettivo primario, ma che mancano delle risorse essenziali per raggiungerlo. Le degenze pediatriche e il centro nutrizionale, il laboratorio convenzionale e di biologia molecolare, il blocco operatorio con i letti per l'ospedalizzazione dei bambini e degli adulti rappresentano un salto di qualità nei servizi sanitari attualmente esistenti localmente, ai quali possono accedere gli abitanti di Bossemptélé e dei centri limitrofi. Grazie ai contributi di diversi Enti, il Centro è attualmente in fase avanzata di costruzione dell'intero complesso (prevista per il dicembre 2006, circa 1400 m 2 ): si propone di offrire supporto per la diagnosi e il follow-up di varie malattie infettive e di dare accesso al trattamento secondo gli standard Europei sia antivirale HIV che anti-infettivo/parassitario a 5000 persone entro il 2008. Questa iniziativa rappresenta il nostro tentativo di dare una risposta non solo locale a una infezione virale così generalizzata e grave. Nel mondo globalizzato e interconnesso soltanto nell'ultimo decennio diverse infezioni virali si sono avvicendate, competendo con l'HIV per l'attenzione scientifica, medica, economica e sociale e beneficiando delle conoscenze, metodologie di rilevazione, organizzazione sanitaria, sociale ed economica acquisite nella battaglia contro l'AIDS; sono sia nuove identificazioni ( Il virus Sin Nombre, nuovo Hantavirus della Famiglia Bunyiavirideae, causa febbre emorragica, complicazioni renali e polmonite essudativa con altissima mortalità; si trasmette per contatto diretto, senza vettori, da roditori infetti (topo di campagna), per areosol di loro urine/feci. Il nuovo sierotipo, emerso nel 1993, ha interessato, per scarsità di condizioni igieniche, gli indiani Navajo negli Stati Uniti causando ostruzione polmonare di tipo essudativo [23] . Il virus Sabia nuovo Arenavirus della Famiglia delle Arenaviride, è capace di dare infezioni persistenti asintomatiche nei roditori e acute gravi nella specie umana (febbre emorragica e coagulazione intravasale disseminata) che si infetta per scarsa igiene e alterazioni ambientali (sviluppo economico-urbanistico tumultuoso) che portano a contatto umano i roditori nelle zone rurali del Brasile [24] . I virus Hendra e Nipah, strettamente correlati, sono nuovi membri della Famiglia Paramixovirideae, genere Henipavirus. L'Hendra, è stato riconosciuto in Australia nel 1994, in seguito a infezione di 13 cavalli e del loro fantino [25] morti per sindrome respiratoria acuta; è stato isolato in altri focolai fatali equini e umani e successivamente isolato da pipistrelli fruttivori (volpi volanti) non manifestamente malati. La trasmissione fra i cavalli potrebbe essere dovuta al rilascio di virus con le secrezioni nasali e con le urine; non è stata evidenziata trasmissione interumana. Nipah, riconosciuto fra il settembre 1998 e l'aprile 1999 durante una massiccia devastazione di fattorie di maiali in Malesia, si è diffuso a Singapore a causa del trasporto alimentare di maiali infetti (e delle nuove tecnologie industriali di produzione alimentare). Ha causato solo febbre con sintomi respiratori nella maggior parte degli animali, con il 5-15% di mortalità. L'uomo si è infetta-to professionalmente (massima incidenza fra gli allevatori di suini) manifestando sindrome respiratoria e neurologica con coma e morte nel 40% dei casi (105 decessi, 265 persone infette); alcuni soggetti sono recidivati e morti quando erano già in corso di guarigione. Il focolaio epidemico è stato controllato con il blocco delle esportazioni e con il sacrificio di più di un milione di maiali e con un grave danno economico [26] . Data la somiglianza genetica con il virus Hendra è stato cercato e trovato nelle volpi volanti in Australia, Malesia, Bangladesh e Cambogia che sembrano essere il serbatoio naturale dell'infezione. Il virus HHV-8, gamma Herpesvirus, Famiglia Herpesvirideae, è stato identificato molecolarmente nel 1995 come l'agente causale del Sarcoma di Kaposi, un sarcoma già noto da secoli nel Bacino del Mediterraneo e nell'Africa, ma che si è diffuso per via sessuale in maniera epidemica con la pandemia di HIV; di recente è stata riconosciuta la potenziale trasmissione virale con i trapianti [27] . L'agente Prionico, nella nuova variante dell'encefalite spongiforme o variante della malattia di Creutzfeldt-Jacob (v-CJ), associata all'ingestione di carni di bovini affetti da encefalopatia spongiforme bovina (mucca pazza) da parte di soggetti di età media, all'inizio dei sintomi, di 26 anni, con degenerazione neurologica a evoluzione fatale in 14 mesi circa. È un tipico esempio di introduzione nella specie umana, nel 1996, di un nuovo patogeno per alterazioni tecnologiche di produzione industriale animale (vedi Capitolo 6). L'Infuenza aviaria, Ortomixovirus, Famiglia Ortomixovirideae, infetta varie specie di uccelli sia acquatici che terrestri, ha dimostrato frequenti passaggi nell'uomo per salto di specie, dal 1997, con flusso continuo nei due sensi e rischio di pandemia umana reale. Un'altra pandemia influenzale (dopo le documentate pandemie: "spagnola" nel 1918, "asiatica" nel 1957, "Honk Kong" nel 1968, "russa" nel 1977) sembra sempre più inevitabile dal momento che ceppi molto patogeni e capaci di rapida evoluzione molecolare, gli H5N1, si stanno radicando nella popolazione aviaria e circolano insieme, nelle popolazioni asiatiche, a ceppi di influenza umana, creando (nell'uomo, negli uccelli acquatici o nel pollame) le premesse per mutazioni e/o riassortimento genetico virale che può dar luogo a un ceppo altamente diffusibile [28] . Il numero di volatili coinvolti nell'emergenza di focolai di infezione virale è aumentato più di 100 volte : dai 23 milioni di esemplari nel periodo 1959-1998 a più di 200 milioni nel periodo 1999-2005. Focolai epidemici di vaste dimensioni si sono verificati per il superamento virale delle comuni barriere di bio-sicurezza e per l'ingresso del virus proveniente da allevamenti rurali e semi-intensivi in circuiti commerciali del-l'allevamento e del trasporto di animali vivi. Globalmente diverse centinaia di milioni di polli sono morti di infezione o per la prevenzione della diffusione dell'infezione e più di 160 persone sono risultate infette, con più del 50% di mortalità [29] . Il Metapneumovirus, membro della Famiglia Paramixovirideae, strettamente correlato con il pneumovirus aviario, è emerso per le migliorate capacità diagnostiche piuttosto che per aumento di diffusione e/o salto di specie. È stato identificato nel 2001 in Olanda come causa di infezione respiratoria acuta in bambini ospedalizzati. È risultato capace di esacerbare l'asma bronchiale e causare malattia severa in anziani, infanti, immunocompromessi con pneumopatie di base, in Europa, Nord America, Asia, Australia [30] . Il virus SARS-CoV, membro della Famiglia Coronavirideae, genere Coronavirus, causa una zoonosi, per salto di specie, altamente diffusibile che ha interessato l'uomo con una nuova sintomatologia definita da: sintomi respiratori, infiltrati polmonari radiologicamente evidenti e contatto primario o secondario con viaggiatore da un'area coinvolta dall'infezione. Ha interessato il personale ospedaliero (20% delle infezioni) e i membri familiari in stretto contatto, fino ad interessare complessivamente più di 8000 casi in 30 Paesi diversi in 9 mesi (fra il novembre 2002 e luglio 2003) [31] , causando un allarme globale OMS per il tasso di mortalità che è risultato compreso fra il 7-17%, con punte del 50% negli ultrasessantenni specialmente se diabetici e cardiopatici. Ha stranamente interessato relativamente poco i bambini; ha mostrato accelerazioni nella diffusione per contatto diretto in ambienti chiusi ospedalieri, abitativi, in mezzi di trasporto e in luoghi di riunione, attraverso aerosol ambientali e fomiti (lenzuola, coperte, abiti). La sua origine riconosciuta è legata a una o più specie di animali selvatici: civette palmari dell'Himalaya, procioni, furetti, gatti domestici. Può ancora riemergere nei mesi invernali, ritrasmesso dal serbatoio naturale all'uomo e propagarsi nuovamente in ospedali o laboratori. Il virus del vaiolo della scimmia (Monkeypox), malattia delle foreste pluviali dell'Africa centrale e occidentale, è stato causa di morte nell'1-10% degli infetti, soprattutto nei bambini nella Repubblica Congo, da dove il virus è stato identificato nel 1970 e dichiarato eradicato nel 2001. È comparso improvvisamente nei cani della prateria e nell'uomo negli Stati Uniti nel corso del 2003, si presume in seguito all'importazione di 800 piccoli mammiferi domestici roditori originari del Ghana: scoiattoli, porcospini, ratti giganti, varietà di topi [32] . I Filovirus Marburg ed Ebola (dei due l'ultimo è il più frequentemente riemerso) sono diffusibili per contatto diretto, tramite fluidi biologici ed aerosol sia da carcasse di primati non umani che per trasmissione interumana (sia in ambienti rurali che ospedalieri); sono rapidamente fatali, nel 50-100% dei casi per febbre emorragica, così da estinguere il focolaio di infezione per esaurimento di nuovi casi di trasmissione. Diversi focolai epidemici d'infezione (dodici focolai) sono stati documentati nell'Africa sub-Sahariana, ma anche in Europa (in Germania nel 1967, quando fu isolato per la prima volta, negli Stati Uniti, nel 1989, in Italia nel 1992); il rischio di riemergenza è continuo [33] . Il virus Toscana, Phlebovirus della Famiglia Bunyiavirideae, identificato nel 1971 In Italia, nella Regione Toscana, dove causa più del 50% dei casi di meningite-meningoencefalite nella provincia di Siena (più frequentemente ad andamento benigno), in zone collinari infestate da flebotomi vettori è attualmente in espansione territoriale in tutto il bacino del Mediterraneo [34] . Il virus West Nile, genere Flavivirus della famiglia Flavivirideae, riconosciuto nel 1997 in Israele, è comparso nel 1999 a New York trasportato da uccelli nelle loro rotte migratorie; è risultato disseminato localmente dalle zanzare, dai cavalli, da altri mammiferi e dall'uomo. Si è diffuso molto rapidamente in Africa, Medio Oriente, Romania, Russia, nelle Americhe, in Canada, nel Messico. Nel solo 2002, negli Stati Uniti si sono registrati 4100 nuovi casi, 3000 (73%) dei quali neuroinvasivi, con 284 morti. È risultato trasmesso nei Paesi occidentali oltre che dalle zanzare anche con l'allattamento, le trasfusioni e i trapianti d'organo [35] . La malattia umana è caratterizzata da una malattia leggera, autolimitante simile al Dengue. Inizia come febbre e mialgia; in una modesta percentuale di pazienti, soprattutto anziani e immunocompromessi, progredisce in una forma più severa con coinvolgimento del SNC: encefalite e meningite. Il tasso di mortalità è risultato intorno al 10%, ma i sopravvissuti dimostrano alterazioni neurologiche permanenti. Il virus Dengue, genere Flavivirus della Famiglia delle Flavivirideae, causa un'infezione che può essere asintomatica, severa o fatale per sindrome emorragica e shock; è trasmesso da zanzare, con una diffusione paragonabile a quella della Malaria, presente endemicamente in Africa, nelle Americhe, nel Medio Oriente, in Asia, nella costa del Pacifico Occidentale. Si calcola che infetti 50 milioni di nuovi soggetti annualmente [35] e che 2,5 miliardi di persone vivano in aree a rischio di trasmissione epidemica; in Italia si riscontrano 40-80 casi annui di Dengue in soggetti che hanno viaggiato nelle zone endemiche. Il virus Chikungunya, Alphavirus della Famiglia Togavirideae, si trasmette tramite zanzare; causa artropatia virale; è una malattia tipicamente tropicale che in molte zone del Pianeta convive con il Dengue. Nota da numerosi decenni in Africa tropicale e Asia sud-orientale è divenuta recentemente endemica anche nei Paesi e nelle isole dell'Oceano Indiano (India, Malaysia, La Reunion, Madagascar, Indonesia, Mauritius, Mayotte, Seychelles, Comore) e successivamente è comparsa in maniera sporadica in Europa (anche in Italia) in pazienti che hanno viaggiato nei Paesi nei quali l'infezione è endemica. Ha causato allarme OMS nel marzo 2005 quando ha interessato in maniera massiccia l'isola di La Reunion (200000 persone sospette di infezione, 3115 casi sintomatici, fra cui 31 medici sentinella presenti nel Paese) poichè oltre all'artropatia sono comparsi disordini neurologici, decessi, infezioni congenite e casi di sospetta trasmissione via trasfusione [37] . Cambiamenti ecologici, aumento dei viaggi e della temperatura globale sono alla base dell'aumento della diffusione e della prevalenza di insetti vettori di infezioni virali da Phlebovirus, Flavivirus ed Alfavirus, che possono sviluppare pandemie in una popolazione globale suscettibile di infezione. Il virus HBoV, nuovo membro del Genere Bocavirus, Famiglia delle Parvovirideae, è stato descritto in infezioni respiratorie gravi dell'infanzia in Svezia nel 2005 [38] e successivamente in Australia, Giappone, Sud Corea, Sud Africa, in Europa (Francia) e in Giordania, in associazione con altre infezioni respiratorie umane. La sua organizzazione genomica e la sua sequenza nucleotidica indica alta omologia con il parvovirus bovino e canino 1. La presenza del virus e di numerose varianti in aree non contigue indica una diffusione precedente alla sua identificazione. Vecchi e nuovi agenti virali contribuiscono al quadro già complesso della medicina globalizzata; le lezioni che la pandemia di HIV avrà saputo impartire saranno preziose per identificarli, monitorarli, trattarli con nuovi antivirali specifici, possibilmente prevenirli con vaccini innovativi. Non sembra che lo sviluppo scientifico e tecnologico da solo sarà in grado di debellare vecchie e nuove potenziali pandemie; sarà inevitabile che l'uomo si confronti comunque con molte delle condizioni, note da tempo [39] , che contribuiscono alla diffusione delle infezioni virali e che sono stati chiamate "Traguardi di Sviluppo per il Millennio" (Millennium Development Goals) che includono per tutti: risorse economiche adeguate, educazione avanzata, uguaglianza fra i sessi, mancanza di carestie e di deterioramento dell'ambiente, acqua sana e accessibile. Questi traguardi sono stati definiti fino al 2015, per ciascun'area del Globo e sono da monitorare perché avanzi lo sviluppo e la povertà sia ridotta in tutto il mondo; perché migliorino i Sistemi Sanitari Nazionali ed Internazionali di intervento contro le infezioni, perché i sistemi di vigilanza, rilevazione e comunicazione in tempo reale siano sempre più efficienti nel trasferire informazioni preziose e condivisibili alle persone a rischio, con il necessario contributo interdisciplinare clinico, igenistico, veterinario e di ricerca scientifica e applicativa. World Health Report 2003 -Shaping the Future. Geneva: World Health Organization AIDS as a zoonosis: scientific and public health implications The discovery of HIV as the cause of AIDS An African HIV-1 sequence from 1959 and implications for the origin of the epidemic Prevalence of drugresistant HIV-1 variants in untreated individuals in Europe: implications for clinical management Viral dynamics in human immunodeficiency virus type 1 infection Pathogenesis of HIV infection: what the virus spares is as important as what it destroys Immune control of HIV: the obstacles of HLA and viral diversity Apoptosis of uninfected cells induced by HIV envelope glycoproteins Antiviral drug discovery and development: where chemistry meets with biomedicine Replicative homeostasis: a fundamental mechanism mediating selective viral replication and escape mutation Replicative homeostasis II: influence of polymerase fidelity on RNA virus quasispecies biology: implications for immune recognition, viral autoimmunity and other "virus receptor" diseases HIV Drug-resistant Strains as Epidemiologic Sentinels Emerging Infectious Diseases Molecular epidemiology of HIV-1 variants in the global AIDS pandemic: an update Density-dependent decay in HIV-1 dynamics 3°IAS Conference on AIDS Pathogenesis and Treatment Adherence to antiretroviral therapy: a qualitative study with physicians from Rio de Janeiro, Brazil The spread of HIV-1 in Africa: Sexual contact patterns and the predicted demographic impact of AIDS The Next Wave of HIV/AIDS The World Health Organization strategy (2003) The WHO and UNAIDS global initiative to provide antiretroviral therapy to 3 million people with HIV/AIDS by the end of Hantavirus pulmonary syndrome: a zebra worth knowing A morbillivirus that caused fatal disease in horses and humans Nipah virus outbreak in Malaysia Post-transplant Kaposi sarcoma originates from the seeding of donor-derived progenitors Are we ready for pandemic influenza? Writing Committee of the World Health Organization (WHO) Consultation on Human Influenza A/H5. Avian influenza A (H5N1) infection in humans A newly discovered human pneumovirus isolated from young children with respiratory tract disease Cumulative number of reported cases of severe acute respiratory syndrome (SARS) Geneva The detection of monkeypox in humans in the western hemisphere Ebola Virus Antibody Prevalence in Dogs and Human Risk Transmission of West Nile virus from an organ donor to four transplant recipients Epidemic dengue/dengue hemorrhagic fever as a public health, social, and economic problem in the 21st century Chikungunya virus: its recent spread to the southern Indian Ocean and Reunion Island Cloning of a human parvovirus by molecular screening of respiratory tract samples Lederberg J (eds) for the Committee on Emerging Microbial Threats to Health in the 21st Century, Board on Global Health, Institute of Medicine (2003) Microbial Threats to Health: Emergence, Detection, and Response