10 Fattori 2 Number 13 - Year VIII / July 2019 pp. 143-152 The Production of Meaning by Means of Things. We live surrounded by things. Objects that are imagined, designed, built by us to achieve our weakness and inadequacy to survive with only our strenght and body. We build prosthesis to increase our strenght and things to ensure comfort in our daily life. Objects communicate with us, and beetwen them, and crystallize inside them the meanings we give them. .Some of major scholars have studied the relations between things and us: Georg Simmel, Walter Benjamin, Arnold Gehlen, Jean Baudrillard Roland Barthes, Louis Bolke, Abraham Moles, Jan Mukařovský too. This essays aims at exploring the above mentioned issues. Abstract Keywords Goods | Meaning | Reproducibility | Metropolis| Simulacrum Authors Adolfo Fattori adolfofattori@libero.it Design della comunicazione | Accademia di Belle Arti di Napoli Produzione di senso a mezzo di oggetti. Cristallizzazioni dell’umano www.imagojournal.it Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 144 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. Dato che ogni strumento possiede un’utilità, ogni uso di strumenti « connota », vale a dire che esso preusppone un modo connotativo di concepire l’operazione che si esegue. Luis J. Prieto (1976) Forse, indispettito di essere alienato dall’osservazione, l’oggetto ci inganna? Forse inventa delle risposte originali, e non solo quelle che gli vengono sollecitate? […] Questa astuzia vittoriosa si coglie molto bene nelle scienze umane… Jean Baudrillard (1984) Sembra che negli ultimi anni la riflessione sul rapporto che abbiamo – noi umani – con gli oggetti progettati e realizzati da noi stessi – gli artefatti, i manufatti – si sia trasferito dalle mani, per così dire, della sociologia e dell’antropologia in quelle della filosofia, di una sua versione contemporanea e, forse, più estrema: quella che teorizza di flat ontologies (Bryant, 2011: 261-) o si inquadra nei critical life studies (Colebrook C. e Weinstein J. 2017). Esplicita, da questo punto di vista, è la rivendicazione dell’interesse della filosofia per il regno del non-umano, interesse legato alla svolta speculativa (speculative turn) avvenuta negli ultimi anni, e che ha concentrato la sua attenzione sugli oggetti e il loro statuto. Nell’introduzione al volume The Speculative Turn i curatori, chiamando in causa Bruno Latour, affermano: While still read more widely in the social sciences than in philosophy, Latour has onetheless been an important figure in the recent Speculative Turn. Against all forms of reduction to physical objects, cultural structures, systems of power, texts, discourses, or phenomena in consciousness, Latour argues for an ‘irreductionism’ in which all entities are equally real (though not equally strong) insofar as they act on other entities. While nonhuman actors such as germs, weather patterns, atoms, and mountains obviously relate to the world around them, the same is true of Harry Potter, the Virgin Mary, democracies, and hallucinations. The incorporeal and corporeal realms are equally capable of having effects on the world (Bryant, Srnicek and Harman, 2011: 6). Come si legge nel testo che riporto qui sopra – è un’implicazione addirittura scontata – il reame del non-umano comprende tutto ciò che ci circonda, che sia di produzione umana o meno. Chiamando in causa anche l’italiano Mario Perniola e il suo Il sex-appeal dell’inorganico (1994), come fa l’americana Jane Bennett, che scriveva Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 145 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. qualche anno fa, anticipando alcune implicazioni estreme delle analisi contenute in The Speculative Turn, … a life draws attention not to a lifeworld of human designs or their accidental, accumulated effects, but to an interstitial field of nonpersonal, ahuman forces, bows, tendencies, and trajectories. The project, then, is to theorize a kind of geoaffect or material vitality, a theory born of a methodological commitment to avoid anthropocentrism and biocentrism-or perhaps it is more accurate to say that it is born of an irrational love of matter. Here another «prodigious idea» comes to mind: Mario Perniola's «the sex appeal of the inorganic» (2010 : 61). Senz’altro affascinante e potenzialmente fruttifera (Fattori, 2018), come prospettiva, quella del supermanento definitivo dell’antropocentrismo attraverso il riconoscimento agli oggetti di uno statuto paritario – anche se in alcuni casi del tutto alieno – a quello dell’umano, ma estremamente rischiosa, per la deriva verso la metafisica che implica: in fondo, le culture arcaiche, feticiste e/o animiste, attribuivano all’intero contenuto del cosmo qualità viventi, senzienti. E la metafisica, con gli entusiasmi irrazionalistici che implica almeno sotto certi aspetti, può anche essere considerata come la versione moderna, laicizzata del pensiero sacro, soprannaturale… Bisogna, forse, che la sociologia torni ad occuparsi di questa materia, gli oggetti inanimati, in particolare le produzioni umane – sorvolando sulla circostanza che in realtà la stessa filosofia (come la sociologia, peraltro…) è un prodotto umano, quanto lo è il punto di vista da cui guardiamo alle cose, anche a quelle esistenti a prescindere da noi. E uno spunto ce lo dà, come osservato sopra, la stessa Bennett, citando Perniola, visto che il filosofo piemontese a sua volta usa come titolo del suo libro una frase di Walter Benjamin, pilastro della sociologia del Novecento e uno degli autori esplorati, insieme a Georg Simmel, Arnold Gehlen, Jean Baudrillard, in I cristalli della società (2019) del sociologo Antonio Tramontana. Benjamin usa la locuzione ‘’il sex-appeal dell’inorganico’’ (Benjamin, 2002: 11) riferendosi alla moda e alle sue ritualità, alla sua necessità di ritualità, come medium necessario perché gli oggetti, materia morta in quanto merci, acquistino vita (Tramontana, 2019: 95) e si rendano disponibili, nella loro natura di feticci, all’adorazione delle masse, ai rituali collettivi della vita quotidiana della metropoli e della società di massa (Tramontana, 2019: 94). A partire proprio dalle riflessioni di Walter Benjamin, il saggio di Tramontana riporta, per così dire, il tema sulla terra, strappandolo alle lusinghe della metafisica, dei ragionamenti portati all’estremo, e riparte da un punto di vista rigorosamente sociologico: la definizione del mondo in cui viviamo è il frutto della percezione, osservazione e riflessione su di esso che noi umani articoliamo. E poiché gli oggetti da cui siamo circondati sono nostri prodotti, l’idea che ne abbiamo è un costrutto sociale, Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 146 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. come è un costrutto sociale il senso che ci trasmettono, il dialogo che si instaura fra noi e loro.1 Tramontana, a differenza dei filosofi rihiamati più sopra, circoscrive il campo di indagine agli oggetti – materiali e immateriali – più specificamente prodotti dagli uomini, facendo riferimento a tre o quattro elementi fondamentali, tipici luoghi della riflessione sociologica: la metropoli, la merce, il consumo, la produzione di senso – che peraltro sono, seppur in misura e con sguardi diversi, i nuclei da cui si è sviluppata l’analisi di tutti e quattro gli autori su cui si concentra il suo lavoro. In realtà, artefatti e umano sono inestricabili e indivisibili gli uni dall’altro. Sono ciò che chiamiamo ‘’cultura’’ – materiale e immateriale: sono il risultato di quel processo di ‘’ominazione’’ che è indistinguibile dall’umano perché legato alla sua stessa sopravvivenza. Noi umani, come ricorda Tramontana citando l’anatomista olandese Louis Bolk (Tramontana, 2019: 119-120), siamo per natura inadatti a sopravvivere con i nostri soli mezzi: è come se fossimo rimasti – a paragone degli altri viventi – allo stato embrionale, con organi privi delle specializzazioni necessarie ad affrontare il mondo esterno, ‘’… il feto di un primate giunto alla maturità sessuale’’ (Bolk, 2006: 53). La nostra stessa esistenza è il frutto, alla fin fine, di un ‘’errore evolutivo’’, quello che ci ha portati ad essere dotati, unici fra le specie viventi, di autocoscienza – e quindi di memoria e di immaginazione. Capaci, cioè, di riflettere oltre che su noi stessi, sul mondo circostante e sulle eventuali soluzioni da adottare per risolvere le difficoltà connesse alla sopravvivenza. E di costruirci un mondo ‘’a misura d’uomo’’ (Hughes, 2006). Cosa che facciamo, sin dall’alba della nostra esistenza come specie, progettando e costruendo protesi che potenzino le nostre capacità e possibilità, dal procacciarci il cibo e proteggere i nostri corpi al realizzare (con alcune di quelle stesse protesi) oggetti che soddisfino bisogni più elusivi e indefiniti, quelli che abbiamo imparato a definire ‘’estetici’’ – come con una magistrale capacità sintetica ci mostra Stanley Kubrick nella straordinaria sequenza del film 2001 Odissea nello spazio (1968) in cui con uno vertiginoso ‘’stacco’’ di montaggio si passa dall’inquadratura dello scimmione che solleva un osso per usarlo come clava ad una astronave che fluttua nello spazio – dalle opere d’arte a tutto ciò che ci circonda nella vita quotidiana. È Walter Benjamin che ‘’inaugura’’ l’attenzione per gli oggetti – per i ‘’piccoli oggetti’’ della quotidianità – come racconta il suo amico Gersholm Scholem, una passione che si spinge fino alla sua stessa minuscola scrittura (Tramontana, 2019: 76), apparentandolo ad uno dei suoi grandi contemporanei, lo svizzero Robert Walser con i suoi ‘’microgrammi’’ (Fattori, 2013: 21), e facendo da radice per le sue riflessioni sul rapporto fra gli oggetti – merci, certo, ma anche attributi della nostra identità, se vogliamo – spazi metropolitani, e abitanti di quel nuovo continuum spazio/temporale che è la metropoli stessa. 1 Naturalmente da questo discorso sono esclusi gli oggetti del mondo naturale – su cui, peraltro, noi umani costruiamo teorie, che a loro volta sono oggetti, immateriali, sì, ma comunque di produzione umana. Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 147 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. Benjamin sceglie per sviluppare le sue considerazioni sul rapporto fra uomini e cose i passages parigini, quei camminamenti coperti che congiungevano strade parallele correndo sotto gli edifici, e che diventano nella metropoli i luoghi di esposizione e vendita delle merci più disparate al pubblico metropolitano, replica in piccolo, ma senza scadenza delle grandi Esposizioni universali, le poderose manifestazioni della grandezza della modernità, della fabbrica, della produzione, del consumo (Benjamin, 2002) – e dello sfruttamento feroce, anche dei propri familiari, come ci mostra Louis- Ferdinand Céline nel suo Morte a credito (2010), uno dei suoi romanzi più ‘’maledetti’’, pubblicato nel 1936 e a lungo censurato e ignorato (Fattori, 2011). Gli oggetti non solo comunicano con noi umani, intrecciando i fili che conducono la nostra vita quotidiana, ma interagiscono fra loro, organizzandosi in configurazioni articolate e coerenti, creando sistemi di rappresentazione dell’immagine che abbiamo della realtà che ci circonda e di noi stessi. Fanno da specchio della nostra condizione, e del rapporto che abbiamo col sociale. E, nella modernità, ne organizzano la dimensione mitica attraverso la ripetizione di se stessi: ‘’Se «l’essenza dell’accadere mitico è la ripetizione »2, allora quello della modernità è un tempo che si richiude, una storia cioè senza possibilità di accadimento realmente nuovo’’ (Tramontana, 2019: 96). È, in ultima analisi, la riproducibilità tecnica dell’oggetto quello che ne assicura la natura ripetitiva, quindi il rimando alla ciclicità delle cose, degli eventi, delle vite… e immerge le soggettività del Novecento – degli umani della società di massa – nella dimensione del Mito. D’altra parte, gli stessi poli – la metropoli da un lato, gli oggetti dall’altro, la società nella sua complessità – sono i cardini della riflessione di un altro gigante della sociologia novecentesca, Georg Simmel, che si concentra proprio sull’interazione degli oggetti con noi. ‘’La società – scrive Tramontana introducendo il pensiero di Simmel – è il risultato di contenuti che si relazionano reciprocamente’’, e gli oggetti sono ‘’forme’’ (sociali) che regolano le ragioni per cui li utlizziamo (Tramontana, 2019: 45- 46), laddove si mescolano e si integrano motivi funzionali e motivi estetici. Un esempio in particolare, proposto dal sociologo tedesco, è paradigmatico, e viene sviluppato nello scritto L’ansa del vaso (Simmel, 2007: 11-17). Scrive Antonio Tramontana commentando il saggio : Un vaso contiene dentro di sé tutta la ricchezza delle sfere in cui può essere collocato. Esso oscilla tra la possibilità di essere considerato un’opera d’arte e la più consueta collocazione nella vita quotidiana. Prese nella loro estremizzazione queste due sfere, completamente diverse tra loro, si compenetrano in un solo oggetto: il vaso. La forma del vaso, infatti, trova la sua ragione d’essere nel prendere parte alla vita pratica, e il fatto di essere maneggiato, spostato, riempito o svuotato, lo rende un oggetto che, pur considerandolo come un’opera d’arte, sfugge dalla “separazione insulare” rispetto alla vita quotidiana. Tale compenetrazione rende il vaso una forma 2 Qui Tramontana cita Benjamin, 2002: 129. Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 148 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. capace di contenere la ricchezza delle sfere dell’umano (Tramontana, 2019: 56). La sostanza della questione posta da Georg Simmel è nel mettere in rilievo la doppia natura degli oggetti, anche di quelli più banalmente inseriti nella vita quotidiana: l’essere il risultato di una ricerca funzionale, tesa a perseguire il potenziamento (o la sostituzione, o l’agevolazione, come si esprime Arnold Gehlen) di un gesto umano volto a soddisfare una necessità prosaica, ma contemporaneamente l’essere il frutto di un bisogno estetico. L’attenzione alla dimensione estetica intrinseca alla realizzazione degli oggetti è analoga al rapporto che intercorre fra gli uomini, una socievolezza (Tramontana, 2019: 53) di base, profonda, che secondo Simmel è parte integrante della natura umana, e che credo possa essere rimandata all’altruismo di fondo che Simmel (2011), ragionando sull’amore considera un tratto essenziale della condizione umana. Anzi, proprio ragionando sul tema, il sociologo scrive: Mi sembra di estrema importanza riconoscere nell’amore una funzione immanente, sarei per dire formale, della vita psichica, che pur essendo anch’essa certamente resa attuale da uno stimolo proveniente dal mondo, non determina nulla in anticipo circa la fonte di questo stimolo. Qesto sentimento è collegato con l’unità complessiva della vita più radicalmente di molti, forse della maggior parte degli altri […] Anche quando diciamo di «amare» un oggetto inanimato, invece di definirlo utile, piacevole o bello ci riferiamo a una forte impressione centrale, ci riferiamo a una forte impressione centrale […] che esso produce in noi…3 (Simmel, 2007: 18-19). Il tema dell’intreccio fra strumentalità ed estetica ha percorso – nella ideazione e fabbricazione degli oggetti di uso quotidiano – tutto il percorso della modernità, a partire almeno dalla nascita del fordismo fino ai giorni nostri, mettendo in tensione due traiettorie diverse, ambedue tese a perseguire quella sintesi che Simmel individua nel vaso del suo scritto: quella “triviale”, “concreta” dell’artigianato artistico e quella “colta” – ed “astratta”4 – del design industriale. In un testo ormai classico il ceco Jan Mukařovský, premettendo come nel suo occuparsi di oggetti di uso comune l’artigianato abbia sempre fatto attenzione alla dimensione estetica, ricorda come con “artigianato artistico” si debba indicare un fenomeno che si colloca fra XIX e XX secolo e come, col suo avvento si approdi … a un rapporto diverso dal semplice e placido parallelismo5 di un tempo: l’artigianato tenta di superare i propri confini, di trasformarsi in arte. Dal punto di vista dell’artigianato, ciò fu un tentativo di salvare la produzione 3 Corsivi miei. 4 Qui faccio riferimento alla distinzione che Karl Marx fa fra lavoro astratto e lavoro concreto. 5 Parallelismo fra arte e artigianato. Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 149 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. manuale, che andava perdendo di significato pratico in concorrenza colla produzione di fabbrica […] L’artigianato, per il quale i materiali sono un fattore essenziale… doveva aiutare l’arte a sfruttare parimenti le possibilità offerte dal materiale. (Ma) appena entrò nella sfera dell’arte e cominciò a tendere alla produzione di esemplari unici con prevalente funzione estetica, l’artigianato perse la propria funzione pratica… Si videro persino bicchieri in cui era difficile bere e così via (Mukařovský, 1973: 15). L’elemento notevole di questo brano non è tanto nel riferimento all’arte, quanto in quello alla “produzione di fabbrica”: siamo nella fase in cui l’industria comincia a preoccuparsi della necessità di proporre oggetti frutto di una ricerca estetica, oltre che utilitaria: siamo all’alba della nascita del design (e dell’avventura delle “avanguardie storiche”, fra l’altro, il cui intreccio con le vicende della produzione di massa è essenziale, per comprendere le dinamiche dei consumi culturali e non del Novecento… [Balzola – Monteverdi, 2004])6 e quindi dell’alleanza definitiva fra ricerca estetica e produzione in serie – compresa la sua deriva più triviale, il Kitsch, vale a dire … uno stile che fa sentire l’assenza di ogni stile; corrisponde ad una funzione della comodità che è stata aggiunta senza alcuna necessità alle funzioni tradizionali dell’oggetto7 […] Mercanzia scadente, prodotto di rifiuto dell’arte, che si accumula perché ormai i prodotti della società vengono offerti nei grandi magazzini che insieme alle stazioni ferroviarie degenerano in veri templi del Kitsch (Moles, 1979: 27). All’altro capo di questa dinamica c’è il design, il frutto della riflessione “colta” sul rapporto fra produzione e consumo, della ricerca sull’intreccio fra funzionalità ed eleganza degli oggetti e degli ambienti. Su questa tensione riflette Jean Baudrillard nella sua ricerca sulla relazione fra scambio simbolico e scambio economico, sulla merce, la comunicazione, il vero e proprio “sistema” di segni che l’universo degli oggetti trasmette ai suoi creatori ed utilizzatori. Baudrillard, come “l’angelo della storia” benjaminiano, che Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi […] una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle 6 E non è un caso che Mukařovský citi, nelle stesse pagine, il conterraneo Adolf Loos, il fondatore del razionalismo in architettura. 7 Corsivo mio. Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 150 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta8 (Benjamin, 1976: 76-77), può guardare alla storia della società di massa e dei consumi a posteriori rispetto agli altri studiosi, in particolare proprio a Benjamin, e – da grande “apocalittico” qual è – dare rilievo alle derive dell’ideologia del modernismo e del progresso, mettendo l’accento sullo slittamento progressivo e catastrofico, apocalittico, appunto9 della società occidentale, in una vertigine in cui, attraversati tutti gli ordini di simulacri – dall’automa (la contraffazione), attraverso il robot (la produzione), fino al modello (il codice digitale) – progressivamente la realtà si sia nascosta dietro la simulazione, dietro la sua mimesi ispirata ad un modello di sintesi, quello sussunto alla “supremazia del codice” informatico. Una iperrealtà “più reale del reale”, fatta di significanti del tutto emancipati dall’obbligo del legame con un senso preciso, che proiettano la “fantasmagoria della merce” di cui scriveva Walter Benjamin verso nuovi luoghi, quelli della fantasmagoria del codice. Così il nostro legame con gli oggetti si ribalta definitivamente: libere di combinarsi fra loro secondo configurazioni proprie, “giocano” con noi, ci mettono “sotto scacco”, rivelano un “genio” beffardo e dispettoso che rende la realtà fungibile, magmatica, incerta. Per questo il francese, dopo aver ragionato su Kitsch e design si concentra sulla moda, rendendo omaggio a Roland Barthes e alla sua monumentale ricerca sulle riviste francesi di moda (1970), mettendo a fuoco il suo essere l’idealtipo di codice contemporaneo: un sistema di segni in cui il rapporto fra significante e significato non ha più nessuna stabilità e certezza, ma si ricombina continuamente, elevando all’esponente la capacità degli oggetti di produrre sensi. In questo senso, forse, l’icona – con tutto il carico simbolico che contiene – più potente dei nostri tempi è la stampante 3D: lo strumento della riproducibilità illimitata di qualsiasi oggetto sulla base di un modello astratto, e delle sue varianti combinatorie. A questo forse, nonostante tutto (il mutamento sociale è articolato e contraddittorio), si contrappone – in una dialettica fruttuosa a creativa – la nostra propensione a rappresentarci attraverso gli oggetti di cui ci circondiamo, che “parlano di noi”, come nella ricerca condotta qualche anno fa dall’antropologo inglese Daniel Miller visitando un certo numero di abitazioni londinesi e intervistandone gli inquilini (2014; Fattori, 2014). Tutte le persone intervistate da Miller mostrano come gli oggetti di cui sono circondate, ciò che dà forma al loro ambiente personale, sono il frutto di una scelta, più o meno consapevole, al di là della dimensione di comfort che viene perseguito, che performa la loro identità, l’idea che hanno di se stesse: attributi, prolungamenti, espressioni simboliche del proprio Sé, in un processo di riappropriazione che se da un 8 Corsivo mio. 9 Nel suo senso etimologico: cfr. Maffesoli, 2009. Number 13 – Year VIII / July 2019 www.imagojournal.it imagojournal.it 151 Adolfo Fattori Produzione di senso a mezzo di oggetti. lato ha lo scopo di adeguare l’ambiente ai nostri bisogni, dall’altro esprime le nostre, singole, soggettività. Bibliografia Barthes R. (1970), Sistema della moda, Einaudi, Torino. Baudrillard J. (1984), Le strategie fatali, Feltrinelli, Milano. Balzola A. – Monteverdi A.M. (2004), Le arti multimediali digitali, Garzanti, Milano. Benjamin W. (2002), I ‘’passages’’ di Parigi, Einaudi, Torino. Bennett J. (2010), Vibrant Matter : A Political Echology of Things, Duke University Press Durham and London. Bolk L. (2006), Il problema dell’ominazione, Derive/Approdi, Roma. Bryant L. (2011), The Ontic Principle: Outline of an Object-Oriented Ontology, in Bryant, Srnicek and Harman (ed.), The Speculative Turn: Continental Materialism and Realism, re.press Melbourne, Australia. Céline L.-F. (2010), Morte a credito, Garzanti, Milano. Colebrook C. e Weinstein J. (ed.) 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