8_Nicolosi_paper_quasi def www.imagojournal.it Migration as a symbolic ressource for political storytelling. Emergency imaginary, hate-speech and media in Italy. The article has a twofold purpose: firstly, it highlights how the theme of migration declined in terms of emergency has become a social imaginary, that is a fundamental symbolic resource for the storytelling that fuels the political communication of Italian parties. It shows that this interpretation represents a primary cultural framework creating a climate of "moral panic". Such a climate has justified very restrictive and deadly actions and policies. Secondly, the article aims to show that the stratification of these policies has finally consolidated a mass structural violence sustained and legitimized by two closely related forms of immaterial violence: symbolic violence and cultural violence. Abstract Keywords Emergency | Imaginary | Hate | Moral panic | Violence Authors Guido Nicolosi gnicolos@unict.it Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali | Università di Catania La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico. Immaginario emergenziale, discorsi d’odio e media in Italia Number 14 - Year VIII / December 2019 pp. 101-123 Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 102 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico 1. Introduzione Questo articolo presenta una riflessione ancorata a diverse evidenze raccolte nell’ambito di tre ricerche empiriche condotte dall’autore negli ultimi 15 anni. Queste evidenze confermano e specificano quelle raccolte da un’importante letteratura che è stata prodotta in Italia in ambito sociologico sul tema del rapporto tra media e migrazioni. La prima ricerca (2005) ha analizzato con un approccio metodologico misto quali- quantitativo sui testi la rappresentazione del fenomeno migratorio nella stampa locale, in comparazione con la stampa nazionale. La seconda (2014) è stata condotta all’indomani dei tragici eventi di Lampedusa del 3 ottobre 2013 ed è stata pubblicata in Francia nel 2015 sulla rivista Communications (n° 97). In essa, abbiamo comparato la narrazione dei fatti di Lampedusa realizzata dai media italiani con i racconti diretti degli stessi avvenimenti fatti dagli abitanti di Lampedusa. La terza ricerca, di tipo qualitativo e sui testi, invece, è stata condotta tra febbraio e ottobre 2018 nell’ambito di un laboratorio di ricerca, formazione e comunicazione condotto presso l’Università di Catania e finalizzato al contrasto dell’hate-speech1. Il laboratorio ha prodotto un’analisi sistematica delle campagne di comunicazione e di propaganda anti-migrazione realizzate sui social media (twitter, facebook, youtube) dai gruppi estremisti neo- fascisti della cosiddetta “galassia nera” (in particolare Casa Pound e Forza Nuova) e dei due maggiori partiti politici italiani cosiddetti “populisti”2: la Lega per Salvini Premier (populismo di destra) e Movimento Cinque Stelle (populismo trasversale).3 1 Il laboratorio è stato sostenuto e finanziato da Facebook all’interno del programma “P2P: Facebook Global Digital Challenge”. 2 Il populismo, nella sua formulazione originaria, può essere definito come un atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Oggi, come sostenuto da Peter Sloterdijk (2018), rappresenta più una forma di propaganda politica strumentale – spesso insincera – con la quale leader politici aspiranti o di fatto cercano il consenso popolare attraverso una retorica che blandisca gli elettori e li faccia sentire speciali, soprattutto per attenuare il senso di discriminazione della gran parte di loro. Il termine è stato usato in questi ultimi anni per definire ascese politiche diverse (Trump, Farage, Tsipras, Grillo, Podemos, Le Pen), ma complessivamente basate su una contestazione delle classi dirigenti, soprattutto politiche e su uno spiccato «anti-elitismo». w 3 Il trasversalismo o sincretismo politico è una concezione politica sistematizzata come un insieme di posizioni politiche, ideologiche e partitiche che uniscono aspetti delle politiche di sinistra con quelle di destra. Il trasversalismo non implica necessariamente moderatismo centrista, non si occupa da fare da mediatore neutrale per trovare dei compromessi (tra destra e sinistra), bensì prende diversi aspetti di entrambe le posizioni e li concilia in un'unica ideologia. Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 103 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico 2. La narrazione emergenziale nei media tradizionali come fonte di “panico morale” La letteratura sociologica di riferimento ha ormai ampiamente dimostrato come in Italia i processi ordinari di newsmaking degli ultimi 30 anni sul tema dell’immigrazione siano stati fortemente caratterizzati all’interno di una cornice (frame) interpretativa di tipo “emergenziale”. Pur cambiando nel corso degli anni l’issue di riferimento, il quadro è rimasto costantemente invariato e di tipo “emergenziale” (Nicolosi 2016). Nei primi anni ’80, gli italiani devono riconfigurare il proprio immaginario scoprendo per la prima volta di vivere in un Paese che attrae flussi e in una primissima breve fase il frame mediatico emergenziale presenta il migrante come “vittima” (emergenza razzismo). Parallelamente, però, comincia a consolidarsi un nuovo paradigma emergenziale che diventerà egemonico fino ai giorni nostri e che presenta il migrante come colpevole o comunque come minaccia reale o potenziale. Sono gli anni ’90, in cui si definisce il binomio emergenza-criminalità (Mansoubi 1990; Marletti 1991; Cotesta 1999; Dal Lago 1999; Censis 2002; Morcellini 2009; Musarò e Parmiggiani 2014) e in cui si presenta per la prima volta al pubblico il tema degli sbarchi e dell’invasione (o dell’ondata, dello tsunami, ecc.). Sufficiente ricordare le immagini degli arrivi nei porti pugliesi delle navi cariche di migranti provenienti dall’Albania. In anni più recenti, al binomio emergenza-criminalità si è andato affiancando quello emergenza- terrorismo e agli sbarchi da est si sono sostituiti quelli da sud. Necessario ricordare che queste rappresentazioni mediatiche cristallizzano e assolutizzano pezzi parziali di realtà molto più complesse. I migranti delinquono più degli italiani? Non sempre, né dappertutto. Sicuramente non i regolari. Mentre è certo che sono soprattutto i migranti le vittime dei principali crimini commessi nel nostro paese (Barbagli 1998). I migranti sbarcano nelle nostre coste rischiando la vita? Solo una piccola parte degli arrivi (tra il 10 e il 30 per cento a seconda dei periodi), certamente una frazione decisamente minoritaria rispetto ai migranti residenti. I migranti sono terroristi? In Europa non esiste un nesso evidente (Roy 2016) e atti terroristici eclatanti sono stati realizzati da cittadini europei “immigrati di seconda o terza generazione” (espressione ambigua e ossimorica). E così via dicendo. Tuttavia, queste rappresentazioni semplificate e distorte finiscono col definire un’agenda mediatica (McCombs e Shaw 1972) decisamente rilevante. In particolare, esse nutrono e alimentano una narrazione emergenziale del fenomeno che risulta essere evidentemente egemonica. Le statistiche ci mostrano una realtà “oggettivamente” non allarmante del fenomeno, 4 ma l’opinione pubblica sembra 4 Restando ai numeri, secondo l’ISTAT l’Italia nel 2015 aveva una popolazione immigrata composta da poco più di cinque milioni di persone, circa l’8 % della popolazione residente totale. Abbiamo ovviamente sul territorio nazionale delle grandi differenze geografiche. Nel Sud Italia, generalmente questa percentuale è significativamente più bassa (in Sicilia attorno al 3%). Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 104 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico “stregata” da un immaginario fobico e iperbolico.5 Il successo di questa evidente discrasia tra reale e immaginario denuncia un diffuso e stratificato sentimento di paura radicato in pregiudizi, stereotipi e comprensibili preoccupazioni economiche della popolazione autoctona. Esso denuncia anche un evidente e pericoloso processo di costruzione di “panico morale”. Questo concetto è stato reso famoso da Marshall McLuhan (1964) e da Stanley Cohen (1972) e definisce una situazione in cui si assiste alla diffusione di un sentimento collettivo di paura che individua un certo fenomeno come un “male” in grado di minacciare il benessere della società. Questi autori hanno sottolineato il ruolo giocato dai media nella costruzione di questa condizione. Il panico morale, infatti, viene causato da notizie più o meno distorte a scopo sensazionalistico dai vari media e può derivare da un’esposizione sproporzionata di un fenomeno reale o fittizio (questo tema verrà ripreso anche dalla Scuola di Birmingham dei Cultural Studies). Il panico morale dipinge sempre un “diavolo” popolare caricaturale e stereotipato su cui si sfogano le ansie e i problemi della comunità, secondo la nota teoria del capro espiatorio (Gerard 1982). Facendo leva sulla “coltivazione” (Gerbner 1994) trentennale di questo immaginario emergenziale, la comunicazione politica più recente ha chiaramente utilizzato la migrazione come una risorsa simbolica fondamentale dello storytelling politico. Come è noto, in politica, i fatti contano meno delle paure dei cittadini e negli ultimi anni si sono fatti avanti alcuni spregiudicati attori in grado di intercettarle e alimentarle. Gruppi e partiti politici che agiscono come “imprenditori della paura” (Milani 2013) in grado di capitalizzare efficacemente gli effetti di una “strategia della tensione” continuamente alimentata. Lo dimostra l’avanzata, ovunque in Europa, della destra xenofoba e del populismo trasversale (ad esempio in Italia il M5S), sempre portatori di un sentimento anti-immigrazione. Ma anche i governi, anche quelli “non populisti”, hanno potuto trarre vantaggio dalla gestione emergenziale del fenomeno. Ad esempio, rassicurando gli elettori con politiche repressive o con accordi con i paesi di partenza.6 Oppure, grazie ad una gestione clientelare delle strutture, degli organismi e dei fondi stanziati in maniera emergenziale e quindi raggirando le normali procedure previste 5 Un sondaggio realizzato da Ipsos-Mori nel 2017 mette in rilievo come in Italia il 66% della popolazione afferma che gli immigrati siano “troppi”. Solo il 15% degli italiani sono in grado di stimare correttamente la percentuale di immigrati presenti nel territorio nazionale. Mediamente, gli italiani ritengono che la popolazione immigrata sia pari al 30%. Solo il 10% degli italiani ritengono che l’immigrazione possa avere un impatto positivo. 6 Ad esempio, il “Trattato di amicizia e collaborazione” del 2008, che prevedeva, di fatto, la costruzione di lager commissionati alla Libia volti a bloccare i flussi migratori direttamente alla partenza che all’Italia sarebbero costati circa 5 miliardi di dollari in 20 anni, prezzo che fu presentato all’opinione pubblica come “risarcimento” all’ex colonia. Oppure l’accordo Italia-Libia siglato dal Ministro Minniti (Governo Gentiloni) a Roma il 2 febbraio 2017, in cui si prevede che, in cambio di un controllo più stringente dei flussi migratori in partenza dalla Libia, Roma finanzi infrastrutture per il contrasto dell’immigrazione irregolare, formi il personale e fornisca assistenza tecnica alla guardia costiera e alla guardia di frontiera libica. Questi accordi hanno sollevato diversi dubbi e contestazioni dal punto di vista etico. Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 105 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico dalla pubblica amministrazione.7 O ancora, come merce di scambio da usare nei negoziati con l’Unione Europea.8 Inoltre, è anche vero che il lavoro encomiabile e fondamentale delle ONG e di tutti coloro che operano nel settore del soccorso e dell’accoglienza si nutre ed è alimentato indirettamente da una narrazione emergenziale. L’emergenza, quindi, è finita col diventare “senso comune”, immaginario collettivo. “luogo comune” di incontro di interessi, pratiche, culture anche profondamente diversi e spesso contrapposti. Alcuni leciti e nobili (le ONG ad esempio). Altri molto meno. Per questa ragione, le pratiche alternative che mirano ad uscire da questa logica incontrano resistenze o indifferenze trasversali anche radicali.9 La cultura emergenziale si presenta con i tratti tipici della profezia che si auto-avvera. Essa non è frutto di una condizione oggettiva, ma finisce col produrla, all’interno dei paesi di accoglienza (Dal Zotto 2014) e al loro esterno. Le scelte strategiche in materia di migrazione effettuate dall’Unione Europea nel suo complesso o dai singoli Stati, orientate a contrastare i flussi (chiusura ed esternalizzazione delle frontiere, rimpatri forzati, penalizzazione della migrazione clandestina, riduzione drastica delle quote d’ingresso regolare, strategia “militare- umanitaria”, finanziamento della guardia costiera libica, ecc.), hanno trasformato un processo strutturale arcaico e antico in un’inesorabile ecatombe di uomini, donne e bambini. Altrove (Nicolosi 2018b), ho sostenuto la tesi che nonostante vi siano tutti i segni di una sinistra e drammatica «semiotica del genocidio» 10 non sia corretto utilizzare il termine “genocidio” per rappresentare l’attuale condizione poiché la questione primaria riguarda l’esistenza o meno di una precisa volontà e strategia genocidiaria. Ritengo che non sia facile dimostrare l’esistenza di un’esplicita pianificazione coordinata da parte di enti e/o autorità (probabilmente internazionali), strategicamente finalizzata allo sterminio dei migranti per ragioni politiche. Da un 7 In Italia, diverse inchieste della magistratura hanno evidenziando come all’interno delle politiche emergenziali possono annidarsi sacche di corruzione e di scambio elettorale (caso CARA di Mineo). 8 Il governo Renzi ha notoriamente ottenuto una certa flessibilità sui conti pubblici da parte dell’UE in cambio di una “gestione” italiana dell’”emergenza migranti”. D’altronde, anche i governi dei paesi di emigrazione (pensiamo alla Libia), usano i flussi migratori come arma di ricatto nei confronti dei Paesi “di accoglienza”, per ottenere sostegno politico, accordi commerciali, danaro, ecc. 9 La parabola del caso Riace e la sorte politico-giudiziaria di Mimmo Lucano ne sono un esempio illuminante. Al netto dei problemi gestionali che la sua amministrazione ha forse incontrato (lo dirà la magistratura), l’accanimento politico nei suoi confronti dimostra, a contrario, la bontà di un modello finalizzato a uscire dalla logica dell’emergenza per entrare (come auspica d’altronde il sistema SPRAR) in quella dell’integrazione e della valorizzazione strutturale della migrazione come risorsa sociale, culturale ed economica. 10 L’espressione è stata evocata dall’antropologa Annamaria Rivera, in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Manifesto (04/09/2015): «la proliferazione di muri e fili spinati; i mucchi di cadaveri di asfissiati durante trasporti da bestie da macello; la marchiatura di massa degli esuli, bambini compresi, a rendere letterale la loro stigmatizzazione; i campi per migranti irregolari, con topografia, routine e violenza quotidiane simili a quelle dei lager […]» Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 106 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico punto di vista sociologico, ritengo invece assai rilevante l’aver messo in luce le sinistre assonanze “semiotiche” tra le pratiche di “gestione” dei migranti (nelle sue varie fasi) sostenute direttamente o indirettamente dall’UE, l’ecatombe di migranti in atto e le tragiche esperienze di sterminio del nostro più oscuro passato recente. D’altronde, questa è la mia tesi, non ritengo necessario evocare il genocidio come categoria giuridica specifica per mostrare l’esistenza di un’inaccettabile violenza di massa. Da un punto di vista sociologico, infatti, esistono diverse forme di violenza (Galtung 1969). Accanto alla violenza diretta e volontaria, che implica sempre e necessariamente una responsabilità soggettiva (e penale) precisa, esiste anche una violenza “oggettiva”, che possiamo definire strutturale. Questa è allo stesso tempo indiretta e sistematica ed informa i meccanismi sociali dell’oppressione (Farmer 2004). Meccanismi che sono consapevoli e inconsapevoli. L’infernale mix di strategie politiche, legali, amministrative, militari e comunicative messe in atto dall’UE, e dai singoli paesi al suo interno, in questi ultimi anni ha creato le condizioni strutturali dell’esercizio di un’inaudita violenza di massa (internamento, separazione delle famiglie, respingimenti, naufragi, morte, ecc.) nei confronti di centinaia di migliaia di persone (uomini, donne, bambini) civili indifese, al fine di limitarne o scoraggiarne la migrazione. Così come ha ampiamente argomentato Hannah Arendt (2012), con specifico riferimento alla Shoah, la creazione del neologismo genocidio rappresentò un passaggio cruciale per la presa di coscienza della gravità dei fatti accaduti in Europa nel corso della Seconda guerra mondiale. Dare un nome a fenomeni nuovi, può aiutare a reificarne le dimensioni, darne concretezza, identificarne e comprenderne le cause e le eventuali responsabilità politiche e giudiziarie. Forse, può anche servire a ridurre le probabilità che questi fenomeni possano riproporsi in futuro. Altrove, ho proposto di nominare con una sineddoche provocatoria l’insieme di queste strategie e di questi atti con il termine diasporicidio. L’obiettivo era quello di sottolineare la matrice evidentemente tanatogenetica di politiche “agoniche” nei confronti del processo diasporico. 11 L’accanimento strutturale anti-diasporico rende (consapevolmente?) la migrazione una tanato-diaspora e produce un’ecatombe di migranti. Non penso si possa arrivare a riconoscere e attribuire precise responsabilità penali individuali, ma certamente esistono delle importantissime responsabilità morali e politiche che possono essere rilevate. 11 Il termine “diaspora” rappresenta la principale emergenza terminologica di un nuovo sguardo sociologico che negli ultimi anni si è affacciato sul tema delle migrazioni. Esso tende a cogliere i soggetti e i gruppi migranti non più unicamente in rapporto con i contesti di destinazione, ma come inseriti attivamente in più ampi e diversificati spazi fisici e sociali, tra i quali un ruolo privilegiato spetta senz’altro alla società di provenienza. In particolare, si è via via affermata una concezione “decentrata” del termine, concezione che si oppone all’uso tradizionale, secondo il quale il termine diaspora evocava l’esilio da un centro territoriale, la perdita di legame con l’origine e la possibilità di un ritorno al proprio paese (Dufoix 2003; 2011). Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 107 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico 3. Migrazione, violenza simbolica e violenza culturale: discorsi d’odio e social media Il pilastro fondamentale su cui si regge la violenza strutturale è la violenza culturale. La sistematica svalutazione di culture o gruppi sociali particolari può esserne infatti fonte d’ispirazione e giustificazione. Tuttavia, in stretta connessione con la violenza culturale, esiste anche la violenza simbolica (Bourdieu 1998), ovvero una violenza “invisibile” (ma portatrice di effetti materiali e reali) attraverso la quale alcuni significati vengono imposti come legittimi, dissimulando i rapporti di forza di cui sono in realtà espressione. I media sono uno strumento fondamentale nel processo di costruzione delle categorie mentali che materializzano la violenza simbolica. Ma si rivelano anche estremamente utili nel sostenere strategie mirate di violenza culturale estremamente raffinate. La tesi che qui presentiamo è che la violenza strutturale di massa su cui si fonda il “diasporicidio” ottenga legittimazione da una doppia violenza “immateriale”: a) la violenza simbolica operata dai media tradizionali (i media mainstream in particolare) volta a dematerializzare la dimensione tragica della morte in migrazione e, più in generale, a sostenere un processo di “sparizione” dei corpi materiali dei migranti; b) la violenza culturale realizzata da alcuni gruppi politici ideologicamente orientati (hate speech). Per quanto attiene la violenza simbolica, i media mainstream hanno elaborato un paradigma deresponsabilizzante basato su un frame interpretativo auto-assolutorio e consolatorio. Esiste un’emergenza migrazione legata a cause esterne su cui non abbiamo possibilità di intervenire (guerre, fame, disperazione, ecc.). Questa emergenza rinvia ad un’eccezionalità quasi “meteorologica”: avviene come potrebbe avvenire un’alluvione, uno tsunami, un nubifragio. Non a caso le metafore giornalistiche utilizzare sono proprio queste: tsunami, onda anomala, ecc. Contro questa emergenza eccezionale, cosa possiamo fare? Nulla o poco. Come ho mostrato con riferimento alla tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013 (Nicolosi e Panebianco 2015; Nicolosi 2018a), i media hanno anestetizzato la portata drammatica degli eventi. Essi hanno fondamentalmente nascosto all’opinione pubblica la violenza strutturale subita dai migranti, realizzando un sistematico e simbolico “occultamento di cadavere”.12 Ma la violenza strutturale si fonda anche su un altro pilastro, ovvero la violenza culturale. La narrazione emergenziale la alimenta, nella misura in cui essa rappresenta il capitale primario a disposizione degli “imprenditori della paura”. L’hate speech ne è il prodotto più evidente. Secondo la definizione fornita dall’Oxford English Dictionary, esso rappresenta un « abusive or threatening speech or writing that expresses prejudice 12 Un ruolo importante lo ha avuto un regime iconografico che ho definito “tropico”, volto a traslare e metamorfizzare retoricamente, fino alla rarefazione, i corpi e i cadaveri dei migranti. Sull’importanza delle immagini “traumatiche” nella costruzione della memoria (Bonucci 2018). Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 108 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico against a particular group, especially on the basis of race, religion, or sexual orientation». Si tratta di una forma particolarmente insidiosa di violenza culturale. Una rappresentazione statistica dell’hate speech è particolarmente difficile da realizzare, dato l’ampia tendenza all’under-reporting e all’under-recording, soprattutto in Italia. Pertanto, i dati ufficiali disponibili riescono a fotografare e restituire solo un segmento estremamente parziale del fenomeno. Inoltre, i dati disponibili sulle discriminazioni e sui crimini d’odio, raccolti sia da fonti istituzionali che da associazioni e ONG, risultano spesso frammentari e difficilmente comparabili. L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) ha incontrato la medesima difficoltà nel tentativo di aggregare dati provenienti da fonti diverse (oltre ai propri dati, anche quelli del Ministero dell’Interno, del Ministero della Giustizia, di altre fonti istituzionali e delle associazioni/ong), al fine di elaborare il primo Piano nazionale d’azione contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza. Secondo i dati raccolti dall’Office for Democratic Institutions and Human Rights (ODIHR) dell’Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico (OCSE), in Italia dal 2013 al 2017 abbiamo assistito ad un incremento esponenziale dei crimini d’odio registrati dalla polizia, passando rispettivamente da 472 a 1048 (+122%). All’interno di questi 1048, la distribuzione per motivazione (rappresentata nel grafico 1) presenta una realtà molto netta che conferma la sensazione impressionistica di un clima generalizzato di risentimento e in cui le motivazioni a sfondo razziale e xenofobico rilevano in maniera nitida (79%). Grafico 1. Distribuzione dei crimini d’odio in Italia nel 2017 per motivazione (Fonte: ODHIR). Se guardiamo alla distribuzione per tipologia di crimine, una parte importante di questi crimini, circa un terzo, sono legati alla fattispecie “incitamento alla violenza” (337 casi, ovvero il 32%). 79% 6% 15% Razzismo e xenofobia Orientamento sessuale o identità di genere Discriminazioni contro disabili Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 109 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Grafico 2. Distribuzione per tipologia di reato nel 2017 (Fonte: ODHIR). Un dato altrettanto rilevante riguarda il ruolo giocato dai media digitali nella crescita e diffusione dell’hate-speech e ci viene fornito dall’UNAR. Stando ai dati relativi alle segnalazioni ricevute, a partire dal 2013 le discriminazioni on line avrebbero superato quelle registrate nell’ambito della vita pubblica e dell’ambiente lavorativo: più di un quarto dei casi rilevati o segnalati (26,2%), contro il 16,8% del 2012. Sempre l’UNAR riferisce di rilevare online, mediante il proprio Osservatorio media e internet, circa 7000 casi potenzialmente discriminatori che si traducono in circa 30 casi al giorno di effettiva discriminazione. Tra i vari canali usati un ruolo fondamentale lo ricoprono soprattutto i social network. In particolare, il monitoraggio svolto dall’Osservatorio nel 2016 (report del 2017) ha messo in evidenza come in quell’anno in Italia ci sarebbero stati ben 2652 casi di discriminazione, il 69% dei quali riguardanti fatti di natura etno-razziale. L'Ufficio ha lavorato su 2939 segnalazioni, di queste il 90% sono risultate effettivi casi di discriminazione, il 6,4% (187) sono state considerate dubbie e solo il 3,2% (97 casi) non pertinenti. La maggiore fonte di discriminazione continua ad essere quella etnico- 0 50 100 150 200 250 300 350 400 Vi ole nz a f isi ca In cit am en to all a v iol en za Fu rto /r ap ina Da nn i a lla pr op rie tà In ce nd io do los o Pr ofa na zio ne to mb e At tac ch i lu og hi di cu lto Di stu rb o d ell a q uie te Va na da lis mo Co mp or tam en ti m ina cc ios i No n s pe cif ica to Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 110 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico razziale che sfiora il 69% dei casi, di cui il 17% riguarda la comunità 'Rom, Sinti e Caminanti (RSC)" e il 9% le discriminazioni per motivi religiosi o per convinzioni personali. Dopo quelle legate alla razza il 16% delle discriminazioni riguarda i disabili, il 9% quelle legate all'orientamento sessuale e all’identità di genere e infine il 5% all'età. Grafico 3. Discriminazioni online 2016 (Fonte: Osservatorio Media e Internet - UNAR) L’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti di discriminazione del Ministero dell’Interno (OSCAD) riferisce di 2532 segnalazioni ricevute dal 10 settembre 2010 al 31 dicembre 2018. Di queste, circa il 45% riguardano casi di reati di odio (hate crime) e circa il 15% casi di discriminazione sul web (hate speech). 69% 16% 9% 5% Discriminazioni etno-razziali Disabili Genere e identità sessuale Età Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 111 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Grafico 4. Distribuzione segnalazioni per tipologia discriminatoria di Hate Crimes e Hate Speech 2010-2018 (Fonte: OSCAD) Come è possibile vedere nel grafico 4, la stragrande maggioranza (ben il 59%) delle segnalazioni di hate crime e hate speech riguardano casi legati all’etnia e alla razza. Aggiungiamo che l’OSCAD, così come altre fonti (ad esempio Lunaria, ONG impegnata nell’analisi del fenomeno), riferiscono di un trend di crescita esponenziale dei casi di incitamento all’odio sul web, ovvero casi di violenze verbali su siti, blog e social network razzisti. In generale, tutte le fonti istituzionali e non governative attestano un preoccupante incremento del fenomeno.13 13 Discorso analogo può essere fatto sull’antisemitismo. Un rapporto del Kantor Center dell’Università di Tel Aviv realizzato in Italia grazie ai dati raccolti dall’Osservatorio Antisemitismo della fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano nel 2018, riferisce di 197 episodi di antisemitismo, il 66% in più rispetto al 2017 e al 2016. Nessun caso di aggressione fisica. Circa il 68% di questi episodi sono avvenuti sul web. Facebook è in particolare il social network più utilizzato. Dei 133 episodi di antisemitismo accaduti sul web, 70 sono stati rilevati su Facebook, 25 su Twitter, 9 su YouTube, 28 in siti Internet e 1 su WhatsApp. 59%19% 13% 8% 1% Etnia/razza Credo religioso Orientamento sessuale Disabilità Identità di genere Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 112 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico 4. Discorsi d’odio e gruppi politici organizzati Il trend fin qui presentato trova un’inquietante conferma nell’ambito delle attività di comunicazione dei gruppi politici organizzati. Già nel 2009, il consigliere sulla sicurezza informatica del Ministero dell’Interno registrava un importante incremento dei gruppi politici di discussione di natura razzista: 1.200 gruppi rispetto agli 800 dell’anno precedente. Secondo la mappatura dell’attività dei partiti, delle organizzazioni e dei movimenti xenofobi sui social media realizzata nel 2015 nell’ambito del progetto PRISM (Preventing, Inhibiting and Redressing Hate Speech in New Media), l’elenco dei partiti, organizzazioni e movimenti che si distinguono per l’elevata capacità di diffondere i discorsi di incitamento all’odio è estremamente lunga: • siti internet di partiti/movimenti politici di estrema destra; • siti antisemiti (neonazisti e/o cattointegralisti, antisionisti, cospirativisti e negazionisti); • siti di cosiddetta “controinformazione” xenofobi e razzisti. Il gruppo di ricerca ha effettuato una selezione all’interno di questo elenco, individuando i più influenti, sia nella vita pubblica, sia in rete, e più presenti sui social network. La scelta finale è quindi ricaduta su: Lega, Casa Pound Italia, 14 Forza Nuova,15 Resistenza Nazionale,16 Losai.eu/Radio Spada.17 L’analisi dell’uso dei social media realizzata da Prism rileva che Facebook e Twitter sono i canali in assoluto più utilizzati. In particolare, Lega e CasaPound Italia preferiscono utilizzare Twitter, tutti gli altri sono più attivi su Facebook: in tal senso, Twitter sembra configurarsi come uno strumento utilizzato per lo più dai partiti e dalle organizzazioni più strutturate, in maniera più vicina ai tradizionali mezzi di comunicazione politica. 18 14 Movimento politico della destra radicale, oggi alleato della Lega Nord, nonostante lo scarso consenso elettorale ottenuto negli anni (meno dell’1%)55 ha conquistato una buona visibilità grazie a un uso intelligente dei mezzi di comunicazione, tra cui i social network, e l’accento sui temi sociali, in primis il disagio abitativo degli italiani. Al suo interno è presente un movimento studentesco denominato “Blocco studentesco”. 15 Movimento politico neofascista, con posizioni xenofobe, antizigane, antisemite, cattointegraliste, omofobiche. Tra i primi movimenti dell’estrema destra a fare uso di social network, ha saputo conquistare una buona visibilità, anche se i consensi elettorali sono molto contenuti (meno dell’1%). 16 Sito di controinformazione di estrema destra, attraverso un sito, un blog e un profilo Facebook, divulga e rilancia le notizie riportate da altri siti e pagine Facebook ad esso collegati, come identita.com, tuttiicriminidegliimmigrati.com, voxnews, info, le pagine Facebook “Italia agli italiani”, “Stop agli immigrati” e altre. 17 Network di siti web gestiti da giovani cattolici estremisti, che in maniera non sempre esplicita si richiamano al suprematismo cattolico, all’antisemitismo, al cospirativismo e all’islamofobia. 18 Al contrario, il leader politico della Lega Salvini è estremamente attivo su Facebook, dove riesce a ottenere un seguito ben maggiore rispetto a quello della Lega Nord: è evidente come si sia compiuto un processo, fruttuoso dal punto di vista elettorale, di personalizzazione del partito. Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 113 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Dall’analisi dei contenuti e delle parole più usate realizzata nell’indagine, si confermano le specificità tematiche su cui ogni singolo gruppo ha puntato nel costruire la propria retorica: l’attenzione ai temi sociali e ai valori tradizionali degli “italiani” nel caso di Casa-Pound e Forza Nuova; l’insistenza xenofoba su migranti e rom nel caso della Lega Nord e di Resistenza Nazionale, quest’ultima in chiave più criminalizzante e con una stigmatizzazione islamofobica; infine, il proselitismo religioso per il network cattolico. In base a quanto è evidenziabile attraverso la tipologia di mappatura condotta, l’incitamento all’odio sembra vertere più sulle tradizionali parole chiave della retorica populista e delle nuove destre (“popolo”, “sovranità”, “italiani”, “immigrati”), che su parole marcatamente d’odio (la parola più radicale in tal senso è quella formata dall’hashtag #stopinvasione): l’hate speech appare cioè condotto attraverso strategie retoriche e discorsive che non si esplicitano attraverso parole apertamente violente L’analisi della campagna elettorale del 2018 realizzata da Gangi (2018) mette in evidenza come le diverse formazioni politiche che compongono la galassia della destra italiana abbiano utilizzato il tema della migrazione come collante. Una convergenza “sovranista” in grado di assottigliare le differenze che hanno storicamente frammentato queste realtà dal dopoguerra ad oggi. La issue anti-immigrazione è stata talmente potente da travalicare gli steccati classici delle formazioni dichiaratamente di destra, infiltrandosi anche nella retorica del Movimento Cinque Stelle. Quest’ultimo infatti si è gradualmente spostato dalle originarie tematiche prettamente ecologiste per adottare una posizione decisamente ambigua nei confronti della migrazione. Questo processo non nasce certamente con le elezioni politiche del 2018. il Movimento 5 Stelle, inizialmente considerato una costola della sinistra è invece lentamente diventato un partito caratterizzato da una forte trasversalità politica, geografica e di classe. Tutto impegnato ad aumentare a dismisura il proprio consenso, ha inizialmente sempre rifiutato responsabilità significative di governo (a livello nazionale), consapevole del fatto che le scelte di governo implicano necessariamente una selezione tra gli interessi e i bisogni da accontentare (e da scontentare). Sull’immigrazione, così come su moltissimi temi, il Movimento di Beppe Grillo si è sempre mostrato sfuggente. Inizialmente su posizioni terzomondiste, col cambiamento della base elettorale e l’ampliamento del consenso trasversale abbiamo assistito ad un ribaltamento discorsivo di grande rilievo. I toni e le forme simboliche della comunicazione del Movimento si sono allineate sempre più con quelle adottate dagli altri partiti xenofobi. Grillo, in nome del Movimento, ha più volte chiesto che “gli immigrati giunti irregolarmente sul suolo italiano che non rientrano nello status di rifugiati venissero espulsi”. Definendo questa misura una “questione di civile buonsenso”. Ricordiamo che nel parlamento europeo il Movimento 5 Stelle ha poi stretto alleanza con l’Ukip di Farange e che molte posizioni espresse da diversi esponenti del Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 114 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico movimento mostrano una strategia elettorale e comunicativa apertamente xenofoba. La sociologa Iside Gjergji in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, giornale vicino al Movimento stesso, l’8 agosto del 2015 ha efficacemente descritto la strategia del Movimento 5 stelle sul tema immigrazione: un mix di ignoranza, di razzismo, di linguaggio da bar e di brama populista, mirante a togliere voti e simpatie a forze politiche più simili (almeno rispetto all’idea complessiva di società), ovvero al cartello elettorale Lega Nord-Casa Pound”. Correttamente, la Gjergji definisce questa strategia come “shock and awe strategy” (“stordisci e sgomenta”), tipica delle forze politiche populiste e xenofobe. Come efficacemente affermato dalla sociologa, essa consiste in uno schema consolidato: Fondato sempre su notizie false (fake news) o verosimili, ma decontestualizzate e ricontestualizzate in frame fittizi che ne distorcono il senso fino alla menzogna sul tema migrazione, dunque, i discorsi d’odio in Italia non sono realizzati solo dai gruppuscoli di estrema destra, ma anche da partiti politici più strutturati e con un ampio consenso elettorale. Certamente ci sono importanti differenze. Sfacciata e orgogliosamente xenofoba la strategia comunicativa della Lega (figura 1). DATI SHOCK (falsi o mix vero /falso) CITAZIONI di episodi di cronaca nera o giudiziaria PROPOSTE CONCRETE E SEMPLICI(STICHE): "giro di vite"; "tutti a casa"; "nienti ricorsi" (senza spiegare fattibilità e costi) FINTA DISTINZIONE tra profughi buoni e profughi cattivi (“chi ha diritto e chi non ne ha”) CONTRAPPOSIZIONE noi / loro Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 115 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Figura 1. Esempi storici di campagna anti-immigrazione della Lega Molto più sofisticata e ambigua quella del Movimento Cinque Stelle (figura 2).19 19 Ovviamente i due partiti hanno due elettorati solo parzialmente sovrapposti. Il M5S ha un consenso molto più ampio (nonostante le proiezioni più recenti abbiamo molto assottigliato la forbice tra i due) e molto più trasversale dal punto di vista della composizione socio-economica. Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 116 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Figura 2. Esempi di campagna anti-immigrazione del M5S Come già mostrato in un altro recente saggio (Nicolosi 2018), attraverso un prodigioso artificio retorico, il M5S motiva le proposte politiche della destra estrema (“Immigrazione: obiettivo sbarchi zero. L’Italia non è il campo profughi dell’Europa”) con le analisi sociali (le condizioni di sfruttamento dei migranti) tipiche della riflessione critica della sinistra. L’espediente comunicativo, finalizzato ad accontentare l’elettorato ampio e trasversale del proprio target politico, è di questo tipo: Un aspetto rilevante consiste nel fatto che entrambe le campagne attingono però al medesimo immaginario simbolico emergenziale che ha alimentato la comunicazione di Problema: I migranti vengono sfruttati dal sistema capitalista; i migranti senza lavoro sono costretti a delinquere; i migranti sono vittime della tratta; i migranti rischiano la vita per arrivare in Italia L'emergenza immigrazione è una situazione inaccettabile Soluzione: blocchiamo l'immigrazione Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 117 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico massa negli ultimi anni: i barconi, il mare, le orde, ecc. Un immaginario talmente pervasivo da diventare luogo comune e accomunare tutti gli attori in campo. Anche quelli maggiormente in contrapposizione con le posizioni ideologiche dei gruppi xenofobi e quindi utili come esempio emblematico di tipo “a fortiori” (figura 3 e 4). Figura 3. Immagine della campagna per la raccolta donazioni di MSF Figura 4. Frame del video della cantante MIA (singolo Borders). Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 118 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico La possibilità di partire da un immaginario condiviso e “dato per scontato”, ma in realtà distorto nella sua semplicistica forza generalizzante. Come detto, infatti, la crisi dei rifugiati rappresenta la drammatica condizione di una frazione estremamente ridotta di migranti. Senza volere sminuire la portata e la rilevanza di questa crisi, la sovrapposizione immaginaria tra questa condizione e il fenomeno migratorio ha avuto degli effetti perversi su cui è necessario riflettere criticamente senza cedere a comprensibili tentazioni emotive. Anche questa sovrapposizione spiega il successo delle strategie narrative adottate da Lega e M5S con il conseguente (pur temporaneo) sodalizio politico. Parliamo di due forze politiche che, nella loro diversità ideologica, su questo tema mostravano una convergenza politica particolarmente importante. Questo aspetto è particolarmente rilevante nell’economia complessiva del nostro discorso poiché con la formazione del governo Lega-M5S la violenza culturale dei discorsi di odio si è trasformata da “mera” comunicazione politica con finalità elettorali a spregiudicata (e ambigua) forma di comunicazione pubblica e istituzionale. Come è facile comprendere dalla campagna sulla cosiddetta “chiusura dei porti” (figura 5) lanciata nel 2018 dal Ministro degli Interni Matteo Salvini (Lega) e sostenuta dal Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5S). Figura 5. Campagna “Chiudiamo i porti” dell’ex-Ministro dell’Interno Salvini Parlo esplicitamente di campagna di comunicazione pubblica per sottolineare come, ad oggi, nessuno sia stato in grado di recuperare alcun atto formale che decretasse ufficialmente la chiusura dei porti. Com’è infatti noto, questa, in ottemperanza dell’articolo 83 del Codice della navigazione, può essere disposta dal Ministero delle Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 119 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Infrastrutture e Trasporti per motivi di ordine pubblico, laddove il Ministero degli Interni li preveda con specifico provvedimento formale. Nonostante le rassicurazioni di Toninelli sulla presenza di questo provvedimento, né i giornalisti, né i marinai, né tantomeno i legali delle navi delle ONG coinvolte hanno mai recuperato traccia materiale di questo atto. Al contrario, la successiva approvazione dei cosiddetti decreti- sicurezza (in particolare il bis) era orientata a costruire ex post un fondamento giuridico formale e materiale a questa campagna. Abbiamo assistito ad un fenomeno importante e drammatico d’inversione temporale nel tradizionale rapporto che siamo abituati a registrare tra diritto e comunicazione pubblica. In questo caso, la comunicazione non ha seguito, ma anticipato la produzione del diritto. Per poi diventare nuovamente comunicazione (figura 6) Figura 5. Campagna di comunicazione sui decreti sicurezza 5. Conclusioni L’intento di questo saggio è stato duplice. In prima battuta, ho tentato di mettere in evidenza come il tema della migrazione declinato in termini “emergenziali” sia diventato una risorsa simbolica fondamentale nello storytelling che alimenta la comunicazione politica dei partiti italiani. Conseguentemente, ho cercato di mostrare come questa interpretazione emergenziale rappresenti il frame culturale primario che ha alimentato la definizione di un clima di “panico morale”. Tale clima ha giustificato azioni e politiche di contrasto ai flussi migratori molto restrittive che si sono rilevate drammaticamente mortifere. Qui si sostiene la tesi secondo cui la stratificazione nel Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 120 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico tempo di queste politiche abbia finito col consolidare una violenza strutturale di massa sostenuta e legittimata da due forme interrelate di violenza immateriale: la violenza simbolica e la violenza culturale. In entrambe, un ruolo decisivo lo giocano i media, sia quelli tradizionali che quelli social. In tal senso, ancora una volta è possibile ribadire il principio che vecchi e nuovi media non possono essere considerati come due sfere separate e autonome, ma come al contrario essi debbano essere analizzati come due diversi pilastri di un medesimo panorama mediatico o anche mediascape (Appadurai 2012). Essi andrebbero ovviamente considerati in un contesto integrativo e di reciproca alimentazione grazie a fenomeni di spillover20 e crossmedialità. L’aspetto rilevante qui consiste nel fatto che trent’anni di immaginario emergenziale sull’immigrazione (declinato nelle sue molteplici forme: razzismo, criminalità, terrorismo, invasione, ecc.) sviluppato e sostenuto dai media tradizionali (stampa e tv in primo luogo) hanno finito per rappresentare la principale risorsa simbolica su cui è stato attivato il cantiere identitario sovranista nella sua componente anti- immigrazione. Come avviene in altri contesti della cultura di massa, e al di là delle retoriche entusiastiche sugli User Generated Content (UGC), le principali risorse utilizzate dagli utenti sui media digitali e soprattutto i principali frame culturali di riferimento (spesso immagini) all’interno dei quali dare senso a queste risorse sono stati generati all’esterno, ovvero cinema, informazione, stampa, libri, video, ecc. I discorsi d’odio veicolati sui social media hanno trovato un humus fertile nella cultura emergenziale prodotta in trent’anni di comunicazione distorta sull’immigrazione. Un processo cominciato ben prima che nascessero i social media. In questa prospettiva, anche la classica dicotomia tra informazione corretta veicolata dei media tradizionali e “istituzionali” e fake-news prodotte nell’ambito di media informativi “disintermediati” andrebbe rivista più attentamente e con maggiore oggettività. Le fake-news diventano virali anche se trovano un “luogo comune” in cui proliferare. Nel caso dell’immigrazione questo “luogo” simbolico era già stato ampiamente prodotto al di fuori dei social media. Certamente, questi hanno svolto una funzione acceleratrice e di propagazione di grande rilievo, ma sarebbe riduttivo o strumentale fermarsi a questo. La definizione di un assetto “fobocratico”21 delle società contemporanee sembra rappresentare un collante unificante in tutto il continente europeo, probabilmente anche a causa di un profilo demografico sempre più caratterizzato dalle fasce 20 Il termine nasce in economia per rappresentare il fenomeno per cui un’attività economica volta a beneficiare un determinato settore o una determinata area territoriale produce effetti positivi anche oltre tali ambiti. Nell’ambito dello studio dei media il termine può essere usato per indicare l’effetto di “travaso” (di notizie, immagini, immaginari) da un medium all’altro a cui è facile assistere nella quotidianità (vedi anche Nicolosi, 2012) 21 La fobocrazia è letteralmente l’arte del governo mediante la paura (Di Cesare, 2017). Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 121 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico anagrafiche “over”. Qui abbiamo tentato di mettere in risalto lo specifico ruolo giocato in Italia dai media (tradizionali e nuovi) nell’alimentare e amplificare questa tendenza. Sarebbe interessante svilupparne l’analisi comparativamente. D’altronde, il tratto più preoccupante della comunicazione politica italiana riguarda, come evidenziato nella parte finale del saggio, la trasformazione della comunicazione politica in comunicazione istituzionale. Da una parte, questa metamorfosi non è del tutto nuova ed evoca sinistre affinità con i regimi autoritari dei primi del Novecento.22 Dall’altra, dimostra plasticamente quanto la violenza immateriale basata sulla cultura e sulla comunicazione possa avere delle ricadute e delle conseguenze drammaticamente materiali e concrete sui corpi, sulla carne delle persone. Sarà estremamente interessante analizzare il cambiamento nelle strategie narrative e comunicative sul tema dell’immigrazione che il Movimento cinque stelle inevitabilmente dovrà realizzare dopo l’accordo politico di governo realizzato nell’estate del 2019 col Partito Democratico all’indomani della crisi di governo provocata dal Ministro Salvini e che ha avuto come esito la nascita parlamentare di una nuova compagine governativa con la fuoriuscita della Lega. Ancora una volta, l’Italia si presenta come uno straordinario laboratorio politico in grado di anticipare rischi e tendenze destinate a svilupparsi anche in altri contesti sociali e politici. Bibliografia Appadurai A. (1990) Modernità in polvere. Dimensioni culturali della globalizzazione, Milano, Cortina. Arendt H. (2012), La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Milano, Feltrinelli. Barbagli M. (1998), Immigrazione e sicurezza in Italia, Bologna, il Mulino. Bonucci M. M. (2018), Montrer les camps. Photographie et construction de la mémoire de la Shoah, in C. Delporte et I. Veyrat-Masson, La puissance des images, Paris, Nouveau Monde Éditions, 149-176. Bourdieu P., La domination masculine, Paris, Éditions du Seuil. Censis (2002), Tuning into diversity. Immigrati e minoranze etniche in Italia, Roma. 22 Il fascismo italiano inaugurò una nuova stagione tragicamente moderna nell’utilizzo politico dei mezzi di comunicazione di massa. Lo stesso Hitler riconobbe più volte di considerare Mussolini il suo maestro nell’arte della propaganda e della comunicazione. Number 14 – Year VIII / December 2019 www.imagojournal.it 122 Guido Nicolosi La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico Cohen S. (1972), Folk Devils and Moral Panics, St. Albans, Paladin. Corte M. (2002), Stranieri e mass-media, Padova, Cedam. Cotesta V. (1999), Mass media, conflitti etnici e immigrazione, Studi Emigrazione, XXXVI, n°135 Di Cesare D. (2017), Terrore e modernità, Torino, Einaudi. Dufoix S., Les diasporas, Paris, PUF. Dufoix S., La dispersion. Une histoire des usages du mot diaspora, Paris, Éditions Amsterdam. Dal Lago A. (1999), Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Milano, Feltrinelli. Dal Zotto E. (2014), Frame dell’emergenza e migrazioni forzate. Il caso dell’’Emergenza Nord-Africa, in P. Musarò e P. Parmiggiani (a cura di), Media e migrazioni. 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